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lunedì 19 luglio 2021

Orrori architettonici… e dove trovarli #45 a Paços de Ferreira (Portogallo)

Chiesa del Divino Salvatore dell’arch. Vítor Leal Barros (anno 2019).

Lorenzo

Descrizione del progetto: «La volontà del silenzio.
Progettare un edificio religioso, in particolare una chiesa cattolica, è un esercizio a cui mirano tutti gli architetti. Noi architetti lo desideriamo sin da piccolissimi, ancora nella scuola, quando i nostri docenti sono liberi di proporre i temi per i progetti accademici, stimolandoci allo studio e allo sviluppo del senso critico su questa o quella materia. La semiotica e il linguaggio rituale cattolico sono terreno fertile per qualunque artista o designer.
Mentre ero all’università ho avuto questa possibilità. Forse gli echi che la chiesa di Santa Maria, progettata da Siza Vieira, ha suscitato nel panorama architettonico nazionale e internazionale, avevano risvegliato i miei insegnanti ad attribuire un esercizio accademico di progettazione di una chiesa a Porto, a Foz do Douro.
Lo ricordo come un esercizio che ha affinato la mia creatività, soprattutto nel trovare modi per sfuggire all’edificio di Siza. Circa lo spazio liturgico e la sua ricchezza simbolica, traducendo tutti gli elementi di significato cristiano in un pensiero coerente e critico, la questione è stata affrontata con meno sforzo. Forse perché era un esercizio accademico, o perché ci sono così poche chiese costruite oggigiorno, che non mi sarei aspettato la costruzione di una nel mio futuro professionale. Ho indovinato a malapena.
Dieci anni fa sono stato invitato da P. Manuel Brito a realizzare il progetto per la nuova chiesa di Freamunde. Quel giorno ho capito che stavo affrontando una delle sfide più grandi della mia vita professionale. È stata una giornata bipolare, fatta di sogni e paure, con tutto il rispetto che l’occasione meritava.
Alcune circostanze mi hanno impedito di dissociare il processo del progetto dalla mia vita personale, a partire dal luogo del progetto, che conoscevo fin da bambino, alla messa in discussione di altre questioni più profonde riguardanti lo spazio cristiano e le mie convinzioni e fede personali.
Leggendo Juan Plazaola, mi sono imbattuto nel leitmotiv che ha dato il tono a tutto il progetto. Il teologo ha scritto “facciamo le nostre chiese isole di pace e di silenzio”. Ho pensato, un’opera di fede è un compito per tutta la vita, e potrebbe non bastare, ma di questo “silenzio” scrive, credo di sapere qualcosa.
Ero certo di dover disegnare un filtro, un elemento che stabilisse il passaggio tra la strada e il tempio, tra l’ebollizione del mondo e la serenità dell’isola di silenzio che Plazaola intravedeva. Nasce così il sagrato come grande elemento distributivo di tutto il progetto, presente in tutti i bozzetti fin dalle prime fasi progettuali.
Sapevo anche che non avrei voluto che la nuova chiesa competesse con la vecchia chiesa barocca di São Salvador solo a parte. Ho molto rispetto per quell’edificio, per la sua architettura, e per i fatti e i ricordi personali che gli associo. Là i miei genitori si sono sposati, là sono stato battezzato, là ho vegliato su mio padre. Sapevo che entrambi gli edifici dovevano coesistere in modo sereno ed equilibrato, senza l’importanza di uno scavalcare l’altro, senza che il nuovo edificio rubasse risalto al vecchio o lo riverisse.
L’intero volume della nuova chiesa di Freamunde è stato progettato cercando questo equilibrio in ogni linea. Oggi, mentre percorro lo spazio già costruito, penso di aver raggiunto abbastanza la simbiosi tra i due templi. Nel sito, la vecchia Chiesa Madre di São Salvador e la nuova Chiesa sembrano essere elementi dello stesso gruppo, quasi inseparabili, anche se i due edifici rivelano senza vergogna la loro espressione e personalità. All’orizzonte di Freamunde ricompare il vecchio campanile che abbraccia il nuovo cubo di luce, invitando entrambi allo stesso incontro.
È dalla ricerca e dalla comprensione dei reali bisogni della comunità, unita allo studio dello spazio cristiano e al rinnovamento liturgico guidato dal Concilio Vaticano II, che ho ruotato la mia immaginazione per cercare una risposta contemporanea adeguata al progetto. Essendo critico e analitico nello studio e nella comprensione del simbolismo e dell’importanza di ogni elemento liturgico, ho cercato di materializzare una risposta responsabile, attraverso chiare opzioni formali, alcune manifestamente nuove, altre reinterpretando l’eredità della Storia, in un gesto simile a Il ragionamento di Bachelard, di evocare le memorie dello spazio.
Una porta aperta.
Il progetto della chiesa del Divino Salvador nasce dallo studio dell’evoluzione liturgica dello spazio cristiano e da un attento sguardo e comprensione della complessa morfologia del sito di intervento.
Una base costruita da muri di granito si estende dall’ambiente circostante, sostenendo il tempio. Un nuovo sagrato distributivo separa, sia funzionalmente che volumetricamente, la nuova chiesa dall’edificio polivalente, come un’anticamera esterna che invita gli utenti al silenzio e all’autocomunione. Sul sagrato si staglia il cielo, il rumore delle foglie di ulivo spazzate dal vento e l’acqua che scorre di una fontana.
Una porta a vetri appare come metafora di una comunità cristiana aperta e tollerante, invitando chiunque entri nel sagrato a far parte di un’unica grande famiglia condivisa.
All’interno, il presbiterio e la navata salgono verso Dio dal grande cleristorio verticale che disegna la resurrezione di Cristo attraverso le sue pareti vetrate e luminose. Il cleristorio è anche l’elemento chiamante della chiesa, in quanto sostituisce i tradizionali campanili. Nella nuova chiesa, la chiamata è fatta dalla luce invece che dal suono.
Le due navate laterali terminano su due cappelle verticali che ospitano il tabernacolo e il battistero. Entrambe le cappelle rappresentano il rapporto di unicità tra i sacramenti e Dio.
La Cappella Mortuaria, situata sul lato nord dell’edificio, ha il suo ingresso dal cortile dell’antica Chiesa Madre di São Salvador, conferendo unità al vecchio profilo stradale e assicurando un uso continuo dell’antico edificio per luttuose celebrazioni.» (trad. it.)

Foto esterni:





Foto interni:






1 commento:

  1. Uguale ad un ospedale psichiatrico per l'anestesìa della fede residua.
    Anche le panche ricordano un letto di contenzione.
    Pure il prato e' glaciale,inespressivo,senz'anima:ogni filo d'erba 3 cm.e non piu'

    RispondiElimina

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La Redazione