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lunedì 12 aprile 2021

Orrori architettonici… e dove trovarli #31 a Brih (Libano)

Chiesa di Sant’Elia dell’arch. Maroun Lahoud (anno 2016).

Lorenzo

Descrizione del progetto: «Il progetto St-Elie si trova a Mtaile Brih, che significa panoramico in arabo, a 50 km da Beirut, una regione caratterizzata dalla sua topografia terrazzata e dall’abbondanza di vegetazione. È anche una regione con un pesante patrimonio storico, che ha portato a violenti scontri durante la guerra civile tra il 1975 e il 1990, con la quasi totale distruzione di case, luoghi di culto e lo sfollamento degli abitanti dei villaggi. St-Elie è il primo progetto che simboleggia la riconciliazione nella regione.
Il progetto nasce con la volontà di riunirsi celebrando gli elementi della natura. Comprende la chiesa e la sua piazza, tutte vestite di bianco, solennemente poste su un basamento in muratura a secco, che rimodella la topografia della collina per ospitare la sala polivalente e gli annessi.
Radiante con il suo rivestimento in pietra bianca bocciardata, la chiesa ispira il rinnovamento. Il suo aspetto incarna le caratteristiche della Chiesa maronita: volumetria pura e tetto piano. Con una base quadrata di 17×17 m, St-Elie può riunire fino a 250 persone. Sul retro si trovano la sacrestia e il confessionale per sgombrare il più possibile l’altare.
Il posizionamento delle pietre che vanno da 25 a 45 cm di altezza e disposte in modo casuale unifica l’involucro. Con lo stesso gesto fu eretto il campanile per creare l’ingresso della chiesa; lo spessore di questo ingresso filtra il passaggio dal mondo profano al mondo sacro.
Dall’ingresso siamo attratti da un’imponente feritoia che disegna una croce; orientato a nord, evita qualsiasi effetto indesiderato di retroilluminazione durante la messa. In questa scatola di luce naturale, le pareti bianche sembrano diffondere la luce, il pavimento in marmo di Carrara, dall’aspetto lattiginoso, profondo e vivo, riflettendola a sua volta.
L’interno è curato e gerarchizzato da schemi di illuminazione indiretta che ne definiscono la dimensione spirituale: illuminazione zenitale sopra l’altare, sacrestia e confessionale, parietale lungo le circolazioni laterali e discreta sul retro.
I codici liturgici sono espressi dal numero di aperture. Tre nicchie luminose lungo le circolazioni laterali rimandano alla Trinità; disposte su entrambi i lati, con due aperture ciascuna, totalizzano 12 aperture, riferite alla via crucis.
Viene scritta una nuova pagina, ma radicata nel contesto dall’uso di pietre locali.
Gli abitanti del villaggio hanno contribuito a costruire la base portando ciò che restava delle loro case e chiese demolite; il resto estratto dal sito da artigiani locali.
La sala polivalente di 500 mq è illuminata naturalmente da cinque grandi campate, aperte sui cortili e sul paesaggio, ed è servita da diversi annessi che scivolano negli interstizi della struttura.
Grazie alla sua posizione e al contrasto dei suoi materiali, il progetto tende a creare un nuovo punto focale nella valle dell’oro di Shouf e scrive una nuova pagina nella storia del Monte Libano onorando il suo patrimonio.» (trad. it.)

Foto esterni:





Foto interni:

2 commenti:

  1. Un cubo spoglio e tutto bianco...proprio una novità!

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  2. L'esterno ha una sua suggestione, ricorda vagamente alcune soluzioni del nostro razionalismo. L'interno è agghiacciante. Roba da calvinisti.

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La Redazione