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lunedì 1 febbraio 2021

P. Giovanni Cavalcoli: Ecumenismo sbagliato. Bisogna applicare il decreto sull’ecumenismo nella sua integralità

In un post di ieri abbiamo riportato il nuovo articolo del Bestiario clericale curato da Marco Tosatti, in cui si faceva riferimento ad un recente articolo pubblicato sulla rivista La Civiltà Cattolica, edita dalla Compagnia di Gesù e diretta da padre Antonio Spadaro S.I., teso a rivalutare Lutero e le sue false dottrine in chiave ecumenista.
Vi proponiamo l’immediata replica di padre Giovanni Cavalcoli O.P., le cui posizioni - soprattutto in materia liturgica - non sempre condividiamo, ma che, in questo caso, con linguaggio chiaro e netto ricostruisce la corretta dottrina alla luce dell’insegnamento della Santa Chiesa cattolica, fornendo la corretta interpretazione del concetto di «ecumenismo».

L.V.


Bisogna applicare il decreto sull’ecumenismo nella sua integralità

Nel recente n. 4094 de La Civiltà Cattolica il Padre Giancarlo Pani ha pubblicato l’articolo La scomunica di Lutero 500 anni dopo, nel quale intende aggiornare circa l’atteggiamento di noi cattolici nei confronti dei luterani.
Dopo una breve rievocazione storica dell’amara vicenda del comportamento di Lutero, presentato secondo il solito stereotipo del «riformatore», con sottili punte polemiche nei confronti di Papa Leone X e della condotta dei Domenicani che cercarono di rispondere a Lutero e dopo un sottinteso rifiuto delle condanne tridentine del pensiero luterano, il Padre Pani conclude con un giudizio positivo su Lutero citando: 1. l’ecumenismo del Card. Kasper, che ho già avuto più volte modo di criticare nelle mie pubblicazioni, 2. la Dichiarazione congiunta del 1999, dei cui difetti ho già pure parlato nelle mie pubblicazioni; 3. le parole elogiative del Santo Padre, dimostranti una grande magnanimità, ma che ovviamente vanno riferite solo agli inizi dell’attività riformatrice di Lutero, prima di diventare eretico e distruttore della Chiesa.
Alla Dieta di Worms del 1521 Lutero, già scomunicato da Leone X, dette prova chiara di due cose: innanzitutto della sua superbia e, seconda cosa, del suo stato di eretico. Prova di superbia fu che quando fu messo davanti alle sue tremende responsabilità senza possibilità di scappatoie, dall’autorità del Nunzio Gerolamo Aleandro, rappresentante del Papa, Lutero, per giustificarsi, ebbe l’audacia di invocare del tutto a sproposito il principio della coscienza. Dico a sproposito, perché in questo caso il rifiuto di Lutero di ritrattarsi non fu affatto dettato da buona fede, il che avrebbe scusato la sua disobbedienza, ma da una decisa volontà di impugnare la verità conosciuta.
Questo concetto soggettivistico della coscienza è un principio deleterio capace di produrre effetti devastanti se viene lasciato svilupparsi. La posterità di Lutero manifesterà nei secoli seguenti la potenza distruttiva di questo principio. Un suo prodotto notevole sarà il protestantesimo liberale, nato con Schleiermacher e Dilthey nel sec. XIX ed oggi ancor vivo.
Qui abbiamo un allontanamento dal cattolicesimo ancor più spinto – per esempio Bultmann - di quello di Lutero. È successo così che un Pannenberg, eminente teologo luterano di stretta osservanza, si è trovato, per suo dichiarato riconoscimento, ad essere più vicino al cattolicesimo, che non Rahner, seguace di Bultmann.
In secondo luogo, Lutero si dimostrò eretico nel momento in cui pretese che gli si dimostrasse di sbagliare solo sulla base della Scrittura rifiutando il magistero della Chiesa.
Lo scritto del Padre Pani è un esempio del falso ecumenismo diffuso ormai da decenni, che è, come ho già più volte dimostrato nelle mie pubblicazioni, una incompleta applicazione del decreto del Concilio Vaticano II Unitatis redintegratio, la quale promuove bensì un lavoro comune di cattolici e protestanti teso ad una migliore presa di coscienza dei valori cristiani, che ci sono rimasti in comune, ma non perché tutto finisca qui, ma bensì perché noi cattolici, sotto la guida del Papa, ci adoperiamo a che i fratelli separati, togliendo «impedimenti» (n.3), «carenze» (ibid.) ed «ostacoli» (ibid.) – eufemismi per dire eresie – «siano pienamente incorporati nella Chiesa cattolica» (ibid.).
Il decreto conciliare sull’ecumenismo è un notevole passo in avanti compiuto dalla Chiesa nel miglioramento delle sue relazioni con i luterani, in quanto supera un atteggiamento di eccessiva polemica, dalla quale non fu esente lo stesso Concilio di Trento, benché, a ben guardare, in esso è presente, per alcune dottrine, come ho dimostrato nelle mie pubblicazioni, un interessantissimo sforzo di andare incontro a Lutero, laddove egli aveva ragione e lo si poteva approvare, tanto che si potrebbe dire che l’ecumenismo – quello vero – si incontra già in nuce nel Concilio di Trento, certamente migliore di quello del Card. Kasper.
Il decreto sull’ecumenismo, quindi, non annulla affatto il tradizionale sacrosanto dovere sub gravi di noi cattolici di aiutare o esortare i fratelli luterani a correggersi dai loro errori, che da 500 anni stiamo loro segnalando, e ad entrare a far parte pienamente della Chiesa, ma semplicemente prescrive un metodo nuovo, aggiornato, migliore e più evangelico di compiere questo dovere.
Per questo, l’ecumenismo alla Kasper si potrebbe paragonare all’atteggiamento di quel Francesco, che è medico e sta bene, il quale, constatando che il suo amico Martino si è preso il covid, si rifiutasse di riconoscere di essere lui in buona salute e di riconoscere che Martino è malato, ma si limitasse a dire che la loro condizione di salute è diversa e reciprocante complementare, perché Francesco ha un’escoriazione a un dito, che Martino non ha, per cui Francesco, temendo di essere presuntuoso e di considerarsi superiore a Martino, e in nome della libertà di scelta delle proprie condizioni di salute, si rifiutasse di fare una diagnosi della malattia di Martino e di fornirgli il vaccino, invitandolo semplicemente a pregare con lui lo Spirito Santo affinché tra loro ci possa essere piena comunione sanitaria.
Mentre tutti sanno che ci sono criteri oggettivi per distinguere la salute dalla malattia, pochissimi riconoscono l’esistenza di criteri oggettivi per distinguere l’ortodossia dall’eresia. Il che è come dire che mentre tutti riconoscono la legittimità e l’autorità di un Ministero della sanità che dà prescrizioni contro il covid, pochissimi riconoscono la competenza e l’autorità del magistero della Chiesa nel distinguere l’ortodossia dall’eresia.
Qual è infatti quello stolto che, accorgendosi di essere malato, non chiama il medico con la speranza di guarire? E qual è quello stolto che, avvertito dal medico che deve curare un certo disturbo, non gli obbedisce? Perché mai allora l’eretico, che si accorge di essere eretico o è avvertito da un buon teologo, non dovrebbe ringraziare chi lo avverte e correre ai ripari, correggendo le proprie idee? Eppure i luterani dopo 500 anni, nonostante tutti i richiami a loro fatti dalla Chiesa e da innumerevoli teologi cattolici, sono tuttora fermi sulle loro posizioni ed anzi oggi se ne vantano, visto che a loro giudizio il Card. Kasper dà loro ragione e che Papa Francesco ha lodato Lutero.
L’ecumenismo di Kasper, che tace ai luterani i loro errori, li porta a credere di aver ragione contro noi cattolici e li conferma nelle loro eresie, mentre d’altra parte tanti cattolici sprovveduti o astuti, come i rahneriani, credono di poter continuare a chiamarsi cattolici, pur lasciandosi influenzare dagli errori luterani.
Eppure noi vorremmo chiedere a questi fratelli: a che vi serve tanta sordità? Credete forse che questa sia la via dell’unità e della riconciliazione? Pensate forse di cambiare il giudizio del Papa su Lutero, tanto da poter dire che Leone X e il Concilio di Trento si sono sbagliati? Perché approfittate così indiscretamente della bontà di Papa Francesco nei vostri confronti?
Se il Papa oggi riconosce la parte di verità contenuta in Lutero, perché voi non riconoscete ciò che vi manca per essere pienamente cristiani? E vorremmo dire anche al caro Padre Pani: a che serve nascondere la verità per accontentare gli eretici e i modernisti?

Il buon samaritano

Bisogna che ci abituiamo a trattare dei problemi suscitati dall’eresia imitando la premura del buon medico per il malato. Occorre adottare il modello del buon samaritano non solo per sollevare con misericordia le miserie del corpo, ma anche quelle dello spirito.
A questo riguardo si è diffuso oggi un espediente sornione che consente di evitare di correggere l’errante e liberarlo dal suo errore, pensando così di essere a posto in coscienza. Tale espediente consiste nello scambiare il falso col diverso. Si dice: il sodomita? Non fa peccato. Semplicemente ha un orientamento sessuale diverso. Il tale non accetta i dogmi del cattolicesimo? Non fa peccato. Semplicemente crede in un modo diverso.
In questo modo ci si ritiene dispensati dal preoccuparci per il fratello sodomita o luterano. Si fa la parte di Caino nei confronti del fratello Abele, facendo oltre a ciò la figura di rispettare la libertà di coscienza del fratello. Si pensa che il far presente al fratello che sbaglia e il tentativo di correggerlo sarebbe un far violenza alla sua coscienza, un mancar di rispetto per la sua diversità, un volergli imporre per forza le nostre idee.
Probabilmente il sacerdote di passaggio della parabola del buon samaritano, al vedere il viandante mezzo morto, non ha ritenuto di dover intervenire perché ha pensato che non fosse affar suo, ha ritenuto che quel poveretto non avesse bisogno, ma semplicemente si trovasse in una situazione diversa.
Perché invece il buon samaritano è intervenuto? Perché era un ficcanaso? Perché era un saccente? Affatto. Ma perché ha capito che non si trattava di semplice diversità, ma di un vero e proprio stato di bisogno. Conosceva il valore universale della salute, per cui, come stava bene lui, così anche quel poveretto aveva diritto di star bene. Ha capito che le condizioni di salute di quel povero malcapitato non erano normali o semplicemente diverse, ma difettose. Sapeva che la salute era un bene prezioso non solo per lui, ma anche per quel poveretto. D’altra parte, aveva i mezzi per soccorrerlo, per cui nel suo buon cuore non ha esitato ad usarli.
Similmente il cattolico che corregge l’eretico sa benissimo che il cattolicesimo (katholikòs) è un valore universale. Il Vangelo non è solo per il cattolico, ma per tutto il mondo. Egli sa di non imporre idee proprie, quasi fosse lui la verità, ma sa di annunciare la Parola di Dio. Sa di essere solo un umile servo, discepolo e trasmettitore della Verità. La sua non è una semplice opinione, che fa bene a lui, ma non necessariamente agli altri. Al contrario, è un bene universale, del quale tutti hanno bisogno per salvarsi.
Se il cattolico caritatevole è in grado di correggere l’eretico nei dovuti modi, occorre ben comprendere che nel far ciò non è mosso da chissaquale segreta volontà di dominio, da chissaquale complesso di superiorità nei confronti dell’eretico, da chissaquale rancore o disprezzo o da spirito di aggressività, ma al contrario è mosso dalla più squisita carità e misericordia.
Se poi l’eretico si irrita o si offende o non ascolta, allora vuol dire che non è in buona fede, è un orgoglioso che non ama la verità, ma la menzogna. Nel qual caso il cattolico lo lascia, scuotendo la polvere dai suoi calzari (cf At 13,51).
Tornando al buon samaritano, il cui esempio va bene anche per il problema di sconfiggere l’eresia, egli certamente immaginava che il ferito sarebbe stato molto contento di essere soccorso e anche per questo il soccorritore si muove. Ora però, bisogna tener presente che nei problemi dell’eresia le cose non vanno sempre così.
Mentre qualunque malato nel fisico ha piacere di essere soccorso, non sempre il malato nello spirito, cioè l’eretico, è grato a chi lo illumina, lo disinganna e tenta di correggerlo, ma anzi capita che reagisca infastidito o non ascolti per niente. Nel qual caso il medico dello spirito dovrà rinunciare a curarlo e lo affiderà a Dio.
Ma anche in questo caso il medico dello spirito può fare come il medico del corpo, il quale, davanti al malato, s’interessa anzitutto di verificare quali sono le risorse sane che gli sono rimaste, perché, dopo aver fatto la diagnosi della malattia o del trauma, veda su quali forze far leva affinché la cura possa essere efficace.
Il constatare dunque assieme, cattolici e luterani, di possedere in comune il patrimonio dei dogmi fondamentali del cristianesimo, è dovere di tutti e compito fondamentale dell’ecumenismo. In tal modo questi valori comuni sono conosciuti oggi, grazie alle attività ecumeniche, meglio che per il passato. E ciò è certo motivo di gioia per tutti.
Ma un’altra importante conquista dell’ecumenismo è stata quella che la Chiesa ha approfondito la conoscenza dei lati positivi della personalità di Lutero. Questo spiega le parole di lode che il Sommo Pontefice ha avuto per lui, parole che sarebbe nefasto interpretare come smentita della condanna dei suoi errori pronunciata da Leone X e dal Concilio di Trento. Sarebbe fare di Papa Francesco un eretico, in quanto difensore di un eretico.
Ma resta il problema del futuro. Tutti sanno che adesso come adesso, salvo le idee contrarie di qualche spirito facilone e confusionario, non c’è unità fra i cristiani. E per questo esiste il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Ma da che cosa dipende questa disunione e come rimediarvi? Che cosa si deve fare? L’Unitatis redintegratio lo dice chiaramente: dipende dagli strascichi secolari del fatto che in passato «alcune comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa cattolica» (n. 3).
Qual è allora il rimedio? Che esse tolgano quegli «impedimenti», «carenze» e «ostacoli» (ibid.), che «si oppongono alla piena comunione ecclesiastica, affinché siano pienamente incorporate alla cattolica Chiesa di Cristo» (ibid.). Dunque la via è tracciata con chiarezza. Questo è lo scopo ultimo del programma ecumenico, del quale la consapevolezza di cattolici e luterani di possedere in comune i dogmi fondamentali della fede è solo il primo passo.
Per questo, come non avrebbe senso che il medico, dopo aver constatato l’indisposizione del malato e le risorse sane che gli restano, si fermasse lì, magari aggiungendo le lodi della salute e la descrizione di quelle che ne sono le condizioni, auspicando la guarigione, senza far nulla di concreto per procurargliela, così similmente è un ecumenismo incompiuto il fatto che cattolici e luterani ci limitiamo a constatare assieme i valori nei quali siamo tutti d’accordo, senza procedere oltre verso Cristo, noi cattolici nel proporre e i luterani nel corrispondere, nella reciprocità della carità fraterna, «perdonandoci a vicenda come Dio ha perdonato a noi in Cristo» (Ef 4,32).
La meta ultima indicata dal Concilio è infatti, come si è detto e ripetuto, che i cattolici, sotto la guida del Papa, facciano insieme con i fratelli luterani, tutto il possibile per allontanare gli errori che tuttora intralciano questi ultimi verso la piena comunione con la Chiesa cattolica. Ma finché questi fratelli non sono disponibili a ciò, essi saranno d’ostacolo alla piena unità. Questa cosa la Chiesa la sta dicendo loro da 500 anni. Speriamo che per loro sia giunto il momento di ascoltarla.
In tal modo, il Papa è stimolato dal decreto conciliare più volte citato a ricordare con tutta discrezione e carità ai fratelli luterani gli «impedimenti», le «carenze» e gli «ostacoli» (n. 3), che tuttora restano e che devono essere rimossi affinché essi possano giungere nella Chiesa cattolica a quella pienezza di unione con Cristo che essi certamente desiderano.
A parte tuttavia la linea del Card. Kasper, che non può non essere stata approvata dai Pontefici del postconcilio per essere stato egli per lunghi anni a capo delle attività ecumeniche ufficiali della Chiesa, sappiamo che gli stessi Pontefici nelle loro attività ecumeniche si sono anch’essi sempre astenuti dall’applicare le direttive del n. 3 del decreto, che ho più volte citato.
Per quale motivo? Perché non hanno mai nominato Lutero, anche se non sono mancati riferimenti velati o più o meno chiari ai suoi errori, quando essi stanno influenzando i cattolici? Nel contempo non si segnalano conversioni di luterani al cattolicesimo. Si sa che i grandi Pontefici del passato non mancavano di mettere in guardia i fedeli dagli errori dei vari ariani, monofisiti, nestoriani, origeniani, valdesi, albigesi, hussiti, giansenisti, e dello stesso Lutero ancora con San Pio X, salvo Benedetto XVI. Perché questo silenzio degli ultimi Pontefici su Lutero? Non desta più preoccupazione? Oppure si temono le reazioni dei luterani tedeschi?
Probabilmente i Papi, forse sottoposti a pressione, hanno timore di creare difficoltà al dialogo ecumenico. Indubbiamente gli incontri ecumenici ufficiali di questi ultimi decenni sono stati una bella testimonianza della comune fede cristiana. Ma stante la protestantizzazione in atto dei cattolici e la permanente ostilità dei luterani al cattolicesimo, mi sia consentito di chiedere al Santo Padre se non sia giunto il momento di applicare l’Unitatis redintegratio nella sua integralità. Altrimenti il Concilio che cosa l’ha pubblicato a fare?

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 29 gennaio 2021

3 commenti:

  1. La pratica religiosa nei Paesi luterani, come Germania e Scandinavia, è ridotta ai minimi termini, e la stessa fede luterana è prossima a diventare un relitto della storia. Come spesso accade quando la Chiesa vuole inseguire "il mondo", Essa rimane indietro, perché il mondo cambia troppo velocemente. La Chiesa cattolica dovrebbe insegnare, e non cercare di imparare da chiunque, come se fosse uno scolaretto.
    La rincorsa alla conciliazione con Lutero è quindi anacronistica, oltre che utopistica. Non che il problema luterano non sia d'attualità; lo è, ma all'interno delle mura della Chiesa.
    I fedeli luterani, i pochi rimasti, sappiano però che le porte della Chiesa Cattolica sono sempre state aperte, al modo della porta della casa del Padre Buono, quando tornò, pentito, il proprio figliolo.

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    1. Infatti. I protestanti sono praticamente scomparsi, nelle nazioni tradizionalmente protestanti ormai c'è soltanto ateismo. Con chi dovremmo riconciliarci? Con chi non c'è più?

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    2. 14:30, i protestanti sono scomparsi dopo secoli dalla riforma...a guardar bene, i modernisti hanno svuotato le chiese in molto meno, pochi anni! In fin dei conti, forse saremmo messi meglio perfino coi protestanti che con gli apostati conciliaristi che odiano Dio ed insegnano agli altri ad odiarlo.

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