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martedì 26 gennaio 2021

Il Papa nomina tre nuovi Consultori della Congregazione per la Dottrina della Fede

Apprendiamo dal bollettino della Sala Stampa della Santa Sede di tre nuove nomine nella Congregazione per la Dottrina della Fede: si tratta di mons. Antonio Pitta, di don Luca Ezio Bolis e di don Alessandro Clemenzia.
Di don Ezio Bolis, sacerdote della Diocesi di Bergamo, abbiamo trovato la presentazione di una sua conferenza del 2016, presso l’associazione Biblioteca Salita dei Frati (Lugano), dall’emblematico titolo: Il modernismo: un modo nuovo di leggere la Bibbia e la storia del cristianesimo. Così recita la presentazione: «Inseriti nel contesto storico e teologico del rinnovamento delle scienze religiose, gli esponenti del modernismo condividono alcune istanze benché non siano riconducibili a un programma unitario. Tra gli obiettivi perseguiti c’è un nuovo approccio al testo biblico, che tenga conto del metodo storico-critico, e una lettura della storia del cristianesimo che, abbandonato l’impianto apologetico tradizionale, si basi scrupolosamente sulle fonti documentarie. Tra i principali protagonisti di queste nuove tendenze si porrà in evidenza soprattutto il contributo di figure come Loisy e Duchesne per l’ambito francese, e di Semeria con Buonaiuti per l’Italia. Le questioni poste in gioco da questi autori sono di grande rilevanza: per esempio, l’esegesi storico-critica e il principio di autorità dottrinale nella Chiesa; la lettura storica dei “dati della fede” e l’evoluzione dei dogmi nel permanere della verità; l’esperienza religiosa e il suo rapporto con la riflessione teologica. Entrati massicciamente nei dibattiti del Concilio Vaticano II, questi temi rimangono ancora cruciali per la teologia.»
Insomma, un biglietto da visita tutt’altro che rassicurante…

L.V.


Il Santo Padre ha nominato Consultori della Congregazione per la Dottrina della Fede i Reverendi: Mons. Antonio Pitta, Pro-Rettore della Pontificia Università Lateranense; Sac. Luca Ezio Bolis, Professore presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale; Sac. Alessandro Clemenzia, Professore presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.

7 commenti:

  1. Sono tutti e tre senza talare, secondo la moda tanto cara a Bergoglio. Anche questo è un segnale....in linea con la neochiesa!!

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  2. Ce ne fosse uno vestito da prete! O erano a carnevale quando si erano mascherati da bidelli?

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    1. Il clergyman è una veste da prete

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    2. Mah, a me pare più una veste da netturbino, ma sono punti di vista.
      Splendidi poi quando girano col colletto slacciato e il pezzo di plastica che spenzola fuori dallo stesso...proprio un'immagine mistica!
      C'è sempre qualcuno disposto a difendere ogni cosa! Mi piacerebbe sapere quali sono le profonde ragioni teologico/pastorali cha hanno portato chi di dovere a mollare un abito che, da secoli, non ha mai creato problemi a nessuno se non, tutt'al più, in tempi di feroci persecuzioni nelle quali la prudenza imponeva l'abito borghese. Ovviamente la domanda è retorica, anche se penso che nessuno si sia mai posto il problema.
      Meno male che la chiesa s'è svecchiata!

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  3. Ahahahah! Ah,il requisito principale per essere consultori della CdF è farsi fotografare in talare ahahahah. E già tanto che abbiano il clergyman. Non è una moda cara a Bergoglio, è che se avesse dovuto scegliere tre consultori con la talare, o li prendeva tra i lefebvriani o restava senza, perché tra i preti secolari non c'è più nessuno che porti la talare (purtroppo), e questa è una colpa da Paolo VI in poi, compresi Wojtyla e Ratzinger (anche quest'ultimo si vestiva in giacca e cravatta, ai suoi tempi) ahahahh

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    1. Veramente il mio parroco porta la talare e non è certo lefebvriano.

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    2. Ci sono tanti preti, soprattutto giovani, che, Vivaddio, hanno ricominciato a vestirsi in modo consono. Bisogna solo aspettare che il tempo porti via le vecchie cariatidi del sessantottismo con tutte le sue vomitevoli storture.

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