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giovedì 13 agosto 2020

Lettera della TFP ai vescovi brasiliani: sulla Teologia della Liberazione voltate pagina

A qualcuno interessano ancora le sorti della Chiesa.
Luigi
[...]
Il testo originale lo trovate su questo collegamento. 


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Lettera aperta al Consiglio Permanente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile 

Eccellenze: è ora di voltare la pagina della Teologia della liberazione! 

“Errare è umano, ma perseverare nell’errore per superbia è diabolico” (Sant’Agostino)

Secondo quanto riferito dalla stampa, il Consiglio permanente della CNBB il 5 agosto discuterà la “Lettera al Popolo di Dio”, fatta trapelare da un’editorialista della Folha de S. Paulo e presumibilmente firmata da 152 vescovi.
La lettera è un forte attacco all’attuale governo, basato molto più su una posizione ideologica di sinistra che sulla dottrina sociale della Chiesa.

I primi nomi dei firmatari, resi pubblici, sono rappresentativi di una corrente episcopale la cui dottrina ha chiaramente ispirato la stesura del documento. Si tratta di prelati di origine tedesca ora in pensione, in gioventù entusiasti sostenitori della rivoluzione marxista promossa dai capi della Teologia della liberazione. Dopo il collasso dell’URSS, questi prelati – e altri della stessa corrente ideologica – si sono riciclati con le utopie ambientaliste e indigeniste e nell’ ottobre scorso, hanno promosso lo scandaloso culto della Pachamama nei giardini del Vaticano.

Mentre erano in attività a capo delle loro diocesi, questi prelati furono i mentori del Partito dei Lavoratori (PT), i suoi più grandi promotori, attraverso le Comunità Ecclesiali di Base (CEB), nonché i principali alleati quando il partito è riuscito a salire al potere e ha cercato di instaurare in Brasile il regime socialista che sognavano.

Insoddisfatti dall’”imborghesimento” dei dirigenti del PT e dal loro ritardo nell’attuazione delle riforme strutturali richieste per la transizione al socialismo, questi prelati si sono poi alleati con il MST (Movimento Senza Terra, ndt) e con i “movimenti popolari”, che rappresentavano l’ala estrema della sinistra.

Attraverso la Pastorale della Terra, il Consiglio missionario indigeno (CIMI) e altre organizzazioni ecclesiali, hanno incoraggiato e benedetto invasioni di terreni ed edifici urbani, la distruzione di campi di ricerca scientifica, gli scioperi e i disordini stradali, le bande giovanili che rubano in gruppo e l’impunità dei criminali, tutto ciò come mezzo di pressione politica sull’opinione pubblica nazionale e su un governo che, per loro, non era abbastanza radicale nelle sue riforme.

Ma quella insoddisfazione non ha impedito a questi presuli di mantenere il loro sostegno al governo del PT quando questo ha compensato la relativa lentezza nell’attuare le riforme economiche con una rapida radicalizzazione della sua agenda di corruzione dei costumi, mediante la legalizzazione di alcuni casi di aborto, il riconoscimento delle unioni extraconiugali e delle coppie omosessuali, la graduale introduzione dell’ideologia gender nell’educazione dei bambini, il finanziamento di “espressioni artistiche” immorali e blasfeme, ecc.

Alla fine, quando il malcontento della popolazione è esploso contro l’occupazione dello Stato promossa dal PT mediante i suoi raccomandati e contro la costruzione del più grande sistema di corruzione finanziaria nella storia del Brasile e forse dell’umanità, questi prelati hanno fatto tutto il possibile per salvare tale Governo, che giudicavano essere il meno malvagio. Ma soprattutto hanno fatto di tutto per evitare che l’onda conservatrice delle strade si traducesse in un movimento di restaurazione morale nel nostro paese, affrettandosi a negare qualsiasi sostegno religioso a coloro che si sono opposti al processo di socialistizzazione in Brasile.

Tuttavia, l’attività militante di questa ala sinistra dell’episcopato non ha impedito l’impeachment della ex presidente Dilma Rousseff e la successiva elezione di Jair Bolsonaro alla presidenza della Repubblica.

Amareggiati dalla sconfitta elettorale, compreso il clamoroso fallimento del signor Boulos (Guilherme de Castro Boulos, partito Socialismo e Libertà, ndt) e delle altre correnti dell’estrema sinistra con cui questi prelati s’identificano meglio, hanno dovuto per giunta vedere scelto dalla maggioranza dei brasiliani un uomo che rappresenta l’opposto ideologico di ciò che vogliono.

Di fronte al graduale smantellamento dei falliti insediamenti della Riforma agraria, dei ghetti indigeni, della lotta all’impunità, ecc., questi vescovi, minoritari e in pensione, adesso sfogano la loro frustrazione dirigendosi rabbiosamente alle autorità federali con il pretesto della cattiva gestione della crisi sanitaria.

È probabilmente il loro ultimo tentativo (sarebbe incongruo chiamarlo canto del cigno) di persuadere il popolo brasiliano sulla bontà delle loro utopie, ora che sono alla vigilia di dover lasciare il palco per sommarsi alla schiera di “illuminati” che hanno fallito nella missione di portare il Brasile a sinistra.

Questi prelati sconfitti sono talmente consapevoli dell’abisso che li separa dagli aneliti della maggioranza della popolazione brasiliana che, nella loro lettera di rimprovero, non hanno nemmeno il coraggio di affermare con voce forte e chiara i principi comunisti cui s’ispirano. Usando circonlocuzioni e acrobazie verbali varie, cercano di esprimere i loro pensieri in affermazioni come: il Brasile sarebbe una “società strutturalmente ineguale, ingiusta e violenta”; l’attuale governo metterebbe sistematicamente al centro “la difesa senza compromessi degli interessi di una ‘economia che uccide’, fondata sul mercato e sul profitto a qualsiasi prezzo”; il suo disprezzo per l’educazione e la cultura sarebbe visibile “nell’ignorare e disprezzare i processi pedagogici e i pensatori importanti in Brasile” (non sarebbe stato più semplice e più trasparente dire “la pedagogia degli oppressi” di Paulo Freire?) ecc.

Il fanatismo ideologico di questi prelati li porta a vedere la pagliuzza negli occhi altrui e a non percepire la trave nei propri. “Anche la religione è usata”, dicono incautamente, “per manipolare sentimenti e credenze, per provocare divisioni, per diffondere odio, per creare tensioni”, come se non fosse esattamente ciò che essi hanno fatto per decenni attraverso le CEB e mediante il sostegno pastorale alle attività incendiarie dei cosiddetti “movimenti popolari”.Poiché questi prelati sono stati responsabili per decenni della promozione della lotta di classe e del comunismo, sono loro a meritare l’apostrofe che lanciano al presidente Bolsonaro e al suo governo: “Come non indignarci dell’uso del nome di Dio e della sua Santa Parola, mescolati a discorsi e atteggiamenti preconcetti, che invece di predicare l’amore incitano all’odio, al fine di legittimare pratiche che non corrispondono al Regno di Dio e alla sua giustizia?”.

In realtà, ciò che soprattutto ripugna ai vescovi firmatari della “Lettera al Popolo di Dio” è il sostegno che il presidente Bolsonaro riceve dai cattolici conservatori, oltre che dai leader pentecostali che hanno un elettorato conservatore nei costumi.

Paradossalmente, i principali responsabili della emorragia di fedeli cattolici e della crescita di queste chiese pentecostali, così attive in politica, sono stati gli stessi vescovi della “sinistra cattolica” che oggi lamentano il risultato della loro stessa dissennatezza.

Gli stessi protestanti non esitano a riconoscere che la loro crescita esponenziale si è verificata durante il periodo in cui questi ecclesiastici, sostenitori della Teologia della liberazione, dirigevano la CNBB (Conferenza episcopale brasiliana, ndt).

Nel sostenere il PT, il MST e altri movimenti di sinistra, nel fornire un orientamento politico alla loro opera pastorale, questi vescovi cattolici hanno disgustato milioni di fedeli che, sentendosi orfani di una vera assistenza religiosa, sono emigrati nelle sette protestanti.

Nel 2001 l’allora leader della Convenzione Battista del Brasile, il pastore Nilson Fanini, fece per la rivista americana Time[1] un commento, a cui non mancava una nota di sarcasmo, su come e perché ciò era avvenuto: “La Chiesa cattolica ha fatto la scelta per i poveri, ma i poveri hanno optato per gli evangelici”. Perché? Semplicemente perché “queste persone avevano fame di qualcosa di più del semplice cibo; gli evangelici hanno saputo soddisfare meglio i bisogni emotivi e spirituali della gente”, dichiarò Henrique Mafra Caldeira de Andrada, direttore del programma protestante presso l’Istituto di Studi Religiosi di Rio de Janeiro.

In nome dell’interpretazione marxista della “opzione preferenziale per i poveri”, fatta dalla Teologia della Liberazione, le conferenze episcopali dell’America Latina hanno sostenuto l’agenda rivoluzionaria di sinistra. Il risultato è stato l’abbandono di milioni di anime, soprattutto le persone più umili, nelle mani dei pastori protestanti.

Alla fine degli anni ’90, uno studio del Consiglio Episcopale Latinoamericano – CELAM rivelò che in quegli anni 8.000 latinoamericani abbandonavano quotidianamente la Chiesa cattolica per passare agli evangelici![2]

In soli quattro decenni – considerando la crescita della popolazione in Brasile – questa fraintesa e sinistrorsa “opzione preferenziale per i poveri” ha fatto guadagnare ai protestanti 30 milioni di aderenti e la Chiesa cattolica ha perso più di 50 milioni di fedeli, tanto in favore loro quanto di varie altre sette o persino in favore dell’irreligione.

Questa è la triste evidenza dei fatti. La prova lampante che è stato per avere sostenuto correnti rivoluzionarie e demagogiche che la Chiesa cattolica ha perso credito tra i poveri e gli esclusi. Quegli stessi “esclusi” che tali vescovi ‘falce e martello’ dicono di voler liberare!

Nel 1975, Plinio Corrêa de Oliveira, cui s’ispira questo Istituto che porta il suo nome, in una lettera al cardinale Arns (Paulo Evaristo Arns, ndt), allora arcivescovo di San Paolo, ricordava che la popolazione di quello Stato, pur continuando a frequentare i sacramenti e a riempire le Chiese, non aderiva al discorso sovversivo del clero di sinistra. Ciò che egli segnalava in quel momento della nostra storia si può applicare adeguatamente alla situazione attuale. Diceva: “Atteggiamenti come quello dei firmatari del documento di Itaicì stanno aprendo un fossato sempre più largo non tra la religione e il popolo, ma tra l’episcopato paulista e il popolo”. “La gerarchia ecclesiastica nella misura in cui evita la lotta contro la sovversione comunista, si sta isolando nel contesto nazionale. E ci sembra indispensabile che qualcuno le dica che la sovversione è profondamente e inalterabilmente impopolare tra noi, e che la gerarchia paulista quanto più soffia sulla sovversione meno venerata e ben voluta ne esce”.

Le Eccellenze vostre non appartengono alla stessa generazione di quei vescovi frustrati e falliti che hanno firmato la famigerata Lettera al Popolo di Dio. Come i giovani israeliti nati nella cattività di Babilonia, voi potete giustamente dire: “I padri han mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati! “ (Gr 31, 29). In altre parole, l’attuale leadership della CNBB ha ereditato una situazione catastrofica creata dai suoi immediati predecessori. Ora spetta a voi riparare il danno.

Per questo siete stati consacrati vescovi della Santa Chiesa, chiamati da Dio all’altissima missione di restaurare il cattolicesimo in Brasile, per il cui adempimento potete contare sull’appoggio dei fedeli cattolici che frequentano i sacramenti, ben più numerosi delle magre truppe dei militanti delle CEB.

Se le eccellenze vostre non abbandonano risolutamente la strada sbagliata in cui i vostri predecessori si sono addentrati e non si pongono in sintonia con le profonde aspirazioni religiose del popolo brasiliano, e in particolare con quelle del gregge cattolico, l’abisso psicologico che separa le pecore dai pastori oggi non farà che crescere, con una ulteriore perdita di milioni di anime!

Quando avete fatto il seminario, il latino era già stato abbandonato nel curriculum accademico. Ma vi sarà facile comprendere la frase, un tempo famosa, di sant’Agostino: “Humanum fuit errare, diabolicum est per animositatem in errore manere”.[3]

Nell’attuale emergenza nazionale, che richiede l’unione di tutti i brasiliani in un progetto che attiri la stragrande maggioranza della popolazione, sarebbe davvero diabolico ostinarsi nell’errore umano che ha portato alla tragica perdita di innumerevoli credenti e a gravi danni per l’intero Paese. Facciamo quindi appello al buon senso del Consiglio Permanente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, chiedendo alle Vostre Eccellenze di ripudiare, con la massima energia, lo scandaloso documento firmato da 152 vostri fratelli nell’episcopato, e di farlo conoscere dall’alto dei pulpiti. Deve essere chiaro alla maggioranza conservatrice dell’opinione pubblica brasiliana che questa posizione minoritaria non corrisponde a quella dei vescovi del Brasile.

La riforma più importante di cui il Brasile ha così tanto bisogno – e che ci si attende venga intrapresa dai suoi vescovi – è la riforma morale: «Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».

È con questa speranza che ci rivolgiamo rispettosamente alle vostre Eccellenze, chiedendo la vostra benedizione,

In Jesu et Maria,

Eduardo de Barros Brotero

INSTITUTO PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA

San Paolo Paulo, 4 agosto 2020
Festa liturgica di san Giovanni Maria Vianney, curato d’Ars



[3] Sermoni 164.14.