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domenica 17 maggio 2020

Giulio Meotti, Benedetto XVI, l'ultimo papa d'Occidente?

Un piccolo libro da leggere sul nostro amato Benedetto XVI.
Luigi

Marco Tosatti, 9-5-20

È proprio vero che qualcuno che entra per la prima volta in una casa nota più cose, e spesso la capisce meglio, di chi ci abita da una vita; e soprattutto può portare uno sguardo nuovo, fresco e profondo sulla realtà di chi abita. Questo è il caso di un libro che abbiamo appena finito di leggere, su papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger. Lo ha scritto Giulio Meotti, un prestigioso collega de Il Foglio che non ha certo bisogna di presentazioni. Ha scritto per LiberiLibri di AMA S.R.L. 108 pagine, precedute da una prefazione John Waters, un giornalista e saggista irlandese.
È un libro che racconta cose che abbiamo vissuto, e in particolare chi segue quotidianamente questo settore; ma le vede da un angolo diverso, e vi getta una luce di taglio, che le mette a nudo molte realtà come mai prima. Leggete per esempio questo brano, dedicato al Gran Rifiuto:
“Questo è anche il significato delle sue dimissioni, la regressione papale, la renuntiatio di questo vecchio fragile e stanco in un abbandono volontario da una scena planetaria divorante, a favore di un ritiro solitario e meditativo: il crollo del cattolicesimo in Occidente. Le dimissioni non soltanto di un papa, ma anche dell’Europa che lo aveva prodotto. Fu durante un incontro per canonizzare i mar- tiri di Otranto, dove più di ottocento cristiani erano stati massacrati dai turchi nel 1480 per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam, che il papa ha annunciato le sue dimissioni, l’11 febbraio 2013. Un martirio da relativismo”.

E poi leggete questo, nel momento in cui Benedetto XVI fa sapere – in maniera discreta, sommessa, – è cronaca di questi giorni – che c’è chi lo vorrebbe zittire:
“Nel clima di conformismo dominante, che ha fatto strame delle idee e dei valori, ai più è sembrato che Ratzinger fosse un nemico del bene. Ma eravamo noi a non esserci accorti che il bene, per dirla con Philippe Muray, era diventato un ‘impero’. E che quel papa ne era diventato il grande dissidente da internare, da mettere a tacere”.

Ci verrebbe voglia di citare tutto il libro, quando si incontrano passaggi come questo:

“Aveva previsto tutto. Per questo la sua presenza era tanto intollerabile. Come quando disse che la Chiesa era piena di «sporcizia» al suo interno. Ogni sua parola era coerente, irrefutabile, lasciava basiti. Ha denunciato l’anoressia che sta mettendo a rischio il futuro dell’Occidente, demograficamente, culturalmente e moralmente. Ha attaccato: «Si direbbe quasi che gli intellettuali si vergognino di parlare, di pronunciare giudizi morali, di ascoltare le passioni e le paure, che reputino culturalmente inappropriato o inelegante maneggiare in maniera asettica categorie come il sacrificio, l’elevazione spirituale, il legame con i retaggi ricevuti.» Il suo genio era una minaccia per il vasto programma della post-modernità, la barbarie liquida e dolce delle società post-culturali, e le sue dimissioni sono state un grande sollievo per tanti, troppi, anche all’interno della Chiesa”.

Uno degli elementi che percorre come un filo rosso tutto il libro, e che è la chiave di lettura dell’opera di Joseph cardina Ratzinger prima, e di Benedetto XVI poi, è l’incompatibilità del suo genio con i Poteri che reggono il mondo occidentale. Meotti cita Finkielkraut, che dice di Ratzinger: “Scomunicato dal pensiero maggioritario […] che potremmo chiamare i precetti mediatici della congregazione per la propagazione delle dottrine del politicamente corretto hanno deciso che questo papa non conveniva al mondo. Non era, dicevano, abbastanza progressista. Al posto di Benedetto XVI, si sarebbero senza altro augurati l’elezione di Zapatero I”.

Purtroppo, come ben sottolinea nella sua prefazione John Waters, “Uno dei tanti paradossi dell’essere papa nel mondo contemporaneo è che si deve parlare attraverso un mega- fono controllato dai propri nemici. Ratzinger non incontrò quasi alcuna equità da parte della stampa, che cercava sempre di ritrarlo in accordo con la sua sceneggiatura concordata. La “storia” di Benedetto fin dall’inizio, quindi, era di una regressione rispetto ai giorni di Giovanni Paolo II. Ratzinger aveva trascorso la sua vita rivolto a quella cultura la cui malevolenza era diventata un elemento centrale. La maggior parte dei giornalisti, specialmente quelli cattolici, è ostile alla Chiesa. Essendo essenzialmente i promulgatori della mentalità “progressista”, essi cercano inevitabilmente di usare le proprie posizioni per plasmare gli eventi in modo calcolato al fine di promuovere quella che viene definita una visione delle cose più “liberale” e “progressista”. Ratzinger era vicino all’opposto di ciò che questa narrazione suggeriva: una voce ai margini, pur parlando dal centro. Il progetto principale di Benedetto XVI fu il recupero della cultura occidentale e di un concetto integrato di ragione. Era un uomo che non poteva essere incasellato in nessuna categoria, un paradosso vivente. Era forse il lettore più intelligente del modernismo, uno che comprendeva l’impulso post-moderno meglio di molti dei suoi aderenti”.

Su tutto il libro aleggia una convinzione che purtroppo è difficile non condividere, per poco che si osservi la realtà che viviamo; e cioè che stiamo scivolando tranquillamente verso il suicidio della civiltà occidentale.

“Ratzinger era la voce profetica dell’inquietudine umana e di un futuro oscuro. Ora, per quanto fragile nel corpo, egli rimane la voce più eloquente di Dio nel mondo, forse l’unico che sopravvive a questa verità contro-intuitiva”.

Il deserto avanza, affermava Nietzsche a fine Ottocento nell’esaurimento nichilista dei valori occidentali. Anche Ratzinger dirà che siamo di fronte a una «desertificazione spirituale». Ha ragione Jean Mercier quando definisce quella di Ratzinger «la generazione del deserto». Benedetto XVI nel 2011, due anni prima di dimettersi dal soglio pontificio, denunciò «una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un “paradiso” senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un “inferno”».

E se questo movimento sul piano inclinato verso la scomparsa della nostra civiltà proseguirà senza una reazione, “l’Occidente non sarà in grado di difendersi. In questo tempo di smarrimento, anche all’interno della Chiesa, molti hanno la sensazione che Ratzinger sia quell’“ultimo papa d’Occidente” profetizzato da Nietzsche”. Diceva profeticamente Ratzinger: “Si è trovato di continuo qualche sotterfugio per potersi ritirare. Ma è quasi impossibile sottrarsi al timore di essere a poco a poco sospinti nel vuoto e che arriverà il momento in cui non avremo più nulla da difendere e nulla dietro cui trincerarci”. Parole terribili scritte con quarant’anni di anticipo sulla realtà, commenta Meotti. Che però conclude con un esile raggio di speranza: “Ratzinger ha contribuito a garantire che qualcosa di riconoscibile come “cristianesimo” sia sopravvissuto al caos contemporaneo. Ci ha fornito gli strumenti per superare la crisi e per ricostruire qualcosa che assomigli a quello che un tempo, con orgoglio, chiamavamo “Occidente”. Non è poco, per un solo uomo”. E il legato, l’impegno e l’obiettivo che porge al “pusillus grex” a cui si riduce la cristianità, è questo: “I cristiani credenti dovrebbero concepire se stessi come una tale minoranza creativa e contribuire a che l’Europa riacquisti nuovamente il meglio della sua eredità e sia così a servizio dell’intera umanità”.

È inutile dire che consigliamo a chi legge queste righe di procurarsi il libro. Veramente una chiave di lettura limpida non solo su Benedetto, ma sulla nostra vita.

8 commenti:

  1. Non facciamo confusione. L'ultimo Papa cattolico è stato Pio XII. Avvertite Meotti.

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    1. Con questa mentalità da immobilismo ideologico si riesce solo a danneggiare la tradizione, poiché facile bersaglio dei sovversivi novatori che ringraziano!

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    2. "Immobilismo ideologico"? Meglio il "progressismo ideologico"?

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  2. Pregasi sedevacantisti di non scrivere su mil

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    1. Pregadi ci ha il prosciutto sugli occhi e non intende toglierselo di leggere gli articoli del professor Francesco Lamendola, reperibili sul sito dell'Accademia Adriatica di Filosofia: la Chiesa è occupata dai nemici di Cristo dal lontano 1958: 26 ottobre: elezione, accettata, di Siri, che sceglie il nome di Gregorio XVII; poi è costretto a rinunciare a seguito di minacce alla vita sua e dei suoi familiari, minacce di persecuzioni violente in Urss, minacce di lanciare una bomba sporca in Vaticano; viene messo al suo posto Roncalli, il precursore di Montini, l'eminenza grigia dei ribelli modernisti presenti in vaticano e nell'episcopato, oltre agli sciagurati teologi della cd Nouvelle Théologie (Chenu, Congar,, Danielou, ecc.), chiamati da Roncalli al CV II per ribaltare la dottrina cattolica bimillenaria. Sedevacantisti? ma per favore.... svegliatevi !!!.

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  3. Anche MiL adotta la censura? Anche MiL esercita il (suo) Pensiero Unico?

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  4. ancora co sto benedetto XVI, uno che ha detto arrivederci e grazie, sono stanco no posso defe riposare, lontano su montagna isolato, solo prechiera che servirà per nuofo papa che sarà mogliore per rinnofare chiese. Vergogna!

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