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martedì 12 maggio 2020

Da Bergamo il ringraziamento allo sciamano per il rito vudù e la guarigione dal coronavirus (firmato don Davide)

Ancora una volta giungono notizie inquietanti dalla Diocesi di Bergamo, ben nota ai nostri lettori per i libretti di «preghiere ecumeniche» in preparazione della Santa Pasqua, per le veglie di preghiera interconfessionali filo-sodomitiche, per gli esercizi spirituali affidati alla pastora battista, per le nudità femminili ed altre opere di dubbio gusto esposte nelle chiese.
Nella città che – sotto l’egida della Curia – organizza il festival Molte fedi sotto lo stesso cielo, il più diffuso quotidiano locale di proprietà della Diocesi continua ad offrire ai suoi lettori amari momenti di teologia fai-da-te, questa volta con accenti ancor più preoccupanti del solito.

Sulla prima pagina di domenica 10 maggio, dopo una assenza di alcune settimane dovuta all’epidemia (che a Bergamo ha causato la morte di quarantatré sacerdoti nell’arco di un mese e mezzo), torma la rubrica curata da don Davide Rota, Superiore del Patronato San Vincenzo, importante fondazione educativa diocesana, la cui «finalità essenziale – si legge sul sito internet – è aiutare ed educare nella misura del possibile, confidando nella Provvidenza divina».

Proprio richiamando la Provvidenza divina esordisce l’autore (da sempre allergico al titolo ecclesiastico di «don»), con un «incoraggiamento alla Chiesa chiamata ad alimentare la speranza»; ma ecco che subito il discorso vira sul racconto di un fatto personale: «quando sabato 29 febbraio sono stato portato d’urgenza in clinica, gli ospiti africani della casa di Bergamo, spaventati, hanno deciso di fare una colletta e inviare il denaro in Africa per un rito vudù a mio favore», per poi giungere alla conclusione: «A questo punto insieme al Padreterno, ai medici e infermieri della clinica, ai tanti che hanno pregato per me e per tutti i malati, un doveroso ringraziamento va anche all’ignoto sciamano africano… Non si sa mai: in certe occasioni è bene tenersi buoni tutti quanti».

Ironia? Una battuta di spirito? Al di là della premessa d’ufficio «proviamo a ricominciare con un sorriso», il contesto ed il tono dell’articolo appaiono tutt’altro che scherzosi e deploranti una pratica magica e demoniaca, sulla quale comunque nulla c’è da celiare.

Sull’argomento è sterminato il Magistero cattolico e chiara ed inflessibile la condanna; basti qui solo richiamare quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale afferma: «Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancora più da condannare […] quando in esse si ricorre all’intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l’invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui» (n. 2117).

Che, dunque, un sacerdote (pur allergico al «don»), Superiore di un’opera educativa diocesana, ringrazi l’«ignoto sciamano africano» per aver compiuto sulla sua persona – di uomo ordinato e consacrato a Dio – un rito demoniaco (tra l’altro propiziato dagli «ospiti» della sua comunità, ovvero anime affidate alla sua educazione) e concluda con un sincretistico (se non apostatico) «non si sa mai: in certe occasioni è bene tenersi buoni tutti quanti» è di gravità inaudita che impone una riparazione pubblica ed inequivocabile.

In conclusione non possiamo che rallegrarci per la guarigione di Don Davide, ma testardamente noi continueremo a professare la nostra fede cattolica, senza preoccuparci di «tenersi buoni tutti quanti», continueremo a reggere lo stendardo «di Gesù Cristo, il nostro buono e supremo comandante» contrapposto a quello «di Lucifero, l’acerrimo nemico dell’uomo» (come insegna Sant’Ignazio nella seconda settimana dei suoi esercizi) e, da lunedì 18 maggio, Deo volente, torneremo a confessarci ed a partecipare al Santo Sacrificio eucaristico nelle nostre chiese, perché «non si sa mai» che la Santissima Trinità sia davvero l’Unico Vero Dio.
LV

7 commenti:

  1. Riti vudù, pachemame ... ma ve lo volete mettere in testa che questa è un'altra chiesa?

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    1. Un'altra chiesa che non ha alcun futuro.

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  2. Lo conosco personalmente... È uno dei sacerdoti più "ortodossi" che conosca e quella rubrica che tiene su l'Eco ha spesso un tono scherzoso ed ironico.. stiamo tranquilli, è certo che non attribuisca la sua guarigione al rito vodoo...

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    1. In ogni caso dà inutilmente scandalo, perché non tutti sono abilitati oppure obbligati a comprendere l'eventuale ironia

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  3. Diocesi di Bergamo vergogna d'Italia e d'Europa.

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  4. Lo scorso anno sono andato in provincia di Bergamo ,al funerale di un giovane di 26 anni del quale conoscevo i genitori. La chiesa era imponente e bella nell'insieme anche se entrando ho notato che le panche sembravano disposte in modo strano,quasi in cerchio. Mentre mi guardavo attorno è giunto il parroco vestito in jeans scuri,un maglione scuro con sotto una camicia a scacchi ed ai piedi delle non ho capito bene se delle ciabatte o dei sandali.Intanto era arrivata in chiesa la famiglia del defunto, alcune famiglie di amici e molti colleghi . A quel punto il parroco si è ritirato ed è ricomparso per accompagnare la bara in chiesa .Aveva indossato un' alba alquanto stropicciata ,una stola ed ai piedi aveva le stesse calzature di prima.Durante la messa ,molto sbrigativa,ha fatto parlare i genitori del morto ,poi ha sbrigato in fretta e furia l'omelia che non aveva preparato viste le numerose pause ,non accennando neanche di sfuggita alla morte ed alla resurrezione.Ero talmente infuriato che non sono andato via solo per rispetto dei famigliari del defunto.Veramente un funerale vergognoso.

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  5. A me sembra solo una battutaccia per sdrammatizzare...poi non sto in testa alle persone

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La Redazione