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sabato 14 marzo 2020

Franco Cardini: “Un tempo contro le epidemie si pregava, oggi si chiudono le chiese”


Qualche ragionamento di buon senso.
Luigi

Lo storico Franco Cardini: “Un tempo contro le epidemie si pregava, oggi si chiudono le chiese”

GIACOMO GALEAZZI, Vatican Insider, 05 Marzo 2020

ROMA. «Tutto ciò che è umano va relativizzato», evidenzia lo storico cattolico Franco Cardini che, di fronte all’emergenza Coronavirus, richiama l’importanza della «dimensione pubblica della fede».

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Che tipo di fede prevale?

«Una fede fragile e individualista. La nostra fede in Dio zoppica. Oggi non faremmo mai una novena affinché Dio ci liberi dall’epidemia. Sarebbero gli stessi medici cattolici ad ammonirci di pregare in casa. L’epidemiologia moderna è un incentivo alla nostra carenza di fede. Siamo dentro un cortocircuito da cui non riusciamo a uscire. Oggi la gente si preoccupa dei pericoli naturali e solo in un secondo momento pensa che Dio ci aiuti. Dilaga l’errata convinzione che pregare privatamente e pregare insieme siano la stessa cosa».

Non è così?

«No, assolutamente. Cito un episodio emblematico. Sant’Agostino vide Sant’Ambrogio meditare in silenzio la parola di Dio e ne rimase sconvolto perché era abituato alla preghiera a voce alta e collettiva come nella tradizione latina. Oggi non capiamo lo stupore di Sant’Agostino perché pensiamo che non sia importante se la preghiera sia individuale o comunitaria».

Non si prega da soli?

«Esiste ovviamente la preghiera mistica che si fa in silenzio e da soli, ma, come direbbero gli ebrei, non è la preghiera che Dio predilige. La preghiera privilegiata è quella che il popolo di Dio fa, ordinatamente, tutto insieme. Una volta durante le epidemie si organizzavano novene e processioni per invocare la protezione divina, oggi si chiudono le chiese. Non andiamo a messa e quindi ci rassegniamo all’isolamento. La prudenza è sacrosanta e la scienza è preziosa, ma manca una riflessione più ampia».

È una crisi di senso?

«Sì. Abbiamo tagliato le radici che ci tenevano in contatto con la dimensione trascendente. La vera grande epidemia attuale è la nostra selvaggia e disperata paura. Durante la peste del 1630 si sapeva che la morte non è la fine di tutto. Oggi, invece, si usano i colori pastello ai funerali perché il nero e il violaceo suscitano terrore. Sono stato poco tempo fa in India e alcuni medici locali mi hanno confermato che aveva ragione Madre Teresa: la differenza tra un orientale e un occidentale è l’atteggiamento di fronte alla morte. Noi occidentali ne siamo terrorizzati, non sappiamo più morire».