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domenica 16 febbraio 2020

Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sul nuovo “Padre Nostro” (A. M. Valli)




Non più “non ci indurre in tentazione” bensì “non ci abbandonare alla tentazione”. Questo il cambiamento deciso dai vescovi italiani per la preghiera del Padre nostro. Ma perché la nuova traduzione? In controtendenza rispetto alla spiegazione che va per la maggiore, e cioè che in questo modo il testo sarebbe più in linea con il contenuto evangelico, il libro Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sulla nuova traduzione del Padre nostro, a cura di Aldo Maria Valli, sostiene che il cambiamento ha origine da un indebito ammorbidimento delle parole che Gesù stesso ha insegnato ai discepoli. La nuova traduzione nasce nel clima di buonismo e misericordismo a cui si ispira la Chiesa in questa fase, ignorando però che Dio, nella Sacra Scrittura, mette più volte alla prova le persone per verificare la loro fede e che Gesù stesso, durante la permanenza nel deserto, fu esposto alle tentazioni. La smania di cambiamento è espressione del “cambio di paradigma”, o “rivoluzione culturale” che si vuole attuare nella Chiesa odierna, in nome di un “ecclesialmente corretto” che non deve disturbare la sensibilità moderna. 
I contributi raccolti nel libro sono di monsignor Nicola Bux, domGiulio Meiattini, di don Alberto Strumia e Silvio Brachetta.

7 commenti:

  1. ET NE NOS INDUCAS IN TENTATIONE: per quanto mi riguarda punto e basta. Questi vescovazzi modernisti e apostati, che credono di progredire nella verità propinando un Dio soltanto misericordioso, non me li filo proprio.

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    1. Se scrivessi meglio in latino non sarebbe male...

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    2. Se scrivessi meglio in latino non sarebbe male...

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  2. La 'nuova traduzione' del " non inducas..." è pura bestemmia e opera di ormai portatori di una teologia distorta e, peggio, carenti di fede. Dio non abbandona nessuno di proposito solo, come rilevato nell'articolo, permette, misteriosamente, la tentazione quale mezzo per la nostra salvezza. Leggano il commento al Pater noster di Tommaso ( ma sanno più almeno chi è ?) il quale cita Giacomo: " Considerate perfetta letizia, fratelli, quando subite ogni sorta di prove", e il Siracide: " Figlio, se ti presenti a servire il Signore, preparati alla tentazione". Sentite le sciape e generiche omelie dalla debole oratoria e povere di spiritualità della maggioranza dei vescovi e ve ne renderete conto.

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    1. Al di là delle parole, effettivamente non si capisce perché Dio non possa proporci delle prove. Forse credono di essere al passo con i tempi modificando le preghiere? Per me parte del clero soffre di un complesso d'inferiorità rispetto alla cultura del momento, e cercano affannosamente di compensare cambiando tanto per cambiare. Ma se prendiamo questa piega non ci sarà mai la sicurezza di recitare preghiere "corrette", tra un po' ci saranno altri ripensamenti e così via. O sono in mala fede, e cioè tentano deliberatamente di cancellare la cattolicità, nel metodo e nel merito, oppure sono semplicemente degli idioti (ipotesi non certo da scartare, vista la schizofrenia recente di Bergoglio & Company su questioni delicate).

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  3. Presumo vorreste celebrare ancora la messa in latino (lingua che Gesu'non parlava) e, certamente, vagheggiate l'inquisizione. Non c'e' altro da dire. Anzi, solo una cosa: come diceva il buon Gesu', Voi, con la Vostra tradizione, amate insegnare "comandamenti di uomini come dottrine".

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  4. Vorrei sapere come si traduce in latino la frase: e non abbandonarci in tentazione. Grazie

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La Redazione