Il sinodo per l'Amazzonia ha raggiunto il risultato voluto e sollecitato
a S. Marta: ha votato per l'inizio della demolizione del celibato ecclesiastico. Il nostro Santo Padre può quindi finalmente accendere un cero di riconoscenza alla Pacciammamma (a proposito: poche ore dopo il
nostro post, con foto e video della restaurazione del culto della ripescata dea madre, collocata al centro della navata di S. Maria in Transpontina tra fiori e candele votive, il feticcio è stato misteriosamente rimosso: o qualche papavero vaticano si è preoccupato della cattiva pubblicità, o forse, chissà, esso serviva al papa per le sue private devozioni).
Traguardo ancora lontano, invece, sul diaconato femminile: ma quello era probabilmente un red herring, come direbbero gli anglosassoni: una falsa pista cioè, un obiettivo fittizio per ottenere più facilmente il risultato che conta, quello sul celibato. Se vuoi 50, l'otterrai più facilmente chiedendo 100. Non che una paraordinazione femminile (che quasi subito perderebbe il 'para') sia un traguardo da poco, anzi! Ma c'è il fastidioso ostacolo di un pronunciamento contrario dichiaratamente infallibile, assai recente e per giunta di un pontefice santo e venerato come Giovanni Paolo II; non roba di disprezzabili papi-re medievali. Era chiaro a chiunque che, almeno per qualche tempo ancora, le pretesse sarebbero rimaste a becco asciutto.
Ma sul celibato, si sa, non c'è alcun ostacolo dottrinale. E noi tradizionalisti siamo i primi ad ammetterlo. Dopo tutto, S. Pietro aveva una suocera (povero lui).
Sappiamo anche, però, che l'introduzione dell'obbligo del celibato fu una benedizione per la chiesa latina. Non ribadirò qui gli argomenti più nobili e teologici (l'imitazione del Cristo da parte del sacerdote, il suo matrimonio mistico con l'intera Chiesa, la sua paternità non carnale e quindi rivolta a tutti i fedeli) e mi limiterò a un tema più terra terra: ve l'immaginate la Chiesa, già spesso piagata dal nepotismo, se i membri del clero 'tenessero famiglia'? Del resto chi conosce un po' di storia ricorderà quanto fosse scandaloso e detestato il clero uxorato nei secoli del Medioevo (XI-XIII) in cui solo a fatica il celibato cominciava ad affermarsi, e come l'evangelizzazione dell'Europa nei secoli precedenti fosse avvenuta soprattutto grazie ai monaci, per definizione votati alla castità.
Ora l'attuale pontefice, col trucchetto gesuitico di provvedere per una pretesa situazione particolare in Amazzonia (trucco che non inganna nessuno: sappiamo benissimo che si cerca di forzare l'argine in un punto per poi estendere ovunque l'alluvione), vuole buttare alle ortiche una disciplina ecclesiastica che ha funzionato benissimo per circa un millennio; millennio nel quale la Chiesa non solo ha superato momenti durissimi, ma è riuscita pure ad espandersi nei cinque continenti.
Ma allora, perché? Si potrebbe sospettare un forsennato cupio dissolvi, ossia che i vertici della Chiesa abbiano coscientemente deciso di segare ramo per ramo l'albero su cui sono assisi: dopo la banalizzazione della liturgia col Concilio, dopo le picconate alle verità della Fede, con le ammucchiate sincretistiche o le interviste a Scalfari coi dubbi papali sulla divinità di Gesù, il colpo di grazia sarebbe proprio la desacralizzazione della figura del sacerdote, da ridurre ad una specie di travet dei sacramenti (magari sindacalizzato, avendo figli da mantenere che vogliono l'ultimo iphone e moglie in perenne lite con le beghine della parrocchia).
Ma la spiegazione più plausibile, a mio avviso, è diversa.
I progressisti, o modernisti che dir si voglia, sono consci della loro sterilità spirituale. Come diceva profeticamentee S. Pio X a un prete di quella tendenza: voi non farete rientrare (nella Chiesa) quelli che sono fuori, ma scappare quelli che sono dentro. Più ancora che profezia di papa Sarto, era grande buon senso.
In altri termini: la Chiesa perde a ritmi vieppiù accelerati fedeli e vocazioni; di queste ultime, quelle poche che restano sono quasi tutte di candidati tradizionalisti, palesi o 'cripto', o comunque di giovani non ostili ad una restaurazione dottrinale e morale più o meno marcata. La sociologia parla chiaro: l'essere umano è disposto ad dedicarsi, e specie per la vita, solo se percepisce quell'impegno con nitore, importanza, pienezza di senso; non, invece, per un'ideologia liquida, se non perfino liquefatta, come quella del "chi sono io per giudicare?". Se avete dubbi su questo, chiedetevi: quali sono le religioni in più forte espansione? quelle 'inclusive' che inventano riti per matrimoni gay e transgender (come i moribondi anglicani e luterani svedesi), o quelle che costringono le donne a uscire di casa bardate come rapinatori di banca?
Di qui a pochi decenni, i ranghi del clero saranno drasticamente decimati; ma i pochi rimasti saranno, se non dei nostri, quasi. E visto che la Chiesa è gerarchica e vi comanderanno sempre preti e vescovi, saranno quei giovani, cresciuti, a prendere un giorno le redini del comando. Ecco allora la contromisura: ordinare sacrestani e la varia fauna che pullula nei consigli pastoral-parrocchiali, e farne presbiteri sposati che, già solo perché giustamente respinti dai molti che mai accetteranno una simile innovazione, 'si butteranno a sinistra' e rinsalderanno il fronte dei novatori, cui dovranno in fondo il loro posto di lavoro.
Ma per fortuna Nostro Signore ha posto un argine: se il celibato dei sacerdoti non è materia di fede, quello dei vescovi sì: per quel che ancora vale, la tradizione ininterrotta della Chiesa, anche orientale, condiziona il grado supremo dell'ordine sacro al vincolo del celibato.
Sarà comunque un'aspra sfida. Non resta che pregare la Pachamama Anadiomene.
Enrico