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domenica 5 maggio 2019

"La tomba di Dio": lo sterminio dei cristiani raccontato da Giulio Meotti

Una bella recensione di Stilum Curiae per un libro da leggere.
Luigi

Marco Tosatti, 15-4-19

Gisèle Littman, - la “Figlia del Nilo”, Bat Ye'or, è il suo pseudonimo - è una storica, un’autorità in termini di jihad e di dhimmitudine. Ha accettato di scrivere l’introduzione del bellissimo, drammatico e impietoso libro di Giulio Meotti, su come l’Occidente osserva con disinteresse – forse, in certi momenti anche con un certo fastidio, il massacro e la diaspora dei cristiani d’Oriente. “LA TOMBA DI DIO. La morte dei cristiani d’Oriente e l’abbandono dell’Occidente” si intitola l’opera, per i tipi delle edizioni Cantagalli.

È un libro da leggere, per vergognarsi, anche come cattolici, per una Chiesa che sembra rifiutarsi, semplicemente, di prendere atto della realtà, e che, come l’Europa democratica di Monaco, riesce solo a trovare parole di appeasement, e non di verità. Torneremo su questo punto più avanti: ora leggiamo alcune righe dell’introduzione firmata da Bat Ye’0r, “La Figlia del Nilo”, una delle autorità mondiali in fatto di Jihad e di Dhimmitudine.
“Questo libro è una testimonianza possente di una tragedia la cui ampiezza storica e morale ci mette a confronto, in ogni pagina, con la nostra coscienza. Ci riferisce, in uno stile diretto e che tanto più colpisce, la messa a morte di una civiltà e i mezzi di esecuzione per arrivarci. Con una lucidità terribile, Meotti mette sotto i nostri occhi questa agonia e, implacabilmente, ci obbliga a guardarla e a porci delle domande. Il suo linguaggio non è quello asettico fatto di dati e di statistiche, ma è quello di un uomo di fede che partecipa dei drammi e delle sofferenze di popolazioni civili innocenti, disarmate, consegnate a delle milizie jihadiste le cui crudeltà sembrano sorgere dai tempi più barbari dell’umanità. Nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni, pagina dopo pagina, si sprigiona verso l’Occidente l’appello al soccorso dei cristiani e di altre minoranze massacrate dai jihadisti. Ma il soccorso non arriva mai. Gli occhi restano ciechi, le orecchie sorde, le bocche mute. L’Europa dei diritti dell’uomo così tenera, così compassionevole verso i migranti musulmani, così votata a soddisfare le richieste reclamate dai suoi protetti favoriti, i Palestinesi, rimane impassibile se non ostile a questi cristiani del mondo islamico il cui sterminio l’importuna e si contrappone alle sue ambizioni di superpotenza economica e politica mondiale. Che muoiano in silenzio purché la lascino corteggiare ossequiosamente questi stessi stati jihadisti che, loro da soli, permetteranno all’Europa di diventare più potente dell’America, più potente della Russia, di gonfiarsi d’orgoglio fino a morirne”.

È un atteggiamento che viene da lontano. Proprio in questi giorni il popolo armeno ricorda, il 24 aprile, il suo tremendo giorno della Memoria, del Metz Yeghèrn, il Grande Male, quando il Triumvirato di Costantinopoli, tutto modernità e Islam, diede il via allo sterminio di quella che era la comunità cristiana più numerosa del Medio Oriente. E, trovandosi, unì greci, siriaci e alri cristiani nella stessa tragedia. L’Europa stette a guardare (i tedeschi, presenti in forze nell’Impero Ottomano, specialmente con i servizi di intelligence, studiarono con attenzione il “know how” del genocidio, ne riportarono notizia in Patria (il capo dell’intelligence fu ucciso mentre sfilava al braccio di Hitler nel fallito putsch di Monaco) e lo usarono vent’anni dopo contro gli ebrei. Ma l’Europa presa da altri problemi, e interessata a una Turchia bastione all’espansionismo bolscevico verso i mari caldi, non punì gli autori del primo genocidio del secolo.

L’Europa di oggi, e gli Stati Uniti, e – almeno secondo le recenti polemiche sugli aiuti ad Al Qaeda, Israele - hanno fatto di più. Hanno armato protetto e aiutato gli assassini di oggi, nel tentativo, parzialmente fallito, di rovesciare il regime siriano. E dove i cristiani, insieme ad altre minoranze, hanno pagato un prezzo orrendo. E dove, ahimè, la Santa Sede non ha trovato la statura e la forza per dire qualche cosa contro l’operazione condotta dai Padroni del Mondo.

Basta leggere questa pagina per rendersi conto, ancora una volta della drammaticità di una resa religiosa e culturale, prima che economica e politica. Una resa di cui la Chiesa dovrà rendere conto alla Storia.

“In molte parti del mondo, il cristianesimo in questo momento sta combattendo per la propria vita – intere comunità scomparse, centinaia di chiese distrutte, schiave del sesso, fosse comuni– eppure molti leader ecclesiastici cattolici sembrano ritenere che sia più importante spendere tempo ed energie per difendere l’Islam dai suoi critici che non per difendere i cristiani dalle persecuzioni e chiamare per nome i loro aggressori. I leader cattolici ci assicurano che la violenza non ha nulla a che fare con l’Islam, che i terroristi pervertono la propria fede e quando gli effetti sanguinosi della Jihad non può essere ignorata, ci dicono che la loro guerra santa è radicata nella povertà e nell’ignoranza, non nella religione. Eppure, come aveva scritto anche Giuseppe De Rosa sulla Civiltà Cattolica, la rivista di quell’ordine dei Gesuiti cui appartiene anche Papa Francesco e la cui pubblicazione passa dal vaglio della Segretaria di Stato del Vaticano, «in tutti i luoghi in cui si è imposto l’Islam con la sua azione militare, che per la sua rapidità e la sua estensione ha pochi esempi nella storia, il cristianesimo, che vi era straordinariamente fiorente e radicato da secoli, è praticamente scomparso oppure si è ridotto a piccole isole in uno sterminato mare islamico».Papa Francesco ha viaggiato nell’isola di Lesbo in Grecia e in quella di Lampedusa, ha visitato i profughi siriani e poi ne ha potati con sé una dozzina a Roma. Francesco ha tenuto numerose lezioni ai leader europei sulla loro incapacità di accogliere i rifugiati. Ciò che è più significativo è che la diplomazia vaticana non abbia fatto simili gesti nei confronti di migliaia di cristiani iracheni che languono nei campi profughi iracheni e turchi. I rifugiati cristiani sono diversi dagli altri nelle zone di guerra del Medio Oriente. Sono stati costretti a fuggire e a lasciare tutto puramente per il fatto di essere cristiani. Non sono semplicemente vittime di un crimine di guerra, come gli altri. Sono vittime anche di un crimine ideologico e religioso. Eppure, sembra che in questi anni la Chiesa cattolica abbia scelto la strada della edulcorazione della matrice religiosa di questo conflitto”.

Mi ricordo che proprio su questa polemica un collega, allora direttore di TV2000, perché criticavo questa afasia, mi diede del “jihadista cattolico”. Chissà che cosa penserà del libro di Giulio Meotti! Dove la forza delle cose, dei fatti, da sola dovrebbe contribuire ad aprire gli occhi, a farci capire – come hanno capito nell’Europa dell’Est – che è necessario saper dire di no all’ingresso in massa di una cultura non di integrazione, ma di conquista. Eppure la storia dei cristiani di Oriente, di Paesi come Turchia, Siria, Libano dovrebbe insegnare qualcosa.

“Dove non riescono i massacri, le partenze, sempre più numerose, alimentano un’emorragia silenziosa. I cristiani si sentono sempre più soli in un mondo che li vede come intrusi. Sono come sospesi in un limbo, tra un Occidente amnesico, nichilista e apostata e l’ascesa dell’Islam radicale. Sembra non esserci modo per spingere il mondo occidentale a diventare consapevole di questa tragedia di cui nessuno parla e che potrebbe avere conseguenze fatali per il futuro della nostra civiltà. È questo quello che aveva capito in tempo Benedetto XVI. «Non è un segreto che il Papa sia preoccupato per l’Islam», aveva osservato Christopher Caldwell sul Financial Times: «Si è domandato pubblicamente se sia possibile inserire l’Islam in una società pluralistica. Ha preso le distanze da un programma di dialogo interreligioso gestito dai monaci francescani di Assisi. Ha abbracciato la visione dei moderati e dei conservatori italiani che sottolineano come il principio guida del dialogo interreligioso debba essere la reciprocità, perciò trova ingenuo consentire che la più grande moschea d’Europa venga costruita a Roma con denaro saudita, mentre l’Arabia Saudita perseguita i cristiani e altri paesi musulmani vietano la costruzione di chiese e missioni». È storia nota che, all’incontro ad Assisi voluto da Giovanni Paolo II con i rappresentanti di tutte le religioni, Ratzinger nemmeno vi si recò”.

Già, Ratzinger, Benedetto XVI.