Post in evidenza

Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

venerdì 29 giugno 2018

Perché studiare latino e greco? Risponde Gramsci

?Per la nota teoria che anche l'orologio rotto due volte al giorno da l'ora giusta, pubblichiamo queste intelligenti riflessioni del politico e filosofo  comunista Antonio Gramsci (1891-1937.
Occorre spiegarlo però anche a molti monsignori.
L


di ANTONIO GRAMSCI [Quaderni dal Carcere, 4 [XIII], 55]

Non si impara il latino e il greco per parlare queste lingue, per fare i camerieri o gli interpreti o che so io. Si imparano per conoscere la civiltà dei due popoli, la cui vita si pone come base della cultura mondiale.

La lingua latina o greca si impara secondo grammatica, un po’ meccanicamente: ma c’è molta esagerazione nell’accusa di meccanicità e aridità. Si ha che fare con dei ragazzetti, ai quali occorre far contrarre certe abitudini di diligenza, di esattezza, di compostezza fisica, di concentrazione psichica in determinati oggetti. Uno studioso di trenta-quarant’anni sarebbe capace di stare a tavolino sedici ore filate, se da bambino non avesse «coattivamente», per «coercizione meccanica» assunto le abitudini psicofisiche conformi? Se si vogliono allevare anche degli studiosi, occorre incominciare da lì e occorre premere su tutti per avere quelle migliaia, o centinaia, o anche solo dozzine di studiosi di gran nerbo, di cui ogni civiltà ha bisogno.

Il latino non si studia per imparare il latino, si studia per abituare i ragazzi a studiare, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere ma che continuamente si ricompone in vita. Naturalmente io non credo che il latino e il greco abbiano delle qualità taumaturgiche intrinseche: dico che in un dato ambiente, in una data cultura, con una data tradizione, lo studio così graduato dava quei determinati effetti. Si può sostituire il latino e il greco e li si sostituirà utilmente, ma occorrerà sapere disporre didatticamente la nuova materia o la nuova serie di materie, in modo da ottenere risultati equivalenti di educazione generale dell’uomo, partendo dal ragazzetto fino all’età della scelta professionale. In questo periodo lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere disinteressato, cioè non avere scopi pratici immediati o troppo immediatamente mediati: deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete.

Nella scuola moderna mi pare stia avvenendo un processo di progressiva degenerazione: la scuola di tipo professionale, cioè preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola “formativa” immediatamente disinteressata. La cosa più paradossale è che questo tipo di scuola appare e viene predicata come “democratica”, mentre invece essa è proprio destinata a perpetuare le differenze sociali. Il carattere sociale della scuola è dato dal fatto che ogni strato sociale ha un proprio tipo di scuola destinato a perpetuare in quello strato una determinata funzione tradizionale.

Se si vuole spezzare questa trama, occorre dunque non moltiplicare e graduare i tipi di scuola professionale, ma creare un tipo unico di scuola preparatoria (elementare-media) che conduca il giovane fino alla soglia della scelta professionale, formandolo nel frattempo come uomo capace di pensare, di studiare, di dirigere o di controllare chi dirige. Il moltiplicarsi di tipi di scuole professionali tende dunque a eternare le differenze tradizionali, ma siccome, in esse, tende anche a creare nuove stratificazioni interne, ecco che nasce l’impressione della tendenza democratica. Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un manovale diventi operaio qualificato, ma che ogni “cittadino” può diventare “governante” e che la società lo pone sia pure astrattamente nelle condizioni generali di poterlo diventare.

Anche lo studio è un mestiere e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio anche nervoso-muscolare, oltre che intellettuale: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo e il dolore e la noia. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media tende a rallentare la disciplina dello studio, a domandare facilitazioni. Molti pensano addirittura che la difficoltà sia artificiale, perchè sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale. È una questione complessa. Certo il ragazzo di una famiglia tradizionalmente di intellettuali supera più facilmente il processo di adattamento psicofisico: egli già entrando la prima volta in classe ha parecchi punti di vantaggio sugli altri scolari, ha un’ambientazione già acquisita per le abitudini famigliari. Così il figlio di un operaio di città soffre meno entrando in fabbrica di un ragazzo di contadini o di un contadino già sviluppato per la vita dei campi.

9 commenti:

  1. Populorum progressio...."Avanti Populorum!".

    RispondiElimina
  2. "Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un manovale diventi operaio qualificato, ma che ogni “cittadino” può diventare “governante” e che la società lo pone sia pure astrattamente nelle condizioni generali di poterlo diventare". Così Gramsci, le cui "intelligenti riflessioni" nascondono la serpe in seno. Infatti, è proprio la "tendenza democratica" che, latino e greco inclusi o esclusi che siano, ha messo in condizione Macron di diventare presidente della Francia. Ci si domanda per quale altra "tendenza" l'attuale pontefice ha conferito a Macron il titolo di Protocanonico d'onore (!) del Capitolo lateranense, visto che il presidente francese, da vero giacobino, oltre che espressione dell'alta finanza è un agnostico-laicista, anticlericale, anticattolico militante, sostenitore di teorie gender, uteri in affitto, aborto libero, droga libera, eutanasia libera, matrimoni e adozioni per coppie lgbt, poligamia, poliamore e transgenia.

    RispondiElimina
  3. I comunisti hanno la menzogna come loro fondamento.
    Un ragionamento che comincia con un'affermazione palesemente assurda come "Il latino non si studia per imparare il latino" è da rigettare da capo a fondo.
    Il latino si studia proprio per imparare il latino. Poi, se dallo studio del latino promanano altri benefici, grasso che cola, ma il fine primario dello studio del latino è quello di imparare il latino per leggere quello che nei secoli (e non solo nell'antichità) in questa lingua è stato scritto e conseguentemente conoscere i pensieri e le azioni di chi ci ha preceduto per diventare noi persone migliori.
    Altrimenti sarebbe come dire che: "il pianoforte non si studia per imparare a sonare il pianoforte, no. Si studia per evitare che venga l'artrite alle dita". Ma per favore!
    E' vero che a chi suona il pianoforte assai difficilmente verrà l'artrite alle dita, ma da qui a dire che il pianoforte dev'essere studiato come prevenzione all'artrite ce ne corre.
    Chi se ne uscisse pubblicamente con un'affermazione del genere sarebbe, giustamente, tacciato di essere uno sciocco. Il pianoforte si studia per poter eseguire le musiche che per questo strumento sono state composte nei secoli, in modo da trarre piacere e darlo agli altri, per essere così persone migliori.
    E una sciocchezza resta una sciocchezza, anche se uscita dalla penna di un grande maitre-à-penser.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo....forse leggere Marx e le massime di Lenin in latino avrà un altro sapore!....

      Elimina
  4. Prendere i comunisti come esempi per "dare l'esempio" è tipico del modernista finto tradizionalista!

    RispondiElimina
  5. Che lo studio dl latino e del greco sia alla base della cultura mondiale è sacrosanta verità anche se detta da un marksista anticristiano. Evitiamo quindi mediante cavilli di fare il processo alle intenzioni, poiché corrisponde ad una opinabile mentalità diffusa tra gli insegnanti di latino e greco che, quelle antiche lingue, ormai morte, non si studiano per essere parlate. Ricordate il compagno Capanna che ai convegni parlava latino? Un comunista di oggi non lo farebbe di certo, Era perché quella generazione aveva studiato seriamente quelle lingue e ne sentiva tutto il fascino.

    RispondiElimina
  6. Studiare il latino o il greco come "ginnastica mentale", come di fatto diceva Gramsci, e non come strumento per leggere di prima mano le fonti di 2500 anni di cultura euromediterranea è esattamente la fine dello studio delle lettere classiche. Tanto che proprio Gramsci dice che prima o poi si potranno sostituire con altri studi che abbiano gli stessi effetti di un allenamento psichico-fisico allo studio.

    RispondiElimina
  7. Che il latino ed il greco non siano, purtroppo, lingue che si studiano per essere parlate e/o scritte, almeno da oltre un secolo, è una constatazione di fatto e conseguenza anche del modo di studiarle nella scuola ( ormai solo il liceo' classico !)dove più che a parlare si insegna la letteratura e gli studenti, disorientati, devono compiere i salti mortali da Livio Andronico a S. Agostino per non sapere poi spiccicare un discorso semplice sulla guida di Cesare, Sallustio e S. Girolamo, giudicati dalle ' professoresse' dei linguisti più che modesti e sempliciotti, perché non ciceroniani. La profezia di Gramsci, oltre che ideologia, è una pesa d'atto di quanto poi sarebbe accaduto anche per colpa della Chiesa post CVII che ha rifiutato oltre al latino ogni uso della bellezza a servizio della evangelizzazione e della fede.

    RispondiElimina
  8. Si studiano Greco e Latino perché sono lingue bellissime. Se si prosciuga la sorgente della bellezza i risultati sono quelli odierni....

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione