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domenica 28 gennaio 2018

Firenze. Appello per salvare lo storico Convento Domenicano di San Marco

Facciamo sentire anche la nostra voce per scongiurare la chiusura annunziata dello storico Convento di San Marco di Firenze: lo possiamo fare apponendo la nostra firma sul sito linkato sotto
Lo storico Convento domenicano di Firenze è anche la culla del nostro Rinascimento: è stato costruito a  lode di Dio per rispondere alle esigenze spirituali e materiali dell'uomo. 
Se si verificasse la soppressione del convento di san Marco, ci sarebbe poi anche un effetto domino: nessuno si sdegnerebbe per la chiusura di altri prestigiosi conventi! 
Non si riesce a trovare una comunità tradizionale domenicana che potrebbe farsi carico del Monastero di San Marco? 
Potrebbe essere una sfida unica ed irripetibile!!! 
Intanto firmiano tutti !!!  
AC

Salviamo il convento di San Marco (Firenze) dal nuovo provvedimento di chiusura 

per firmare
cliccare QUI  

***

«Non si vuole salvare San Marco? Risparmiateci almeno i pretesti» 
di Pietro De Marco 
sul Corriere Fiorentino, 27 Gen 2018 

Caro direttore, è un periodo molto spiacevole, doloroso, questo, che costringe (me ed altri) ad una polemica nei confronti di alcune autorità della Chiesa, polemica che non era mai stata mia, se non in anni giovanili e con tutt’altro segno. 
Ma proprio quel «ritorno all’ordine» che caratterizza la mia appartenenza cattolica da almeno una metà del cammino della vita, mi spinge oggi a dissentire, per coerenza, sia da stile e contenuti dell’attuale pontificato, sia da iniziative di minore momento, ma sempre infelici, come quella che minaccia a Firenze un ulteriore, mortale, depauperamento di San Marco. 
Non ripeto quello che ho già scritto sul Corriere Fiorentino del 21 dicembre scorso.
Aggiungo solo che la petizione cui accennavo allora, su www.change.org, ha superato le 12.200 firme nel mondo. 

Non solo, l’amico professor Marco Vannini ha varato una petizione ulteriore pro San Marco, che raccoglie firme «selezionate» di intellettuali di nome.
Nonostante questa intensità di partecipazione, temo che le legittime, anzi doverose, rassicurazioni rinnovate dal Padre Provinciale, Aldo Tarquini, al Corriere Fiorentino finiscano col demotivare una attenzione che, invece, fa bene all’Ordine domenicano stesso. 
Temo, delle rassicurazioni, l’aspetto di plausibilità, e mi spiego. 
Se i membri del Capitolo della Provincia Romana di Santa Caterina che ha deciso la soppressione della comunità di San Marco, sono, come il padre Tarquini conclude, «i primi a voler garantire che [poi] in San Marco tutto funzioni» egualmente, la Provincia Romana avrebbe tutto l’interesse ad una soluzione diversa dalla chiusura, solo imposta dalla necessità. 
Come può, allora, a cuor leggero il padre Tarquini affermare, di fatto in vece del Padre Generale Cadoré, che il progetto di una supplenza dei domenicani americani per salvare (dico la cosa semplicemente) la funzione storica San Marco è «infondato»? 
Sappiamo tutti che le trattative per una soluzione di questo tipo sono complicate anche quando le parti abbiano la migliore volontà di realizzala. 
Ma difficoltà non è infondatezza. 
Se posso permettermi, sforziamoci di non coprire con pretesti l’eventuale mancanza di volontà o di convinzione da parte italiana! 
Lo stesso si dica per le altre vie d’uscita intraviste, una cautamente evocata dal cardinale Giuseppe Betori stesso: la funzionalità di San Marco posta a carico dell’intero Ordine domenicano, sotto la responsabilità del padre Generale, se non interpreto male; come avviene, certo eccezionalmente, in altri ordini religiosi per casi analoghi. 
Insomma, dovrà essere il Padre Generale a dichiarare, come gli compete, che si sono realmente tentate e sono risultate impraticabili altre soluzioni alla chiusura, e decretarla. Inoltre, le obbligate rassicurazioni che tutto resterà come prima confliggono, il reverendo padre Tarquini lo sa, con la motivazione stessa del provvedimento, la penuria di forze in Firenze. 
In effetti Santa Maria Novella non sta meglio, anzi ha i suoi problemi. 
Inoltre, alcuni frati di San Marco sono stati destinati ad altre e lontane sedi. 
Quale sopravvivenza, dunque, considerando per di più che la Biblioteca Arrigo Levasti, come la Rivista di Ascetica e Mistica, hanno una loro personalità storica, un compito, che esigono di essere curati come si curano le cose viventi, e come si è fatto fino ad oggi? 
E quale immagine della Chiesa cattolica tutta, e di quella fiorentina in particolare, verrà da un’assistenza religiosa e da altre funzionalità, inclusa magari l’apertura materiale della chiesa, divenute per necessità saltuarie se non precarie, proprio nel centro cittadino? 
Dico per mero paradosso: si affiderà al personale del vicino Museo (che si è dichiarato con tanta delicatezza preoccupato dalla crisi del Convento) tutto quanto non è servizio liturgico? 
Ho la sgradevole impressione che il declassamento della parte ancora di pertinenza ecclesiastica di San Marco piaccia a qualcuno a Firenze. 
Una conoscente, che si è presentata in una biblioteca comunale molto frequentata per raccogliere firme per la petizione, si è sentita dire bruscamente: «Qui non si raccolgono firme per San Marco!» frase poi, ma troppo tardi, corretta con un: «Qui non si raccolgono firme per nessuno». 
Qualche soggetto nell’area politico-amministrativa cittadina vede dunque di buon occhio, e favorisce copertamente, la chiusura di San Marco? 
Sperando, magari, che questo possa agevolare la conquista di altri spazi per l’attiguo museo ed altre istituzioni? 
Con in più, ad essere maliziosi, tutta la soddisfazione di un cèto anticlericale per il visibile declino storico della Chiesa cattolica? 
Ad ognuno fare la sua parte, naturalmente; anche se poche cose rivelano il destino della civiltà europea come la museificazione ad oltranza (di cui spesso sono corresponsabili le stesse autorità ecclesiastiche) di ciò che era parte della sua anima millenaria. 
E non temo la retorica di questa bella formula. 
Anzi, proprio una concezione più alta delle cose e l’evocazione stessa di La Pira (che, fosse meno rituale, ci ricondurrebbe al grande respiro della sua visione storica e teologica, non al santino del sindaco dei poveri o al contro-santino del democristiano cattocomunista), dovrebbero impedire a ecclesiastici e «laici» di volare così basso, in questa sorta di piccolo dramma che, per la verità, disturba appena la città sonnacchiosa. 

Fonte: Chiesa e post Concilio QUI

Foto: Visitare Firenze: il Museo San Marco Firenze QUI  

Leggere anche l' articolo del Dott.Sandro Magister su Settimo Cielo QUI

5 commenti:

  1. Mantenere l'apertura del Convento di S. Marco, in funzione della beatificazione di La Pira, personaggio abnormemente mitizzato, è una infelice proposta, considerando la sua ben più elevata inportanza poiché rappresenta un monumento unico di dottrina e arte cattolica dove il Beato Angelico esprime, con mirabile arte, il pensiero luminoso di Tommaso d'Acquino. Chiudere quel Convento sarebbe una disgrazia per l'intera Chiesa cattolica e un indice impressionante della sua attuale crisi.

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    1. Concordo con Anonimo delle 10:30. La Pira, da un punto di vista cattolico, non è comunque giustificabile, diciamo pure che il suo pensiero è un abominio, per non parlare del moralismo pauperista dei suoi adepti (bene o male, se la Pira ha solo seguaci di sinistra, una ragione ci sarà...). Il Convento di San Marco va salvato per altri e ben più alti motivi, altro che La Pira!

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  2. Datelo alla FSSPX almeno loro proseguirebbero nella Dottrina Cattolica

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  3. Dopo Genova, Firenze e poi anche Torino. I Domenicani si sono mai chiesti del perché il loro ordine in Italia è andato, come molti altri ordini, declinando verso lo zero in tema di vocazioni? Non hanno saputo trasmettere il carisma del fondatore e si sono persi nelle elucubrazioni teologiche. La gente ha bisogno di CREDERE e DI ALIMENTARE la FEDE con sorgenti di acqua pura e non Insozzata da fantasie o alchimie cerebrali che spesso creano dubbi ovvero fan perdere la FEDE STESSA

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