Trovo somiglianze tra la presa di posizione di mons Lambiasi
e quella di mons Camisasca a proposito delle processioni di riparazione per il
Remilia Pride e il Summer Pride.
Tutti e due riconoscono il diritto dei cattolici di riunirsi
in preghiera e tutti e due affermano la non opportunità di farlo pubblicamente
con una processione.
Il motivo? Quello di non contrapporsi per non dare
l’impressione che gli omosessuali siano esclusi a priori dalla Chiesa.
A questo punto mi sorge una domanda: Ma i vescovi che credono
certamente in Dio, hanno il coraggio di affermarlo pubblicamente? Se
rispondiamo di sì allora perché ritengono inopportuna una processione pubblica
di riparazione?
Se Dio c’è (e i Vescovi dicono che c’è), il Suo dominio
abbraccia ogni cosa ed ogni ambito ed ogni cosa ed ogni ambito funziona bene
solo ci se si sottomette a Lui. Totalmente!
Non mi si dica che questa è una
visione schiavista, perché Dio è
l’Essere perfetto e per questo le Sue leggi non umiliano ma realizzano l’uomo.
(cfr. Gaudium et Spes n.36 ) Ogni vero cattolico allora quando vede
propagandati pubblicamente dei comportamenti avversi ai comandamenti di Dio e
al suo progetto creativo espresso dalla legge naturale, ha il dovere di
denunciare il fatto come una grave sovversione dell’umanesimo autentico. E dato
che i comportamenti contrari alla legge di Dio vengono ostentati pubblicamente,
altrettanto pubblicamente occorre dire che si è di fronte alla menzogna. All’errore privato si risponde in privato a
quello pubblico, in pubblico.
Se si concede solo al
gay pride di manifestare, perché di
fatto si prendono le distanze dalla manifestazione contraria quasi fosse empia ed immonda, allora ci si
sbilancia da una parte sola. Per di più quella che il cattolico deve ritenere
errata. Per questo mi sono chiesto se i Vescovi hanno il coraggio di
affermare in pubblico tutte le esigenze
della fede. Quelle che riguardano il dato creaturale e non solo quelle di
carattere sociale. E’ vero che il Summer
pride è stato criticato, ma di fatto le parole più chiare sono quelle che
prendono le distanze dalla processione
Il cristiano che afferma i diritti di Dio non crea disordine
sociale. Lo farebbe se cercasse di
impedire con la violenza lo svolgimento
della manifestazione. Ma se fa un’altra manifestazione nella quale le sue idee
non vengono scandite da slogans violenti ed offensivi ma solo
dall’atteggiamento orante di chi annuncia il primato di Dio con la preghiera,
egli manifesta solo la sua fede ed esercita la sua libertà.
Perché tanta paura di una processione religiosa in una
cultura come la nostra che porta tutto in piazza per mezzo di cortei? ( anche il gay pride lo è) .
Perché dobbiamo essere sempre subalterni ad una mentalità
mondana secondo la quale, Dio non può essere portato in pubblico ma deve
restare solo nel sentimento privato? Noi facendo una Processione, non impediamo
agli altri di occupare spazi pubblici,
(e se per caso volessimo farlo il mezzo da usare sarebbe solo quello dell’ordinamento parlamentare e
democratico espresso da un libero voto). Non impediamo agli altri di andare in
piazza, chiediamo di poterci andare anche noi, senza che i Vescovi vogliano
vietarcelo per di più con un linguaggio in puro “ecclesialese” di chi dice e
non dice.
Don Giorgio Bellei