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venerdì 16 dicembre 2016

"Siamo tutti latinisti". Léon Bertoletti sul libro di C. Marchi

Pubblichiamo, onorati, un bellissimo articolo di Léon Bertoletti sul gradevole libro di Cesare Marchi che celebra lingua latina e ipotizza, azzeccandoci appieno secondo noi, la rivincita del latino, che non è affatto una lingua morta, ma vive, più gagliardo che mai, nel linguaggio corrente (anche straniero).
L'articolo era stato scritto per la pagina cutlurale di Avvenire, ma dopo tre mesi non è ancora uscito e l'autore, che ringraziamo, ce ne ha fatto graditissimo e privilegiato dono. 
Noi, come blog "latinofilo" (non solo nel nome), non potevano che condividere appieno lo spirito dell'articolo di Bertoletti e il merito del libro di Cesare Marchi edito per i tipi di Rizzoli nel 1968 (proprio poco tempo prima che iniziasse, di fatto, lo sciagurato bando del latino dalla Chiesa).
Sottolineature nostre.
 Roberto


di Léon Bertoletti

 Un titolo vale un libro, a volte. 
Come nel caso di “Siamo tutti latinisti”. La fortunata opera di Cesare Marchi uscì trentanni fa, nel settembre 1986, per Rizzoli. E a rispolverarla adesso, appare davvero freschissima. Già, qui e ora, in questa stagione linguistica di frasi strattonate e avvitate, di dialogica crepuscolare, insomma di costrutti decostruiti a beneficio di sms, email, chat e social network con termini importati e lessici criptici, gerghi improbabili, abbreviazioni impensabili, troncamenti. Il libro veicola del resto, in un inconfondibile stile divulgativo gradevole e divertente, appunto la tesi che il latino, “presunta lingua morta”, estromesso dalla scuola e dalla Chiesa”, si sia preso “una spavalda vendetta penetrando nel linguaggio della burocrazia, della politica, dell’economia, dei tribunali, dello spettacolo, dello sport, grazie alla sua straordinaria capacità di condensare il massimo di pensiero nel minimo di parole”. Dote già eccezionale all’origine, per dire; ottima quando Marchi scriveva, decenni fa; figurarsi con questi chiari di luna digitali.
Oltretutto, “a fianco del latino inconsapevole, frammentario, disseminato nella conversazione quotidiana, c’è una sua penetrazione strisciante nelle sedi più impensate, dalla pubblicità ai fumetti”. Perfino in questa fine 2016 dove i media (vocabolo latino che sarebbe meglio non pronunciare all’inglese) s’interessano parecchio al referendum, dove Ligabue entusiasma tornando a intonare il successo Libera nos a malo e dove una grande casa automobilistica promuove il suo marchio invitando all’ascolto: sfruttandone, dunque, il senso latino. 
Tutto come nel racconto di Marchi, quando sogna di andare a spasso con Cicerone nel mondo moderno. Cesare e Marco Tullio salgono sul tram e devono obliterare il biglietto. Oblitterare, latino puro. A casa, guardano il telegiornale. C’è la una tantum” per i terremotati, il veto al consiglio di sicurezza Onu. Scoprono insieme anche il bonus-malus nei contratti, il curriculum, il giudice a latere e gli omissis
Un elenco è presto fatto. Così “Siamo tutti latinisti” presenta in ordine alfabetico detti, proverbi, frasi utilizzate correntemente, nella quotidianità, arricchendole di traduzioni, spiegazioni, riferimenti, rimandi, citazioni colte. Oltre a parole che testimoniano la parentela stretta tra la lingua dei Cesari e dei Papi e quella che parliamo. “Moltissime locuzioni provengono dalla bimillenaria cultura cristiana, della quale siamo tutti linguisticamente tributari, credenti e no. Molte altre derivano dal diritto romano, solenni monumenti d’una civiltà giuridica che noi posteri ammiriamo non meno degli anfiteatri e degli acquedotti, fatti da architetti che avevano l’ambizione di costruire per l’eternità”. 
Ovvio, questo non era e non è un volume da leggere come un romanzo, piuttosto un
manualetto da piluccare, un vademecum da consultare, un prontuario. “Questo non è un libro che insegna il latino, un libro che invita al latino: uno stuzzichino per l’aperitivo della mente” annota l’autore. “Se poi farà nascere in qualcuno il desiderio di studiare con metodo grammatica e sintassi della lingua di Cicerone, e diventare, da latinista occasionale e inconsapevole, latinista sistematico e documentato, non chiedo di meglio. Ma questo è un obiettivo remoto, e troppo ambizioso. Obiettivo immediato è quello di esplorare insieme i segreti e sorprendenti legami che ancora dopo tanti secoli uniscono il latino, lingua madre, all’italiano, lingua figlia”. 
Il testo dimostra ancora una volta la grande capacità di Cesare Marchi, riconosciuta e spesso premiata (Bancarella, Selezione Estense, Campione, Dodici Apostoli, il Dattero d’oro), nel mescolare sapere e saper dire, nozioni complesse e semplicità. Nato nel 1922 a Villafranca di Verona e morto settantenne, laureato in Lettere a Padova, si era del resto impratichito in cattedra, come professore di scuole medie, prima di votarsi al mestiere e alla vocazione dei libri. Lo dimostrano tanti altri suoi scritti. Quelli dedicati a Boccaccio, L’Aretino, Giovanni Dalle Bande Nere, Dante; la corrispondenza con Montanelli; le opere più manualistiche come “Impariamo litaliano” e appunto “Siamo tutti latinisti”; quelle, infine, a carattere storico, archivistico, sociale o di costume: “Grandi peccatori grandi cattedrali”, “Quando eravamo povera gente”, Non siamo più povera gente”, “Quando siamo a tavola”, “Quando l’Italia ci fa arrabbiare”.

4 commenti:

  1. Bellissimo articolo. Segnalo, per chi fosse interessato, anche il piacevolissimo libro di Ivano Dionigi IL PRESENTE NON BASTA - La lezione del latino.

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  2. Per carità! Il Dionigi medesimo è il tipico cattedratico ateo-comunista, che Ravasi ha piazzato alla testa dell'istituzione pontificia che dovrebbe difendere il latino rendendolo vivo. La prima cosa che il Dionigi ha detto all'inaugurazione dell'accademia è che il latino è morto!

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  3. io proverei a leggerlo prima di sparare un giudizio così secco: è un libro amabilissimo e non c'è traccia del pensiero che il latino è morto...anzi. Che poi sia ateo-comunista (ammetto di non saperlo) non cambia per niente il valore di quello che ha scritto: con le dovute proporzioni anche Pasolini non era proprio cattolico ma ha scritto cose sublimi...neanche Bach era cattolico ma la sua musica è divina...Mozart era massone ma le sue composizioni sono capolavori assoluti...

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  4. E chi più ne ha più ne metta!

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