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domenica 3 gennaio 2016

Le insorgenze controrivoluzionarie italiane


L’insorgenza fu una grande insurrezione popolare di carattere nazionale in difesa della tradizionale civiltà del “trono e dell’altare” che da secoli regnava pacificamente in Italia. Insomma, in difesa dell’identità cattolica e monarchica degli italiani di allora. E questo spiega perfettamente la ragione per la quale tale immensa e fondamentale pagina della nostra storia sia a tutt’oggi ancora sconosciuta ai più e assente dai libri di testo e dalla memoria storica nazionale.
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Nell’indecisione su quale argomento trattare nel secondo articolo di questa rubrica propostami dal direttore e amico Paolo Deotto, alla fine ho pensato che fosse doveroso, ancor prima che utile, dedicare un’ultima volta un articolo alla questione dell’Insorgenza controrivoluzionaria italiana. Chi mi conosce sa che ho speso su questo argomento più di venti anni della mia vita fra studi, alcuni libri, svariati saggi e articoli e un numero imprecisato – certamente decine e decine – di conferenze tenute in tutta Italia dal 1992 a oggi. E, allora, perché dedicarvi un ennesimo articolo, preferendo questa tematica ad altre forse più interessanti oggi e sicuramente attuali? Perché, essendo in pratica il mio ultimo articolo del 2015, diventa automaticamente l’ultimo articolo del grande bicentenario dell’Insorgenza stessa e vorrei simbolicamente, anche ripetendo cose già dette tante volte, a questi eventi e ai loro eroi consacrarlo. Infatti, l’ultima insorgenza può essere considerata, in qualche modo, quella dei calabresi che accolgono, l’8 ottobre 1815 a Pizzo, a fucilate il tentativo di sbarco di Gioacchino Murat per riprendersi il Regno di Napoli, ormai restaurato in mano al Borbone. Con le fucilate di Pizzo e il seguente arresto, processo e con l’esecuzione stessa del Murat il 13 ottobre, finisce anche simbolicamente la Controrivoluzione antigiacobina e antinapolenica italiana.
Ed è per questo che, prima che finisca questo 2015 e questo lunghissimo bicentenario, è mio desiderio scrivere – non dico per l’ultima volta in assoluto, anche perché molto lavoro v’è ancora da fare per far maggiormente conoscere questa storia agli italiani – ma per l’ultima volta nel bicentenario stesso un resoconto, per quanto brevissimo e fugace, dei fatti e delle problematiche ad esso connesse, dando poi spazio alla bibliografia di carattere generale esistente, proprio per invitare tutti ad approfondire la conoscenza e anche la ricerca di questa immensa pagina della storia d’Italia e della Controrivoluzione anche negli anni e nei decenni futuri.
Ho iniziato a studiare le insorgenze nel 1991, fresco di laurea e con tanto tempo a disposizione essendo ovviamente disoccupato, con la prospettiva, ancora lontana, del futuro bicentenario nel 1996. Gli anni sono volati via. Oggi permettetemi di concluderlo con queste poche righe in questa importante rivista del mondo cattolico tradizionale, simbolico erede degli insorgenti italiani di due secoli e passa or sono.
M. V.
Cosa fu l’Insorgenza controrivoluzionaria italiana
di Massimo Viglione
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zzzzrffSi utilizza il termine “insorgenze” (da cui “Insorgenza” nel significato generale e complessivo) per indicare le rivolte popolari in armi degli italiani contro l’invasore napoleonico e i suoi alleati locali (i democratici repubblicani italiani, detti “giacobini”) negli anni 1796 -1799 prima, e poi anche durante il quindicennio del dominio diretto del Bonaparte in Italia (1800-1815).
Siccome rivolte popolari avvennero in realtà anche prima del 1796 contro il riformismo illuminista dei Lorena in Toscana (1787 e 1789) e contro gli eserciti rivoluzionari francesi nel 1792 – 94, anche tali rivolte possono essere definite insorgenze.
La natura intrinseca di ogni insorgenza (che sia anti-illuminista, antigiacobina, antinapoleonica) è quella di essere una rivolta “contro-rivoluzionaria”, in quanto diretta contro delle idee illuministe e gianseniste e contro l’avanzata della Rivoluzione Francese in Italia, portata dagli eserciti napoleonici. E, infatti, le insorgenze, per quanto a volte e specie in determinate zone, avessero anche motivazioni di natura municipale o locale o pure economico-sociale, vennero però sempre anzitutto condotte per la difesa della religione cattolica, della Chiesa, dei legittimi sovrani spodestati, e le urla di guerra degli insorgenti sempre inneggiarono ai sovrani, al Papa, o alla Madonna e ai santi.
Napoleone non fu un “semplice” invasore. Egli portò con sé, sulla punta delle baionette dei suoi soldati, le idee, le utopie, la violenza, i furti e i modi di comportamento della Rivoluzione Francese. Esportò insomma in Italia la Rivoluzione sovversiva e totalitaria, e lo fece con la violenza, l’occupazione, il sopruso.
Gli italiani, da un giorno all’altro, si ritrovarono in casa il giacobinismo, il repubblicanesimo rivoluzionario, la guerra, i loro governi sovvertiti, le loro legittime secolari dinastie spodestate,
la Chiesa e la fede offese e conculcate, il furto dei Monti di Pietà, degli ospedali, delle banche, delle casse dello Stato e quello sistematico dei musei, e poi la morte, le stragi, ecc. Violenze e tragedie che gli italiani non avevano più vissuto da secoli.
Siccome tutta questa grande storia non è ancora divenuta parte integrante della coscienza storica nazionale, riepiloghiamo in pochi punti essenziali il quid della materia, rinviando agli studi specifici il lettore che volesse entrare a conoscenza di tutto questo.
Si tratta della più grande rivolta popolare della storia italiana, e certamente di una delle più grandi di tutti i tempi. Negli anni della progressiva conquista dell’Italia da parte degli eserciti francesi (1796 -1799), avvenne in ogni parte della Penisola, ininterrottamente, un’insurrezione armata delle popolazioni italiane contro l’invasore, i suoi alleati indigeni (i giacobini italiani) e i suoi ideali rivoluzionari in difesa della secolare civiltà cattolica e monarchica italiana. Tale insurrezione, detta Insorgenza in quanto composta da una miriade di insorgenze popolari locali, fu “nazionale” nel senso geografico del termine, in quanto si estese dalla Val d’Aosta alla Puglia, dalla Calabria al Tirolo, risparmiando solo la Sicilia, ove i francesi non arrivarono mai.
Le insorgenze avvenivano man mano che i napoleonici occupavano i territori italiani e stabilivano le repubbliche giacobine al posto dei governi tradizionali. Fra le insorgenze più celebri e tragiche, avvenute dal 1796 in poi, ricordiamo quelle di Milano, Binasco e Pavia, Lugo di Romagna, poi quelle liguri, quelle alpine e venete con le “Pasque Veronesi”, quelle romagnole e marchigiane; poi quelle avvenute nello Stato Pontificio ovunque e ininterrottamente, e infine quelle avvenute nel Regno di Napoli a partire dalla fine del 1798, quando giunsero gli eserciti napoleonici.
Ma fu soprattutto il 1799 l’anno della grande Insorgenza nazionale: la Repubblica Napoletana fu abbattuta sotto i colpi dell’Armata della Santa Fede del cardinale Ruffo (composta da decine di migliaia di volontari giunti da tutto l’ex-Regno per combattere sotto la bandiera dei Borbone), le truppe aretine, i “Viva Maria” (un esercito che arrivò a contare fino a 34.000 volontari) riconquistarono il Granducato di Toscana restituendolo ai Lorena, le popolazioni del Nord combatterono a fianco degli eserciti austro-russi per cacciare i francesi e abbattere la Repubblica Cisalpina, quelle piemontesi fecero altrettanto per i Savoia, e infine quelle dello Stato Pontificio restaurarono il Papato abbattendo la Repubblica Romana.
All’inizio del 1799 tutta la Penisola era sotto i francesi, eccetto il Triveneto; al mese di ottobre l’Italia è completamente liberata dal giacobinismo. Si tratta della più grande insurrezione generale della storia del popolo italiano (e non solo…).
Ma poi Napoleone dal 1800 ricomincia la graduale conquista della Penisola, e così ancora nel successivo quindicennio le insorgenze continuarono in maniera sporadica ma costante, specie nel Regno di Napoli (guerriglia contro Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi) e nel Nord Italia, in particolare nel 1809, l’anno che segnò anche la tragica quanto eroica resistenza tirolese di Andreas Hofer contro i napoleonici franco-italo-bavaresi.
Si tratta della più grande guerra insurrezionale di liberazione nazionale mai combattuta dalle popolazioni italiane. Mentre qualche migliaio (nella più ottimistica delle ipotesi) di italiani si schierarono dalla parte dei rivoluzionari, più di 300.000 presero le armi (e almeno 100.000 di essi morirono), pronti a combattere e morire dalla parte della Chiesa Cattolica e dei governi monarchici e tradizionali.
Schematizzando ulteriori notizie in merito:
zzzzvvmr– la religione fu sistematicamente conculcata, gli usi e le tradizioni mortificati, le cose sacre bestemmiate e profanate (Ostie consacrate riverse per terra, reliquie gettate al vento, ecc.), vi furono anche massacri di religiosi, come nel caso dell’Abbazia di Casamari; e non dimentichiamo che un Papa fu costretto a morire in esilio e un altro fu arrestato (Pio VI e Pio VII);
– fu perpetrato costantemente, specie nei primi anni dell’invasione, da parte dei napoleonici, un sistematico saccheggio delle più grandi (e anche delle meno note) opere d’arte presenti nella Penisola (presero perfino l’effige della Vergine lauretana e i cavalli di San Marco a Venezia), il tutto finalizzato anche alla formazione del Museo del Louvre a Parigi;
 –  tutte le classi sociali aderirono all’Insorgenza, anche se in maniera specifica quelle piùpopolari e contadine; più diversificato e problematico (occorre distinguere da zona a zona, da caso a caso) fu l’atteggiamento del clero e della nobiltà;
–  numerosissimi e tragici furono gli episodi di crudeltà efferate, di stragi, di eccidi di massa (compresi donne, vecchi e bambini passati a fil di spada) compiuti dai napoleonici contro gli insorgenti (non dimentichiamo che molti dei militari in Italia tre o quattro anni prima erano in Vandea…); né mancarono, di contro, vari episodi di truce violenza da parte degli insorgenti contro i francesi e i giacobini, come nei casi ben conosciuti di Napoli e della Calabria;
–  peculiarità dell’Insorgenza italiana fu il carattere per lo più spontaneo delle insurrezioni popolari.
Occorre ribadire che si tratta di una pagina di storia italiana di importanza capitale; e questo è vero non solo per la durata, per il coinvolgimento popolare, per l’epoca specifica in cui avvenne (gli anni della Rivoluzione Francese e dell’affermazione napoleonica, che costituiscono le radici del Risorgimento), per le efferate stragi, per la guerra insurrezionale, per le profanazioni e per i furti dell’invasore, perché non vi fu provincia o remota zona della Penisola che non venisse coinvolta, per gli sconvolgimenti religiosi, politici e sociali verificatisi (crollo delle secolari Monarchie, nascita delle Repubbliche giacobine, affermazione delle idee illuministe e del concetto moderno di democrazia politica, Papi fuggiaschi o arrestati, e quindi crollo delle suddette Repubbliche, nascita del Regno d’Italia napoleonico, la Restaurazione, ecc.), non solo per questo e per molto altro ancora; l’importanza sta soprattutto in un aspetto fondamentale, che forse rimane tuttora il meno compreso di tutti: vale a dire che ci troviamo di fronte alla prima (e finora unica) grande insurrezione popolare di carattere nazionale del popolo italiano che la storia ricordi. E questa insurrezione ebbe, come detto all’inizio, carattere contro-rivoluzionario, fu insomma attuata dagli italiani contro le idee repubblicano-democratiche e i modi totalitari del giacobinismo rivoluzionario e in difesa della tradizionale civiltà del “trono e dell’altare” che da secoli regnava pacificamente in Italia. Insomma, in difesa dell’identità cattolica e monarchica degli italiani di allora.
E questo spiega perfettamente la ragione per la quale tale immensa e fondamentale pagina della nostra storia sia a tutt’oggi ancora sconosciuta ai più e assente dai libri di testo e dalla memoria storica nazionale.
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BIBLIOGRAFIA GENERALE introduttiva al tema:
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Per un breve quadro d’insieme:
Francesco Mario Agnoli, Le insorgenze, Aa.-Vv., La Rivoluzione Italiana, a cura di M. Viglione, Roma, Il Minotauro, 2001, pp. 331-353.
Come storia generale dell’intero fenomeno:
Massimo Viglione, Rivolte dimenticate. Le insorgenze degli italiani dalle origini al 1815, Roma, Città Nuova, 1999.
Fra le opere del passato la cui lettura può ancora essere utile, ricordiamo:
Niccolò Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia meridionale (1798-1801), Firenze, Le Monnier 1926 (poi 1965).
Giacomo Lumbroso, I moti popolari contro i francesi alla fine del secolo XVIII (1796-1800), Firenze, Le Monnier 1932 (oggi Milano, Minchella 1997, a cura di O. Sanguinetti).
Alberto Consiglio, Lazzari e Santa Fede. La rivoluzione napoletana del 1799, Milano, Ceschina, 1936.
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Per uno studio attuale e approfondito su tutta la storia della storiografia delle insorgenze, sui suoi dibattiti, sulle influenze ideologiche, sui silenzi e le menzogne, come di contro sulla buona storiografia, si veda:
Massimo Viglione, Le insorgenze controrivoluzionarie nella storiografia italiana. Dibattito scientifico e scontro ideologico (1799-2012), Firenze, Olschki, 2013.
Lavori collettivi:
Le insorgenze antifrancesi in Italia nel triennio giacobino, Roma, Apes 1993.
Le insorgenze popolari nell’Italia napoleonica. Crisi dell’antico regime e alternative alla costruzione del nuovo ordine sociale, a cura di C. Continisio, Atti del Convegno, Milano 25-26 novembre 1999, Milano, Edizioni Ares 2001.
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Gli studi in questi anni sono stati decine e decine, soprattutto a livello locale, al punto che è impossibile in questa sede elencarne anche solo qualcuno (sono comunque riportati tutti i più importanti nel mio volume sulla storiografia sopra citato). Mi piace, per concludere, ricordare quindi non i titoli delle singole opere, ma almeno i nomi di alcuni fra gli autori che più hanno contribuito in questi venticinque anni e oltre a far conoscere la storia delle insorgenze:
Francesco Mario Agnoli, Pucci Cipriani, Massimo de Leonardis, Roberto de Mattei, Francesco Leoni, Paolo Pastori, Sandro Petrucci, Oscar Sanguinetti, Massimo Viglione, Silvio Vitale e tanti altri ancora.

7 commenti:

  1. Non ho alcuna competenza in materia di insorgenze controrivoluzionarie, e prendo quindi in parola l'Autore per quanto egli afferma al riguardo. Ma non sono totalmente digiuna del metodo scientifico, ed in fatto di metodo l'articolo è straordinariamente carente.
    E' difficile credere ad affermazioni generiche, anche se vere, ma non motivate da adeguate prove e documentazione: il restar nel vago, diceva un grande studioso, è come il voler friggere con l'acqua.
    Scrive l'Autore: “La religione fu sistematicamente conculcata, gli usi e tradizioni mortificati, le cose sacre bestemmiate e profanate“, etc. Basterebbero alcune note che rimandino con precisione (cioè indicando le rispettive pagine) ad opere che supportino, con documentazione e fatti concreti, ciò che l'Autore schematizza con notevole disinvoltura. Certo, con venti anni di studi, saggi, ed un numero imprecisato di conferenze, la cosa non dovrebbe essergli difficile.
    Senza un minimo di rigore scientifico certe affermazioni, anche se vere, non vengono prese sul serio, e ciò nuoce in primis alla causa della tradizione di cui l'Autore si fa paladino; come non giova a quella stessa causa il fatto che l'Autore citi prevalentemente se stesso quale autorità (sì, lo so che tutti noi, me compresa, citiamo noi stessi, ma cerchiamo di farlo con discrezione e pudore). Tutto sommato, un articolo deludente; meglio tornare alla liturgia ed alla Messa in latino.

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  2. Mah, mi permetta, cara signora Luciana, di non essere del tutto d'accordo con lei. L'autore è uno storico di provata competenza e so per esperienza che non è suo uso fare affermazioni a casaccio. Penso che quanto afferma sia ben documentato. Certo, bisogna tenere presente che l'articolo non vuole essere di tipo "specialistico" ma "divulgativo" e quindi - e qui sono d'accordo con lei - è certamente carente per quanto riguarda le note e i rimandi che esigerebbe una corretta documentazione; se l'autore li ha lasciati da parte non è certo per mancanza di serietà ma per la scelta di rivolgersi ad un pubblico vasto rendendo accessibile l'argomento storico a persone con differenti livelli di preparazione scientifica in generale e storica nello specifico. Si fidi di quanto è scritto, mi creda; chi ha scritto l'articolo è degno di fiducia.

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  3. Caro Anonimo delle 00:05, certamente Lei ha scritto in vena ironica e scherzosa? Fidarsi, senza alcuna verifica, di chi fa da guida, in campo intellettuale o politico poco importa, è settario; sono infatti i capi delle sètte queli che pretendono assoluta fiducia da parte dei loro seguaci. Tale atteggiamento è la negazione della libertà ed intelligenza umane.
    Preferisco stare con S. Tommaso, cioè: porre dapprima i termini della questione, poi vedere ciò che ne pensano gli altri, poi vedere ciò che ne penso io, infine trarre le dovute conclusioni. Perchè vede, caro Anonimo, omnis homo mendax; degno di fiducia è Dio solo.

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  4. Sono io che ho le traveggole? Mi pare che l'autore fornisca una bibliografia generale. Non saranno le note a pie' di pagina, ma non si puo' dire che manchino le fonti o perlomeno qualche riscontro

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  5. Per aver qualche riscontro si può far riferimento al testo "L'altro risorgimento" di Angela Pellicciari Ed. Piemme 2000 ed anche della stessa autrice "Risorgimento da riscrivere. Liberali e massoni contro la Chiesa" Ed.Ares 1998.

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    1. Giustissimo, Anonimo delle 15:31. Chissà perchè il dott. Viglione ha omesso di citare Angela Pellicciari?
      P.S. @ Pietro Soave: no, Lei non ha le traveggole, ma legge troppo in fretta. Io lamentavo la mancanza di note “che rimandino CON PRECISIONE (cioè INDICANDO LE RISPETTIVE PAGINE) ad opere“ etc. Negli studi seri si fa così.

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  6. Sarebbe utile insegnare anche a scuola una campana diversa

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La Redazione