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Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

lunedì 31 agosto 2015

Legnano : riprendono le celebrazioni della S.Messa domenicale in Rito Ambrosiano Antico

Abbiamo esternato in diverse occasioni la nostra grata ammirazione nei confronti dei sempre più numerosi giovani ed anziani che svolgono regolare "volontariato liturgico" mettendo in pratica i carismi particolari che la Provvidenza ha loro donato : prepararazione e addobbo della chiesa, cura delle sacre suppellettili; ministero di servizio  all'altare; ministero  musicale nella Liturgia, cantori,organisti; addetti alla comunicazione degli orari attraverso internet ,  telefono, volantinaggi ecc ecc ecc). 
Questo tipo di volontariato a servizio della Liturgia è certamente inusuale  se messo a confronto con i disparati  settori del volontariato "sociale", giustissimamente esaltati dai  mass media.
Come potrebbe  sostenersi dignitosamente la nostra amata Nazione senza il volontariato di migliaia di cittadini attivi nei settori più svariati : dall'assistenza medica e paramedica, allo sport o alla tutela del patrimonio artistico e culturale?
Come potrebbero invero reggersi le nostre piccole realtà ecclesiali, indissolubilmente incardinate nelle Parrocchie,  senza il volontariato dei  fedeli che si occupano, con devota competenza, delle "cose di Dio"?
Abbiamo notato che il muro "di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" costruito da mani sessantottine per arginare i nostri gruppi di preghiera, in alcune realtà diocesane è ormai un ricordo...
Ai nostri Amici di Legnano così come a tutti coloro che dopo questa calda pausa estiva stanno riprendendo l'impegno liturgico nelle rispettive parrocchie, santuari o rettorie giungano i nostri più cari e riconoscenti saluti augurali.
In unitate orationis ! 
A.C.
 



Legnano. (MI )
Comunichiamo con grande gioia che dopo la consueta pausa estiva di Agosto, la S. Messa in latino (in rito ambrosiano antico), riprenderà regolarmente a partire da Domenica 6 Settembre, sempre alle ore 17:30,  nella chiesa della Natività della B. V. Maria, detta “La Madonnina”, all’incrocio fra corso Sempione e via Ronchi. 
Ringraziamo sentitamente S. Em.za il Cardinale Arcivescovo Angelo Scola, il vicario episcopale Giampaolo Citterio, il delegato arcivescovile mons. Claudio Fontana, il decano don Fabio Viscardi e il parroco don Giuseppe Prina per questa nuova e definitiva ubicazione di pregio storico. 
Deo gratias! 

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.ambrosianeum.net

domenica 30 agosto 2015

Beatificazione del Vescovo Flavien Mikhaiel Melki, Martire come i cristiani che in Iraq e in Siria donano la loro vita per Cristo.

Storia di Flavien Melki, martirizzato perché non accettò di convertirsi all’Islam 

Articolo tratto dall’Osservatore romano
È un’autentica testimonianza di “ecumenismo del sangue” quella del vescovo Flavien Mikhaiel Melki, nato e cresciuto nella Chiesa sira-ortodossa e morto in comunione con la Chiesa siro-cattolica. 
Fu ucciso in odio alla fede nel 1915, durante il governo dei “Giovani turchi”. 
Il martire — che il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, beatifica in rappresentanza di Papa Francesco sabato 29 agosto, a Daroun-Harissa, in Libano — nacque nell’anno 1858 nel piccolo villaggio di Vilayet de Mardine, a nord-est della Grande Siria (attualmente in Turchia), chiamato Kalaat Mara, in seno a una famiglia profondamente cristiana appartenente alla Chiesa siro-ortodossa. 
All’età di dieci anni fu inviato dal padre a studiare presso la scuola del vicino monastero di Zaafarane, sede del Patriarcato siro-ortodosso. 
A vent’anni fu ordinato diacono e gli venne affidato il ruolo di bibliotecario del monastero.
Fu proprio in quegli anni che, arricchendo sempre di più le sue conoscenze, in particolare con lo studio delle opere dei padri della Chiesa orientale, decise di aderire al cattolicesimo. 
Coraggiosamente lasciò il monastero e, dichiarata apertamente la sua fede, si recò in Libano, presso il patriarcato siro-cattolico di Charfé, dove oggi si celebra la sua beatificazione. 
Entrò nella fraternità di Sant’Efrem ed emise i voti religiosi. 
Qui completò gli studi e fu ordinato sacerdote il 13 maggio del 1883, nella cattedrale di Aleppo. Subito il giovane presbitero si distinse per il suo profondo zelo, unito a una straordinaria umiltà e a una pronta obbedienza. 
Per queste qualità fu scelto ben presto per importanti incarichi, come quello di professore del seminario di Mardine e di missionario itinerante presso diversi villaggi giacobiti (siri-ortodossi) e armeni della diocesi di Diyarbakir (la Grande Siria), tutte località in cui nessun cristiano sarà risparmiato dalla persecuzione del 1915. 
Si occupò dei bisogni spirituali e materiali dei cattolici residenti in quei luoghi, donando tutto se stesso e rivolgendosi soprattutto al prossimo più bisognoso. 
Si distinse per l’attività apostolica condotta sempre nel silenzio e nella modestia. Nel 1895 accettò la nomina di vicario episcopale, portando nel cuore la coraggiosa testimonianza di sua madre, uccisa in quei giorni per aver rifiutato di aderire all’islam. 
Dopo che Pio X autorizzò la sua nomina a vescovo della regione di Djezireh-ebn-Omar, fu ordinato vescovo il 19 gennaio 1913, nella cattedrale di Saint George di Beirut. 
È impressionante la fecondità della sua attività sacerdotale ed episcopale. 
Viveva in estrema povertà e arrivò anche a vendere i suoi paramenti liturgici per aiutare i poveri di qualsiasi fede e combattere contro la miseria. 
Nonostante i pochi mezzi posseduti, si impegnò tenacemente nella riparazione e nella costruzione di molteplici chiese, nell’edificazione di scuole per bambini e giovani, nella formazione dei sacerdoti. 
Donò tutto se stesso realizzando in concreto la testimonianza del buon pastore che si preoccupa continuamente del bene del suo gregge, in particolare dei più bisognosi, e lotta con tutte le forze contro l’oppressione dei più deboli. 
Durante il primo conflitto mondiale, si oppose con forza al governo dei «Giovani turchi», i quali avevano intrapreso una terribile ed atroce persecuzione contro il popolo siro-armeno, una persecuzione che si riversò su tutti i cristiani residenti nei territori di quella zona. 
Ne fu vittima, insieme ai suoi fedeli, anche il nuovo beato, il quale rifiutò categoricamente la proposta di aver salva la vita fattagli da un amico musulmano e, senza farsi sopraffare dagli eventi, con fermezza rimase accanto al suo popolo, incoraggiando continuamente tutti a rimanere fermi e saldi nella propria fede. 
Nell’estate del 1915 fu arrestato come capo della sua comunità e condotto nella prigione di Djezireh-ibn-Omar. 
Abbandonato completamente al volere divino, visse il suo ministero di padre e pastore anche durante la reclusione, prigioniero con altri prigionieri cristiani. 
Continuò a celebrare l’Eucaristia e il sacramento della confessione, arrivando a impartire anche la benedizione papale con annessa indulgenza plenaria, in quanto autorizzato dalla Santa Sede a fare ciò per tre volte l’anno. 
Come la maggior parte dei prigionieri, fu sottoposto a un interrogatorio in cui gli venne proposto di convertirsi e avere salva la vita. 
Prima rimase in silenzio, poi, per dimostrare senza equivoco la sua appartenenza a Cristo, manifestò chiaramente l’opposizione a tale richiesta. 
Il 29 agosto 1915, legato mani e piedi, fu brutalmente e ferocemente picchiato, quindi fu ucciso a colpi di fucile. 
Il suo corpo martoriato venne gettato nelle acque del fiume Tigri, insieme ai resti di altri condannati. 
Per la Chiesa siro-antiochena questa beatificazione è la prima che avviene dopo il solenne riconoscimento del primato di Pietro e la ricostituzione della comunione ecclesiale con Roma, avvenuta nel 1781. 
Non si tratta solo di un importante riconoscimento della santità eroica di un vescovo martire, ma anche di un omaggio reso a tutti i martiri cristiani che hanno donato la loro vita per Cristo e un incoraggiamento per coloro che soffrono ancora oggi la persecuzione a causa di Cristo, specialmente i cristiani in Iraq e in Siria. 

* Rami Al Kabalan è il Postulatore della causa 

Fonte : Tempi

Vanzago (MI) : laicità in Comune... ma solo contro il Crocifisso !

Tolleranti a senso unico: il Pd mette il Buddha al posto del crocifisso  


Il Comune di Vanzago, nel Milanese, espone il simbolo della fede orientale. 
La giunta aveva bandito quello cristiano per non offendere le altre religioni. 

Succede sempre più spesso che le autorità locali cerchino di eliminare riferimenti alla religione dentro gli edifici frequentati da tutti i cittadini. 
La tesi di chi vuole sterilizzare gli uffici dal punto di vista religioso è che un simbolo di una confessione rappresenti solo una parte della popolazione, anche se maggioritaria. 
La novità, il particolare inedito che rende unica la storia di Vanzago - comune di circa 8.000 abitanti dell'area metropolitana di Milano, conosciuto anche per un bosco del Wwf che si trova vicino al centro abitato - è che gli stessi uffici che hanno bandito la croce e la stessa maggioranza politica (saldamente di centrosinistra), si sono mostrati molto disponibili verso i simboli di un'altra religione, ai quali hanno aperto le porte del Comune. 
A luglio e ad agosto nella sala consiliare del municipio si è infatti materializzata una enorme statua del Buddha. 
La divinità è rappresentata nella classica posizione, la statua di colore oro è corredata da altri oggetti sacri. 
Tutte «Reliquie del tempio di Buddha Maitreya» raccolte in una mostra che ha impegnato le sale del Comune. 
Esposizione dal carattere religioso più che artistico. 
Non sono mancate le visite di monaci buddisti a benedire fedeli e simpatizzanti. 
E – raccontano vanzaghesi perplessi - pare ci sia stata anche una conversione ispirata dalla mostra. 
Iniziativa molto poco laica. 
A meno che non si intenda il laicismo come l'esclusione della sola religione cristiana. 
Confessione che, a differenza del buddismo, dagli uffici del comune brianzolo è stata bandita da ben tre legislature. 
Il sindaco di allora, Anna Zamboni, decise di togliere il crocifisso dalla sala del Consiglio comunale come segno di rispetto verso un consigliere di religione ebraica. 
La scorsa legislatura i rappresentanti della lista vicina a Forza Italia cercarono di riportare il simbolo dei cristiani nella sala attraverso una mozione. 
Ma l'amministrazione – sindaco Pd, Roberto Nava - disse di no. 
Ora alla guida del comune c'è l'ex assessore all'Educazione Guido Sangiovanni. 
Anche lui Pd, ma deciso a riportare un po' di spiritualità a Vanzago. 
Solo che per farlo ha scelto la religione del Dalai Lama. 
C'è da sperare che un po' di spirito ecumenico di Papa Francesco (le cui foto abbondano nel profilo Facebook del sindaco) faccia breccia nel cuore del primo cittadino. 
E, oltre ai cimeli tibetani, accetti anche il simbolo di un'altra religione esotica che viene dal Medio oriente.

Fonte : Il Giornale 

Immagine : Santi Martiri Messicani uccisi in odio a Cristo e alla Sua Chiesa dalla ferocia "illuminata" del Governo Liberale guidato da Plutarco Elìas Calles

sabato 29 agosto 2015

Correva l'anno 44 quando l'Apostolo San Pietro celebrò la prima Messa in Italia

Dove San Pietro celebrò la prima messa in Italia 
di Margherita Del Castillo 

La basilica di San Pietro a Pisa, è la testimonianza più antica della diffusione del cristianesimo in territorio pisano. 
In epoca romana qui sfociava un braccio dell’Arno e proprio presso questo antico, e scomparso, scalo fluviale approdò San Pietro lungo il viaggio che dalla Palestina lo avrebbe portato a Roma. 
Correva l’anno 44. 
A questa data risale la celebrazione della prima Eucarestia in Italia. 
Una volta sbarcato, Pietro avrebbe improvvisato un altare utilizzando la porzione di colonna sormontata da una lastra di marmo che ancora oggi si conserva all’interno della chiesa. (Sottolineatura nostra N.d.R.)
Da allora questa zona sarebbe divenuta luogo di culto e tracce di un’antichissima costruzione, risalente al IV Secolo, sono state, infatti, rinvenute nei numerosi scavi che nel corso del tempo furono condotti in loco. 
Una seconda chiesa sarebbe stata, successivamente, costruita tra il VI e il VII secolo, probabilmente in seguito ad un incendio che aveva gravemente danneggiato il primitivo edificio. 
La basilica attuale venne intrapresa nel X secolo ma subì modifiche e ampliamenti nei due secoli successivi. 
L’impianto è basilicale e a tre navate con l’inconsueta presenza di due corpi absidati. 
Quello occidentale, forse, fu aggiunto dopo il crollo della facciata causata da un’esondazione dell’Arno. 
L’ingresso alla chiesa fu spostato sul lato nord. 
L’imponente mole di tufo livornese, e pietra bianca e nera, è scandita, all’esterno, da lesene ed archetti pensili sopra i quali sono inseriti i cosiddetti bacini, ovvero delle ceramiche di provenienza islamica, dipinte con figure geometriche, zoomorfe e vegetali che brillano in modo particolare se colpite dai raggi del sole, fungendo da richiamo per i fedeli. 
A Grado se ne contano più di duecento. 

Lo spazio interno, con copertura a capriate, è suddiviso da colonne provenienti da edifici romani preesistenti, sormontate da capitelli di reimpiego, decorati secondo lo stile dorico, ionico e siriaco. 
Di fronte all’abside occidentale un ciborio gotico, datato al XIV secolo, segnala il luogo dove San Pietro avrebbe predicato per la prima volta. 
Il prezioso monumento si eleva proprio sopra i resti della zona absidale della basilica paleocristiana. 
In occasione del Giubileo indetto da papa Bonifacio VIII nel 1300 la potente famiglia longobarda dei Gaetani commissionò al pittore lucchese Deodato Orlandi l’esecuzione di un ciclo di affreschi che andò ad occupare le superfici della navata centrale. 
La vasta composizione, recentemente restaurata, si sviluppa su tre registri. 
Nella fascia inferiore si susseguono i ritratti dei Pontefici da San Pietro Apostolo a Giovanni XVII. 
Al centro le immagini raccontano la vita di Pietro, tra cui l’episodio di Pietro sulla barca in viaggio verso l’Italia. 
Alle storie del Principe degli Apostoli si affiancano alcune scene della vita di San Paolo, Costantino e San Silvestro. 
Le mura della Città Celeste, dalle cui finestre si affacciano angeli e santi, occupano il registro superiore. 
La basilica è stata dichiarata dall’Unesco “monumento messaggero di Pace” 

Fonte : la Nuova Bussola Quotidiana

venerdì 28 agosto 2015

Mons.Bux " E' paradossale che gli attuali sostenitori della riforma paolina siano diventati così ‘reazionari’ da sostenerne l’intangibilità"

Dal Blog Scuola Ecclesia Mater prendiamo una parte della recente intervista di Mons.Nicola Bux che riporta in primo piano la grande portata ecclesiale del Motu Proprio "Summorum Pontificum" per l'assetto spirituale  di una normale parrocchia " a ben leggere,( il MP ) postula  il reciproco arricchimento tra le due forme – come egli tecnicamente le ha definite – dell’unico rito romano". 
Ricordiamo che pubblicazione del Motu Proprio  determinò  in Italia inaspettate reazioni "ideologiche" da parte degli organizzatissimi potentati progressisti annidati nei vari Uffici Liturgici nazionali e diocesani. 
Tra pianti in diretta tv e mugugnii vari, si manifestò per la prima volta  nell'italico suolo un'opposizione ecclesiale contro la "linea papale" sorprendendo, non poco, persino i membri della Curia Romana.
"Chi tradisce una volta ... tradirà sempre..." sentenzia un vecchio adagio popolare.
Ritornando ai nostri particolarissimi e nebbiosi giorni dobbiamo statisticamente rilevare il considerevole aumento di richieste delle celebrazioni dell'antico rito della Chiesa che mettono in risalto  la coabitazione dell'Antico Rito della Chiesa all'interno della Parrocchia (  che il Motu Proprio individua come la casa comune) determinando ipso facto la crescita della fede dell'intera comunità dei fedeli attraverso la buona liturgia devotamente celebrata.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) l'escluvità della ribellione al Magistero.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) di esercitarsi nell'arrogante esercizio del potere e dei sorprusi contro i piccoli e poveri fedeli desiderosi di preghiera e di spiritualità.
Lasciamo alle sole forze progressiste ( degne eredi del modernismo) la perversa continuità del losco complottismo.
Ai nostri gruppi liturgici è donato di "permanere nella Verità di Cristo" nelle rispettive parrocchie e nelle rispettive Diocesi per essere "sale della terra e luce del mondo". 
Il sale infatti non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. 
La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino : le nostre piccole comunità oranti ed i nostri "Gruppi stabili" non esistono per se stessi, ma per dare gloria a  Dio nella comune edificazione spirituale  attraverso la tradizione liturgica della Chiesa.   
La "casa comune" parrocchiale è stata e rimane l'espressione perfetta per sottolineare che la "Chiesa del Signore è sempre la stessa, in quanto Egli ( Cristo Signore)  è lo stesso ieri, oggi e sempre" ( intervista cit.)

Επίσης, σε μας τους αμαρτωλούς ( A.C.)

Nuova intervista esclusiva di don Nicola Bux su liturgia, motu proprio Summorum Pontificum, matrimonio e divorziati risposati


1. Si è sostenuto che il m.p. del 2007 del papa Benedetto XVI, Summorum Pontificum, mirasse alla pacificazione liturgica tra gli amanti del rito antico e quelli del rito nato a seguito delle riforme di papa Montini. Si è però obiettato che tale atto del papa-teologo, in verità, non abbia portato ad alcuna pacificazione, ma anzi abbia generato o, secondo alcune visioni accentuato, pure da un punto di vista pastorale, delle fratture esistenti nelle comunità ecclesiali, anche all’interno di una stessa parrocchia! In effetti, talora si è lamentato che una diversa celebrazione, compiuta peraltro pure in giorni diversi, non faciliti l’unità pastorale. Basti pensare, ad es., ad alcune feste e ricorrenze liturgiche che sono celebrate in giorni diversi nel rito antico e nel rito riformato. 
Ecco, come giudichi ad otto anni dalla sua entrata in vigore il m.p. papale? 
Può farci un bilancio? 
Davvero è riuscito nel suo intendimento di pacificazione liturgica? 
E come coniugare, da un punto di vista pastorale, l’unità se si celebrano le feste – o per lo meno alcune feste – in giorni diversi?
R. L’atto benedettiano, a ben leggere, postula il reciproco arricchimento tra le due forme – come egli tecnicamente le ha definite – dell’unico rito romano: pertanto, potremmo definirlo un atto aperto allo sviluppo, com’è giusto che sia ogni intervento riformatore. 
Lo stesso Ratzinger aveva auspicato, da cardinale, nuovi prefazi e i nuovi santi in calendario. Il messale romano ha sempre conosciuto tali progressive integrazioni. 
È paradossale che gli attuali sostenitori della riforma paolina siano diventati così ‘reazionari’ da sostenerne l’intangibilità. 
Ne parlo perché convinto della opportunità della riforma liturgica, non di taluni epigoni che qui e là ha raggiunto. 
Ogni studioso della liturgia conosce le tappe del suo sviluppo organico nella storia: il punto è proprio sull’“organico”. 
La Sacrosanctum Concilium sostiene che le forme nuove devono scaturire da quelle esistenti ed essere con quelle coerenti (23). 
Proprio su questo punto, però, i sostenitori del messale tridentino hanno da ridire: davvero la Messa del Novus Ordo è in continuità con quella precedente? La struttura evidentemente è la medesima: due parti, parola ed eucaristia, con due premesse – l’introduzione penitenziale e l’offertorio (abbastanza falcidiato, confrontandolo con quello bizantino) – , uno sviluppo, costituito dai riti di Comunione, e la conclusione con la benedizione e il congedo. 
D’altro lato, come detto per l’offertorio, più che per la semplificazione avvenuta, questa parte, come le altre, sopportano spesso l’insulto della cosiddetta creatività, di cui la costituzione liturgica non parla mai, ma solo di adattamenti a determinate condizioni. 
Ora, uno sguardo equilibrato, dovrebbe portare gli uni e gli altri ad ammettere una ‘riforma della riforma’: espressione di Joseph Ratzinger, mutuata, credo, dal grande studioso tedesco Klaus Gamber. 
Lo squilibrio è dovuto al fatto che la riforma postconciliare è stata come un pasto frettoloso: perciò non è stata assimilata, e qui e là è rimasta inapplicata o rigettata. 
Se fosse avvenuto come con le riforme di Pio X e Pio XII, che furono graduali, non sarebbe accaduto. 
Nel post concilio si lascio spazio alla sperimentazione, ma questa fu preso come definitiva. Quanto alla pacificazione, da quello che ha osservato il cardinal Sarah, la situazione non è uniforme: pare che là dove i guasti sian stati maggiori, il m.p. abbia preso più piede – America del Nord, Paesi Bassi, Africa e Asia – mentre dove non è accaduto, la conflittualità è più evidente. Il fatto è che sempre più giovani seminaristi e sacerdoti si interessano al Vetus Ordo e desiderano impararlo: tempo dieci anni, passata questa generazione, ciò sarà più evidente e imponente.
Come conciliare i due calendari? Non accade già ora che in una diocesi o in una parrocchia si celebri una memoria o una festa, che non si celebra nell’altra, in quanto titolare o dal grado maggiore? 
Nelle chiese orientali, che vivono a gomito su uno stesso territorio, la differenza di calendario non è un problema. 
E poi, non si sostiene nella Chiesa odierna che la diversità è ricchezza e che l’unità non è uniformità? Bisogna studiare di più e avere pazienza, la pazienza dell’amore, come scrive l’Apostolo (cfr. 1 Cor 13,4).

2. Una seconda domanda: si è molto discusso, soprattutto a partire dal m.p. - che ha avuto il merito quantomeno di riportare in auge temi che, forse con sufficienza, si ritenevano esauriti – della c.d. ermeneutica della continuità in ambito liturgico (e non solo). 
Del resto, uno dei temi cari al pontificato di papa Ratzinger era appunto quello di rileggere i documenti conciliari alla luce della Tradizione bimillenaria della Chiesa, pena una sostanziale incomprensione di quei testi e la conclusione che gli stessi siano in decisa rottura con ciò che la Chiesa ha creduto sempre ed ovunque – secondo la nota affermazione di S. Vincenzo di Lerins. 
Orbene, ancora oggi c’è chi lamenta come i documenti del Vaticano II debbano, al contrario, leggersi facendosi quasi astrazione dal magistero anteriore e, quindi, tanto per fare un esempio la Sacrosantum Concilium prescindendo dalla Mediator Dei di Pio XII, che pure aveva “preparato la strada” al documento conciliare del 1963. E proprio questi “profeti della discontinuità” (se vogliamo chiamarli così) lamentano che tale operazione sia come leggere il Vangelo alla luce dell’Antico Testamento.
Tu, don Nicola, condividi questo punto di vista? Cosa risponderesti a questi “profeti della discontinuità”? 
Possibile che ancor oggi non si riesca a fare una lettura piana e pacifica dei documenti conciliari alla luce della Tradizione della Chiesa, nonostante il magistero di Benedetto XVI? Perché tante resistente? 
Quali le ragioni, secondo te, di questa non accettazione di tale chiave di lettura? E quali, se esistono, le eventuali soluzioni?

R. La Chiesa è attraversata da una crisi di fede, che genera confusione e, come ho già detto mesi fa, porta all’affermazione di un pensiero non cattolico. 
Senonché, Gesù ha detto che chi è sapiente, sa estrarre dal tesoro cose nuove e cose antiche (cfr. Mt 13, 52). 
L’idea di una nuova Chiesa, ha attraversato la storia: dagli gnostici ai catari, da Gioacchino da Fiore a Lutero, da Giansenio agli attuali novatori. Il pensiero di sant’Agostino ha portato a coniare il detto: Novum Testamentum in Vetere latet, Vetus Testamentum in Novo patet (il Nuovo Testamento è adombrato nell’Antico, e questo trova compimento nel Nuovo): È difficile applicare questo al Vaticano II rispetto ai venti concili che l’hanno preceduto? Appare ragionevole chi sostiene che con questo concilio abbiamo una nuova visione di Chiesa? 
La Chiesa del Signore è sempre la stessa, in quanto Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre: sarebbe paradossale che così non fosse per il Suo corpo che la Chiesa. 
Il fastidio verso la Tradizione, penso sia dovuto alla non comprensione del fatto che tradere sia un verbo di movimento e significa trasmettere ciò che si è ricevuto, integralmente, come dice Paolo a proposito dell’eucaristia, ma questo deposito, nel frattempo, come tutti i depositi – penso a quelli in banca – ha fruttificato e si è arricchito. 
Il discorso cosiddetto sull’ermeneutica del Vaticano II, fatto il 22 dicembre 2005, all’esordio del suo pontificato, da Benedetto XVI è talmente chiaro e ragionevole, che solo un pregiudizio impedisce di accettarlo. 
Causa di tale pregiudizio è l’ignoranza, dovuta alla mancanza di studio: se questo ci fosse, ci si accorgerebbe che i documenti del Vaticano II, a parte la maggiore o minora rilevanza di questo o di quello, e di certi passaggi, non enunciano nuove dottrine. 
Papa Giovanni parlò di aggiornamento: sull’interpretazione di questa parola è stato scritto molto, ma la mente di quell’uomo così tradizionale e così nuovo, impedisce di pensare che desse a quel termine un altro contenuto. 
Basta leggere il suo Giornale dell’Anima, per trovarlo intriso di quel ‘devozionismo’, tanto vituperato dai novatori. 
La soluzione è un confronto paziente e senza pregiudizi, come stiamo facendo con un gruppo di amici studiosi.
Aggiungo: «La mancanza di chiarezza nel rapporto tra livello dogmatico e livello liturgico, che è rimasta poi anche durante il Concilio, deve forse essere qualificata come il problema centrale della riforma liturgica; in base a questa ipoteca si spiega gran parte dei singoli problemi con i quali, da allora, abbiamo a che fare» (J. RATZINGER, Opera omnia, vol. 11, Teologia della liturgia, V. Forma e contenuto della celebrazione eucaristica, LEV, Città del Vaticano 2010, pp. 414-415). Questa riflessione dell’allora cardinal Joseph Ratzinger appare del tutto coerente con l’argomento alla ribalta della cronaca ecclesiale e non solo – la comunione ai divorziati risposati – per le sue implicazioni dogmatiche e liturgiche, oltre che canoniche e pastorali.

3. Il prossimo ottobre, come noto, si svolgerà in Vaticano il Sinodo ordinario sulla famiglia. Tra i profili, che saranno oggetto di discussione, vi è la questione ...

 ( continua QUI )

Fonte : Scuola Ecclesia Mater 




Foto :  First High Mass in the Extraordinary Form of Father Aidan McCann Mass for the Feast of the Assumption of the Blessed Virgin Mary Saint Kevin’s Church, Harrington Street, Dublin 8 Music by Crux Vocal Ensemble Organist: Doctor Paul McKeever Saturday, August 15, 2015 (10:30) Fr. McCann was ordained for the Archdiocese of Armagh by His Grace The Most Reverend Doctor Eamon Martin, Archbishop of Armagh on July 5, 2015  (Prima Messa Solenne nella forma straordinaria del Padre Aidan McCann Messa per la Festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria Sabato 15 Agosto 2015 ore 10,30 nella  Chiesa di San Kevin, Harrington Street, Dublin 8 ; Coro Polifonico Crux Vocal Ensemble; Organista: M.° Dottor Paul McKeever.  
P. McCann è stato ordinato per dell'arcidiocesi di Armagh da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Eamon Martin, Arcivescovo Metropolita di Armagh il 5 Luglio, 2015) The photographer can be contacted at photography@live.ie

giovedì 27 agosto 2015

Padre Livio di Radio Maria sulla ricezione della S. Comunione

 Una lieta sorpresa:

"Nella sua applicazione pratica, la riforma liturgica ha avuto inaspettate conseguenze in spiacevoli deviazioni e abusi, dal generalizzato permesso della comunione sulla mano a una noncuranza che talvolta si nota nella custodia delle particole, fino a errori teologici gravi da parte di chi esprime dubbi sulla presenza reale di Cristo nell'ostia consacrata"


P. Livio Fanzaga, "La vita devota" (con Saverio Gaeta), ed.Sugarco, Milano 2015, p.13

mercoledì 26 agosto 2015

Romualdica su Norcia: "Rendiamo grazie al Signore per la TRADIZIONE MONASTICA CHE CI E' STATA TRAMANDATA

Ripreso dagli amici di Romualdica alleghiamo il link di una bella riflessione tratta dal Notiziario dei Benedettini di Norcia.
Ricordiamo il successo del Pellegrinaggio Nazionale dello scorso luglio ospitati proprio dai Banedettini: vedi qui, qui e qui.

Maddalena, Casalfiumanese (Bologna) : 5 giorni di preghiera

Il sodalizio “Circolo Liturgico Pio VII” e alcuni seminaristi organizzano cinque giorni di spiritualità e di preghiera a Maddalena, Casalfiumanese (Bologna) per i giovani dai 18 ai 28 anni. 
Il soggiorno di 5 giorni in una casa nel Parco dei Gessi Bolognesi avrà inizio il 4 settembre, con il pranzo alle ore 12:00 e terminerà martedì 8 settembre, con la Santa Messa per la della Natività della Beata Vergine Maria alle ore 16:00.
La Santa Messa quotidiana sarà nella forma straordinaria del Rito Romano. 


Maddalena, Casalfiumanese (Bologna), con possibilità di ritrovo alla stazione ferroviaria di Imola.
Cinque giorni di preghiera
Venerdì 4 settembre 
Ore 19:00 Santa Messa votiva “B.V. Maria Madre del Divin Pastore” 
Sabato 5 settembre 
Ore 9:00 Santa Messa San Lorenzo Giustiniani 
Domenica 6 settembre 
Ore 11:00 Santa Messa XV domenica dopo Pentecoste 
Ore 21:30 Adorazione Eucaristica 
Lunedì 7 settembre 
Ore 9:00 Santa Messa di Requiem 
Martedì 8 settembre 
Ore 10:00 santa Messa Festa della Natività della B.V.Maria  



Per altre informazioni e contattare il responsabile, scrivere a: camposanpietromaddalena@gmail.com 

martedì 25 agosto 2015

Per chi piange e per chi lavora: note in margine ai commenti sulla morte di mons. Livieres plano

Fra i commenti ad un articolo sul decesso di mons. Livieres (‘La morte di Mons. Rogelio Livieres Plano “figlio obbediente della Chiesa”, MiL del 15.8.2015), qualcuno scrisse che è ora di smetterla con questi “lamenti da perdenti” e col “piangersi addosso”.
Ed io aggiunsi che nell’ottica della fede le persecuzioni che mons. Livieres ebbe a subire sono un segno di predilezione, perché sono lo stesso trattamento riservato a suo tempo a Gesù.
Qualche giorno dopo un altro commento mi chiedeva di sviluppare ulteriormente questo pensiero.
Ed allora eccomi qui, perché fa bene a tutti noi soffermarsi, di tanto in tanto, su queste verità fondamentali della nostra fede.  
La stampa ha riportato la notizia della distruzione del monastero di Mar Elian in Siria. 
Un’altra delle tante persecuzioni contro i cristiani; un’esplosione del male contro cui i ragionamenti servono ben poco.
Certo si deve resistere al male; ma spiegarlo razionalmente non si può, ed è qui che la fede va oltre il limite angusto della nostra ragione e ci insegna a guardare alla vita attraverso il prisma delle beatitudini: “Beati quelli che piangono, perché saranno consolati; beati quelli che patiscono persecuzioni per la giustizia; beati voi, quando vi malediranno e perseguiteranno e, mentendo, diranno tutto il male contro di voi per causa mia.”
Indignarsi, denunciare, ribellarsi, tutto ciò è comprensibile ma umano, troppo umano.
La fede ci chiede di andare oltre e di professarci, come fece mons. Livieres, “figli obbedienti della Chiesa” anche quando essa si mostri una chiesa matrigna; ci chiede di credere che il regno di Dio non si diffonde nonostante le persecuzioni, ma attraverso le persecuzioni.
Questa fede è l’unico vero antidoto contro i lamenti da perdenti ed il piangersi addosso di cui sopra, nelle grandi come nelle piccole cose.
Piangersi addosso: ma cos’è?
La nostra vita quotidiana è intessuta di piccole cose.
E vi sono tanti che piangono e si lamentano non per le vere e grandi persecuzioni, ma per le punture di spillo che ci vengono appioppate ogni giorno.
E poiché scrivo su “Messa in latino” è naturale pensare ai lamenti che proliferano, su questo ed altri blogs,
(a) riguardo alla sciatteria e peggio di troppe celebrazioni liturgiche, 
(b) riguardo alla defezione dottrinale del clero, a tali abusi liturgici strettamente collegata.
Ecco dunque qualche puntino sulle “i”.  

Primo puntino: c’è chi, su questo blog, ha fatto una doverosa distinzione fra lamentele e denunce.
Giusto: le lamentele sono un semplice sfogo, le denunce sono in genere mirate e tendono ad un risultato specifico.
Personalmente, però, io andrei cauta con le denunce, perché se non ottengono il risultato sperato, mettono irrimediabilmente a nudo la debolezza di chi ha denunciato, senza però riuscire a tirar fuori il classico ragnetto dal buco.
Inoltre, le denunce possono diventare una cassa di risonanza – procurare, cioè, pubblicità gratuita – proprio per quegli abusi che si vogliono denunciare.  

Secondo puntino sulla “i” (e chiamatemi pure complottista): penso che, nel caso di espressioni collettive di disagio, quali appunto i commenti su vari blogs, vi sono spesso quelli che a suo tempo chiamai “mestatori in pizzi e merletti”; numericamente pochi, ma tali da influenzare molte persone di indiscussa buona fede.
I mestatori suddetti sono quelli che lavorano contro la Chiesa fondata da Gesù Cristo, ma lo fanno atteggiandosi a cattolici fedelissimi che soffrono amaramente per qualsiasi disordine, reale o immaginario, che riescono a captare nella Chiesa visibile, e lasciano che la loro sofferta indignazione dilaghi a gran galoppo sulle ali dell’etere.
Vero è che tale indignazione è alla fine temperata da un “ma bisogna aver fiducia e pregare”, “Ma Gesù non abbandona la sua Chiesa” e simili; ma queste lodevolissime espressioni, venendo dopo lenzuolate di geremiadi, fanno l’effetto dell’avviso “Il fumo è nocivo alla salute” stampato a caratteri microscopici in fondo ad un attraentissimo messaggio pubblicitario per una marca di sigarette.
Quest’accanirsi sui lati negativi, anche se cammuffato da amore per la Chiesa, genera sfiducia nella gerarchia ecclesiastica ed in genere in una chiesa ritenuta corrotta; e dalla sfiducia al distacco il passo è breve. (Sottolineatura nostra N.d.R.)
Ma di che ci lamentiamo, veramente?
Terzo puntino sulla “i”: la radice da cui nascono i lamenti sugli abusi liturgici e sulla generale corruzione del clero.
Parrebbe ovvio che tale radice sia l’amore per la Chiesa ed il desiderio che si ripareggi la verità offuscata da insegnamenti erronei.
E magari così fosse.
Io non dubito che si tratti spesso di sentimenti sinceri, ma dobbiamo chiederci – perché, con l’aiuto fidato del principe della menzogna, facciamo presto ad ingannare noi stessi – quanto dell’indignazione e dolore manifestati siano per la situazione della Chiesa e quanto siano invece per il nostro disagio personale.
Poniamo il caso del fedele che rimpiange di non poter assistere alla Messa VO, o di poterlo fare solo con grave disagio.
Siamo sicuri che il dolore di questo fedele sia dovuto al fatto che la Messa NO non è centrata come dovrebbe su Cristo sacerdote e vittima, o non può essere che il nostro ipotetico fedele rimpiange i sentimenti, le emozioni, le riflessioni, insomma tutto l’ambiente della celebrazione VO in cui egli si sente a suo agio.
Se è questo il caso, al nostro ipotetico fedele privato involontariamente delle sensazioni di devozione e raccoglimento e di un ambiente che li favorisca potrà forse giovare questo stralcio dalla prima delle “Relazioni spirituali” di S. Teresa di Gesù.
Le “Relazioni” sono resoconti sullo stato della sua anima che la santa inviava al suo confessore.
Il testo è tratto dalle “Opere”, 2a edizione (Roma 1949) p. 403. “Molte volte invece, non solo il mio spirito non si ferma su Dio, ma si porta pure a cose indifferenti, sino a parermi di non poter fare orazione neppure sforzandomi, causa qualche grande aridità resa più grave dai dolori corporali. 
Ma po d’improvviso il raccoglimento e l’elevazione di spirito s’impossessano irresistibilmente di me, inondandomi in un solo istante di tutti quei vantaggi ed effetti che dopo si vedono. 
E ciò senza aver visioni o intendere cosa alcuna: anzi, in quel momento non so neppure dove io sia.”
Dice dunque S. Teresa che spesso le è impossibile pregare a motivo di distrazioni, impossibilità di concentrarsi e dolori fisici vari; ma il Signore interviene comunque imprevedibilmente con quelli che lei definisce “rapimenti”, precisando però che non vi sono né visioni né rivelazioni – nulla, insomma, che ricordi un dipinto di Guido Reni.
Teresa dice semplicemente di non sapere dove sia; potremmo dire, più prosaicamente, che è fuori di testa.
Voi mi direte che noi non siamo S. Teresa e che i rapimenti non sono cosa di tutti i giorni. D’accordo, ma S. Teresa vuol far capire che purché vi sia la buona volontà iniziale di mettersi a pregare, Dio agisce in noi indipendentemente da quello che proviamo durante la preghiera; e se i rapimenti sono esperienze rare, le distrazioni, mancanza di concentrazione ed acciacchi vari capitano a tutti noi.
D’altra parte, se la nostra orazione consiste nell’assistere alla Messa, ci sarà per noi molto più che un rapimento: Dio stesso sarà presente sull’altare alla consacrazione e si darà a noi nella comunione, tutto d’un pezzo, corpo, sangue, anima e divinità; e ciò sia nelle messe VO che in quelle NO; e non c’è barba di prete ignorante, che però dica le parole della consacrazione, che possa impedire l’incontro con Cristo nell’Eucarestia.
Ed allora sono pienamente condivisibili i robusti accenti di Camillo Langone: “Io non tradirò, io non mi alzerò dal banco, io resterò in chiesa fregandomene dell’arroganza clericale, delle omelie col ditino alzato, dei loro vestiti da becchini alla moda anglicana ossia scismatica. Perché in chiesa mi ci ha portato Dio e non saranno gli uomini a spostarmi.” (Il Foglio, 19 agosto 2015).
Pensare a ciò che è essenziale nella Messa potrà eliminare qualche lamento da perdenti.
"Chiesa" è la comunione dei santi, quelli che ci hanno preceduto e quelli che sono ancora qui a lottare, dovrebbe far capire che le esternazioni di certi membri della gerarchia sono, tutto sommato, abbastanza epidermiche e non intaccano la Chiesa nella sua vita profonda di unione a Cristo, né intaccano quelli che partecipano a quest’unione.
Senza contare che, se una barca fa acqua, non si sta a torcersi le mani aspettando che ne faccia ancora di più, ma si prende un secchio e si comincia a svuotarla.
Analogamente, pensare che Cristo è il capo della Chiesa e che ” è la comunione dei santi, quelli che ci hanno preceduto e quelli che sono ancora qui a lottare, dovrebbe far capire che le esternazioni di certi membri della gerarchia sono, tutto sommato, abbastanza epidermiche e non intaccano la Chiesa nella sua vita profonda di unione a Cristo, né intaccano quelli che partecipano a quest’unione. Senza contare che, se una barca fa acqua, non si sta a torcersi le mani aspettando che ne faccia ancora di più, ma si prende un secchio e si comincia a svuotarla. E c’è chi si rimbocca le maniche

Quarto puntino sulla “i”: il rimboccarsi le maniche e lavorare per il regno di Dio.
C’è chi lo fa; ecco qualche esempio, rigorosamente non inventato.
Un bel dì del giugno scorso mi trovavo su un treno che da Verona andava al nord.
Poco dopo Verona salì un religioso – dal saio pareva francescano – e venne a sedersi vicino al passeggero che stava di fronte a me.
Quello schizzò via come morso dalla tarantola – vi sono ancora, evidentemente, quelli che pensano che i religiosi portano iella – ed il frate ed io restammo comodamente seduti nello scompartimento.
Lui non perdette un minuto.
Con calma serafica tirò fuori il breviario e si mise a recitarlo.
Poi fu la volta del rosario.
E fra una preghiera e l’altra il buon frate non mancò di far merenda, e che merenda: una bottiglietta d’acqua e due crackers.
Finito il lauto pasto, il mio compagno di viaggio cominciò a leggere alcuni libri che estraeva uno alla volta dalla sua sacca, dove già c’erano il breviario, la bottiglietta d’acqua ed i crackers.
Nel frattempo avevo detto anch’io il Rosario, però a rilento, con frequenti pause perché lo sguardo indugiava su quelle montagne note e pur sempre nuove.
Giunti a Bressanone il religioso si alzò; era arrivato a destinazione e, come vuole la buona creanza, mi salutò brevemente augurandomi buon viaggio.
Ma c’era in quel saluto – uniche parole pronunciate durante tutto il tragitto – uno sguardo di tacita complicità.
E quella complicità mi fu di buon auspicio e mi fece compagnia mentre continuavo il viaggio verso il brumoso nord.
E poi ci sono le suore (che in Europa stanno per scomparire ... N.d.R.)
A vederle, nella chiesa dove vanno ogni giorno a pregare, si direbbero un manifesto vivente del declino della Chiesa visibile.
Perché sono poche e quasi tutte in età molto avanzata; un drappello sparuto e non più tanto saldo sulle gambe, che pure continua ogni giorno, con fedeltà cocciuta a quanto promesso al Signore ormai tanti anni fa, a recarsi in chiesa sera e mattina per l’ufficio divino.
Ma se questa è la loro prima occupazione, ve ne sono altre; innanzitutto bisogna mandare avanti chiesa e convento, cose che le suore fanno senza aiuto alcuno, e poi c’è l’accoglienza a seminaristi, studenti, a famiglie di immigrati, e tutto in silenzio, perché c’è chi parla d’accoglienza e c’è chi, invece, la fa.
Il Signore dà la forza”, dice con tutta semplicità la Madre superiora.
La forza di fare quello che agli occhi di una società laicizzata appare come un perfetto esercizio in futilità: il recarsi a pregare in una chiesa semivuota ad ore tutto sommato abbastanza impossibili, giorno dopo giorno.
Queste suore non hanno tempo per far le pulci ai discorsi del Papa o per scandalizzarsi delle varie pecche ecclesiastiche.
Hanno gli occhi fissi al Signore e tutto il resto è paglia.
E l’operosità di queste anime – il frate di Bressanone, le religiose – è il miglior rimedio contro i lamenti da perdenti ed il cronico piangersi addosso.
Perché la Chiesa vive (lo hanno detto in tanti) come un fuoco sotto la cenere, ed un giorno divamperà.
Ma a ben guardare, già si vede questa vampa nella vita di chi ha scelto di nulla anteporre all’amore di Dio.

Luciana Cuppo  
( che ringraziamo ...)

Foto di Mark Micallef Perconte : Malta, Solennità dell'Assunta 2015 nelle Parrocchie di Gudja e di Mosta.

Meeting CL.Genocidio dei cristiani in Medio Oriente : la parola ai Parroci di Erbil e Aleppo

La parabola evangelica del buon Samaritano ci insegna che la carità cristiana non conosce ne' confini ne’ limiti. 
Nel corso della Storia della Chiesa non si contano, ne’ bisognerebbe farlo, i Santi e le Sante che nel nome di Gesù hanno soccorso, nel doveroso più assoluto silenzio, uomini e donne in stato di bisogno.
Un esempio luminosissimo del primato di carità cristiana è stato il Servo di Dio Papa Pio XII che durante l’ultimo conflitto mondiale non ha esitato neppure un attimo a far aprire i sacri luoghi protetti dalla sacra clausura, per “ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi, di aprire gli istituti e anche le catacombe”. 
Abbiamo voluto premettere questa doverosa esaltazione della carità  , la più grande delle virtù cristiane, perché siamo rimasti ancora scioccati dalle parole che Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, ha avuto la leggerezza di pronunciare in riferimento agli islamici che in ogni minuto, sotto le spoglie di presunti migranti-profughi, approdano nelle nostre accoglienti coste: " Dobbiamo mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’islam non vuole cancellare le radici cristiane in occidente”.
Le parole del vescovo potrebbero suonare come una specie di “burla” , espressione di un "classico" umorismo clericale ( diversi vescovi in questi giorni sembrano trasformarsi in simpatici  clown ... tanto da far presagire l'arrivo di una  grande sventura ).... 
La tragedia quotidiana, per ora ambientata soprattutto in Medio Oriente, smentisce immediatamente le parole del Vescovo di Mazara del Vallo per riportare traumaticamente la nostra attenzione verso la morte tragica e violenta dei nostri fratelli e sorelle battezzati : la realtà, costellata da un fiume gonfio di sangue, dei nuovi Martiri Cristiani uccisi in odio alla fede e in odio a Cristo. 
Dedichiamo al Vescovo di Mazara del Vallo due servizi : uno viene dalla terra macedone dove i cosiddetti “migranti” musulmani alla frontiera della Macedonia, rifiutano i pacchi  offerti loro perchè contrassegnati dal simbolo della Croce Rossa  ( simbolo del cristianesimo, da combattere ferocemente); ( QUI il video) e l’altro dal Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. 
Επίσης, σε μας τους αμαρτωλούς ( A.C.)


Meeting di Rimini, preti denunciano: Genocidio di cristiani in Siria e Iraq 

Due parroci, due citta’, Erbil e Aleppo, due Paesi, ma un solo grido e un solo appello: aiutate i cristiani vittime di un “genocidio” in Iraq e di una “Apocalisse” in Siria. 
Aiutate la mia gente. Vi imploro: non chiamate quello che succede nel mio paese un conflitto, è un genocidio e il genocidio è in Siria. 
Credo che ci distruggeranno in Medio Oriente, ma credo anche che l’ultima parola sarà la nostra. 
E sarà ‘Gesù ci ha salvati’, e’ la denuncia di Douglas Al-Bazi, parroco ad Erbil in Iraq, intervenendo al Meeting di Cl a Rimini all’incontro “Una ragione per vivere e per morire: martiri di oggi”, cui ha partecipato anche Ibrahim Alsabgh, prete di una chiesa di Aleppo in Siria. 
Quello che sta avvenendo in Siria è una vera e propria Apocalisse. 
Manca tutto ormai, anche l’acqua” e’ la denuncia di Alsabagh, parroco della Comunità Latina di Aleppo.
Siamo nel caos – ha spiegato Alsabagh- siamo nel disordine totale. 
Aleppo è divisa in decine di parti e ogni gruppo di jihadisti controlla una parte. 
Viviamo nel caos, con la mancanza di tutto, prima di ogni cosa della sicurezza. 
Ci sono bombardamenti che non risparmiano la gente nelle case, le moschee e le chiese, i bambini e gli anziani. 
Siamo sotto un bombardamento continuo”.
Siamo proprio sulla linea del fuoco – ha detto il prete che vive in Siria-e noi non sappiamo quando potranno colpire la nostra chiesa: ne hanno già colpite tante. 
Siamo sotto tiro. 
Questi gruppi di terroristi hanno colpito ospedali, suore e case, con armi di grande distruzione e non solo con il gas“
In Siria e ad Aleppo in particolare “è molto difficile mangiare carne, latte e c’e'mancanza di medicine. 
Tanti medici hanno lasciato il paese e tanti ospedali sono rimasti senza medicine. 
C’è poi la mancanza dell’acqua in questi giorni, è una cosa micidiale”, sottolinea Alsabgh, sacerdote da 10 anni, dal 2014 parroco di San Francesco d’Assisi ad Aleppo. 
Nella sua parrocchia in Siria a poche decine di metri dalla linea del fuoco ha creato un oratorio estivo con centinaia di bambini di famiglie non solo cristiane.
Diverse zone di Aleppo sono state distrutte completamente come delle zone vicino al nostro convento e chiesa cui si avvicinano i bombardamenti – dice il sacerdote di Aleppo -. Non sappiamo quando potranno colpire la nostra chiesa. I gruppi di terroristi colpiscono e seminano morte immigrazione e terrore. 
La gente non ce la fa. 
Quelli ricconi sono partiti dai primi due anni del conflitto. 
Sono rimasti con noi i più poveri. 
La mancanza dell’acqua si e’ intensificata da un mese e mezzo. 
Alcune parti dei jihadisti controllano le pompe dell’acqua. L’acqua arriva in modo interrotto. Siria: l’esercito bombarda i mujahidin per liberare lo snodo idrico (I cazzari della stampa venduta hanno scritto che Assad bombardava i civili) 
Diversi bambini sono finiti in ospedale perché hanno bevuto acqua non potabile e ci sono stati morti perche’ e stata bevuta acqua non potabile. 
Perché allora “un cristiano deve rimanere? 
Meglio scappare e buttarsi nel mare. 
Anche tanti cristiani che hanno studiato. 
Tanta gente è obbligata, non ce la fa a vivere lì. 
Diversi sono i casi di cristiani che hanno lasciato il paese e lo lasceranno forse nel domani. Sembra che siamo nel libro dell’apocalisse. 
Per noi cristiani, parlo di Aleppo, specialmente, siamo nell’Apocalisse”. 
La situazione è di una instabilità totale continua, bisogna essere attenti non solo ai bisogni dei cristiani ma anche dei musulmani, dei bambini, di chi scappa dalle bombe”, racconta Alsabgh.
Se qualcuno dice che l’Isis non rappresenta l’Islam ha torto. (Sottolineatura nostra N.d.R.) L’Isis rappresenta l’Islam al 100 per cento”, prosegue Al- Bazi, che ha detto di aver subito due attentati e un sequestro e che sulla situazione in Iraq non ha usato mezzi termini: “Forse qui ci possono essere musulmani simpatici e amici, ma li’ sono degli assassini”. “Sono orgoglioso di essere iracheno – aggiunge Al-Bazi rivolgendosi a una folta platea di ciellini che lo ha applaudito -e amo il mio paese, ma il mio paese purtroppo non e ‘orgoglioso che io sia parte di esso. I cristiani in medioriente sono l’unico gruppo che ha visto il volto del male, l’Islam”. “Aiutate la mia gente, salvate la mia gente. 
Sono un sacerdote e penso che mi ammazzeranno un giorno, ma mi preoccupo per i nostri figli”, ( Sottolineatura nostra N.d.R.) conclude il parroco iracheno. (La Presse) 

Fonte : ImolaOggi

QUI Il video di un bambino di appena due anni  che con un coltello affilato "decapita" lentamente un orsacchiotto di peluche sotto la bandiera dello stato islamico. Non ci sono più parole !