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venerdì 5 dicembre 2014

Un passo positivo... verso la rovina

di don Alfredo Morselli

Perplessità su uno scritto di un sacerdote di Bologna

Recentemente, sul Quotidiano Nazionale-Resto del Carlino del 2/11/2014, è stata pubblicata una risposta  che lascia alquanto perplessi, ad opera di don Giovanni Nicolini, presbitero della diocesi di Bologna (1). La domanda gli era stata posta da una ragazza di nome Enrica: lei e il suo fidanzato, insieme da più di dieci anni, avendo constatato i che i matrimoni, tanto religiosi che civili, di molti suoi conoscenti sono finiti male, hanno l'intenzione di "mettere insieme le loro vite", ma non ancora di sposarsi. Tuttavia, andare ad abitare insieme senza sposarsi "sarebbe un dramma" per i genitori - buoni cattolici - di entrambi i fidanzati. La ragazza "pensa seriamente al matrimonio", ma al momento sarebbe per lei una "costrizione". Che fare dunque?

Ci si aspetterebbe, soprattutto da un prete, un bel "dia retta a sua madre e preparatevi castamente al matrimonio"; oppure "se dopo dieci anni avete ancora dei dubbi, c'è qualcosina che non va"... Invece don Nicolini "sente" le parole della ragazza "molto vere e anche molto importanti", e afferma: "non si può negare che la decisione di vivere più responsabilmente la vostra vita insieme sia un passo positivo". La buona mamma è poi sistemata con "la sua stessa fede l'aiuterà a pensare che è bene non rischiare di costringere ad un atto così prezioso".
Le premesse per questa risposta sono che "la fede è un cammino", che "la fede non è mai o tutto o niente", che "la conversione a Gesù e al suo Vangelo non arriva mai a termine", e che Dio, il cui "impegno più grande è la misericordia... di pazienza ne deve esercitare moltissima". E così arriva il colpo di grazia per la buona mamma: "sarà contenta di pazientare con Dio".

I - Dove sono gli errori

Dove sono gli errori in questo ragionamento visto che alcuni degli argomenti usati come premesse e motivazioni sono inoppugnabili e verissimi: es. la fede è un cammino, Dio è pazientissimo etc.?

Parto proprio dal concetto di fede come cammino: Sant'Agostino descrive la fede come una andare verso Dio: "Credendo amare, credendo prediligere, credendo andare verso di Lui ed essere incorporati tra le sue membra. È questa dunque la fede che Dio vuole da noi… Non una fede qualunque, ma la fede che opera nella carità" (2) e San Tommaso interpreta tutto l'agire morale dell'uomo come un moto della creatura razionale verso Dio (3)

Tuttavia, in questo cammino, esiste la possibilità di tornare indietro, di prendere la direzione contraria, di invertire drammaticamente la rotta: e ci sono certe azioni, che, indipendentemente dalle circostanze e/o dall'intenzione di chi opera, sono sempre cattive, velenose, provocano la morte dell'uomo.
E non basta che una situazione sia meno grave di altre per renderla un passo positivo: al più sarà un passo meno veloce nella direzione contraria, ma pur sempre verso un paese lontano (Lc 15,13), ma mai un passo positivo.

Non dobbiamo cercare chissà dove gli argomenti a suffragio di quanto affermo: ci basta rileggere umilmente il Catechismo della Chiesa Cattolica:

2390 Si ha una libera unione quando l’uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l’intimità sessuale. L’espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l’una nei confronti dell’altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell’altro, in se stessi o nell’avvenire?

L’espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. Tutte queste situazioni costituiscono un’offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l’idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l’atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale.

2391 Molti attualmente reclamano una specie di «diritto alla prova» quando c’è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci. L’unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l’uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L’amore umano non ammette la «prova». Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro.

Bene a ragione dunque Benedetto XVI insegnava nel giugno 2011, in Croazia: “Care famiglie, siate coraggiose! Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come preparatoria, o addirittura sostitutiva del matrimonio! Mostrate con la vostra testimonianza di vita che è possibile amare, come Cristo, senza riserve, che non bisogna aver timore di impegnarsi per un’altra persona! Care famiglie, gioite per la paternità e la maternità! L’apertura alla vita è segno di apertura al futuro, di fiducia nel futuro, così come il rispetto della morale naturale libera la persona, anziché mortificarla! Il bene della famiglia è anche il bene della Chiesa” (4)

Ancora nel marzo 2012 Benedetto XVI ha ribadito ai Vescovi degli Stati uniti che "anche i corsi di preparazione al matrimonio nelle parrocchie, spesso non hanno trasmesso questo insegnamento con sufficiente chiarezza, in particolare omettendo di spiegare alle coppie che «la pratica della coabitazione prima del matrimonio è gravemente peccaminosa, per non parlare del fatto che danneggia la stabilità della società»". 
Il rimedio che Benedetto XVI ha indicato in questa occasione "anche in questo campo è quello che segnala a tutta la Chiesa con il prossimo Anno della Fede: «restaurare nel posto che gli spetta» nella predicazione e nella catechesi il «Catechismo della Chiesa Cattolica». I fedeli, particolarmente giovani, vi troveranno un’apologia della castità, che «è più sana e attraente delle ideologie permissive esaltate in certi ambienti le quali di fatto costituiscono una potente e distruttiva forma di contro-catechesi» (5)

II - Le radici dell'errore

Siccome le perplessità, che lo scritto di don Nicolini suscita, non sono eccezioni nell'ortodossia generalizzata, ma sono oggi assai diffuse - come hanno rivelato le accese discussioni in occasione del Sinodo sulla famiglia - conviene soffermarsi sugli equivoci di fondo che sono alla base di simili deviazioni. È possibile individuarne radici teologiche e radici scientifico-filosofiche. Tengo a precisare che da ora in poi non mi riferisco più solo allo scritto del pur sempre caro confratello, ma mi allargo a una cattiva aria teologica che purtroppo si respira in questa nostra epoca.

1 - Radici teologiche

a) Oblio della Grazia

Il maggior equivoco di fondo, alla base della paura dell'annuncio gioioso di tutta la verità cattolica, è senz'altro la sfiducia nella grazia, una sorta di disperazione al posto dell'uditore, che si presuppone "inconvertibile".
Sfiducia tanto nella grazia che accompagna chi ascolta l'invito a seguire Cristo crocifisso prima e risorto poi, quanto nella grazia che accompagna il predicatore. Una sorta di peccato di Giona, che prima non vuole predicare che "Ninive sarà distrutta" e dopo si meraviglia che tutta la città, bestie comprese, abbia fatto penitenza.

b) Sospetto diabolico su Dio

Il predicatore che ha paura ad annunciare tutta la verità e teme che tutta intera sia un giogo insopportabile per l'uditore, fa sue le parole del serpente: "È vero che Dio ha detto: non dovete mangiare di nessun albero del giardino?" (Gen 3,1) La difficoltà è ingigantita: Dio ha proibito solo un frutto, non tutti i frutti; e così il predicatore proietta la paura indotta dal demonio e fatta propria sugli uditori: "poverini, tutto non ce la fanno, facciamogli fare un passo alla volta". No, se fossero soli non ce la farebbero, ma c’è la Grazia, sorgente che zampilla per la vita eterna e che conduce a una santità umanamente inaspettabile, ma soprannaturalmente sperabile.

Il Cardinale Kasper recentemente ha detto che Dio non può lasciare l'uomo in un buco senza uscita: verissimo, ma la via di uscita, anzi di vittoria, è la grazia, non il cambiamento della morale. Ma vediamo ora le sue parole esatte:

«Non riesco a pensare ad una situazione in cui un essere umano è caduto in un buco e non c'è via d'uscita. Spesso egli non può tornare al primo matrimonio. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma spesso questo non è possibile» (6)

Perché non c’è via di uscita nel buco dell’esempio di Kasper? Perché l'essere umano non guarda in alto, perché l’uomo che Kasper immagina caduto nel buco, vi passeggia avanti e indietro, senza guardare in alto. È chiaro che così vede solo le pareti e il pavimento, ed è disperato. Ma perché non invitarlo guardare in alto, dove è Colui che lo può liberare?

c) Escatologismo malcelato.

Le beatitudini si possono vivere in questa vita? Già fin d'ora, o bisogna aspettare le calende greche dell'uomo di oggi? Come si può pensare che Gesù ci dica siate perfetti e ci ponga in un cammino senza meta realmente raggiungibile in questa vita? E perché aver paura di annunciare grandi cose subito per il Signore, con la su grazia, "la sua grazia in me non è stata vana... non io, ma la grazia di Dio che è con me"? (1 Cor 15,10) È vero che ci dobbiamo tutti convertire, ma ciò non vuol dire che non possiamo e non dobbiamo già fin da subito evitare il peccato mortale. La misericordia di Dio offre a chi cade la Confessione, non il diritto di peccare, neppure pro tempore.

d) Falso concetto di misericordia

Chi chiamerebbe misericordioso e paziente un medico che non dice al malato che una certa malattia è mortale e non propone i rimedi giusti?
In questo caso il propugnatore di errori sostituisce il "Tu morrai" profetico con il diabolico "Non morirete affatto".

Sentiamo quanto il buon Dio dice al profeta Ezechiele: 

"Mi fu rivolta questa parola del Signore: O figlio dell'uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d'Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: «Malvagio, tu morirai», e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te" (Ez 33, 1-8.)

Cosa dice il serpente?

Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! (Gen 3,4)

Non morirete affatto! È questo che il mondo vorrebbe sentirsi dire da una Chiesa a sua misura, annunciatrice di uno pseudovangelo modellato secondo l'uomo (cf. Gal 1,11).
Questa falsa misericordia presuppone un Dio sola volontà senza Logos, senza cioè un piano sapienziale per cui l'uomo è creato secondo un progetto; e, posto quel progetto che è Cristo stesso, neppure Dio potrebbe, per assurdo, far buono ciò che è cattivo.
Non morirete affatto, dire: "convivere a certe condizioni è un passo positivo", è negare la presenza di questo progetto e ridurre la misericordia di Dio a volontà estemporanea

2 - Errori scientifici e filosofici

Le scienze umane mostrano che la convivenza pre-matrimoniale aumenta le chance di divorzio.

Le scienze umane potrebbero tranquillizzare i timori di Enrica. Il blog Una casa sulla roccia  (7) offre un bellissimo articolo di cui riporto ampio stralcio:

"Inoltre è noto che la convivenza pre-matrimoniale incrementa drammaticamente le chance di divorzio. Sono molti oramai gli studi che attestano che le coppie che convivono prima di sposarsi hanno una maggiore probabilità (dal 50 al 100%) di divorziare rispetto a coloro che scelgono di aspettare a vivere insieme fino a dopo il matrimonio [2 = Cfr. “La convivenza? Davvero un pessimo test”, di G. Samek Lodovici; “Nuovo studio: la convivenza prima del matrimonio aumenta il tasso di divorzio”, UCCR 11.10.11; “Convivere prima del matrimonio aumenta il rischio di divorzio”, UCCR 8.5.12; Matrimonio meno appagante se preceduto da convivenza, Journal of Family Psychology (2009) 23 (1): 107-111; “Castità prematrimoniale, il segreto per una coppia felice” (studio condotto dalla Brigham Young University’s School of Family Life, pubblicato su “Journal of Family Psychology”); “Unioni più stabili per le coppie che ‘attendono'”, Il Sole 24 Ore, 29.12.2010; Tony Anatrella, Felici e sposati. Coppia, convivenza, matrimonio, (ESD, Bologna 2007, pp. 64-68 e 82).].
Il punto spesso non compreso è che la convivenza, anche quella «come periodo di prova dell’unione», mina il matrimonio alle fondamenta.
Anzitutto perché lo “svuota” di un elemento caratteristico della vita coniugale rappresentato, per l’appunto, dalla coabitazione (inclusa la dimensione sessuale). Ne consegue che quando ci si sposa dopo una convivenza, per forza di cose si fatichi ad assaporare quello slancio ideale tipico della promessa matrimoniale, che tende così a ridursi alla dimensione rituale, per non dire burocratica.
In secondo luogo, convivendo, gli innamorati scoprono di colpo la complessità – e anche la difficoltà – della vita insieme senza però essere adeguatamente “equipaggiati”, come invece possono essere coloro che si sposano, per fronteggiarla.
Si salta poi in tal modo quella stagione bella, faticosa ma fondamentale che è il fidanzamento, durante il quale i fidanzati sviluppano e approfondiscono il dialogo, il rispetto, la conoscenza reciproca e quella di se stessi, il sacrificio, l’impegno, l’attesa, l’elaborazione di un progetto, l’esercizio alla fedeltà, il senso di responsabilità… Tutti fattori che contribuiscono a costruire, mattone dopo mattone, un solido edificio matrimoniale e che costituiscono la premessa per la comprensione della vera essenza del matrimonio.
Si rischia altrimenti di poggiare il rapporto su basi molto fragili, a partire da una visione individualistica (e dunque inevitabilmente egoistica) del matrimonio, dove difficilmente maturerà il concetto fondamentale che sposarsi significa donarsi senza riserve, totalmente e per sempre, e dove invece facilmente ci si abituerà ad un’idea distorta dell’unione matrimoniale come esperienza “a termine”, con “clausola di rescissione” e che quindi può cessare (specie in tempi come questi in cui dilagano edonismo e relativismo).
Infine, la convivenza può impedire ad un convivente di sentirsi davvero del tutto libero, di fronte all’altro, di decidere se sposarlo oppure no. Vivendo insieme, i conviventi rischiano di ostacolarsi nella scoperta di ciò che desiderano veramente. La risposta a molte delle domande su di sé e sulla solidità della coppia deve essere cercata anche da soli, invece che nella vita che trascorre continuamente insieme, dove la persistente presenza dell’altro e il flusso continuo dei sentimenti non aiutano la conoscenza dell’altro, dei propri desideri, della persona che davvero fa per noi, ecc. Senza la possibilità di riflettere da soli, i conviventi possono trovarsi in una situazione in cui non sono più davvero liberi di scegliere e dunque rischiano di sposarsi senza essere veramente fatti l’uno per l’altra (i dati riportati nella “nota 2″ sono significativi in proposito).

b) Errori filosofici

Ciò che áncora la morale e la rende inamovilbile, anche nella tempesta del relativismo di oggi, è la filosofia perenne, quella filosofia che talvolta viene chiamata, per relativizzarla, filosofia aristotelico-tomista, ma essa è semplicemente filosofia dell'essere: filosofia delle cose come stanno e che rimangono come Dio le ha create, secondo la loro essenza.
Dio non ha pensato l'amore tra l'uomo e una donna in un modo ai tempi di Mosè, in un modo ai tempi di San Paolo, in un altro modo oggi, in un altro modo domani. Dio in principio ha creato le cose e, quando l'uomo ha cercato di rovinare tutto, si è incarnato per ricapitolare in lui ciò che, alterato dal peccato, in principio non era così (Mt 19,1); riportando il tutto - nella fattispecie il matrimonio -, a come era e sarà finché non saranno passati i cieli e la terra.

Conclusioni

Ho scritto queste righe pensando alla buona mamma di Enrica; mi immagino la sua faccia quando, nello spiegare semplicemente alla figlia che la convivenza è una brutta cosa, si vedrà sventagliata, a mo' di asso di briscola quando si strozza all'ultima mano, la risposta di don Nicolini. Affido alla Madonna, debellatrice di tutte le eresie tutti i piccoli, i poveri veri, disorientati da chi invece dovrebbe confermarli nella fede.


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NOTE
(1) Il Signore è paziente: aspetterà anche lei quando sceglierà di sposare il suo ragazzo
http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cose-questo-mondo-don-nicolini-fidanzati-matrimonio-1.363531, visitato il 30-11-2014.
(2) In Joann. Ev., tract. 29, 6.
(3) S. Th. Iª q. 2 pr.; cf anche Super Sent., lib. 3 d. 1 q. 1 pr.
(4) Omelia nella Santa Messa in occasione della giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate, Zagabria, 5 giugno 2011.
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2011/documents/hf_ben-xvi_hom_20110605_croazia_it.html, visitato il 30-11-2014.
(5) Discorso ai vescovi della Regione VIII degli Stati Uniti in visita «ad limina», 9-6-2012, cit. in Massimo Introvigne, Parte dal Confessionale la nuova evangelizzazione, in La Nuova bussola quotidiana del 12-3-2012. 
http://www.lanuovabq.it/it/archivioStoricoArticolo-parte-dal-confessionalela-nuova-evangelizzazione-4765.htm, visitato il 30-11-2014.
(6) Cit. in Andrea Tornielli, «Ecco gli argomenti per la comunione ai divorziati risposati»,  http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/kasper-33955/, visitato il 30-11-2014.
(7) http://unacasasullaroccia.com/convivenza-e-morale-cristiana/, visitato il 30-11-2014.

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