di Don Alfredo M. Morselli
Ave Maria!
Chi ha avuto occasione di leggere i miei interventi su Messa in Latino, sa che sono più papista del Papa, incline a mettere in pratica anche gli errori di stampa dell'Osservatore Romano, quasi come i comunisti trinariciuti - di guareschiana memoria - mettevano in pratica i refusi de L'Unità.
Vi devo confessare tuttavia che è capitato, qualche volta, mentre leggevo il quotidiano della S. Sede con la mano sinistra, e portavo alla bocca il cucchiaio di tortellini con la destra, che alcune espressioni di Papa Francesco mi abbiano fatto andare di traverso il brodo di cappone, provocando violenti colpi di tosse.
Sono felice oggi di poter riparare alla poca fede che fu causa di quei rigurgiti: la Provvidenza mi ha fatto capitare tra le mani un meraviglioso libretto: Maria e la Compagnia di Gesù, del P. A. Drive, naturalmente sj, Siena 1898.
Il frontespizio porta il melanconico timbro della biblioteca della Domus probationis della provincia veneta della stessa Compagnia: una delle tante case religiose chiuse nella primaverile fioritura post-conciliare (come diceva mia nonna, le stagioni sono proprio cambiate).
Mi piace pensare che questo libro possa essere passato tra le mani - prima di finire su eBay - di p. Giorgio Bettan e di p. Leandro Tiveron, due degnissimi figli veneti di S. Ignazio, da cui ho ricevuto tanto bene. Sullo stesso frontespizio una frase del gigante p. Nieremberg: " Non si può dire Congregazione di Maria, meno che Compagnia di Gesù ".
Leggendo questo libro, si possono facilmente scoprire le radici della tenera devozione mariana che il Papa - da buon figlio di S. Ignazio - non perde occasione di manifestare.
E così, in riparazione del brodo di cappone andatomi di traverso, riporto alcuni stralci anche per i lettori di Messa in Latino.
I- S. Ignazio devoto di Maria (pp. 1-28)
1 - Subito dopo la conversione, nelle lotte contro il demonio
"Stando egli una notte vegliando - racconta il P. Ribadeneira - gli apparve la Regina degli Angeli, che tra le braccia portava il suo preziosissimo Figliolo, la quale con lo splendore della sua chiarezza lo illuminava, e con la soavità della sua presenza lo ricreava e lo ingagliardiva.
Durò buono spazio di tempo questa visione; laonde egli sì grandemente aborrì la sua vita passata, e specialmente i brutti e disonesti piaceri della carne, che pareva che, come da una mano, tutte le deformi rappresentazioni si levassero dall'anima sua" (p. 3).
2 - Tenerissimo affetto
"Aveva fatto legare con molta eleganza un libro, nel quale, con molte ben formate lettere…, scriveva, per tenerli a memoria, i detti e i fatti, che più notabili gli parevano, di Gesù…, della Vergine Maria e degli altri santi; e gli aveva in tanta devozione che quelli di Nostro Signore scriveva in lettere d'oro, quelli della Santissima Madre con lettere azzurre, e gli altri dei santi con altri e diversi colori secondo i vari affetti della divozione sua" (p. 3).
I biografi raccontano poi che, dopo la conversione, S. Ignazio portava sul petto un'immagine, che prese il nome di Madonna del cuore; rappresentava l'Addolorata ai piedi della Croce, con il cuore trafitto da una spada.
Quando ne fece dono al nipote P. Antonio Araoz, che penava nel doverlo abbandonare, vedendolo così sconsolato, gli raccomandò di non darla a nessuno, perché "l'aveva portata da quando aveva cambiato vita e ne aveva ricevuto infiniti e opportuni soccorsi in molte necessità dell'anima e in molti pericoli del corpo" (p. 4).
3 - Cavaliere di Cristo e della Vergine
È noto come S. Ignazio fece la sua Veglia d'armi di cavaliere di Cristo, il giorno dell'Annuciazione del 1522, donando i suoi vestiti a un povero e offrendo la spada e la daga alla Vergine.
Scrive sempre il Ribadeneira:
"Era… la vigilia di quell'allegro e gloriosissimo giorno, che fu principio di ogni nostro bene, nel quale il Verbo eterno nella viscere della sua Santissima Madre si vestì della carne nostra, quando egli se ne andava in tempo di notte con la maggior segretezza che poteva; ed a caso incontrandosi con un uomo povero, mendico e con le vesti stracciate, gli diede i suoi vestimenti, fino alla propria camicia; ed egli si vestì di quel suo tanto desiderato sacco che comprato aveva; ponendosi poi a ginocchioni avanti all'altare della gloriosissima Vergine.
E avendo letto nei suoi libri di cavalleria, che i novelli cavalieri sogliono vagheggiare tutta una notte intera in una chiesa, per imitare anch'egli quel rito militare se ne stette tutta la notte vegghiando, parte in piedi e parte in ginocchio, avanti l'immagine della Vergine, raccomandandosi di cuore e amaramente piangendo i suoi peccati con proposito per l'avvenire di emendare la vita sua" (p. 8).
4 - Una rapida scorsa
I limiti di un articoletto sul blog non mi consentono di citare i tanti episodi; ho scelto i primi perché particolarmente commoventi, ma ometto giocoforza la descrizione dei più importanti: i primi voti della Compagnia a Montmartre, il giorno dell'Assunta, dove si venerava la Madonna addolorata; la visione nel santuarietto della Madonna della Storta a Roma, dove il nostro santo vide il Padre eterno chiedere a Gesù, in atto di portar la croce, di accettare Ignazio come servo; la prima Messa a S. Maria Maggiore; la formula della professione Ego N. promitto omnipotenti Deo, coram ejus Virgine Matre etc. etc.
5 - La vita mistica con Maria
Col passar del tempo la Madonna si faceva sentire con la sua presenza nell'anima di S.Ignazio, ormai non più per aiutare il neo-convertito a superare le tentazioni più grossolane, ma per inondare con la gioia della sua presenza il cuore del grande santo.
Purtroppo, prima di morire, l'umile servo di Dio fece sparire tutte le note concernenti la sua vita interiore; tuttavia è sopravvissuto per dimenticanza un quadernetto di quaranta pagine.
Pochi scarni stralci ci danno un'idea di quale grado di unione ci fosse tra la Vergine e S. Ignazio:
"al momento di uscire per dir la Messa, mi si rappresentava la Madonna: ebbi un certo sentimento di sua presenza… ebbi come un sentimento che il Padre Eterno si mostrasse propizio ed avesse caro d'esser pregato con la mediazione di Maria… sentii vivamente che la Vergine m'era favorevole presso il Padre… durante la consacrazione non poteva non sentirla e vederla come causa o canale della grazia…" (pp. 18-20).
II - La Madonna negli Esercizi Spirituali
(pp. 29-41) "…a chi deve la Compagnia gli Esercizi, se non a Colei che i figli d'Ignazio sogliono chiamare: Fundatrix et Magistra Exercitiorum?" (p. 31). S. Ignazio è stato istruito dal Cielo per redigere gli Esercizi, ebbe Dio come maestro principale e "v'ebbe la Beatissima Vergine ancora: così affermava il p. Lainez (uno dei primi compagni di Ignazio e suo primo successore - n.d.r.); così è la costante tradizione; così l'arcangelo Gabriele disse a persona di vita perfetta" (D. Vig. Nolarci, Comp. d. Vita di s. Ignazio di Loyola, Venezia 1680, cit. a p. 32).
La Vergine SS. non solo è autrice degli Esercizi, ma ha, in essi, un ruolo tanto importante quanto discreto.
La Madonna è presente quando ci vogliono lacrime per piangere i peccati e coraggio per cambiar vita: il primo colloquio della I settimana è con Nostra Signora "perché mi ottenga dal suo divin Figlio tre grazie: la prima di scoprire e detestare profondamente i miei peccati; la seconda di capire il disordine della mia vita, affinché, penetrato dall'orrore ne intraprenda la riforma, e l'ultima di conoscere il mondo e di aborrirne la vanità" (ES 63).
La Madonna è presente quando Cristo Re arruola il corpo scelto di coloro che, agendo contro la propria sensualità e il vano onore mondano, vogliono fare di se stessi un'offerta di maggior valore; questi dichiarano che vogliono e desiderano imitare Gesù nel patire ogni ingiuria, ogni disprezzo e ogni povertà così reale come spirituale.
Dove trovare il coraggio per questa offerta, se non davanti alla infinita bontà di Dio, e rivolgendo lo sguardo alla sua Madre gloriosa? (ES 97-98)
La Madonna è ancora presente quando bisogna schierarsi sotto lo stendardo di Gesù Cristo, quando bisogna scegliere tra ricchezza, onore mondano e orgoglio da una parte, povertà, umiliazione e amore al disprezzo dall'altra: prendendo coscienza che non ci sono vie di mezzo, ma solo due campi: assolutamente o o, nessun compromesso, nessun e e, nessuna terza via.
Anche qui la Vergine è invocata al I colloquio: "chiederò a Nostra Signora che mi ottenga da Suo Figlio e Signore la grazia di essere ricevuto sotto il suo stendardo… nella povertà attuale… nel sopportare obbrobri e ingiurie, purché - unico motivo che possa mitigare questa scelta - possa sopportarli senza peccato di persona alcuna e dispiacere di sua divina Maestà" (ES 147).
La Madonna è naturalmente presa in considerazione da S. Ignazio anche nelle contemplazioni dei misteri della vita di Gesù Cristo: ci è chiesto di guardare
la casa e la stanza di Nostra Signora (ES 103),
il suo viaggio a Betlemme seduta su un asina (ES 111),
quando riceve - dopo la circoncisione - il suo Figlio insanguinato (quae compatiebatur de sanguine qui de Filio exibat - ES 266),
il saluto di Gesù alla sua Madre benedetta all'inizio della vita pubblica (ES 273),
l'intervento di Maria alle nozze di Cana (dichiara al Figlio la mancanza di vino e comanda ai servi - ES 276),
quando Gesù viene deposto dalla croce al cospetto della Madre sua addolorata (ES 298):
infine il santo ci chiede di visitare la casa dove si trovava Nostra Signora il sabato santo, osservando le singole parti di essa (ES 220), in attesa della resurrezione del Figlio, di cui la Scrittura non parla supponendo che i lettori abbiano intelletto, e che quindi non possono far altro che ritenere che Gesù è per primo apparso alla Vergine Maria (ES 299).
Papa Francesco e S. Ignazio
In base a quanto sopra, possiamo concludere che Papa Francesco è devoto di Maria perché degnissimo figlio di S. Ignazio: il suo invito a raggiungere le periferie esistenziali non è altro che l'invito di Cristo Re, Signore di tutto il mondo, che sceglie tante persone, apostoli, discepoli ecc.; e li invia per tutto il mondo a diffondere la sua sacra dottrina fra persone di ogni ceto, età e condizione (ES 145).
Il suo amore per la povertà deriva dalla sua scelta irrevocabile di volere imitare Gesù Cristo nella povertà reale come spirituale: e mentre il demonio invia i suoi in tutto il mondo, non tralasciando province, luoghi, stati di vita, né alcuna persona in particolare, ordinando di cominciare a sedurli con la cupidigia delle ricchezze (ES 141-142), Papa Francesco vuole una Chiesa che prima tragga tutti a somma povertà spirituale (ES 146).
E in che cosa consiste il più volte deprecato modello di chiesa che si auto-referenzia, se non a quella che S. Ignazio chiama seconda classe di uomini?
Si tratta di chi vorrebbe lasciare l'affetto ma a condizione di mantenere la cosa posseduta, cosicché Dio venga là dove lei vuole e non si decide a lasciarla per andare a Dio, benché fosse il miglior stato per lei.
Ecco il grande pericolo per Papa Francesco: cristiani che pretendono che Dio si adegui ai nostri progetti e alla nostra idea di Chiesa, e che non si decidono a farsi guidare in tutto dallo Spirito; secondo il Papa questo peccato è radicalmente peggiore di un svarione dottrinale che può scappare a chi generosamente si dona e si sguinzaglia per annunciare il Regno di Dio.
Pensiamoci bene: noi tradizionalisti, abbiamo ricevuto più danni dai modernisti strictu sensu, oppure da moderati, che - senza poter essere accusati di deviazioni dottrinali - hanno con finissima e clericalissima diplomazia insabbiato, rallentato, creato scenari kafkiani alle richieste di celebrazione dell'antico rito?
E hanno fatto più danni i modernisti, o chi - sicuramente non modernista - ha taciuto, ha lasciato fare, non ha vigilato, per evitare guai e fare carriera?
Hanno fatto più danno i progressisti più spinti, o chi si è trincerato dietro il coraggio se uno non ce l'ha, non se lo può dare, rifiutandosi nel contempo, accuratamente, di chiederlo?
Per Papa Francesco il pericolo è il clericalismo, ciò che don Giussani descriveva come servirsi di Cristo piuttosto che servire Cristo.
Conclusioni
Questo Papa, così ignaziano e mariano, è una sfida anche per noi tradizionalisti: se preferirei di gran lunga un fiero e tonante Sia lodato Gesù Cristo a un normale buon pranzo o buon giorno, se mi va di traverso il brodo di cappone al leggere alcune interviste (interviste, non magistero), sono affascinato dal terribile richiamo all'essenziale di Papa Francesco.
E allora piego le ginocchia davanti al Santissimo e la testa sul manubrio, accolgo la sfida del Vescovo di Roma, stringo ancora di più i denti e la Croce, nella speranza che questi terribili giorni siano abbreviati.
E siccome anche S. Ignazio ci ricorda che gli stendardi sono solo due, che non ci sono molti campi, chissà che in tempi prossimi ciò che oggi sembra molto distante non apparirà presto una confessione all'unisono: le nubi della crescente cristianofobia preludono a tempi di grande persecuzione per la Chiesa; se così sarà, voglia Dio e ce l'ottenga Nostra Signora, di esser pronti, abbracciati, con Papa Francesco, a quell'unico stendardo - Vexilla Ragis et Reginae - per celebrare quella particolare forma di Messa che è il martirio.