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Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

martedì 31 dicembre 2013

"Tutto viene permesso, eccetto la Tradizione"



Tutto, praticamente tutto viene permesso, tutto eccetto la Tradizione.

 Dopo il coraggioso e, nello stesso tempo, timido gesto di Benedetto XVI, costituito dal motu proprio del 2007, si è assistito ad una costante opera di “confino” della Tradizione della Chiesa.

 Il Santo Padre disse che la Messa antica non fu mai abolita. In qualche modo confermò che non si può abolire, perché l'Autorità nella Chiesa serve a custodire la Tradizione come fonte della Rivelazione, così come serve a custodire la Sacra Scrittura, e non può mai far da padrona su di esse; se facesse da padrona, l'Autorità non sarebbe quella voluta da Nostro Signore e si configurerebbe come autoritarismo.
 Ebbene, dopo il motu proprio Summorum Pontificum, le varie curie diocesane si impegnarono in una instancabile opera per fermare, arginare, confinare qualsiasi tentativo di ritorno alla gloriosa Tradizione della Chiesa, in campo sia liturgico che dottrinale.
 È stato il boicottaggio totale della volontà del Papa, volontà che poi era un semplice atto di giustizia: non si può abolire la Messa che la Chiesa ha celebrato per quindici secoli e che ha fatto i Santi.

 Nemmeno la terribile mancanza di preti, cui assisteremo in questi anni, nemmeno questa potrà liberare la Tradizione dal suo confino. Piuttosto staranno senza preti, piuttosto chiuderanno le chiese, ma non permetteranno a un sacerdote tradizionale di celebrare la messa di sempre.

 Quanti preti erano pronti a passare alla Tradizione, quanti erano seriamente interessati a riappropriarsi di ciò che è il più profondo patrimonio della Chiesa, quanti chiesero di imparare la Messa antica. Poi, come mannaia implacabile, la scure scese su coloro che con gioiosa semplicità iniziarono a celebrarla: processi canonici, rimozione dalle parrocchie, sottili accuse di scisma!... ecc... la storia la conoscete. Così il gelo cadde sui sacerdoti, molti dei quali giovani, che sognavano già di poter dire salendo all'altare “Introibo ad altare Dei...”. E che dire dei chierici? "Se ami la Tradizione sei pericoloso e non puoi essere ordinato per questa Chiesa”, questo è il refrain dei superiori dei seminari obbedienti ai loro vescovi.

 Un gelo tremendo è così calato su una primavera possibile per le anime, dei sacerdoti prima e dei fedeli poi. Il Papa aveva sperato in un cambio di clima nella Chiesa, ma la vecchia guardia, fatta di ex- sessantottini oggi nelle curie diocesane, non ha permesso alcunché.


 I preti amanti della Tradizione si sono rinchiusi in un mutismo prudenziale, i seminaristi in una “apnea” di coscienza per poter giungere alla sospirata ordinazione, illusoriamente convinti che le cose cambieranno quando saranno preti.


 Ma è normale tutto questo? No di certo, non è normale nella Chiesa!


 Tutti questi signori che osteggiano la Tradizione e la impediscono con strani bizantinismi, sono ancora preoccupati per la salvezza delle anime? Vogliono ancora fare il Cristianesimo? O aspirano a qualcosa di diverso? E se è così perché occupano la Chiesa di Dio?


 Hanno promosso una nuova religione con dei timidi riferimenti al Cristianesimo di un tempo. Hanno lavorato, spendendo notevoli soldi!, per una trasformazione del Cattolicesimo in una religione presentabile nei salotti della cultura; si perdono dietro un dipinto da restaurare o dietro un testo da commentare, ma sono assenti sul campo... non vanno in confessionale e non salgono tutti i giorni all'altare, perché impegnati in qualche progetto culturale.


 Sono ancora preoccupati che le anime si accostino ai sacramenti? Reputano ancora i sacramenti necessari alla salvezza, o sono solo preoccupati di fare “comunità”, sostituendo la struttura all'essenziale, cioè a Dio?


 Ci auguriamo di tutto cuore che il nuovo anno porti due cose:


1. Un sussulto di coraggio in tutti quei preti e seminaristi che stanno soffrendo per una chiesa sempre più nemica del suo passato. Vorremmo dire loro “Cosa aspettate a ribellarvi? Sì, a ribellarvi per obbedire a Dio! Considerate l'esito di questa Chiesa malamente ammodernata, considerate la grande tristezza che ha prodotto e obbedite gioiosamente a Dio. Solo così servirete  con amore la Chiesa, perché la Chiesa è Tradizione.


2. Un ravvedimento in coloro che hanno così osteggiato la Messa tradizionale e l'hanno confinata. Sappiamo che non tutti sono in cattiva coscienza. A loro vorremmo dire “lasciateci fare l'esperienza della Tradizione”, dateci le Chiese, permetteteci la cura delle anime e poi venite con tutta semplicità a considerare i frutti. Avete dato le chiese anche agli ortodossi scismatici, pubblicate anche gli orari di culto degli eretici protestanti, quando farete uscire dal limbo la Messa di sempre? Cosa direbbero i vostri vecchi parroci, i vostri nonni e i santi di duemila anni di cristianesimo?


 Perdonateci se vi abbiamo parlato in tutta schiettezza, non vogliamo offendere nessuno ma suscitare un sussulto di coscienza: nelle situazioni drammatiche non c'è tempo per i convenevoli.


 Che l'anno 2014 possa smuovere, per grazia di Dio e per la preghiera di molti, dal torpore tante anime sincere.

www.radicatinellafede.blogspot.it




Quarta Giornata della Tradizione a Verbania - 19 gennaio 2014



La Chiesa di Vocogno e la Cappella dell’Ospedale di Domodossola,
dove si celebra la Messa Tradizionale,
Domenica 19 gennaio 2014
organizzano la

Quarta giornata della
TRADIZIONE
L’inverno della Chiesa
dopo il Concilio Vaticano II
Una crisi nella Chiesa
che non sembra finire;
prospettive per una resistenza

Il Chiostro - Hotel
Via F.lli Cervi 14 – Verbania

Ore 14:30 Accoglienza


Ore 15.00  Dibattito
A partire dal libro di Cristina Siccardi
L’inverno della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, i mutamenti e le cause
(Sugarco Edizioni)
presenti Don Alberto Secci, Don Stefano Coggiola e l’autrice

Ore 17.30 SANTA MESSA in rito antico 
Possibilità di cena al ristorante.
Prenotazioni entro il 12 gennaio:
Tel. n° 349/2848054

lunedì 30 dicembre 2013

30 dicembre 1230 il Miracolo Eucaristico di Firenze

30 Dicembre 1230, Anniversario del Miracolo Eucaristico di Firenze. 
La chiesa di Sant'Ambrogio è un luogo di culto cattolico di Firenze situato nell'omonima piazza nella zona est del centro storico, a nord di Santa Croce. 
Appartenente alle monache benedettine, che vivevano nell'attiguo convento, il 30 dicembre 1230 fu teatro di un miracolo, anteriore a quello più noto di Bolsena: un vecchio parroco, di nome Uguccione, trovò alcune gocce di sangue raggrumato nel calice con il quale il giorno prima aveva celebrato la messa e che la sera prima non aveva pulito a dovere. 
Con grande meraviglia delle monache e del popolo il sangue fu subito raccolto in un'ampolla di cristallo e ne fu informato il vescovo e tutto il clero cittadino. 
Il vescovo Ardingo Foraboschi, per meglio accertarsi del prodigioso evento chiese di visionare l'ampolla e dopo averla tenuta per un giorno nella sua stanza, la rimandò al convento dentro una ricca custodia d'avorio con intarsi d'oro e fodera di stoffe preziose. 
Il miracolo ebbe una risonanza anche fuori da Firenze ed alimentò la devozione intorno al Mistero Eucaristico. 
Trent'anni dopo avvenne un analogo evento miracoloso a Bolsena, immortalato da Raffaello nelle Stanze vaticane, anch'esso durante la celebrazione della messa, a seguito del quale veniva istituita la festa del Corpus Domini (1264). 
Risale a questo periodo anche la fondazione della Compagnia del Corpus Christi.  
Fac nos, quæsumus Domine, divinitatis tuæ sempiterna fruitione repleri, quam pretiosi Corporis et sanguinis tui temporalis perceptio præfigurat. 
Respice, Domine, Sancte Pater, de Sanctuario tuo, et de excelso cælorum habitaculo, et vide hanc sacrosanctam Hostiam, quam tibi offert Magnus Pontifex noster, Sanctus Puer tuus Dominus Jesus, pro peccatis fratrum suorum, et esto placabilis super multitudinem malitiæ nostræ. 
Ecce vox Sanguinis Fratris nostri Jesu clamat ad te de Cruce. 
Exaudi, Domine, placare, Domine, attende, et fac. 
Ne moreris propter temetipsum Deus meus, quia Nomen sanctum tuum invocatum est super Civitatem istam, et super populum tuum, et fac nobiscum secundum misericordiam tuam. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia sæcula sæculorum. 
R. Amen.
 
F. D. M.F.

domenica 29 dicembre 2013

" Te Deum " a Roma

Martedì 31 dicembre- ore 17:00 nella Basilica di San Nicola in Carcere Roma, Via del Teatro di Marcello, 46 Santa Messa nel rito Romano Antico celebrata  dal canonico Reverendo Don Gilles Guitard, dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote  seguita dall’Adorazione eucaristica con l’esposizione del Santissimo Sacramento e il canto del Te Deum di ringraziamento al Signore per le grazie ricevute durante l’anno. 
Ricordiamo l’importanza di quest’inno, che vuole manifestare la lode alle tre Persone della Santissima Trinità, nonché le invocazioni e i ringraziamenti dei fedeli verso Dio Onnipotente.

***
QUI l'Inno Te Deum eseguito dai Monaci Benedettini di una delle abbazie della Congregazione di Solesmes . 
Il Te Deum è attribuito a due Padri e Dottori della Chiesa, S. Ambrogio e S. Agostino ed è uno dei più maestosi canti della liturgia della Chiesa. 
E' cantato in tutte le occasioni di gioia .

 QUI il Te Deum cantato in Notre Dame di Parigi in occasione della visita di Papa Benedetto XVI.

 QUI il Te Deum " al modo francese " alternato fra Coro diretto dal Maestro Cappella Jehan Revert e il Grande Organo di Notre-Dame-de-Paris  suonato dal  celebre Organista Maestro Pierre Cochereau.

Dio è geloso dei suoi diritti più di quanto tu lo sia della tua corona ed io della mia testa.

Sire, mio signore, io stavo bene nei miei panni. 
Ed ero leale alla corona. 
Colto e raffinato, non ti creavo eccessive preoccupazioni. 
Tra una battuta di caccia e l'altra, trovavo il tempo di pregare anche per il regno e per la tua salute. 
C'era una sorta di patto tra la mia vita e la misericordia divina, e a guadagnarne erano i poveri. 
Pensavo seriamente di convertirmi, ma non mi attendevo che tu me ne offrissi l'occasione in modo tanto inatteso e repentino persino per il mio orgoglio e per la mia vanità. 
E ti avevo pure avvisato: guarda che se mi fai arcivescovo di Canterbury, prenderò sul serio la mia carica e difenderò la Chiesa. 
Adesso non puoi pretendere che io taccia. 
Adesso la libertà della Chiesa mi sta a cuore più della stessa vita. 
Non potrai calpestare i suoi diritti, nè potrai sottrarla alle prerogative del Suo capo, il Papa di Roma. 
Non senza dover versare il mio sangue, se fosse necessario. 
Verranno giorni nei quali non solo l'Inghilterra, ma l'Europa tutta si rivolterà contro la libertà della Chiesa. 
Prima ci saranno rivoluzioni e morti violente, e la cosa passerà come del tutto normale, secondo le parole di Cristo. 
Poi verranno alcuni re senza corona, e addomesticheranno le coscienze. 
Non avranno nemmeno la soddisfazione di vedere del sangue versato per quella libertà. 
Essa, infatti, sarà confusa con la libertà di farsi a proprio piacimento un decalogo nuovo e dei precetti mai sentiti prima, se non quando l'inciviltà attendeva una luce nuova e duratura. 
In quei giorni apparirà come follia la mia resistenza, e quella dei martiri che verranno dopo di me. 
E nessuno ricorderà più il mio nome. 
Tu lo conosci, sire: Thomas, amico del re. 
Ma ancor prima amico di Cristo! 
Non lo dimenticherai in fretta, perchè esso risuonerà ogni volta che guarderai un campanile, ogni volta che reciterai le tue orazioni, ogni volta che sentirai parlare, con fastidio, della Chiesa e del Papa. 
Ma tu avrai pur sempre un sepolcro su cui fare penitenza, e la mia preghiera presso il trono di Dio. 
I re che verranno dopo di te non avranno neppure l'ombra di una coscienza su cui poter versare lacrime. 
E avranno dimenticato i Santi. 
Noi, però, non dimenticheremo di pregare, se la bontà del Signore mi concederà di aver parte al loro numero in cielo. Pregheremo per i tuoi figli, e per i figli dei figli, generazione dopo generazione. 
E abbracceremo anche i figli di quei governanti idolatri, che soffocheranno la libertà della Chiesa col pretesto dei diritti dell'uomo. 
Nessuno ne farà lamento in terra. Soltanto il cielo provvderà a suo tempo. 
Dio è geloso dei suoi diritti più di quanto tu lo sia della tua corona ed io della mia testa. 
Perciò il morire significa per me conquistare la libertà autentica, che devo a questa Madre munifica. 
Per questa Madre e per la sua guida in terra io offro volentieri quel poco di vita che mi resta. 

(dialogo immaginario di Thomas Becket con Enrico II, re d'Inghilterra). 
Un Teiologo

sabato 28 dicembre 2013

Oggi come allora...


La strage degli innocenti

La strage degli innocenti
di Cristina Siccardi

Corrispondenza Romana 28-XII-2013

Quando Erode si accorse di essere stato ingannato dai Re Magi decise di sterminare i bambini di Betlemme di Giudea, quelli dai due anni in giù e se san Giuseppe non avesse creduto all’Angelo e non fosse fuggito in Egitto, in quella strage ci sarebbe stato anche Gesù. La Chiesa celebra la memoria dei Santi Innocenti tre giorni dopo la nascita del Salvatore: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Mt 2, 18).
Il vero innocente agli occhi di Dio è la creatura che non conosce malizia, non conosce menzogna, non conosce bruttura e nessuno è più innocente di un bambino che si affida totalmente, perdutamente e con amore a sua madre. Questo affidarsi ciecamente, oggi, è divenuto molto pericoloso, poiché l’Innocenza viene minata fin dal principio e non soltanto con l’eliminazione su vasta scala della persona (l’aborto), ma anche con l’eliminazione dell’integrità morale e con l’inoculazione di idee contro la Fede, contro il diritto naturale (si pensi alla teoria del gender), contro la ragione.
Gli insegnanti saranno obbligati a seguire corsi di formazione e aggiornamento per migliorare, tra le altre, anche le competenze relative all’educazione all’affettività, alla sessualità, al «rispetto delle diversità» e delle pari opportunità di genere e al «superamento degli stereotipi di genere», come recita il decreto italiano 104/2013 «La scuola riparte». Tuttavia l’innocenza viene già spezzata fin dagli albori, quando il bimbo è posto davanti alla Tv ed è costretto a vedere telegiornali, pubblicità e spettacoli privi di vergogna e di decenza. L’innocenza viene calpestata fin da quando il minore viene messo davanti ad Internet per «navigare» e scoprire realtà perverse e contro Dio. L’innocenza viene poi massacrata quando i fanciulli vengono adottati da coppie omosessuali o sono in balia di orchi senza coscienza.
Quale consolazione dare? «Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più». Nessuna consolazione vogliono coloro che rifiutano che il peccato e lo stravolgimento della legge naturale si abbattano sull’infanzia, ma, come fecero le madri di Betlemme, tentano di fare scudo fra gli Erode contemporanei e i bambini.
«Èvvi ancora un soldato che ha tolto per forza un putto, e mentre correndo con quello se lo stringe in sul petto per amazzarlo, se li vede appiccata a’ capegli la madre di quello con grandissima rabbia; e facendoli fare arco della schiena, fa che si conosca in loro tre effetti bellissimi: uno è la morte del putto che si vede crepare, l’altro l’impietà del soldato che per sentirsi tirare sì stranamente mostra l’affetto del vendicarsi di esso putto, il terzo è che la madre, nel veder la morte del figliuolo, con furia e dolore e sdegno cerca che quel traditore non parta senza vendetta: cosa veramente più da filosofo mirabile di giudizio che da pittore», così scrive nell’opera Vite Giorgio Vasari nel suo splendido commento all’affresco (1486-1490) di Domenico Ghirlandaio, presente in Santa Maria Novella a Firenze.
Sono ancora le madri le protagoniste della scena che Duccio da Buoninsegna ci offre sulla strage dei Santi Innocenti nella tavola (1308-1311) del Museo dell’Opera del Duomo in Siena: sono ammassate in disparte, affrante dal dolore e stringono fra le loro braccia i corpicini martoriati; esse ricordano vividamente le icone della Madonna con il Bambino Divino.
Il contrasto formidabile tra la ferocia del potere politico e la tenerezza per gli affetti delle madri dà forma alla scena raffigurata nell’affresco di Giotto (ca. 1304-1306) della Cappella degli Scrovegni a Padova. In alto, su una tribuna, Erode ordina il massacro che i suoi sicari intabarrati eseguono con freddo cinismo e scrupolo; a fronte di essi, madri dolenti invocano inutilmente pietà, mentre si oppongono fisicamente e coraggiosamente all’eccidio. L’affresco si inserisce, non a caso, in una meditata logicità della narrazione evangelica, che ricopre le pareti della Cappella, esso è posto di fronte alla scena della Crocifissione di Gesù: il Figlio di Dio che si era salvato dal massacro dei piccoli martiri-agnelli, ora muore, innocente e martirizzato, per la salvezza di ogni uomo, anche per gli Erode di tutti i tempi, attuali più che mai.
Scriveva nel 1912 Charles Peguy nel suo Le Mystère des Saints Innocents: «Si mandano i figli a scuola, dice Dio. Io penso che sia perché dimentichino il poco che sanno. Si farebbe meglio a mandare a scuola i genitori. Son loro che ne hanno bisogno. Ma naturalmente ci vorrebbe una scuola di Me. E non una scuola di uomini. Si crede che i bambini non sappiano nulla. E che i genitori e le persone grandi sappiano qualcosa. Ora io ve lo dico, è il contrario. (È sempre il contrario). Sono i genitori, sono le persone grandi che non sanno nulla. E sono i bambini che sanno. Tutto. Perché essi hanno l’innocenza prima. Che è tutto.

Anche la vita è una scuola, dicono. Vi si impara tutti i giorni. La conosco, questa vita che comincia col battesimo e finisce con l’estrema unzione. È un’usura perpetua, un costante, un crescente avvizzimento. Si scende sempre. Si riempiono d’esperienza, dicono; guadagnano esperienza; imparano a vivere; di giorno in giorno accumulano esperienza. Singolare tesoro, dice Dio. Tesoro di vuoto e di carestia. Tesoro di rughe e di inquietudini. Quello che voi chiamate esperienza, la vostra esperienza, io la chiamo dispersione, la diminuzione, la decrescenza, la perdita della speranza. Ora è l’innocenza che è piena ed è l’esperienza che è vuota. È l’innocenza che vince ed è l’esperienza che perde. È l’innocenza che è giovane ed è l’esperienza che è vecchia. È l’innocenza che sa ed è l’esperienza che non sa. È il bambino che è pieno ed è l’uomo che è vuoto». Oggi si vuole e si pretende che il bambino si svuoti per riempirsi di errori dei grandi, grandi soprattutto nel peccato e nell’infelicità.

" L’Episcopello " nella tradizione siciliana

Il 28 dicembre,la chiesa commemora il martirio dei S.S. Innocenti uccisi per ordine di Erode.
In questo giorno da noi in Sicilia - così come in altri paesi europei e principalmente Francia e Spagna - si svolgeva la singolare cerimonia dell'Episcopello.
Ma in cosa consisteva? 
A spiegarcelo è sempre il dottor Pitrè facendo particolare riferimento a Palermo: "A' 27 dicembre d'ogni anno uno de' chierici rossi del Duomo di Palermo detti russuliddi,vestito di tutto punto vescovo con mitra,crocetta,bacolo,e assistito dai suoi compagni,teneva pontificale nel Duomo stesso. 
Seduto in soglio assisteva a' vespri di S. Giovanni;indi salito sul pergamo recitava la sua pastorale e finiva impartendo l'apostolica benedizione alla folla di curiosi che pendea dalle sue labbra. 
Né qui la scena avea fine. 
Sceso dal pergamo e rimessosi in mezzo a' chierici,percorrea trionfalmente l'antico Cassaro benedicendo a destra e a sinistra il popolo che per desìo di vederlo gli facea ressa d'intorno.
Questo spettacolo durò sino alla metà del '500 in Palermo;poi dovette cessare per le ripetute proibizioni che se ne fecero.
Veniva proibito per gli eccessi carnevaleschi che ne scaturivano da questa particolare costumanza tanto che già il Concilio di Basilea nel 1435 l'aveva proibito in molto paesi dell'Italia e dell'Europa e successivamente tanti Sinodi condannarono questa tradizione che a Catania durò fino al 1736.
Ma il vero significato dell'Episcopello, va ricercato dall'esaltazione dei bambini proprio nel giorno i cui si fa memoria del tanti bimbi che perdettero la loro vita perchè Erode pensava di trovare in uno di essi il Re che era nato a Bethlem e anche a quella parte del "Magnificat" citato nel Vangelo di Luca che dice :" ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili". 
Stranamente questo rito continua a persistere in alcuni college del nord Europa e fino a poco tempo fa in alcune città della Spagna..

C.P. 

La tradizione del vescovo-bambino nel nord Europa


Il filmato si riferisce all’apostolato liturgico-musicale promosso dal Collegio Internazionale di Chavagnes en Paillers.

Vedere anche QUI

Giampaolo, ex chierichetto negli anni '50 lo scorso anno, a proposito della bella usanza riportata nel post, ci aveva scritto : " ...Da ragazzino e per parecchi anni, sono stato chierichetto nel Duomo della città dove sono nato e posso affermare con assoluta certezza che chi non ha fatto questa esperienza - che ti segna per tutta la vita - non può capire una simile tradizione! 
 La mia è stata un’esperienza intensa e indimenticabile, ma da semplice chierichetto!... 
Negli anni cinquanta – quelli che mi riguardano – era un onore essere scelti e superare le severe prove cui venivano sottoposti i giovinetti per servire la Santa Messa. 
Nulla era lasciato al caso e ogni funzione liturgica aveva un suo preciso rituale che dovevamo conoscere, passo passo, alla perfezione!... 
La disciplina era ferrea e ognuno aveva la propria tonaca e la cotta ricamata in modo diverso a seconda del grado di anzianità e responsabilità, compreso l’armadietto o la semplice cassapanca. Ricordo ancora l’emozione che ci assaliva quando facevamo il nostro ingresso sull’altare sotto la vigile guida del diacono… 
Ma quelli erano altri tempi!!!"

venerdì 27 dicembre 2013

Il Santuario di Lezzeno



Quanti sono stati gli interventi miracolosi della Madonna a favore dei suoi figli? Davvero innumerevoli e ciascuno di essi è diverso, come diverse sono le persone e le situazioni della vita.
Se volessimo tuttavia tentare una classificazione delle più frequenti manifestazioni celesti della S. Vergine dovremmo ovviamente annoverare le apparizioni, le guarigioni miracolose, le traslazioni o ritrovamenti di immagini sacre, i salvataggi da pericoli o aggressioni ecc. Non sono assolutamente infrequenti tuttavia anche episodi di lacrimazioni umanamente inspiegabili. Il più famoso e recente risulta senza dubbio quello avvenuto a Siracusa nell'agosto del 1953 ma molti altri se ne sono registrati lungo i secoli, anche sulla piccola porzione di territorio di cui ci occupiamo.  
Oggi ne approfondiremo uno fra i molti, né il più noto, né il più "spettacolare" ma comunque un avvenimento storico, ben documentato e pienamente riconosciuto dall'Autorità ecclesiastica.
Ci riferiamo alla lacrimazione di sangue avvenuta, fissata da atto notarile e numerosissime testimonianze, nel piccolo borgo di Lezzeno, oggi frazione di Bellano (LC). Era il tardo pomeriggio del 6 agosto 1688. Una data precisa dunque, ed una persona del popolo ben determinata con nome e cognome: il contadino Bartolomeo Mezzera.
Sarà lui ad accorgersi per primo del fatto prodigioso e, altra significativa coincidenza, toccherà ad un suo lontano discendente, don Carlo Mezzera, bellanese e prevosto per molti anni nella Parrocchia di San Gabriele  Arcangelo di Milano, il compito di riunire e riordinare la numerosa documentazione esistente in vista di una nuova pubblicazione apparsa, a firma dello storico Eugenio Cazzani, per celebrare il trecentesimo anniversario del miracolo.  


LA VICENDA
Bellano è un pittoresco paese che sorge sulla sponda orientale del Lago di Como. Poco più a sud dell'abitato inizia proprio quel "ramo" lecchese del Lario che sarà successivamente immortalato da Alessandro Manzoni nel celebre romanzo "I Promessi Sposi". La frazione di Lezzeno è collocata nell'immediato retroterra del capoluogo, su una propaggine montuosa, da dove è possibile ammirare, tra l'altro, un bellissimo panorama del grande lago e delle zone limitrofe. 
Riassumiamo dunque gli avvenimenti. Al tramonto di quel 6 d'agosto, allo scoppiare d'un furioso temporale estivo, Bartolomeo Mezzera, costretto ad abbandonare il lavoro in un suo campo nella località Valle di Lezzeno, s'accostò a una cappelletta che aveva fatto costruire al margine del bosco. All'interno di tale pilone votivo egli aveva collocato un modesto medaglione in gesso con impressa l'immagine della Regina della Pace venerata nel Santuario di Nobiallo, dall'altra parte del lago. Esistevano dunque anche allora i "souvenir" sacri come avviene oggi nei grandi luoghi benedetti dalla S. Vergine, Lourdes, Fatima o Loreto in testa.  Il Santuario di Nobiallo tra l'altro, solo per fare una piccola digressione, era stato costruito solo trent'anni prima per ringraziare la Madonna in occasione della cosiddetta "Pace dei Pirenei" che aveva posto fine ad una lunghissima guerra fra spagnoli e francesi, guerra purtroppo combattuta duramente anche in Lombardia.
Il Mezzera doveva aver comprato probabilmente quel dozzinale medaglione  durante un pellegrinaggio. Così, ogni volta che transitava vicino alla "sua" Madonnina il buon contadino recitava l'Ave Maria. Ma in quel pomeriggio agostano, egli fuggì sgomento di fronte all'approssimarsi della tempesta. Temeva probabilmente  la rovina dei bei vigneti faticosamente coltivati sui terrazzamenti del monte, forse con nel cuore qualche funesto presagio alimentato dalle memorie, tramandate dai racconti dei vecchi, di un'alluvione che molto tempo prima, s'era nel 1341, aveva distrutto addirittura la chiesa di Bellano. Bartolomeo Mezzera, levando lo sguardo implorante verso l'effigie sacra, trovò però una ragione di ancor più grande turbamento. Quella povera Madonnina di gesso, infatti, lacrimava abbondantemente sangue, e il liquido rosso scendeva lungo il viso.
"Signor Dio, misericordia, poveretti tutti noi" - avrà certamente esclamato il Mezzera mentre si precipitava verso casa per raccontare tosto alla moglie il fenomeno straordinario a cui aveva assistito. La voce corre quindi in un baleno tra le povere case della frazione Lezzeno, e la gente sale immediatamente in gran numero, sotto la pioggia, per constatare il fatto riferito. Primi fra tutti accorrono la moglie e uno zio del Mezzera. Si avverte subito il prevosto di Bellano, don Paolo Antonio Rubini, "che era ad esorcizzar il tempo sopra la porta della Prepositurale", come annoterà diligentemente il notaio Polidoro Boldoni. Egli accorre con gran celerità, vede a sua volta la lacrimazione di sangue, s'inginocchia in preghiera, torna l'indomani con il notaio per meglio accertare, e su tutto manda una diligente relazione all'arcivescovo mons. Federico Visconti in Milano. Alcune fonti riferiscono inoltre che il Curato, fortemente impressionato dall'evento, avrebbe già condotto, nella notte fra il 6 e il 7 agosto, una processione penitenziale di fedeli che salirono numerosi alla piccola cappella a piedi scalzi. Il fatto è dunque immediatamente notato da moltissime persone e segnalato, senza indugi, all'Autorità Ecclesiastica. Viene dunque subito nominata, dall'Arcivescovo,  una commissione d'inchiesta e questa provvede a visitare il luogo prima che finisca l'anno. controlla, interroga i numerosi testimoni, fa eseguire perizie. Il Concilio di Trento infatti aveva provveduto a disciplinare, con estremo rigore, le procedure da seguire per la verifica di fatti miracolosi. L'indagine sfocia nel riconoscimento ufficiale del miracolo: ma il popolo dei dintorni e d'altre terre più lontane, specialmente della Valtellina e Valchiavenna, non aveva certo atteso il verdetto canonico. Fin da subito infatti  erano iniziati pellegrinaggi spontanei, grandi folle presero ad ascendere al colle,  ad invocare e ottener grazie, a lasciare offerte. Il medesimo arcivescovo invierà pertanto un suo ingegnere di fiducia per dar consigli in vista della costruzione d'una chiesa, alla quale s'era subito pensato, in ricordo dell'evento; il prevosto Rubini benedirà la prima pietra già il 6 agosto 1690, a soli due anni dal prodigio; quattro anni dopo il nuovo titolare della Diocesi ambrosiana, mons.  Federico Caccia, concederà l'autorizzazione per la celebrazione della messa, segno che i lavori erano a buon punto.
Nel 1706, il 14 di maggio, il tondo di gesso con l'immagine della Madonna delle lacrime sarà quindi solennemente trasferito, dalla cappella della lacrimazione,  nel Santuario, sopra l'altar maggiore, dove tuttora si conserva entro una nicchia fra angeli dorati.
Arriverà infine la solenne incoronazione, ad opera del card. Schuster, nell'agosto del 1938.


IL SANTUARIO
Oggi la chiesa, costruita in un semplice ma elegante stile barocco, presenta una sola navata ed una pianta a croce greca.
gli elementi che decorano la facciata sono pochi: spiccano soprattutto due statue di pietra  che rappresentano San Pietro e San Paolo. Sul lato destro della chiesa si alza il campanile, che in origine era più basso; nelle attuali dimensioni ha un’altezza di 31,60 metri. L’interno del santuario appare   riccamente ornato di marmi. Gli stucchi e i dipinti risalgono ad epoche diverse ma successive alla costruzione. L’altare maggiore, naturalmente dedicato alla S. Vergine, è sovrastato dalla nicchia che contiene l'effige miracolosa.  Molto vasto è anche il ciclo di affreschi, realizzati nel XX secolo. Quelli delle volte sopra l’altare maggiore (Incoronazione ed Esaltazione della Vergine) sono opera di Giovanni Garavaglia e risalgono al 1953. Sulla volta della parte più stretta spicca invece l’affresco di Luigi Morgari con l’Assunta in una gloria di Angeli. Del Morgari sono anche gli affreschi delle pareti sopra le porte delle sacrestie; Essi raffigurano due eventi che hanno avuto al centro la Madre di Dio: le nozze di Cana e la discesa dello Spirito Santo. Nella volta centrale il Morgari ha dipinto l’Adorazione dei Magi, l’Incontro del Vecchio Simeone con la Sacra Famiglia e la Deposizione. Gli affreschi del Morgari sono stati inaugurati nel 1918.
All’esterno il santuario è circondato da un grande e panoramico piazzale al quale si accede mediante due scalinate. Quella settentrionale è arricchita da sette tabernacoli con mosaici moderni che rappresentano i Dolori della Madonna.
Dal piazzale, salendo verso sinistra lungo un’ampia mulattiera acciottolata, si raggiunge in pochi minuti la cappella del miracolo edificata nel 1888 in occasione del secondo centenario dell’evento. Al suo interno si trova il primitivo tabernacolo contenente  una riproduzione del tondo in gesso.
Sopra il portone d’ingresso della cappella oggi si può leggere questa epigrafe: “Qui nelle Lacrime di Maria il cielo pensava alla terra; nel pentimento e nella preghiera la terra pensi al cielo!”.


L'INTERPRETAZIONE
Non è obiettivamente facile, per noi semplici fedeli, comprendere con precisione il significato di questi avvenimenti. Certo il pianto della Madonna, e ancor di più quello di sangue, indica un segno di dolore e di ammonimento per i pericoli a cui siamo esposti a causa del peccato. 
Assai più complessa appare però l'interpretazione del singolo episodio, collocato in un luogo e in un tempo preciso, immerso in una realtà storica tribolata e rivolto a persone semplici ben determinate.
Nel 1888, nel secondo centenario della lacrimazione, il sacerdote bellanese don Luigi Vitali scrisse, in tale prospettiva,  un opuscolo che ripercorreva, con ampia documentazione d'archivio, la storia del santuario. Egli, al termine del suo scritto, tentò inoltre una lettura teologica degli avvenimenti narrati.
Oggi commuove davvero, scorrendo quelle pagine e  sapendo che viviamo in una crisi profonda della concezione soprannaturale del'esistenza umana, rileggere le sue illuminanti considerazioni.
Luigi Vitali esordisce infatti con un sillogismo: "Quando Iddio opera, opera per una ragione. Il miracolo è opera sua: deve quindi avere avuto una ragione per compierlo". Poi soggiunge:
"La prima ragione, di indole generale, è l'affermazione del soprannaturale; affermazione che attestando in modo improvviso e straordinario la presenza di Dio, e di Dio che pensa amorevolmente all'uomo, risveglia la fede, e torna di conferma alla verità di tutta la religione".
Nel caso specifico le lacrime di sangue versate dalla Vergine non possono, secondo il sacerdote,  che essere il segno di un dolore intensissimo per mali altrui, "un dolore d'amore, destato al pensiero di un male sovrastante a persone teneramente amate, unito al desiderio di allontanare da esse il male temuto".
Il male incombente sulla gente di Bellano poteva essere in quel momento l'uragano "che pareva volesse rovinare il mondo", come deporrà una testimone.
Ma tutto quel XVII secolo, ormai volgente al termine, era stato portatore di eventi sciagurati che a Bellano avevano lasciato molti segni. L'"ospitazione" dei Lanzichenecchi, per esempio, raccontata nei suoi truci effetti da Sigismondo Boldoni, che vi aveva direttamente assistito, nelle sue "Lettere da Bellano ad amici", una in particolare a Scipione Cobelluccio, cardinale segretario delle lettere latine di Papa Paolo V. Poi vi fu la peste, quella narrata dal Manzoni, per la quale morì lo stesso Boldoni.
E ancora i saccheggi delle truppe francesi condotte dal duca di Rohan. Il male maggiore che in quegli anni incombeva sui paesi del Lario era tuttavia l'eresia protestante, esportata dalla Svizzera soprattutto nella vicina Valtellina da Zuinglio. "Che vieta il supporre" - lo scrive il Vitali - "che le lagrime di sangue sparse dalla Beata Vergine Maria di Lezzeno fossero il segno di dolore per questo male sempre minacciante, fossero una preghiera a Dio perché l'eresia, fiaccata nelle sue audacie, fosse definitivamente respinta al di là delle Alpi?".
A conclusione di queste brevi note non è possibile allora esimersi da una domanda:oggi, mi chiedo, un sacerdote della nostra epoca, scriverebbe le stesse cose? Secondo la "vulgata" corrente, Maria avrebbe pianto sangue per il rischio che gli eretici contagiassero quelle terre oppure..., molto più conciliarmente corretta, perché i Cristiani si combattevano fra di loro evitando di unirsi in spirito ecumenico? Sono forse domande troppo impertinenti?
Che la Santa Vergine ci aiuti allora nel discernere e conoscere i veri mali.

Marco Bongi

Venezia : alcune foto della Messa di Mezzanotte a San Simeon Piccolo

Agli Amici lettori di Messa in latino con gli Auguri più fraterni e cari.
Invio in anteprima le foto della Messa di Mezzanotte 2013, Natale, a San Simeon celebrata da Padre Konrad . 
Anche per quest'anno, la Santa Messa di Mezzanotte nell'antico rito romano  è stata magistralmente accompagna dal Coro e dall'Organista. ( Vorremmo sapere i nomi per favore N.d.R.) 
La Chiesa si è andata man mano riempiendo con una silenziosa e calorosa partecipazione ai Divini Misteri in questa Notte Santa, come dimostrano le foto, dopo che Padre Konrad aveva trascorso anche un'ora, prima della Messa, al Confessionale. 
Le luci delle candele, l'incenso e i canti, hanno davvero aiutato noi fedeli ad una viva partecipazione per predisporci ad accogliere l'Emmanuele, il Dio con noi, fatto Bambino per salvarci.
Con l'Adeste Fideles si è conclusa la celebrazione mentre il sacerdote deponeva il Bambinello nel Presepio.... 
Al termine della Sacra Funzione, Padre Konrad si è trattenuto con i Fedeli per un breve, vista l'ora, fraterno saluto e augurio di Buon Natale. 

(Una fedele di San Simeon Piccolo







giovedì 26 dicembre 2013

Pisa. La Santa Messa nell'antico rito riprenderà sabato 11 gennaio 2014 nella chiesa di S. Apollonia

Le condizioni della Chiesa di San Giorgio ai Tedeschi a Pisa hanno progressivamente reso ardua la celebrazione secondo il Messale del 1962, che in questa Chiesa è stata ospitata per più di tre anni, fin dalla Quaresima del 2010, quando l'arcivescovo, applicando il motuproprio Summorum Pontificum, diede incarico a mons. Gino Biagini di officiare secondo l'antico rito romano ogni sabato pomeriggio. 
Dopo aver messo in vendita l’immobile (di proprietà dell’ospedale) di cui la Chiesa fa parte, è stato prima staccato il riscaldamento, poi ridotta la potenza dell’impianto elettrico, quindi (sei mesi fa) tagliata l’acqua. 
Circa dieci giorni fa, la luce è stata definitivamente staccata, tanto che le ultime due SS. Messe sono state officiate con luci di fortuna (candele, per lo più), come si vede dalla foto che alleghiamo. 
Grazie a Dio, le sollecitazioni giunte dal Comitato pisano San Pio V sono state ascoltate e l’arcivescovo Benotto ha disposto il trasferimento della S. Messa in rito antico nella Chiesa di S. Apollonia, in via S. Apollonia, dietro a piazza dei Cavalieri e nei pressi di Borgo Largo. 
Tuttavia, tale nuova sede attualmente necessita di alcuni adattamenti e in queste feste è occupata da alcuni eventi programmati già da tempo. 
Di conseguenza, pur se con sommo dispiacere, si comunica che la S. Messa in rito antico resterà sospesa per tutto il periodo natalizio, Epifania compresa, e riprenderà presso la Chiesa di S. Apollonia, sabato 11 gennaio, con il solito orario (ore 17.40 Rosario, ore 18 S.Messa) e cadenza (ogni sabato).

D.E.

martedì 24 dicembre 2013

All'altare troviamo sempre Gesù come i pastori e i magi a Betlemme !



"Quando andiamo da Gesù all'altare, troviamo sempre, come i pastori e i magi a Betlemme, Gesù con Maria sua Madre. 
La gioia più grande che possiamo dare a Maria e' quella di portare il suo divin Figlio Eucaristico nel nostro petto." - (sant'Ilario di Poitiers) 

Die 25 decembris 
IN NATIVITATE DÓMINI NOSTRI IESU CHRISTI 

Ad primam Missam in nocte 

INTRÓITUS 
Ps. 2, 7- Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Ps. ibid., 1 
Quare fremuérunt gentes: et pópuli meditáti sunt inánia?
Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in sæcula sæculorum. Amen.


Ad secundam Missam - in Aurora

INTRÓITUS 
Isai. 9, 2 et 6 - Lux fulgebit hodie super nos: quia natus est nobis Dominus: et vocabitur Admirabilis, Deus, Princeps pacis, Pater futuri saeculi: cuius regni non erit finis. Ps. 92, 1 - Dominus regnavit, decorem indutus est: indutus est Dominus fortitudinem, et praecinxit se. V. Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in sæcula sæculorum. Amen. 



Ad tertiam Missam - in die Nativitatis Domini  

INTRÓITUS
Isai. 9, 6 - Puer natus est nobis, et filius datus est nobis: cuius imperium super humerum eius: et vocabitur nomen eius, magni consilii Angelus. Ps. 97,1 - Cantate Domino canticum novum, quia mirabilia fecit. V. Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in Principio et nunc et semper et in sæcula sæculorum. Amen

S. Messe tradizionali a Prato


Oratorio San Filippo Neri di Prato
Via della chiesa di Santa Cristina 2 - Prato

Mercoledì 25 Dicembre,   ore 10.00
In Nativitate Domini
S. MESSA CANTATA

Giovedì 26 Dicembre  ore 18.30
Sancti Stephani Protomartyris
S. MESSA CANTATA

Domenica 29 Dicembre  ore 10.00
Dominica infra Octava Nativitatis
  S. MESSA ("solennizzata")

Mercoledì 1 Gennaio ore 10.00
In Octava Nativitatis Domini
                                                                                S. MESSA (letta)



La Congregazione dell'Oratorio di Prato tiene a ricordare che SEMPREogni Domenica e giorno di precetto la S. Messa cantata è regolarmente celebrata alle ore 10.00 (salvo modifiche comunicate di volta in volta, come per la S. Messa del 26 Dicembre celebrata alle 18,30)

Per gli orari delle S. Messe SPV celebrate nei giorni feriali;
Per affidare le intenzioni di Messa ( rigorosamente San Pio V, pro vivis et defunctis);
Per collaborare in vario modo ( associazionismo laicale, corale, organo, fiori, suppellettili e indumenti liturgici -quante meraviglie"dormono" dimenticate in sacrestie polverose..!) al sempre maggior decoro dovuto alla Santa Messa di sempre e alla diffusione dell'apostolato tradizionale....


CONTATTARE: fr Paolo M. della Croce
tel: 0574. 59 53 92
paolo.mcroce@libero.it

lunedì 23 dicembre 2013

“Io le prometto di portare il suo dolore nella mia preghiera davanti al Signore” ( J.Ratzinger )


Don Louis Demornex, è un gigante buono con la barba bianca e la talare nera, che porta i sandali anche d’inverno. 
Sessant’anni, figlio di montanari francesi, vive qui dal 1970, anno della sua ordinazione sacerdotale. 
Ha in cura d’anime anche le parrocchie di altre due frazioni, Corigliano e Aulpi, e si muove su e giù per la montagna alla guida di una Peugeot scassata le cui lamiere sembrano rimanere assemblate solo in virtù dello sguardo miracoloso della Madonnina di gesso piazzata sul cruscotto. «Quando sono entrato in questa casa - dice - il tetto era sfondato e mancavano le finestre. 
La chiamavo la mia Betlemme. Poi, grazie all’aiuto dei ragazzi della parrocchia, abbiamo fatto l’impianto elettrico e portato l’acqua corrente. Adesso la chiamo la mia Nazareth…». 
Questo prete che vive davvero in povertà («non ho nulla, l’unica mia ricchezza è dentro al Tabernacolo»), dal 1° febbraio 2000, di punto in bianco, ha iniziato a celebrare le Messe domenicali nelle sue tre parrocchie secondo l’antico rito tridentino rimasto in vigore fino al Concilio Vaticano II. 
Messale di San Pio V, preghiere rigorosamente in latino, spalle ai fedeli, canti gregoriani. Padre Louis ha scritto tre lettere ai suoi fedeli, per chiarire la sua decisione. 
Ha spiegato che all’origine c’è la mancanza di rispetto verso l’Eucarestia che caratterizza, a suo dire, il nuovo rito: «Oggi i frammenti consacrati vengono profanati, le briciole cadono per terra e sono calpestate. E poi il sacerdote non si purifica più le mani, oppure se le lava, ma butta l’acqua… Tutto ciò fa pensare a una donna che butta il suo concepimento nelle immondizie. 
Chi fa così, o non crede più che ogni frammento sia Gesù Cristo intero, ed è quindi eretico. 
Oppure ci crede, e allora è sacrilego». 
Don Demornex ha preso la sua clamorosa decisione anche per una questione «caratteriale»: «Non ce la faccio a dire Messa rivolto al popolo - dice - mi distraggo, non riesco a mantenere il raccoglimento. 
E poi il rito tridentino non è stato mai abolito: Giovanni Paolo II ha concesso un indulto, permettendolo. 
Nei giorni feriali, quando i fedeli si contano sulle dita di una mano, io lo usavo già da tempo. 
Ora ho cominciato a celebrare così anche la domenica». 
Per tre mesi non accade nulla. Anche se nelle chiese di Fontanaradina, Corigliano e Aulpi l’orologio sembra essere tornato indietro di trent’anni, la frequenza alla Messa domenicale rimane alta. 
Qualche parrocchiano protesta, qualche altro va a Messa altrove. 
Alcuni, però, cominciano ad arrivare dai comuni limitrofi. 
Poi, lo scorso 6 maggio, un sabato, il vescovo di Sessa Aurunca, Antonio Napolitano, interviene. Com’era prevedibile. 
Fa scendere il corpulento sacerdote dalla montagna per consegnargli una lettera, nella quale lo accusa di svolgere la sua azione pastorale in «modo arretrato e arcaico». «Ho saputo - scrive il vescovo - che lei si discosta palesemente dalle disposizioni liturgiche vigenti» e celebra «l’Eucarestia voltando le spalle al popolo di Dio, contravvenendo alla Costituzione apostolica di Paolo VI con la quale si promulga il messale riformato a norma del Concilio». Conclusione: «La invito a rivedere il suo comportamento e magari anche l’inserimento nella diocesi di Sessa Aurunca… Altrimenti è libero di scegliere altre diocesi che meglio soddisfino le sue idee». Un chiaro invito a cambiare strada, oppure a fare le valigie. 
Nonostante la carenza di preti, la disciplina è disciplina. Poche ore dopo averla ricevuta, don Demornex legge la lettera a tutti i suoi parrocchiani, durante le tre Messe celebrate domenica 7 maggio. «Vi chiedo scusa se vi ho scandalizzato - dice dal pulpito - se vi ho traviati, se sono stato un cattivo parroco. Me ne devo andare». 
La reazione dei fedeli è inaspettata e sorprendente: pianti, abbracci, suppliche di ritornare sulla decisione. I giovani, appena usciti dalla chiesa, saltano in macchina e iniziano una raccolta di firme in favore del parroco. In appena due ore ne trovano ben 400 (Corigliano fa 600 abitanti), mentre a Sessa Aurunca firmano in 800. «Prima che arrivasse don Louis - si legge nella lettera scritta a mano dai parrocchiani - c’era poca gente che andava a Messa, pochi frequentavano i sacramenti. 
Ora la partecipazione è massiccia, c’è un grande lavoro di catechesi, è stata ripristinata l’Azione cattolica, l’adorazione delle quarant’ore, le novene per i santi, tante devozioni considerate da molti dei passatempi per vecchiette che invece sono di aiuto al cammino di fede». 
Nonostante l’affetto dei fedeli, l’«antiquato» padre Demornex è deciso a lasciare le sue tre parrocchie. Le manifestazioni del popolo lo sorprendono, ma non gli fanno cambiare idea: «Io ho sempre cercato di fare la volontà di Dio, non quella della gente. 
E il Vangelo insegna: la folla che oggi ti acclama con le palme domani può gridare “crocifiggilo”». 
Se ne va a Napoli, in casa di amici, e scrive il suo congedo al vescovo: «Ho commesso l’errore imperdonabile di farmi amare e stimare per motivi pre-conciliari». 
Ma i fedeli insistono, organizzano proteste davanti alla curia di Sessa Aurunca, chiedono udienza al vescovo. Monsignor Napolitano dice loro: «Io non l’ho mandato via». 
Così, dopo appena otto giorni di «esilio» e tante suppliche dei parrocchiani, il sacerdote ritorna. E continua, da allora, a celebrare indisturbato la Messa tridentina. «Ho educato i giovani a seguirla e lo fanno volentieri - spiega don Louis -. Per me l’importante non è il rito antico, ma il suo contenuto. 
Con la Messa di San Pio V era la Chiesa che celebrava in te. 
La nuova Messa, invece, non è mai esistita, perché ognuno la celebra a modo suo, con creatività, introducendo variazioni». 
Negli occhi chiari del gigante con la tonaca c’è una grande serenità, nonostante la polmonite che lo affligge. Si commuove mentre fa il cicerone nella piccola chiesa, mostrando le reliquie di Santa Teresina del Bambin Gesù e di San Pio X che ornano l’altare. 
Ha lo sguardo di un bambino a cui hanno appena regalato tutti i giocattoli del mondo. «Da quando ho ricominciato a dire la vecchia Messa sono ringiovanito. 
Ora sono in attesa delle decisioni del mio vescovo. In marzo ci sarà la visita pastorale, poi vedremo. Forse dovrò lasciare la parrocchia… 
Ma, per favore, non dica che sono un seguace di monsignor Lefébvre, perché non è vero. Io non appartengo a un partito. Sono e voglio essere, per grazia di Dio, soltanto un cattolico». 
Tra le carte che don Louis ha appoggiato sul tavolo della piccola cucina dai muri scrostati, c’è una missiva di solidarietà che arriva dal Vaticano. È del cardinale Joseph Ratzinger, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che nella sua autobiografia (La mia vita, San Paolo editore, 1997) afferma: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia… La riforma liturgica ha prodotto danni estremamente gravi per la fede». 
Il parroco, che ora è seduto davanti a un piatto fumante di minestra di lenticchie appena scodellata per l’ospite e per sé, non vuol parlare di questa lettera. 
Poi, dopo aver resistito a lungo all’insistenza del cronista, ammette: «Sì, ho scritto al cardinale per raccontargli la mia storia e i motivi che mi hanno spinto a celebrare col vecchio messale. 
E lui mi ha risposto». 
Il 15 luglio 2000, il principe della Chiesa custode dell’ortodossia cattolica ha risposto proprio a lui, al prete con i sandali che vive nella fredda e spoglia «Nazareth» di Fontanaradina. 
«La sua lettera mi ha colpito e mi ha commosso - si legge nella risposta di Ratzinger a don Demornex - Quello che lei dice sulla laicizzazione dei preti, sull’anarchia liturgica e sulle molteplici profanazioni dell’Eucarestia è purtroppo vero. Lei ha confidato il suo profondo disagio al vescovo: egli non l’ha compresa e l’ha invitata a lasciare la parrocchia. 
Dal punto di vista formale e giuridico, è un suo diritto». «Lei sa bene - conclude il cardinale - che io non posso consigliarla di ribellarsi… Stia sicuro che il Signore non ci impone mai il peso di una croce senza aiutarci a portarla. Io le prometto di portare il suo dolore nella mia preghiera davanti al Signore». Don Louis Demornex ha scoperto di avere un amico anche a Roma. 

Francescani dell'Immacolata : ad Albenga-Imperia chiusi ben tre insediamenti !

" Il susseguirsi di fatti relativi alla vicenda dei Francescani dell’Immacolata che feriscono e mortificano la Chiesa, colpiscono profondamente non solo frati e suore della grande famiglia di questo Istituto, ma anche i fedeli che li conoscono e li frequentano e che si accingono così mestamente a “festeggiare” il Santo Natale. 
Quella che più mi tocca, oltre a quelle già note come l’annientamento del Seminario, è la decisione di “chiudere” in modo repentino tre insediamenti nella Diocesi di Albenga-Imperia (il Santuario di N.S. della Rovere a San Bartolomeo al Mare, la Chiesa di San Leonardo a Porto Maurizio e il Santuario di N.S. di Pontelungo ad Albenga) con l’immotivata giustificazione che i frati sono missionari e pertanto devono andare nelle missioni! 
In realtà si tratta di una ritorsione nei confronti del Vescovo locale che ha osato difendere e sostenere la richiesta al Commissario da parte di un Padre F.I. per il permesso a poter continuare a celebrare la S. Messa in forma straordinaria per i fedeli che abitualmente la frequentano, anzi ormai si deve dire “la frequentavano” !
Queste decisioni, affiancate alla sospensione dei cenacoli della MIM (i laici che fanno parte della famiglia Francescana) con l’imposizione che si potranno riavviare solo e se i membri effettueranno una sorta di giuramento di fedeltà al Commissario stesso, … lasciano perlomeno sconcertati. 
Aggiungiamo poi le altre iniziative eclatanti, come i vari trasferimenti imposti e l’ordine tassativo per i frati di non collaborare alla stesura dei periodici della Casa Mariana, editrice tra l’altro del Settimanale di Padre Pio, periodico con ottimi articoli di apologia, spiritualità e formazione cattolica, anche in questo caso per una ripicca nei confronti dell’editore, evidentemente “manelliano”: cosa si può pensare dell’opera devastatrice di P. Volpi ? Il tutto in un clima di intimidazione e di paura… 
 Stiamo assistendo alla distruzione di un Ordine esemplare e all’annientamento del co-fondatore P. Stefano Manelli, altro che (tratto dalle lettere del Commissario) “ristabilire la verità e la carità”, “dovere di giustizia e di misericordia”, “spirito fraterno” ! 
E noi semplici fedeli cosa possiamo fare ? Stiamo a guardare e basta ? 
La preghiera ormai forse non basta più: scriviamo al Papa, che solo può mettere fine a questa ingiustizia…"

S.D.