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lunedì 30 settembre 2013

Rileggendo l'intervista di papa Francesco



Nel mese di agosto papa Francesco ha rilasciato una lunga intervista al padre Antonio Spadaro S.I., pubblicata in settembre sulla Civiltà Cattolica. Si tratta di un lungo testo nel quale vengono affrontate tematiche tra loro molto varie e di spessore certamente diseguale. Vorremmo compiere alcune osservazioni relativamente al concetto di fede che emerge da tale scritto. Anche padre Spadaro, infatti, sottolinea come tale tema sia da sempre molto presente nella riflessione di Jorge Mario Bergoglio e come esso emerga parimenti nei discorsi del neo-eletto pontefice: «Il discorso di Papa Francesco è molto sbilanciato sulle sfide dell’oggi. Anni fa aveva scritto che per vedere la realtà è necessario uno sguardo di fede, altrimenti si vede una realtà a pezzi, frammentata. È questo anche uno dei temi dell’enciclica Lumen fidei».



Sono necessarie due premesse.


1. Si dirà che il metodo di estrapolare alcune frasi isolate dal contesto è arbitrario, nonché incapace di render conto dell'interezza del pensiero dell'autore. Rispondiamo che il carattere "giornalistico" e composito del testo in esame permette senz'altro di focalizzare l'attenzione su alcuni concetti trascurandone altri, senza che ciò implichi necessariamente il fraintendimento. Ogni periodo ha deve necessariamente avere in sé un proprio significato che certamente potrà essere illuminato dal contesto, ma che non cessa di essere significativo in se stesso. Negare tale principio significa negare ogni valore alla comunicazione umana.



2. Si dirà ancora che il linguaggio di un'intervista colloquiale non comporta la precisione di un testo dogmatico e, pertanto, è suscettibile di diverse interpretazioni. Rispondiamo che il linguaggio è un mezzo atto a comunicare il pensiero e, pertanto, deve pur possedere un significato corrispondente alla mente dell'autore; se un testo è passibile di interpretazioni divergenti ciò dipende o dalla volontà dell'autore di renderlo ambiguo o dalla di lui incapacità di renderlo chiaro; la responsabilità in ogni caso non risiede solo nelle orecchie di chi ascolta, ma anche nella bocca di chi parla, pertanto, fino a migliore interpretazione, pensiamo di avere il diritto di esprimerci su un testo secondo le nostre personali capacità apprensive, pur restando aperti ad eventuali possibili chiarimenti.


Secondo l'insegnamento irreformabile del concilio Vaticano I, l'atto di fede è essenzialmente un atto dell'intelligenza umana illuminata dall'azione dello Spirito Santo: «La Chiesa cattolica professa che questa fede, che è l'inizio della salvezza dell'uomo, è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l'ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col lume naturale della ragione, ma per l'autorità dello stesso Dio rivelante, il quale né può ingannarsi, né può ingannare» (Cost. Dei Filius, III).
Dio si è comunicato all'uomo attraverso la Rivelazione, definitivamente compiuta in Cristo Signore; e tale comunicazione è essenzialmente un atto intellettuale, poiché l'intelligenza è la facoltà più alta dell'uomo e, conseguentemente, il luogo privilegiato dell'incontro tra Dio e l'uomo. L'atto di fede consiste nell'appropriazione intellettuale dell'immutabile Verità divina e si esplicita nella professione di tale verità attraverso l'espressione dogmatica. I dogmi, dunque, non coincidono con la Verità soprannaturale, ma sono di essa espressione necessaria.
In questi termini, ad esempio, mons. Antonio Livi descrive il valore dell'espressione dogmatica e la connessione imprescindibile tra i dogmi e l'atto di fede: «L’essenza del cristianesimo è il dogma, ossia la formalizzazione della verità rivelata attraverso l’intervento normativo (lex credendi) e pastorale (lex orandi, lex operandi) del magistero ecclesiastico, intervento che nella storia della Chiesa non è mai mancato. Anche ai nostri giorni, ogni cattolico giustamente desideroso di sapere che cosa veramente si deve credere per essere autentici Christifideles può conoscere facilmente i termini essenziali del dogma, che si trovano esposti in forma divulgativa ma rigorosa nel Catechismo della Chiesa Cattolica».


Tale concezione dell'atto di fede, veramente e autenticamente cattolica, sembra difficilmente reperibile nelle parole di papa Francesco; l'atto di fede viene invece descritto in modo pressoché esclusivo come un momento storico-esistenziale di incontro tra Dio e l'uomo che, per essere autentico, tende a prescindere dal contenuto veritativo-dogmatico della Rivelazione.
«La nostra non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, una fede storica. Dio si è rivelato come storia, non come un compendio di verità astratte. Io temo i laboratori perché nel laboratorio si prendono i problemi e li si portano a casa propria per addomesticarli, per verniciarli, fuori dal loro contesto. Non bisogna portarsi la frontiera a casa, ma vivere in frontiera ed essere audaci».

Il linguaggio è oggettivamente complesso. Sembra delinearsi un contrasto insanabile tra "verità astratte", che definirebbero una "fede-laboratorio" e la "storia", luogo della "fede-cammino". Bisognerebbe sapere che cosa esattamente si intende con l'espressione "verità astratte" che, nel presente contesto, è evidentemente utilizzata in senso dispregiativo. A ben vedere, infatti, la struttura conoscitiva dell'uomo non può giungere al possesso di alcun genere di verità se non per via di astrazione, a meno di non ammettere una conoscenza umana per via di illuminazione interiore; ogni verità conosciuta dall'uomo, dunque, è in sé astratta. Ma qui l'espressione sembra usata secondo un'accezione differente, sembra cioè indicare una "verità" che rimane lontana dalla vita concreta dell'essere umano. Scopriamo così che le verità astratte, i dogmi, sono potenzialmente pericolose in quanto capaci di sottrarre l'uomo al cammino della storia per segregarlo in se stesso, in quella dimensione di chiusura che il pontefice ha altrove definito "autoreferenzialità".


Interpretazione malevola, si dirà. Eppure tale interpretazione sembra trovare numerose conferme.
«Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa».
L'eterno Iddio si rivela nel tempo. Fin qui non ci sono dubbi. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo» (Eb. 1, 1-2). Bisogna però aggiungere che, come ha sempre insegnato la Chiesa, la rivelazione storica di Dio si è definitivamente conclusa con la morte dell'ultimo apostolo e che essa è confluita nel depositum fidei custodito e trasmesso dalla Chiesa attraverso i secoli: «L'economia cristiana, in quanto è Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo » (Dei Verbum, 4).

Le parole del papa si prestano invece ad un'interpretazione opposta. Sembra che la fede non consiste nel "ritenere" ciò che è stato trasmesso, bensì nell'aprire la mente al mutevole scorrere del tempo, quasi che la Verità soprannaturale si palesasse nelle vicende umane dell'oggi più che nella Parola data una volta per sempre.


«C’è infatti la tentazione di cercare Dio nel passato o nei futuribili. Dio è certamente nel passato, perché è nelle impronte che ha lasciato. Ed è anche nel futuro come promessa. Ma il Dio “concreto”, diciamo così, è oggi».

L'Incarnazione del Verbo e la divina rivelazione, dunque, non sono "luoghi concreti" dove l'uomo incontra Dio, ma sono semplici "impronte", cioè segni che rimandano ad una verità ulteriore, la quale si palesa nell'oggi. Sembra quasi che la duplice categoria di "figura-realizzazione" che la teologia cattolica ha costantemente utilizzato per descrivere il rapporto tra l'Antica e la Nuova Alleanza, venga ora utilizzata indistintamente per delineare il rapporto tra il passato e il presente; il passato – non importa se in esso è compresa pure la rivelazione – è impronta, cioè figura dell'oggi nel quale Dio si comunica incessantemente. Non si potrebbe desiderare maggiore chiarezza: L'uomo incontra Dio non già nell'appropriazione del "depositum fidei" per intellectum fide illustratum, bensì nel "processo storico in corso".


Le conseguenze di tale concezione sono immense.


1. La prima e più importante conseguenza è il "divenire perpetuo" della rivelazione divina e con esso la mutevolezza implicita ad ogni processo evolutivo. 
Non si trova, evidentemente, l'affermazione esplicita secondo cui la verità è in divenire, ché tale affermazione apparirebbe bizzarra anche all'orecchio più distratto. Si trova tuttavia un surrogato di essa, cioè l'elogio dell'incertezza. Nel processo conoscitivo l'incertezza è causata o dalla mutevolezza dell'oggetto conosciuto o dall'incapacità del soggetto conoscente, ovvero dal concorso di entrambi. Il papa, tuttavia, attribuisce al soggetto conoscente l'infallibilitas in credendo:


«Il popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è essere in questo popolo. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere, e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina».


Dobbiamo dunque concludere che l'incertezza sorge dall'oscurità dell'oggetto.
«Sì, in questo cercare e trovare Dio in tutte le cose resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene. Per me questa è una chiave importante. Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbio. Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze; bisogna essere umili. L’incertezza si ha in ogni vero discernimento che è aperto alla conferma della consolazione spirituale». «Il rischio nel cercare e trovare Dio in tutte le cose è dunque la volontà di esplicitare troppo, di dire con certezza umana e arroganza: “Dio è qui”. Troveremmo solamente un dio a nostra misura. L’atteggiamento corretto è quello agostiniano: cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo sempre. E spesso si cerca a tentoni, come si legge nella Bibbia. È questa l’esperienza dei grandi Padri della fede, che sono il nostro modello. Bisogna rileggere il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei. Abramo è partito senza sapere dove andava, per fede. Tutti i nostri antenati della fede morirono vedendo i beni promessi, ma da lontano… La nostra vita non ci è data come un libretto d’opera in cui c’è tutto scritto, ma è andare, camminare, fare, cercare, vedere… Si deve entrare nell’avventura della ricerca dell’incontro e del lasciarsi cercare e lasciarsi incontrare da Dio».


La condizione del cristiano credente, evidentemente, viene equiparata a quella dei Patriarchi d'Israele, quasi che L'Incarnazione del Figlio non avesse apportato nessuna novità e nessuna ulteriore certezza. La fede è un immergersi nel processo storico-dinamico della propria esistenza, sganciato da ogni riferimento al deposito della fede; la ricerca della sicurezza dogmatica non solo è impossibile, ma è addirittura volontà di autoaffermazione e sopraffazione della "rivelazione diveniente", in una parola, è ciò che gli antichi definivano un peccato di "ubris".


«Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno»


2. Una seconda conseguenza consiste nell'impossibilità di evitare la contraddizione e, conseguentemente, nell'incapacità di dare credibilità all'atto di fede.


Se l'atto di fede, per essere autentico, deve essere emancipato dal contenuto immutabile ed eterno del dogma per essere costantemente aperto al processo evolutivo della storia, esso non potrà rivendicare alcuna assolutizzazione, con la conseguenza di cadere in contraddizione con se stesso. Ciò che incontro oggi non è ciò che incontrerò domani, poiché, secondo il noto aforisma di Eraclito, non si scende due volte nello stesso fiume.


Ecco un esempio di contraddizione. Riportiamo le parole del papa a proposito del Concilio Vaticano II: 
«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo. I frutti sono enormi. Basta ricordare la liturgia. Il lavoro della riforma liturgica è stato un servizio al popolo come rilettura del Vangelo a partire da una situazione storica concreta. Sì, ci sono linee di ermeneutica di continuità e di discontinuità, tuttavia una cosa è chiara: la dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell’oggi che è stata propria del Concilio è assolutamente irreversibile».

Notiamo anzitutto un' idea quanto meno inedita; da un lato si afferma che il Vaticano II è una rilettura dell'Evangelo alla luce della cultura contemporanea; dall'altro si dice che tale rilettura (rinnovamento) viene dall'Evangelo stesso; sembrerebbe dunque doversi ammettere la coincidenza tra "cultura contemporanea" ed "Evangelo", il che dovrebbe perlomeno essere dimostrato.


A prescindere da ciò, quello che appare veramente insolito è la pretesa di attribuire la proprietà dell' "assoluta irreversibilità" alla dinamica di lettura del Vangelo attualizzata nell'oggi e propria del Concilio. Di quale "oggi" stiamo parlando? In effetti, l'"oggi" non è altro che il breve istante racchiuso tra ieri e domani e, secondo il pensiero del papa, non può essere "cristallizzato". Perché mai il Vaticano II dovrebbe fare eccezione? «C’è infatti la tentazione di cercare Dio nel passato (...) Ma il Dio “concreto”, diciamo così, è oggi». Immersi nel medesimo divenire della storia sarebbero "cristallizzati e autoreferenziali" sia coloro che si appellassero a Nicea sia coloro che si appellassero al Vaticano II; chi potrebbe negare che il 2013 è assai differente al 1960? Il papa ci informa che i discorsi da lui pronunciati a Rio de Janeiro sono già passati: «Quel che ho detto a Rio ha un valore temporale. C’è infatti la tentazione di cercare Dio nel passato». Che dire dunque di un Concilio celebrato oltre mezzo secolo fa? Ad esempio, che cosa può dire all'uomo di oggi una costituzione pastorale che parla agli uomini degli anni '50? Che cosa dirà al seminarista di oggi un decreto che parla ai seminaristi e ai superiori della Chiesa cosiddetta "pacelliana"?


3. Il concetto di atto di fede incide necessariamente sulla spiritualità.


«L’aura mistica non definisce mai i suoi bordi, non completa il pensiero. Il gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto. Ci sono state epoche nella Compagnia nelle quali si è vissuto un pensiero chiuso, rigido, più istruttivo-ascetico che mistico: questa deformazione ha generato l’Epitome Instituti»


Il papa si riferisce particolarmente alla spiritualità del gesuita, ma tali considerazioni possono valere per ogni cristiano. La distinzione tra "fede dogmatica" e "fede storico-dinamica" trova un parallelo nella teologia spirituale; alla "fede dogmatica" corrisponde la dimensione "istruttivo-ascetica", caratterizzata da un pensiero chiuso e rigido, mentre alla "fede storico-dinamica" corrisponde la dimensione o aura "mistica", caratterizzata da un pensiero "incompleto" non già nel senso di "difettoso", bensì non definito da limiti precisi, aperto e "in divenire". Siamo nuovamente in presenza di un pensiero nuovo e affrancato dal linguaggio dalla teologia spirituale tradizionale.


Gli autori cattolici non hanno mai posto in antitesi l'ascetica e la mistica, bensì hanno sempre ritento questi due aspetti egualmente necessari alla vita di perfezione cristiana. L'ascesi conduce l'anima, per le vie purgativa e illuminativa, alla contemplazione acquisita; la mistica la solleva per la via contemplativa fino al matrimonio spirituale.


Scopriamo invece che la mistica è uno stato che chiunque può vivere senza alcuna preparazione; esso non si raggiunge attraverso l'ascesi, ma si sceglie in alternativa a questo.


Una nuova concezione dell'atto di fede sta infatti alla base di una nuova concezione della perfezione cristiana. Come l'atto di fede non consiste nell'adesione dell'intelletto elevato dalla grazia alla verità immutabile di Dio, ma nell'esperienza di Dio nel divenire della storia, così la vita di perfezione cristiana non consiste nell'uscire da se stessi (ascesi) per lasciarsi inabitare da Dio (mistica), bensì nel (pensare di) vivere a contatto con Dio semplicemente nella propria condizione.


«Ignazio è un mistico, non un asceta. Mi arrabbio molto quando sento dire che gli Esercizi spirituali sono ignaziani solamente perché sono fatti in silenzio. In realtà gli Esercizi possono essere perfettamente ignaziani anche nella vita corrente e senza il silenzio. Quella che sottolinea l’ascetismo, il silenzio e la penitenza è una corrente deformata che si è pure diffusa nella Compagnia, specialmente in ambito spagnolo. Io sono vicino invece alla corrente mistica, quella di Louis Lallemant e di Jean-Joseph Surin. E Favre era un mistico».

Il papa si "arrabbia" quando sente parlare di ascesi a proposito della spiritualità di sant'Ignazio; chissà cosa avrebbero detto san Francesco d'Assisi, santa Teresa d'Avila e lo stesso sant'Ignazio se fosse stato loro comunicato che ascesi, silenzio e preghiera sono elementi deformanti della spiritualità cristiana e non conducono in alcun modo all'unione mistica con Dio. Probabilmente avrebbero sussultato; ma il loro "oggi" è tramontato, e l'"oggi" di oggi vuole diversamente.


Non ci resta che pregare affinché quest'oggi tramonti in fretta e lasci spazio ad un domani più conforme alla fede di sempre.
DR
per MiL

Il Battesimo è necessario alla Salvezza


Prendiamo dal blog "Radicati nella fede" e pubblichiamo l'editoriale del mese di ottobre 2013.

La retorica sul Battesimo  ne ha dimenticato il cuore.

 Veniamo da anni di retorica sul Battesimo, dimenticando il cuore del Battesimo.

  Mai come in questi anni di Post-Concilio si è parlato tanto del Battesimo, del fatto che tutto nasce dal Battesimo, che il cristiano è generato dal Battesimo, che dal Battesimo nasce la vocazione del cristiano a vivere nella Chiesa e nel mondo il suo ruolo laicale... si sono spesi fiumi di inchiostro e conferenze su conferenze, corsi di catechesi e di aggiornamento del clero per ridare valore al Battesimo, da cui i laici ricevono il pieno mandato ad essere protagonisti, in una Chiesa sempre meno incentrata sul prete. Si sono inventate anche esperienze ecclesiali per appropriarsi “esperienzialmente” della propria vocazione battesimale, troppo spesso dimenticata in un angolo oscuro dell'inizio della propria vita.

E quanti sinodi diocesani sul ruolo dei battezzati, dei laici come si ama dire oggi, e quante riforme in nome del riscoperto compito dei fedeli nella Chiesa, Popolo di Dio. Quante revisioni dei vecchi catechismi e della pastorale considerata troppo clericale.

Tutto potrebbe andare bene se non si dimenticasse l'essenziale, perché quando si dimentica l'essenziale si dimentica tutto!

  E qual è l'essenziale?

  L'essenziale è che il Battesimo è necessario alla salvezza.

  Attenti, leggete bene: è necessario! Non basta dire “il Battesimo dà la salvezza”, occorre dire “è necessario alla salvezza”. L'operazione che è stata fatta in questi ultimi decenni nella mente e nella coscienza dei fedeli cattolici è proprio questa: non ribadire più la necessità del Battesimo, portando a credere di fatto che tutti si possano salvare anche senza il Battesimo; quasi che il Battesimo sia un “optional” che migliora, anche di molto, la vita spirituale di chi lo riceve, ma che in fondo non sia del tutto necessario.

  Invece la Chiesa Cattolica ha sempre affermato la necessità del Battesimo per salvarsi; lo ha fatto obbedendo al suo Signore: “Andate in tutto il mondo, predicate il vangelo ad ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15-16).

  E la Chiesa ha ribadito più volte questa obbedienza a Dio scomunicando chi osava dire il contrario, come al Concilio di Trento: “Si quis dixerit Baptismum liberum esse, hoc est, non necessarium ad salutem, anathema sit” (Se qualcuno dirà che il Battesimo è libero, cioè non necessario alla salvezza, sia scomunicato).

 Se più semplicemente andiamo a prendere il buon catechismo di San Pio X troveremo queste domande e risposte: - Quali sono i sacramenti più necessari per salvarsi? I sacramenti più necessari per salvarsi sono i sacramenti dei morti, cioè il Battesimo e la Confessione, perché danno la prima grazia o la vita spirituale. - Il Battesimo e la Confessione sono ugualmente necessari? Il Battesimo e la Confessione non sono ugualmente necessari, perché il Battesimo è necessario a tutti, nascendo tutti col peccato originale; la Confessione, invece, è necessaria a quelli che, dopo il Battesimo, hanno perduto la grazia peccando mortalmente.

  Più chiaro di così!

  Ma è ancora così chiara tra noi la dottrina cattolica, dopo anni di “riformulazioni” per parlare al “cuore dell'uomo di oggi”?
  Non è che, strada facendo, volendo spiegare con un linguaggio fresco e moderno il Battesimo e il Cristianesimo al nostro tempo, abbiamo perso tragicamente l'essenziale?

  Il Battesimo dà la salvezza ed è necessario per tutti, questo è l'essenziale! Cristo ci ha salvato sulla Croce ed il suo Sangue che salva ci raggiunge attraverso i sacramenti, primo e necessario fra tutti il Santo Battesimo. Questo è il cuore dell'opera della Chiesa nel mondo: predicare Cristo crocifisso e battezzare, perché gli uomini, i singoli uomini, si salvino.

  C'è proprio da domandarsi se per i cristiani moderni sia ancora così.
  Un tempo lo era e lo si vedeva dalla pratica del Battesimo dei bambini. Il bambino veniva battezzato il giorno stesso della nascita, massimo il giorno dopo, fino a tutto l'800. Fino agli anni '60 del novecento li si battezzò nei primi otto giorni. Oggi il Battesimo viene, nel migliore dei casi, dilazionato per mesi, magari perché la festa in parrocchia venga meglio! È chiaro che non si pensa più che il Battesimo sia proprio indispensabile, altrimenti non si lascerebbe così tanto tempo dei fanciulli nel peccato e lontano da Dio.

  Antonio Rosmini, che molti oggi “tirano di qua e di là” per farlo diventare a tutti i costi anticipatore del Concilio e sopratutto del Post-Concilio, così disastroso nei suoi esiti, ha accenti molto severi contro chi dimentica la necessità del Battesimo. Rosmini, affermando che la Chiesa “riconosce la necessità del Battesimo dei bambini, acciocché evitino la condannazione del peccato e la morte eterna”, citando S. Agostino aggiunge, contro quei teologi che questa necessità non riconoscono, “...perché togliere la necessità del Battesimo? Perché adulare in tal modo l'umana natura? Perché ingiuriare alla redenzione, ed alla grazia di Gesù Cristo (…)?” ( A.Rosmini, Il razionalismo teologico, Città Nuova 1992, pag. 139).

  La faciloneria con cui oggi fedeli e clero affermano che ci si può salvare senza Battesimo, é una vera “adulazione dell'umana natura” che insulta la redenzione di Cristo.

  Da questo tragico pasticcio ha avuto origine una vera e propria rivoluzione nella Chiesa che ha portato a perdere l'essenziale. Se il Battesimo diventa un nobile “optional” per alcuni, se diventa solo un segno di riconoscimento per i cristiani, ma non urgente per tutti, allora la Chiesa e la sua pastorale si trasformerà in qualcosa di semplicemente umano, senza la grazia che salva: una società umana, troppo umana, senza Dio, inutile e triste. Così, la parabola del rincorrere la modernità finisce per distruggere dall'interno la Chiesa.

  Ripartiamo carissimi, anche noi, dal Battesimo sì, ma dal suo cuore.

domenica 29 settembre 2013

La Santa Messa immortale

                                                                          

“È la Messa che conta” La resistenza dell’Ovest inglese
di Maria Pia Ghislieri - "Corrispondenza Romana"

Durante il regno di Enrico VIII, in seguito al suo atto scismatico, furono operate in Inghilterra molte modifiche in campo religioso. Benché ciò non risultasse affatto gradito ai cattolici inglesi, essi tuttavia erano rassicurati dal fatto che la fede professata nelle loro parrocchie continuava ad essere la fede dei loro Padri. Enrico VIII si era separato da Roma, ma la Chiesa di cui si era proclamato capo non si era separata dalla dottrina romana.
Dopo la morte del Re, Cranmer (che era stato nominato arcivescovo di Canterbury nel 1532) mostrò il suo vero volto. Era uno dei più influenti consiglieri del re-bambino Edoardo VI e, grazie a tale influenza, portò a compimento il suo piano di cancellare le ultime tracce del Cattolicesimo inglese, iniziando dalla distruzione delle immagini, reliquie, cerimonie, processioni (anche quella del Corpus Domini), ma soprattutto della Santa Messa che egli sostituì con il cosiddetto Servizio di comunione protestante, che fu imposto in due fasi, nel 1549 e nel 1552.
Questo compito distruttivo in Cornovaglia fu affidato a William Body, la cui azione venne percepita come una profanazione dei luoghi sacri e ciò portò al suo assassinio il 5 aprile 1548. Si comprese sin dall’inizio che il popolo della Cornovaglia non avrebbe accettato facilmente le nuove imposizioni in campo religioso.
Il Book of Common prayer (Libro delle preghiere comuni), che rifletteva la teologia protestante pur mantenendo qualche vestigio dell’antico rito cattolico, doveva sostituire in lingua inglese i 4 antichi testi liturgici latini, ossia (Messale, breviario, rituale e pontificale). Tale cambiamento fu guardato con sospetto e molto osteggiato,  specie in quei luoghi felicemente noti per la loro fedeltà alla Chiesa cattolica romana, come la Cornovaglia e il Devon. Fu questo attacco alla Chiesa, e in particolare alla Messa, che condusse ad una resistenza armata nota in Inghilterra come l’“insurrezione occidentale” (the western rising). È interessante notare che per i contadini e lavoratori che animarono tale resistenza, molti dei quali erano semplici illetterati, il ripudio del Papa non era troppo preoccupante. Ciò per cui combattevano era, anzitutto, la loro Messa.
Il 9 giugno 1549, domenica di Pentecoste, la nuova Messa o Servizio di comunione protestante entrò in vigore con severe punizioni per coloro che si fossero rifiutati di adeguarvisi. In un remoto luogo del Devon, chiamato Samford Courtney, un prete settantenne, in obbedienza agli ordini del re, celebrò secondo il nuovo rito. I parrocchiani che erano presenti, quando per la prima volta si videro privati della Messa immortale, decisero di rifiutare la nuova liturgia. Il giorno seguente andarono dal parroco e gli imposero di usare l’antico Messale e celebrare la Messa a cui essi avevano partecipato per tutta la vita e che non volevano fosse loro cambiata. Il buon prete cedette alle loro insistenze e celebrò la Messa di sempre. I fedeli cattolici, infatti, sostenevano che la nuova liturgia in inglese non era altro che “un passatempo natalizio” e non avevano alcuna intenzione di accettarla. Alla cerimonia successiva arrivarono alcuni giudici per imporre le modifiche liturgiche, ma durante la celebrazione vi fu un alterco che portò all’uccisione di uno dei sostenitori delle innovazioni (William Hellyons), il quale fu trafitto con un forcone sui gradini della chiesa.
Un “gentleman” del luogo  tentò di convincere il popolo ad accettare il nuovo rito prima che la loro protesta rendesse necessario l’intervento armato del governo. Ma la gente della Cornovaglia e del Devon non aveva alcuna intenzione di scendere a compromessi poiché la sua resistenza era motivata dalla profonda Fede nella Santa Messa, che – essi lo comprendevano bene – riguardava non solo la loro vita terrena ma anche, e soprattutto, la loro eterna salvezza.
Vi fu un lungo tentativo di negoziato tra questi Cattolici, “ribelli” al nuovo rito ma fedeli alla tradizione dei loro Padri, e il governo ufficiale che li esortava ad usare il nuovo rito protestante. Questi uomini semplici e illetterati ma dalla fede chiara e profonda promisero di porre fine all’insurrezione a condizione che il Re e i suoi consiglieri non avessero modificato la  loro religione. Era evidente che l’unica vera ragione della resistenza era la difesa della Fede cattolica.
La proposta non fu accettata, ed ecco che diverse migliaia di contadini, minatori e pescatori (che rappresentavano molti altri con le stesse convinzioni) marciarono verso Exeter per protestare contro l’introduzione del nuovo rito. Essi avanzavano sotto il vessillo delle Cinque Piaghe di N.S.G.C., con crocifissi, candele ed incenso. Si trattava di uomini semplici che formavano una forza organizzata, armata e disciplinata che combatteva contro il potere statale.
Guidavano il corteo preti che, vestiti con i loro paramenti tradizionali, portavano il SS.mo Sacramento sotto un magnifico baldacchino. Man mano che il corteo attraversava il Devon,  guadagnava adepti tra i ferventi cattolici della zona. Benché la maggioranza fosse costituita da contadini della Cornovaglia e del Devon, si unirono a loro anche membri dell’aristocrazia inglese come Humphrey Arundell che, appartenendo ad una nobile e stimata famiglia del Devon, era noto anche per il suo valore militare.
Il governo non mancò di divulgare molte affermazioni infondate circa le “presunte” atrocità commesse dai “ribelli”. Ma le 15 richieste che essi avanzarono presso il governo provano chiaramente la natura squisitamente religiosa della loro resistenza. Ne riportiamo, a mo’ di esempio, soltanto tre:
* Non accettiamo il nuovo Rito (protestante) perché è come un “passatempo natalizio”, ma vogliamo il Mattutino, la Messa, i Vespri e le processioni  in latino, com’era prima. E perciò noi, uomini della Cornovaglia (anche perché alcuni di noi non capiscono l’inglese) rifiutiamo con decisione il nuovo rito inglese.
* Noi vogliamo la Messa in latino com’era prima, celebrata da un solo sacerdote senza alcun dialogo con la gente.
* Ogni predicatore nelle sue omelie e ogni sacerdote nelle sue Messe deve pregare in modo speciale per le anime del Purgatorio, citandone i nomi, come facevano i nostri Padri. (Cranmer, non credendo nel Purgatorio, ne aveva rimosso ogni traccia dal Servizio protestante, ndr)
Cranmer, davanti a queste richieste, firmate da molti contadini ma anche da Humphrey Arundell, non ebbe altra reazione che il disprezzo. Egli considerava il desiderato ritorno alla liturgia latina semplicemente “ridicolo” poiché egli aveva imposto la lingua volgare per il bene della gente più incolta. È importante  notare che questi uomini se, da un lato, in coscienza disobbedivano al re quanto alla nuova Messa e ai nuovi riti, dall’altro ne riconoscevano l’autorità e non pensavano in alcun modo di deporlo. Essi gli avrebbero obbedito a condizione che non li avesse privati della loro Fede. Erano uomini umili, insorti spontaneamente per difendere la fede dei loro Padri.
Ma il governo ebbe il tempo di organizzare un esercito per distruggerli. Contro ogni speranza i ribelli continuavano a combattere le loro battaglie finché ne restarono solo pochi. Combattevano valorosamente e non temevano di perdere la vita.  La loro ultima battaglia ebbe luogo il 29 agosto 1549 a Sampford Courtenay dove la ribellione era iniziata. Le forze erano impari e i cattolici militanti sapevano bene che erano destinati alla sconfitta. Ma, a loro onore, uno storico di quel tempo ebbe a scrivere: “I Cornici non si sarebbero arresi fino a che la maggior parte di essi non fosse stata uccisa o catturata”. In questa ultima strenua battaglia,  Humphrey Arundell, che fu tra i comandanti dell’insurrezione, fu catturato. Portato a Londra dopo alcuni mesi, fu processato e accusato di alto tradimento. Il 27 gennaio 1550 fu giustiziato con una delle peggiori pene previste dal regime del tempo: appeso, sbudellato e squartato.
Nel corso dell’intera resistenza persero la vita circa 5000 uomini, che morirono per la Fede ma soprattutto per la Santa Messa di sempre. Il rito di Cranmer fu imposto a prezzo del sangue di questi eroi della Fede.
In quei tempi difficili era uno spettacolo terrificante ma assai comune vedere preti appesi ai campanili, vestiti con i loro paramenti sacri e con aspersorio, campanello e rosario sospesi con essi. Tutti i libri liturgici tradizionali vennero bruciati. Le grandi e sonore campane delle chiese, che chiamavano i fedeli alla Messa tradizionale, furono rimosse per lasciare il posto alle più piccole che servivano per il Servizio protestante. E così anche la povera gente dell’Ovest inglese fu costretta ad accettare la nuova religione in lingua vernacolare.
Il futuro del mondo e la salvezza delle anime dipende dalla “sopravvivenza” della Messa tradizionale nella Chiesa Cattolica. Perché? Perché lex orandi lex credendi. La legge della preghiera è la legge della fede. In tutti i luoghi in cui si continua a celebrare la Messa di sempre, la Fede non può estinguersi.
I valorosi eroi della resistenza inglese, da quel lontano 1549 fino ad oggi, continuano a gridare con il loro memorabile esempio spinto fino allo spargimento del sangue che: “È la Messa che conta!”.

Fonte:

L'Opus Dei raddoppia la Messa antica a Roma nella basilica di S. Eugenio

Diamo un'altra buona notizia, che testimonia come la Messa antica sia sempre viva, e come il movimento dei fedeli "summorum pontificum" sia attivo e in crescita. 


L'Opus Dei raddoppia. (qui  e qui la notizia della celebrazione mensile dal dicembre 2011).

Le celebrazioni secondo la forma extra ordinaria sono diventate due al mese anziché una sola. 
Saranno sempre di sabato ma alle ore 8:00 della mattina bella Basilica di S. Eugenio, Roma

Già c'è il calendario per i restanti mesi del 2013: ottobre il 5 e il 19; novembre il 16 e il 30; dicembre il 7 e il 21. 

Le celebrazioni avranno luogo nella cappella feriale con ingresso dal cortile.

A.  D.M.

sabato 28 settembre 2013

S. Messa a Villafranca (Ms) nella memoria del beato Carlo d'Austria (21 ott)

MEMORIA DEL BEATO CARLO D'AUSTRIA


Lunedì 21 ottobre 2013 - ore 18.30


Cappella San Domenico Savio

c/o Fraternità San Filippo Neri
Comunità in formazione dell'Oratorio
Viale dei Menhir 8, Villafranca in Lunigiana (MS)


SANTA MESSA 
nella forma extra-ordinaria del Rito Romano


e preghiera per la canonizzazione 
del Beato Carlo d'Austria

Cambiamento di chiesa per la Messa antica a Barletta

Si comunica che, a partire da domani domenica 29 settembre 2013, festività dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, la Santa Messa celebrata secondo l'usus antiquor del Rito Romano in Barletta, non sara più celebrata nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio bensì verrà celebrata nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria (conosciuta anche come Chiesa di San Pasquale) sita sulla Via Cialdini al civico n. 70. 
La celebrazione rimane prevista per tutte le domeniche e festivi alle ore 20,00. 

Papa Francesco scomunica un prete eretico che "celebrava" nozze gay.

"Reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo". Dobbiamo riconoscerlo: ben fatto Santità! E un po' ci rincuora. Grazie!
 

L'altra faccia di Francesco. Scomunicato prete "eretico".
di S.Sartini de il Giornale del 26.9.13
http://www.ilgiornale.it/news/interni/laltra-faccia-francesco-scomunicato-prete-eretico-953457.html
Se da una parte Papa Francesco non smette di sorprendere con la sua voglia di dialogo e confronto con tutti, altrettanto ferme sono le sue posizioni che appartengono alla linea di una Chiesa tradizionalista.

Non è trascorso molto tempo da quando il Pontefice ha mostrato accoglienza verso divorziati e gay. L'ultima volta è stata nell'intervista rilasciata al direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro. I mezzi di comunicazione hanno parlato di apertura su nozze omosessuali e aborto. In realtà, la posizione del Vaticano non è cambiata di un millimetro. E Papa Francesco non si discosta affatto da quella linea dottrinale che ha contraddistinto i suoi predecessori. 
Ne è una prova la notizia della prima scomunica latae sententiae firmata da Papa Bergoglio. Padre Greg Reynolds, sacerdote australiano, ha infatti ricevuto la comunicazione di scomunica dal Vaticano attraverso l'arcivescovo della Diocesi di Melbourne, Denis Hart. Il motivo? Le sue posizioni di apertura sulle nozze omosessuali e sul sacerdozio femminile. Posizioni non in linea con l'orientamento della Chiesa. 
La notizia è stata diffusa dal National Catholic Reporter, un portale di informazione religiosa con sede a Kansas City. Poi ha cominciato a diffondersi soprattutto sui media australiani. E ha trovato conferma in Vaticano. «Il dossier è stato curato dalla Congregazione per la dottrina della fede, anche se la scomunica è automatica - spiegano dai Sacri Palazzi - e significa essere fuori dalla Chiesa, ovvero non poter ricevere nessun sacramento. In questo caso la decisione è stata presa per le posizioni del sacerdote che non collimano con la dottrina della Chiesa. Si tratta della prima scomunica del Pontificato di Papa Francesco. Ovviamente il procedimento era iniziato con Benedetto XVI, ma la decisione finale è stata di Papa Francesco».
Il documento della Santa Sede, scritto in latino e senza una spiegazione dettagliata, porta la data del 31 maggio. Già nel 2011 il sacerdote era stato sospeso dal suo ministero dall'arcivescovo di Melbourne. Padre Greg, dunque, non avrebbe potuto più celebrare la messa. Ma nonostante ciò, il sacerdote ha continuato a presiedere pubblicamente la celebrazione e a predicare opinioni contrarie agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Il prete ha anche fondato un movimento, chiamato «Inclusive Catholics», che esprime posizioni di apertura e sostegno verso le nozze gay. 
Ora è arrivata la scomunica di Papa Francesco. «Mi aspettavo di poter essere ridotto allo stato laicale - ha affermato il sacerdote australiano - ma di certo non mi sarei aspettato di essere scomunicato. Un tempo la scomunica era considerata un qualcosa di enorme, ma oggi le gerarchie ecclesiastiche hanno perso ogni fiducia e rispetto. Nessuno dal Vaticano mi ha mai contattato - ha aggiunto il religioso - e non mi hanno dato alcuna spiegazione».
Reynolds viene accusato di eresia, secondo il Canone 751 del diritto canonico, ovvero «l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica o il dubbio ostinato su di essa».
La decisione del Vaticano è definitiva e inappellabile, senza possibilità di ricorso. «Una scelta effettuata per il bene della Chiesa», si legge nella comunicazione a padre Greg Reynolds. Un segnale forte di Papa Bergoglio verso tutti coloro che vedono nell'operato del nuovo Pontefice un cambiamento di rotta nella dottrina della Chiesa. Che evidentemente non c'è.

S. Messa a Mirano (Ve): un bel video della S. Messa antica. Per rifarsi gli occhi

Capita proprio a proposito, la mail che abbiamo ricevuto ieri.
Dopo le immagini terribili che si saranno rappresentate nella mente di ognuno di voi, alla sola idea di una messa "ballata" fissata a Torino per domenica 29 settembre (di cui abbiamo dato mesta notizia ieri), ecco qualche immagine per rifarsi gli occhi, e per ricaricare lo spirito e continuare la giusta battaglia in difesa della Messa.
Roberto

Con la presente siamo a chiederVi di voler gentilmente pubblicare sul Vs. sito/blog il link tramite cui è possibile collegarsi al bel video, da pochi giorni presente su you tube, contenente le riprese della Santa Messa cantata in rito romano antico che, da circa un anno e mezzo, viene celebrata ogni secondo sabato del mese, alle ore 16.30, presso la chiesa parrocchiale di San Leopoldo Mandic a Mirano (Provincia di Venezia ma Diocesi di Treviso) da Monsignor Giuseppe Vardanega. 




Il link del video è http://www.youtube.com/watch?v=gKuOqgUW0Sk&feature=youtu.be
 

Come molti saparanno, in seguito alla formazione di piccolo ma determinato gruppo stabile di fedeli legati alla liturgia tradizionale avvenuta due anni fa nel distretto mandamentale di Mirano (cioè il comprensorio del Miranese), la Curia Vescovile di Treviso ha accettato la nostra richiesta di istituire una celebrazione festiva mensile della Messa Tridentina in una importante parrocchia della città di Mirano (anche se non lo splendido Duomo di San Michele Arcangelo) ed ha incaricato allo scopo l'arciprete emerito del vicino paese di Salzano (dove fu parroco il futuro Papa San Pio X tra il 1867 e il 1875).
Il video si riferisce alla celebrazione che ha avuto luogo lo scorso 14 settembre, nella quale ha fatto eccezionalmente da cerimoniere uno dei pochi seminaristi italiani della Fraternità Sacerdotale San Pietro, nonchè nostro caro amico.
Un grazie di cuore per l'ospitalità e saluti cordialissimi nel Signore.
Il "Coetus Fidelium" di Mirano

venerdì 27 settembre 2013

Keep calm and pray the rosary

Inizia oggi la novena per la Madonna del Rosario, già Madonna della Vittoria (7 ottobre 1751).
 
 
...ché in questo momento ce n'è tanto bisogno!

La cosiddetta "elezione" dell’Abbé Laguérie a Superiore dell’IBP

Si informano i lettori che la  questione interna al Buon Pastore è nelle mani del Tribunale della Signatura  Apostolica dal quale si attende risposta.

 *

E nuova minaccia al direttore di questa rivista
da Disputaziones Theologicae, del 15 settembre 2013, Esaltazione della Santa Croce


Sulla dichiarata “elezione” dell’abbé Philippe Laguérie a Superiore dell’Istituto del Buon Pastore non possiamo dire molto, perché - come ricorderanno i lettori attenti - è ancora pendente il ricorso alla Segnatura sull’alterazione del corpo elettorale che ne è alla base. Abbiamo saputo che è in esame e quando ci sarà una risposta (qualunque essa sarà) potremo dire di più: ma ora portiamo rispetto ad una causa sub iudice e attendiamo.
Infatti, come scritto nel nostro ultimo editoriale, qualsiasi esito avesse avuto l’“elezione” del 31 agosto, realizzata con un immotivato rifacimento del Capitolo (come abbiamo dettagliatamente denunziato prima in via riservata, poi pubblicamente), non avremmo potuto dargli troppo peso. “A ogni giorno basta la sua pena”, e senza precipitazione ecco quali sono i dolori e le gioie di oggi. 
E’ doloroso, per chi realmente ama Roma (romani critici, perché romani appassionati!), il discredito che in questa maniera pervicacemente Le si arreca. Alcuni diranno che il danno lo facciamo noi, non tacendo quel che accade “dietro le quinte”. Questa Redazione (direttore e collaboratori, chierici e fedeli laici), che sempre ha tentato di procedere per gradi, pubblicamente risponde : la reale alternativa ad una discussione alla luce del sole, ovvero la maldicenza in privato e l’oggettiva doppiezza, è forse migliore? E’ forse migliore la diffamazione alle spalle, in quell’attitudine di “chiacchiere”, da cui il Santo Padre Francesco - tanto applaudito quanto eluso - ha messo in guardia con toni severi? Tale logica inoltre è la stessa che ha portato a lunghe reticenze sui gravi scandali.... [continua qui...]

Culto divino e Ufficio celebrazioni liturgiche: strani fenomeni e nomine minacciose...

 Sul bollettino della S. Sede di ieri 26.09.2013 è apparsa questa lista di nuovi consultori dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice:

● NOMINA DI CONSULTORI DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL SOMMO PONTEFICE 
Il Santo Padre Francesco ha nominato Consultori dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice i Reverendi:
- P. Silvano Maria Maggiani, O.S.M., Docente di Sacramentaria e di liturgia presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum" e presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma, Membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale;
- P. Corrado Maggioni, S.M.M., Capo Ufficio nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Membro del Consiglio Accademico della Pontificia Accademia Mariana Internazionale; 
- P. Giuseppe Midili, O. Carm., Direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma, Docente di Liturgia pastorale presso il Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo in Roma; 
- Mons. Angelo Lameri, del Clero della Diocesi di Crema, Docente di liturgia presso la Pontificia Università Lateranense in Roma; P. Archimandrita Manuel Nin, O.S.B., Rettore del Pontificio Collegio Greco in Roma.

 Nomine, a prima vista, non eccellenti, a nostro avviso, di cui due dal S. Anselmo... 
Ormai è certo: questi reverendi hanno sostituito quelli precedenti, come risulta dal sito della Santa Sede (http://www.vatican.va/news_services/liturgy/documents/ns_liturgy_20090924_officiali_it.html)

Comunque sia... una nomina, non ancora ufficiale, e speriamo presto smentita, è quella più temuta: da qualche tempo, forse anche solo per "intimorire" e "schernire" i tradizionalisti concordanti rumores (si, perchè il plurale di rumor -latino- non è rumors!) dei sacri palazzi e non, vorrebbero Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Piero Marini in dirittura di arrivo alla prefettura del Culto Divino...
Dopo l'allontanamento clamoroso del Card. Piacenza dal Clero, questa sarebbe un'altra pessima nomina, clamorosamente in contrasto con il papa emerito, e dannosa per la Chiesa Universale.
PREGHIAMO!
Roberto

A Berlino sarà vietato celebrare il Natale in "pubblico". Motivo? Non "urtare" i non cristiani.

Berlino vieta il Natale
di M. Tosatti, da LaStampa, del 2309.2013
 
A Berlino, nel quartiere di Kreuzberg, la celebrazione del Natale sarà proibita quest’anno nei luoghi pubblici del distretto berlinese di Friedrichsain-Kreuzberg, per non “offendere” i non cristiani. Il distretto berlinese forse più celebre anche in Italia per le sue caratteristiche di tolleranza e libertà ha deciso questa misura che definire liberale e tollerante sarebbe veramente difficile
marco tosatti
A Berlino, nel quartiere di Kreuzberg, la celebrazione del Natale sarà proibita quest’anno nei luoghi pubblici del distretto di Friedrichsain-Kreuzberg, per non “offendere” i non cristiani. Il distretto berlinese forse più celebre anche in Italia per le sue caratteristiche di tolleranza e libertà ha deciso questa misura che definire liberale e tollerante sarebbe veramente difficile. Il Natale potrà essere celebrato solo in casa, “affinché non siano colpiti i sentimenti religiosi degli altri”. Difficile vedere come ci si possa sentire colpiti dall’albero, dall’immagine della nascita di un bambino, o magari da Babbo Natale. Ma i Verdi, che controllano il distretto, e il loro leader, di origine turca come molti immigrati che vivono a Kreuzberg, hanno deciso così.  
L’Assemblea municipale ha votato ha favore, con il voto dei Verdi, dell’SPD, dei Linken e Piraten; la CDU della cancelliera Merkel ha votato contro. Il socialista Peter Becker ha giustificato questo provvedimento, che ci permettiamo di definire almeno singolare, “per ragioni di eguaglianza di trattamento” con i musulmani. “I musulmani chiedevano di celebrare la fine del Ramadan nelle strade di Berlino. Dopo le proteste dei residenti, l’ufficio del distretto ha deciso di proibire tutte le feste religiose allo stesso modo”. 
Nonostante la proibizione di celebrare il Natale, altri festival potranno avere luogo, purché non siano di natura religiosa. Per esempio la Festa della Birra, il Carnevale delle Culture, e naturalmente, il Giorno dell’Orgoglio Omosessuale, e altri ancora, promossi dai gruppi antisistema. Però l’Assemblea permetterà che un albero di Natale venga piantato nel quartiere, in un luogo da destinarsi. Sono buoni, in fondo….

giovedì 26 settembre 2013

Frati F.I.: torna la Messa antica anche a S. Bartolomeo al Mare (Im)

Ave Maria !
 Si comunica una lieta notizia. 
Dopo Firenze e Campocavallo, anche i Frati F.I. dell'Immacolata di San Bartolomeo al Mare (Im) (diocesi di Albenga Imperia, retta dall'impavido e determinato Vescovo Mons. Oliveri) hanno chiesto e ottenuto il permesso di ritornare a celebrare la S. Messa nella forma Extraordinaria. 
P. Bernardo dei F.F.I., rettore del Santuario N. S. della Rovere, ha ricevuto infatti l'autorizzazione dal Commissario p. Volpi di ripristinare la "solita" messa V.O. dei giorni festivi alle ore 11.00. 
Deo Gratias! 

sul doloroso caso dei Figli di Padre Stefano Manelli


 La verità sul commissariamento dei Francescani dell’Immacolata
di Cristina Siccardi

Sul sito dei Francescani dell’Immacolata è uscito il comunicato dal titolo Presentazione dati visita apostolica (http://www.immacolata.com/index.php/it/35-apostolato/fi-news/239-presentazione-dati-visita-apostolica), immediatamente riproposto su “Vatican Insider” da Andrea Tornielli, quale presunta conferma della infondatezza delle critiche mosse dai cosiddetti “tradizionalisti” alla legittimità etica e giuridica del commissariamento dei Francescani stessi e delle sue modalità di esecuzione; si tratta di un articolo che è tutto una requisitoria contro coloro che difendono non il commissariamento, come il vaticanista de “La Stampa”, ma i Francescani stessi.
Tanta euforia è giustificata? I dati forniti da padre Alfonso Bruno, portavoce e braccio destro del Commissario e, quindi, parte in causa ostile a padre Manelli ed alla santità dell’Ordine stesso di cui fa parte, smentiscono in maniera vigorosa la baldanza dell’articolo di Tornielli, dimostrando, invece, che la posizione di chi ha mosso critiche al giacobino operare della Pontificia Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e per le Società di vita apostolica gode del sostegno della maggioranza dei

Messa ballata domenica 29 settembre? Per i Gesuiti non è uno spettacolo ma un rito di spiritualità...

29 settembre 2013: che S. Michele difenda la Chiesa di Dio!

 Domenica 29 settembre debutta la messa ballata
Spiritualità il corpo in movimento torna a far parte del rito cattolico

 di S. Cappelletto, da VaticanInsider del 25.09.2013


messa ballata
Non sarà uno spettacolo durante la Messa. Ma una coreografia che accompagnerà la Messa, un rito che si unirà a un altro rito. Domani e domenica 29, in due incontri promossi da Torino Spiritualità, la danza tornerà a essere parte integrante di una funzione liturgica della Chiesa cattolica. «Non accade da secoli, da quando la fisicità e la corporeità della fede sono state come imprigionate. Pensi ai banchi delle chiese: rendono impossibile qualsiasi movimento, qualsiasi gestualità che non sia stare in piedi, seduti, in ginocchio». [che cosa scandalosa, nevvero? n.d.r.]Eugenio Costa, genovese e gesuita, musicista e liturgista, una lunga esperienza di parroco a Torino e Milano prima di venire chiamato a lavorare nella casa generalizia dell’ordine fondato da Ignazio di Loyola, ammette: «Ci stiamo pensando da anni, Roberta e io, ma abbiamo preso coraggio dopo aver visto i vescovi accennare dei passi di danza, per la verità un po’ goffi, durante la recente visita del Papa in Brasile». [eccolo qua!! E' arrivata la conferma! Quella dei Vescovi ballerini in brasile, si era detto sin da subito, sarebbe stato un pessimo esempio.... e le conseguenze, estreme e peggiori, non si sono fatte attendere; n.d.r.]
«I l momento è finalmente arrivato - dice padre Costa - però non abbiamo ancora detto nulla ai nostri vicini di casa», confida, con soave astuzia, indicando col braccio alla sua destra: a pochi metri dalla sede centrale dei Gesuiti a Borgo Santo Spirito a Roma, inizia il territorio dello Stato del Vaticano.
Roberta, è Roberta Arinci: studi di danza classica occidentale da bambina e poi molti anni passati a scoprire la danza classica indiana, per imparare a comprendere la ritualità, la sacralità dei movimenti. «Entrare a capo chino, eseguire in silenzio e per amore, uscire in punta di piedi»: questo il motto di Ars Bene Movendi, il gruppo, milanese e tutto femminile, di danza liturgica da lei fondato e attivo già da alcuni anni nella Parrocchia di San Fedele.
Il gesuita e la danzatrice sanno di non avere precedenti ai quali ispirarsi; detestano «le sbandierate, le lenzuolate, lo sgraziato sgambettare, l’atmosfera da stadio dei gruppi carismatici che nulla hanno a che fare con la sacralità di una funzione». [ah, bè. allora va bene. Siamo a posto. Non c'è nulla da temere... ; n.d.r.]. Padre Costa ricorda, quasi come unico esempio superstite, i «dodici Kyrie» del rito ambrosiano, quando i celebranti assumono atteggiamenti che richiamano dei gesti coreografici [io sono stato 12 anni a Milano, e non me ne sono mai accorto...; n.d.r.]. Sanno anche che le gerarchie ecclesiastiche europee «hanno imposto una secolare rimozione della fisicità, per il prevalere di una cultura che ha penalizzato il corpo. Ma che pericolo c’è se riportiamo il nostro corpo nella preghiera, come già accade in tante funzioni celebrate in Africa e in Sud-America?» [che pericolo c'è? Bè se non ci arriva da solo... tanto vale evitare la pena di provare a spiegarlo...; n.d.r.]
E dunque sono consapevoli dell’opportunità che viene ora offerta al loro lavoro. Giovedì sera, alla Cavallerizza Reale, la Arinci, accompagnata da musica e canto, interpreterà danzando quattro temi biblici: la Genesi, l’Annunciazione, il miracolo del cieco di Gerico, la Passione. Domenica, durante la messa delle 11,30 nella chiesa di San Filippo, lei e il suo gruppo, indossando un sari arancione e una stola che richiama il prescritto colore liturgico, «con movimenti sobri, eleganti, dignitosi», scandiranno cinque momenti della Messa: Gloria, Alleluja, Sanctus, Agnus Dei, Inno dopo la comunione.
«Vogliamo evitare che la nostra preghiera - perché questa danza è una preghiera - venga percepita come un corpo estraneo. Il desiderio è che un domani tutta l’assemblea dei fedeli accetti di fare un passo, di unirsi a noi». [ma non devono proprio nemmeno azzardare a sperarlo. La Messa è quella e si studino le l'O.G.M.R. di Paolo VI nn. 42-44 "Gesti e Atteggiamenti del corpo", che non prevede, tra gli atteggiamenti per i fedeli, il ballo; se vogliono ballare vadano dai NeoCatecumenali....; n.d.r.]
Perché questo accada, bisognerà rivoluzionare la disposizione attuale: via i banchi, tutto lo spazio occupato dall’assemblea lasciato libero perché i fedeli possano muoversi, danzare il rito. [anche ammesso che sia cosa buona poter ballare... ma perchè togliere i banchi, impedendo così di inginocchiarsi? Come farebbero ad assumere la posizione che è prevista, lecita e diremmo, principale, del fedele durante la celebrazione eucaristica? Ecco perchè siamo contrari a queste iniziative: si "antropomorfizza troppo la Messa, si concentra tutto sull'uomo, e si elimina l'aspetto trascendentale, che meglio si manifesta mediante l'adorazione in ginocchio di Nostro Signore Gesù Cristo durante la Consacrazione e la Comunione. (n. 43 O.G.M.R. di Paolo VI, n.d.r.]
Se c’è un Papa che può capire la sfida, sembra proprio l’attuale: gesuita, argentino, molto fisico nel modo di porsi, spregiudicato e stratega quanto occorre.