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giovedì 22 novembre 2012

Altare e Tabernacolo non sono in conflitto neppure nelle nuove chiese ! Un progetto basato sulla “teologia della liturgia” di Benedetto XVI .


Pubblichiamo uno studio dell'Architetto Claudio Mecozzi che riguarda un argomento centrale che si riversa anche nell'azione liturgica :  salvaguardare l'unità nella Chiesa evitando contrapposizioni.
Una tematica assai cara all'allora Cardinale Joseph Ratzinger che il Prof. P. Uwe Michael Lang, che ha curato la supervisione di questo progetto  nell’ambito del Master da lui coordinato, ha fatto sua .
Ormai in vasti settori del  mondo cattolico si percepisce il desiderio sempre più forte di seguire il solco della viva tradizione e non di contrapporsi ad essa e questo studio, destinato soprattutto alle "nuove" chiese che si dovranno costruire lo conferma !
La foto 3   riassume graficamente la proposta progettuale elaborata dall'Architetto  onde  fornire una migliore comprensione del tema trattato ;  le immagini 1 e 2 si riferiscono invece alla  Chiesa romana di Sant'Atanasio dei Greci  .
Ringraziamo l'Architetto Mecozzi per  aver voluto indirizzare ai Lettori di MiL questo suo interessante studio.
A.C.

"Si tratta di argomento centrale riguardo gli aspetti architettonici della liturgia. 
Lo affronto da fedele cattolico e da professionista architetto che ha avuto la necessità di conoscere questi argomenti. 
Le mie riflessioni trovano nella “teologia della liturgia” di Benedetto XVI il riferimento principale. L’ermeneutica della riforma liturgica intesa dentro un processo di organica continuità costituisce il fondamento delle scelte architettoniche oggetto di questo studio. 
Intendo rivolgere queste riflessioni e le indicazioni che propongo rifuggendo interpretazioni di parte tali da soddisfare solamente specifiche congregazioni o movimenti ecclesiali. 
Sono sin dagli anni dell’Università interessato alla conoscenza delle diverse realtà spirituali della chiesa pre e post –conciliari. 
Cose antiche e cose nuove che costituiscono una multiforme ricchezza dell’unica Chiesa fondata da Gesù Cristo. 
Ho avuto una intensa esperienza nel Rinnovamento Carismatico Cattolico che mi ha segnato profondamente. 
Vi sono stati poi brevi periodi in cui ho partecipato con interesse alle catechesi e alle celebrazioni Neocatecumenali. 
Nella Cappella Universitaria della Sapienza Padre Umberto, l’allora cappellano, mi iniziò all’adorazione eucaristica che non ho più lasciato. 
Ho trovato successivamente beneficio nei Movimenti Mariani che seguo tuttora e dove ho potuto riscoprire la preghiera del S.to Rosario. 
Più recentemente frequento con vivo interesse alcune realtà ecclesiali ispirate alla tradizione liturgica. 
La Chiesa è una.
Or dunque, l’altare è il luogo della celebrazione ed il tabernacolo nel presbiterio è il luogo innanzitutto dell’adorazione.
La disposizione architettonica dell’altare in relazione al tabernacolo esplicita la visione teologico-liturgica che ne è sottesa.
Se ritengo ci sia conflitto di segni tra altare e tabernacolo tenderò a distanziare nettamente i due luoghi. Nelle nuove chiese post-conciliari ad esempio si è ricorso sino ad ora, non di rado, alla soluzione del tabernacolo decentrato sul presbiterio.
Benedetto XVI ci spiega chiaramente come il conflitto tra celebrazione ed adorazione è inesistente.
“ In realtà, è sbagliato contrapporre la celebrazione e l’adorazione, come se fossero in concorrenza l’una con l’altra. E’ proprio il contrario: il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’ambiente spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucarestia.” (Benedetto XVI, Omelia del Corpus Domini,7 Giugno 2012).
Il Santo Padre stà indicando la strada di una corretta interpretazione della riforma liturgica a parole e con l’esempio.
Se non c’è conflitto tra celebrazione ed adorazione non c’è conflitto tra Altare e Tabernacolo. 
Dopo cinquant’anni di esperienze ed esperimenti post-conciliari credo sia maturo il tempo per ricominciare ad apprezzare tanti aspetti architettonici della liturgia che erano stati dati per superati. 
Le chiese storiche costituiscono segno tangibile di una chiesa che non nasce oggi ma che ha attraversato i secoli. 
Queste chiese sono segno della nostra storia e della nostra identità non solo dal punto di vista artistico ma anche liturgico. 
Considerare tutto ciò come retaggio del passato che non può dire nulla alla fede dell’uomo contemporaneo è segno di ignoranza culturale e spirituale. 
Oggi, anche alla luce del Magistero di Benedetto XVI, credo, sia maturo il tempo per riflettere sui tanti interventi architettonici nei presbiteri che hanno stravolto in maniera irreversibile lo spazio liturgico delle chiese storiche. 
Le scelte fatte nel recente passato secondo criteri di reversibilità invece sono state senzaltro più sagge. In tal modo nulla è andato perduto del patrimonio artistico e liturgico ereditato. 
In particolare mi riferisco all’uso di anteporre altari posticci davanti agli altari storici. 
Oggi possiamo riconsiderare facilmente questi presbiteri specialmente nelle piccole chiese o nelle cappelle dove per la ristrettezza dello spazio l’altare posticcio messo davanti all’altare storico ha un sapore più ideologico che liturgico. 
Questo mio pensiero trova riscontro in tanti casi dove più o meno recentemente questi altari aggiunti sono stati rimossi e si è ricominciato a celebrare nell’altare storico monumentale. 
In questo modo la Santa Messa ancorchè nella forma ordinaria ritrova un aspetto fondamentale della tradizione che è quello dell’unica direzione della preghiera liturgica. 
Non si tratta di volgere le spalle al popolo ma di ritrovare il comune orientamento di una liturgia non chiusa in sé stessa ma protesa verso Dio. ( Se n'è occupato in questi giorni anche un Parroco N.d.R.)
La liturgia abbraccia l’universo, è aperta verso Dio, ha un valore cosmico. 
L’orientamento comune della preghiera liturgica significa questo e costituisce un elemento della liturgia che ritengo sia bene riscoprire anche nei nuovi movimenti e cammini della chiesa post-conciliare. 
La nuova evangelizzazione soprattutto nei paesi di antica tradizione cristiana potrà ancorarsi attraverso questi semplici e significativi segni all’esperienza bimillenaria della liturgia. 
Di altari storici sfuggiti alla distruzione rimangono fortunatamente ancora molti esempi e costituiscono un bene prezioso da rispettare. 
Non solo tutelandoli dal punto di vista artistico ma riscoprendone quindi tutto il loro perenne valore liturgico. 
Altari a mensola sono stati realizzati sin a tutti gli anni cinquanta dello scorso secolo, di questi molti con pregevoli fattezze architettoniche ispirate ad una sana modernità. 
Sin quì ho potuto indicare alcune linee di intervento nei riguardi delle chiese storiche. 
Altra cosa invece sono le nuove chiese da realizzare oggi. 
Parlo di chiese non destinate ad una specifica congregazione ma per accogliere nell’unità tutti i fedeli cattolici, come nel caso delle nuove chiese parrocchiali. 
Non si può a questo punto non considerare realisticamente le differenti sensibilità liturgiche presenti attualmente nella chiesa. 
Queste sono espressione dei diversi cammini spirituali compresi i cammini che si ispirano di più alla tradizione. 
Pertanto non ritengo corretta una visione dello spazio liturgico da imporre gli uni agli altri ma piuttosto uno spazio liturgico che recepisca le istanze di rinnovamento in continuità con la viva tradizione della chiesa. 
Per questo credo che per una nuova chiesa parrocchiale la soluzione da ricercare per l’altare non dovrebbe precludere la possibilità di celebrare correttamente sia versus populum che versus Deum
Questa condizione non è difficile da realizzare attraverso uno spazio adeguato distribuito tutt’intorno all’altare. 
Un altare così concepito costituisce una soluzione che può esser ampiamente condivisa. 
Nell’Altare della Cattedra di S.Pietro il Cardinale Canizares Llovera in occasione del Pellegrinaggio dei Fedeli pro Summorum Pontificum (3/novembre/2012) ha celebrato versus Deum semplicemente sistemando la croce e i candelieri sull’altro lato dell’altare. 
Proviamo ora a fare un ulteriore passo. 
Un altare così concepito come può esser compatibile con il tabernacolo centrale? 
Tale esigenza si manifesta innanzitutto considerando l’evolversi della tradizione liturgica che a cominciare dal XIII° sec. secondo un organico continuo processo di rinnovamento ha determinato l’affermarsi nel XVI° sec. della centralità del tabernacolo nelle chiese. 
Questa centralità si è confermata ampiamente nei secoli successivi. 
La riforma liturgica, iniziata già prima del Concilio Vaticano II, non intendeva operare una rottura con la tradizione ma piuttosto un rinnovamento nella continuità. 
La centralità del Tabernacolo infatti non è scelta di secondaria importanza, con il Tabernacolo in posizione centrale si comunica la centralità permanente di Gesù Cristo vivo e presente nella sua Chiesa. 
Ora accade che nella celebrazione versus populum con la centralità della custodia eucaristica vi è la contraddizione del sacerdote che rivolge le spalle al Tabernacolo. 
Non è sufficiente sistemare il Tabernacolo in posizione rialzata, poiché anche in questo modo si continua a volgergli le spalle. 
Attingere allora dalla tradizione della chiesa può esserci di valido aiuto. 
Nella chiesa del IV° sec. al centro del padiglione del ciborio erano sospese per mezzo di catenelle le custodie eucaristiche nelle due forme a torre e a colomba. 
Con tutta probabilità la torre servì da custodia alla colomba che conteneva il pane eucaristico. 
Qualche volta sotto al ciborio se ne innalzava un altro, di piccole dimensioni che prendeva il nome di peristerium (colombaio) in quanto custodiva la colomba eucaristica.” (S.E. Mons. Mauro Piacenza: La custodia dell’Eucarestia). 
Più tardi si aggiunse la forma a pisside. 
Il ciborio in epoca barocca si trasformerà in baldacchino continuando in qualche caso ad ospitare la custodia eucaristica pendente. 
Non mancano anche esempi recenti di tale soluzione come nell’altare maggiore della Cappella del Pontificio Istituto di Musica Sacra a Roma realizzato ai primi del novecento. 
Ora non si tratta di riproporre in modo pedissequo queste soluzioni ma piuttosto considerare il principio della custodia eucaristica pensile. 
Il ciborio e il baldacchino servono a sottolineare l’altare, e sin qui penso possa esserci un ampia condivisione. 
Un baldacchino da realizzare oggi potrà esser realizzato attraverso soluzioni architettoniche attuali. 
I materiali potranno esser della contemporaneità in un linguaggio architettonico sobrio. 
Una sana modernità per usare un espressione cara al Servo di Dio Papa Paolo VI. 
Un baldacchino così concepito potrà quindi costituirsi come struttura portante del tabernacolo pensile. 
Ma come realizzare oggi una custodia eucaristica pensile date anche le attuali esigenze di sicurezza? 
La tecnologia non può venirci in aiuto? 
L’uso accorto di opportuni e sperimentati dispositivi tecnologici propri dell’epoca in cui viviamo è nello spirito del Concilio e della stessa riforma liturgica. 
Si potrebbe infatti consentire il necessario movimento verticale del tabernacolo attraverso un colonnina telescopica appositamente studiata. 
Al posto delle catenelle vi sarà la colonnina telescopica che potrà garantire la necessaria robustezza e inamovibilità. 
La colonnina inoltre potrà avere un veste artistica in sintonia con il tabernacolo. 
Ad esempio rivestendo il tabernacolo con un canopeo si potrà distintamente rivestire anche il sistema telescopico. 
Si mostrerà alla vista una sorta di torre o piccolo ciborio ( peristerium ). 
Il prezioso tessuto del canopeo pendente arricchito di ricami sottolineerà il centro dell’altare, luogo della consacrazione e dell’elevazione durante la liturgia eucaristica. 
La superficie inferiore del tabernacolo potrà contenere una lampada in grado di attivarsi attraverso una cellula fotoelettrica intercettando i gesti delle mani del sacerdote durante la consacrazione. 
Durante la liturgia eucaristica il tabernacolo (adorazione) illumina il mistero celebrato in quel momento sull’altare. 
Segno dell’ ”ambiente spirituale” dove ben celebrare l’Eucarestia. 
Un rinnovamento degli aspetti architettonici della liturgia nel solco della viva tradizione. 
Credo infatti che si dovrebbe evitare di offrire ai fedeli soluzioni architettoniche che disorientino. 
I fedeli hanno da sempre saputo distinguere la differenza tra altare, Tabernacolo e le Sacre Specie Consacrate che si mostrano all’adorazione. 
Al contempo hanno mantenuto la percezione del loro profondo legame. 
L’architettura è in grado di comunicare la distinzione nell’unita. 
La riproposizione del tabernacolo pensile è stata proposta nella fase di idea progettuale attraverso una soluzione indicativa, una sorta di prototipo. 
Questo è in relazione architettonica al lavoro di ricerca da me intrapreso attraverso l’elaborazione del progetto per la chiesa parrocchiale di S. Giovanni Nepomuceno Neumann a Montespaccato (Roma)  ed
ha avuto la supervisione del Rev. prof. Uwe Michael Lang nell’ambito del Master da egli coordinato. 
Un presbiterio schematizzato dove cogliere immediatamente la versatilità della proposta che si presta a differenti soluzioni architettoniche. 
Un modo questo per soffermarsi soprattutto in questa fase sugli aspetti teologico-liturgici e tecnologici. La definizione artistica ed iconografica è anche essa aperta a diverse possibilità e si costituisce come distinto impegno progettuale di una fase successiva. 
Arch. Claudio Mecozzi