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mercoledì 3 ottobre 2012

Libertà, libertà di religione e libertà cristiana

 
Il Vescovo di Trieste spiega l'Esortazione Apostolica "Ecclesia in Medio Oriente"


di monsignor Giampaolo Crepaldi
 
ROMA, giovedì, 27 settembre 2012 (ZENIT.org) - Il Santo Padre Benedetto XVI è tornato sul tema della libertà di religione nella recente Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, dedicandovi soprattutto i paragrafi 25 e 27 a cui bisogna aggiungere i paragrafi 29 e 30 relativi a laicità e fondamentalismi.
Ambedue i blocchi di paragrafi sono disponibili nella sezione Documenti del sito dell’Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuan http://www.vanthuanobservatory.org. Sulla base di questi insegnamenti del Papa e di precedenti altri, vorrei proporre alcune osservazioni per  l’approfondimento e la discussione.
Indubbiamente la libertà di religione è un diritto naturale della persona umana. Il Magistero ha più volte insegnato che, in un certo senso, è il primo e il principale. Affermare che esso è un diritto naturale significa che esso è “precedente” alla scelta per l’una o per l’altra religione.
Ogni uomo ha il diritto di scegliere la sua religione, quella che egli ritiene la “vera religione”. Questo contiene un pericolo. Può indurre a pensare che la scelta per l’una o per l’altra religione sia indifferente rispetto alla libertà di religione e che questa rimanga tale e venga conservata e corroborata indifferentemente dalla scelta per l’una o per l’altra religione.
La libertà di religione ci sarebbe prima ed indipendentemente dalla scelta concreta per l’una o per l’altra che il fedele dovesse fare in seguito, quindi la scelta, che ne so, per il cristianesimo o per il buddismo, non avrebbe ripercussioni sulla libertà di religione, che ne sarebbe ugualmente confermata nei due casi.
Sostenere questo -  ossia l’indifferenza della scelta per l’una o l’altra religione rispetto alla libertà di religione – significa anche rinunciare alla “verità” delle religioni. Se l’uomo rimane libero comunque, indipendentemente dalla religione che sceglie, significa che tutte le religioni sono ugualmente vere. Tutte, infatti, rispettano la sua libertà. Non esistono religioni che, se scelte, comprometterebbero la libertà umana o comunque la inquinerebbero o la ridurrebbero. “La verità vi farà liberi”: ma se la libertà di religione c’è prima dell’incontro con le religioni e della scelta per una di esse, non potrà essere la verità della religione scelta a farci liberi.
La dottrina cristiana ha sempre distinto tra “libero arbitrio” e “libertà”. Il primo è la pura facoltà di scegliere. Il secondo è la concreta scelta per il bene. Chi infatti sceglie il male non è più libero, anche se mantiene il libero arbitrio. Si può dire che diventi schiavo di se stesso. La scelta del bene, ossia la vera libertà, può essere fatta alla luce della ragione.
Appartiene alla Rivelazione l’idea che l’uomo ha questa facoltà: nella sua coscienza razionale egli trova la luce del bene e il male. Però questa luce si appanna spesso e, dopo la caduta dei nostri progenitori, si inganna e devia dalla giusta strada. Senza la fede cristiana essa si perde. In altri termini: la ragione non è capace da sola di dare all’uomo la sua libertà, che pure egli ha per natura. Per farlo c’è bisogno della rivelazione e della fede.
Come si vede non è possibile che le religioni siano equivalenti a confermare e corroborare la vera libertà umana. Nella scelta di una religione piuttosto che di un’altra il libero arbitrio è fatto salvo, ma non la vera libertà. Questo perché non tutte le religioni sono egualmente vere, ma solo una è “vera”. E solo questa permette veramente di essere liberi. Tutte le religioni permettono di essere liberi, ma una sola lo permette veramente. Non si è liberi, infatti, se non secondo verità.
Torniamo allora al problema posto all’inizio. La libertà di religione non vuol dire che qualsiasi scelta religiosa conferma e verifica la libertà di religione. Saremmo in pieno relativismo religioso, che Benedetto XVI chiaramente condanna anche nella “Ecclesia in Medio Oriente”. Vuol dire che la libertà religiosa è un diritto naturale e che quindi non si può imporre con la forza una religione particolare.
Ma quel diritto naturale non è il semplice libero arbitrio, non è indifferente alla verità, ma si nutre di verità e di bene, cui solo la vera religione può dare piena risposta. Solo essa rende veramente liberi. Se da un lato è giusto riconoscere la libertà di religione, dall’altro si deve riconoscere che ci sono religioni che, una volta scelte, la danneggiano.
Se si pensa alla libertà solo come libero arbitrio, allora la libertà può essere esercitata anche senza avere rapporto con la verità. Ma se si pensa alla libertà come un diritto il cui esercizio è legato con il bene, allora la libertà non esiste fuori del rapporto con la verità. Se non esiste fuori del rapporto con la verità vuol dire che essa ha a che fare con essa fin da subito e non dopo, e quindi ha a che fare anche con Dio e quindi con la religione. Il nesso verità-religione si pone fin da subito e con esso il nesso tra libertà e religione vera.