tenuto dai FFI
nella forma straordinaria del Rito Romano
.
Per maggiori informazioni e il calendario esatto contattate Padre Domenico 0183 405451.
per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI un elenco su WIKIPED...
La torta di Mons. Williamson e altri pasticci
di don Alfredo Morselli
Don Girolamo se ne stava, dopo cena, comodamente seduto in poltrona, vicino alla sua stufa a legna; era stanco e felice, dopo una faticosa giornata di lavoro pastorale.
Non era riuscito ancora a controllare la posta; finalmente, prima di andare a letto, aveva ora un po’ di tempo per scartabellare la pila di buste e di involucri vari, quotidiano omaggio del postino.
– Accidenti, quante bollette – pensava, mentre riconosceva sulle buste i loghi della varie compagnie di gas-acqua-telefono, infausti presagi di pagamenti da fare.
Mise sotto la statua di San Giuseppe – suo validissimo collaboratore per questioni di questo genere – le bollette, e direttamente nella stufa la pubblicità, accuratamente mondata dagli involucri di cellophane.
Quella sera, compiuta siffatta divisione escatologica della posta, era sopravvissuto un bustone, che non conteneva né una bolletta né un depliant: al suo interno, c’era niente meno che l’ultimo numero di Duri e Puri, bollettino del Gruppo Tradizionalisti incavolati del Regno d’Italia.
Don Girolamo aprì incuriosito la busta, estrasse il giornalino e cominciò a sfogliarlo: trovò, tra vari titoli del tipo Basta!, Massoni!, Che schifo! Porci!, un’intervista rilasciata da S.E. Rev. ma Mons. Richard Williamson, uno dei quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X.
In quell’intervista, il presule inglese paragonava il Concilio ad una torta parzialmente avvelenata. Il paragone gli serviva per sostenere che, anche se non tutte le affermazioni contenute nei documenti del Vaticano II erano erronee, il Concilio sarebbe stato da rifiutare ugualmente in toto: proprio come si butterebbe via tutta una torta avvelenata, anche se il veleno fosse sparso solo qui o là.
– Se fossero vere le premesse, sarebbero vere anche le conclusioni – pensò don Girolamo.
E così continuò a riflettere su quel curioso paragone: – Ma perché le condizioni non possono essere vere? Perché la pasticcera che prepara le torte del magistero è una Mamma particolare: si chiama Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, e le ciambelle le riescono sempre bene, perché gode dell’assistenza formidabile dello Spirito Santo.
Questa Mamma provvede sempre e in ogni momento ai propri figlioli in diverse modalità: nelle grandi feste prepara delle buonissime torte straordinarie, definendone solennemente la ricetta. Inoltre, siccome non si mangia solo due o tre volte ogni secolo, ma due o tre volte al giorno, questa buona Madre è sempre intenta a sfornare ottime torte ordinarie: encicliche, discorsi, catechismi, udienze, la dottrina sociale della Chiesa etc. etc.
Lo Spirito Santo non lascia mai sola questa Mamma, anche nella preparazione delle torte ordinarie, e così tutto va sempre per il meglio –.
E dopo aver così riassunto la sua elementare ecclesiologia, piena di buon senso, cambiò repentinamente l’oggetto dei suoi pensieri, spaventato dall’ora già tarda.
– Sarà meglio che vada a dire il breviario… Cuor di Gesù! Sono rimasto a sesta: ho ancora nona, vespri e compieta. San Giovanni Maria Vianney, aiutatemi a voi a non addormentarmi, mentre finisco l’ufficio. –
Fuori c’era un freddo cane, su quella poltrona si stava troppo comodi, il caldino della stufa rassomigliava ad una consolazione spirituale… e così, nonostante la preghiera al Curato d’Ars fosse stata fatta con gran fervore, non bastò ad ottenere la grazia implorata.
Deus in adiutorium… Rerum Deus tenax vigor … furono tutto quello che il povero don Girolamo riuscì a dire prima di cadere in braccio a Morfeo.
E così il nostro parroco – non vi ho ancora detto che era arciprete di Roccacannuccia minore, uno sperduto paesello di montagna (il TomTom non lo aveva neppure inserito nelle mappe), dove era stato mandato “a farsi passare le nostalgie del passato” (erano queste le parole che, sogghignando, il Vicario generale aveva rivolto, trent’anni prima, ad alcuni suoi protetti, spiegando i motivi di quella designazione)… ebbene il nostro arciprete si trovò, d’un tratto, in una meravigliosa pasticceria.
Dietro al banco c’era una Signora anziana, ma bellissima: era quella Mamma che don Girolamo si era immaginato prima, nella sua elementare confutazione della metafora della torta di Mons. Williamson.
La Mamma era tutta intenta a preparare un gran tortone, composto da sedici parti, che volle chiamare pastorale; quando la torta fu ultimata, successe – per la prima volta da quando la pasticceria era stata aperta – che all’assaggio del tortone, tutti i clienti furono colpiti da una dissenteria fulminante. Non si faceva a tempo a mangiare anche un solo piccolo pezzo di questa torta, che subito si veniva colti da stimoli incontenibili. Tutta la città si trovò colta da violentissimi dolori di pancia e conati di vomito irrefrenabili.
La maggioranza, colpita anche ai centri nervosi, riteneva questo penoso stato una nuova primavera, benché ci si trovasse in pieno inverno; ma in alcuni buoni cristiani rimasti lucidi, si insinuò il pensiero che la dissenteria fosse una conseguenza diretta della torta.
Alcuni buoni figli di questa Madre, nel sincero desiderio di soccorrerla e di evitarle guai, pensarono di sottoporre la torta incriminata a una sorta di Prova del cuoco.
– Qui c’è un discorso da fare – si dissero l’un l’altro. Esaminiamo questa torta alla luce della tradizione gastronomica. Assaggiamo le varie parti della torta e, laddove trovassimo che gli ingredienti non sono quelli con cui la Mamma ha sempre fatto le altre torte, ne conchiuderemo che la Mamma si è sbagliata: la Mamma è sempre la Mamma, ma – nella preparazione delle torte ordinarie –, non è sempre infallibile. E allora dovremmo metterla di fronte alle sue responsabilità.
Si riunirono per tre giorni a Roma, e cominciarono ad assaggiare il tortone: chi metteva il dito nella zona della panna e poi se lo portava alla bocca piluccandolo, chi esplorava la zona della nutella, chi i confetti sparsi qua e là… E mentre con un dito assaggiavano la torta, discettando circa le varie ipotesi, con l’altro sfogliavano il Denzinger–Artusi, il gran ricettario della tradizione gastronomica sicura.
E qui cominciò a sorgere in loro qualche dubbio. Infatti tra le regole generali del Denzinger–Artusi, erano ben evidenziate le seguenti parole: il Signor Pietro non è giudicato da nessuno.
Il Signor Pietro era l’Amministratore Delegato della pasticceria, e la Santa Madre gli aveva affidato tutte le chiavi del negozio (anche quelle del piano di sopra), ed era noto a tutti che aveva prerogative di infallibilità. Questa infallibilità non scattava sempre in automatico, ma cominciava a diventare un problema serio quando qualcuno avesse dovuto dichiarare l’ipotetico errore del Sig. Pietro.
Infatti, chi avrebbe potuto giudicare tra il Signor Pietro e la Tradizione gastronomica? Chi era in grado di dichiarare una reale opposizione tra loro? Sarebbe stato necessario un giudice superiore al Sig, Pietro. Ma questo personaggio non era stato previsto dal Fondatore della pasticceria.
A tutti poi ripugnavano le tesi neo-conciliariste dei pasticceri della scuola di Bologna, secondo le quali un concilio di cuochi era superiore al Sig. Pietro, e quindi, a fortiori, nessuno avrebbe potuto trascinare Pietro di fronte al tribunale della Tradizione: questo sarebbe divenuto in realtà il tribunale della ragione di una elite autonominatasi ed autoaccreditatasi a verificare la coerenza del Sig. Pietro con la tradizione stessa: non enim qui se ipsum commendat ille probatus est, sed quem Dominus commendat!
Inoltre il Denzinger–Artusi, impietosamente, mostrava che non infallibile non voleva dire assolutamente opinabile!
Un Amministratore delegato del Passato, in una raccolta di gravi errori da evitarsi, chiamata Sillabo, aveva infatti condannato la seguente ricetta:
“L’obbligo al quale sono assolutamente vincolati i maestri e gli scrittori cattolici, si restringe soltanto a quelle cose che dall’infallibile giudizio della chiesa sono proposte come dogmi di fede da credersi da tutti” (Prop. 22).
E ancora, in una gran riunione di pasticceri al club Vaticano I, l’Amministratore delegato e i pasticceri avevano insieme stabilito che:
“Con fede divina e cattolica, si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che la chiesa propone di credere come divinamente rivelato sia con un giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario e universale” (Cost. dogm. Dei Filius).
Un altro Amministratore, più recentemente, aveva insegnato che:
“Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i pontefici non vi esercitano il potere del loro magistero supremo. Infatti questi insegnamenti sono del magistero ordinario, di cui valgono pure le parole: «Chi ascolta voi, ascolta me» [Lc 10,16]; e per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica.
Se poi i sommi pontefici nei loro atti emanano di proposito una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale questione, secondo l’intenzione e la volontà degli stessi pontefici, non può più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi”. (Pio XII, Lett. enc. Humani Generis, 12-8-1950)
Si resero dunque conto che il fatto che il tortone fosse stato indebitamente soprelevato al rango di super-torta – quasi un nuovo inizio dell’arte culinaria –, non li autorizzava all’errore contrario, che era quello di abbassarlo al rango di ricetta opinabile su cui ogni pasticcere può emettere la sua sentenza.
Ma come spiegare allora la dissenteria generale che aveva colpito tutti coloro che avevano mangiato anche solo un minuscolo pezzo del tortone? Compresero che il veleno non era dentro la torta, ma nel piatto in cui la torta era stata prima fatta a pezzi, e poi servita ai clienti, da dipendenti traditori, fatti assumere fraudolentemente nella pasticceria dal più agguerrito concorrente del Sig. Pietro.
Questi commessi erano numerosissimi e da secoli stavano lavorando dentro la pasticceria, cercando vanamente di portarla al fallimento. Questa volta ci erano andati molto vicini, ma non erano riusciti a prevalere (come, del resto, aveva promesso lo stesso Fondatore della pasticceria).
Allora i pasticceri, che avevano sottoposto il tortone alla Prova del cuoco rientrarono in se stessi, e dissero nel loro cuore: – Tornerò da mio padre! –.
E così tornarono a casa, dove ad attenderli c’era il signor Pietro in persona, il quale li abbracciò e li fece entrare in una grande sala, con un largo tavolo quadrato, con anfore, fiori e candelieri. Entrando nella sala i pasticceri urlarono terrorizzati. Il Signor Pietro si stupì, ma capì subito dove era il problema:
– No, ragazzi, non è un’aula dei neocatecumenali, è proprio una sala da pranzo normale! Su sedetevi e state in pace… –
L’allegro vociare della brigata, ricomposta in pieno accordo, fu interrotto da un colpo secco, simile a un busso. Il breviario di don Girolamo, appesantito da una bellissima rilegatura in cuoio, gli era scivolato dalle mani ed era caduto sul vecchio pavimento in legno: il rumore aveva destato il buon parroco da quel pur sacrosanto appisolamento.
Don Girolamo raccolse il libro: era aperto nella pagina che più di ogni altra gli dava consolazione: la tabella delle feste mobili. Eh sì, proprio quella, con la data della Pasqua segnata fino al 2050.
Per anni il buon arciprete aveva recitato l’antico breviario, usando vecchie copie dei suoi predecessori, e la tabella si fermava al massimo agli anni ’90. Ma da qualche anno erano iniziate le ristampe, e così la tabella fino al 2050 era un piccolo segno che il nuovo inizio non sarebbe stato un fuoco di paglia: certo, la battaglia sarebbe stata durissima, ci sarebbe voluta ancora tanta pazienza, ma la prossima vittoria era ormai certa.
Don Girolamo chiuse il breviario e si incamminò verso la chiesa, dove il freddo e un duro inginocchiatoio lo avrebbero aiutato a completare l’ufficio, al sicuro dalle insidie di Morfeo.
E, mentre scendeva le scale, alzando lo sguardo come suo solito verso un’immagine dell’Immacolata, una preghiera gli sgorgò dal cuore:
– Madre santissima, lo so che Voi avete il potere di far sì che i bei sogni divengano realtà: non merita forse questo sogno il Vostro intervento? –
*
.Articolo tratto dal The Telegraph del 25.01.2011.
fonte: The Telegraph Link
"Alcuni eminenti della Comunione anglicana d’Inghilterra hanno attaccato l’offerta di Papa Benedetto XVI per gli anglicani illusi di convertirsi al cattolicesimo, descrivendola come gesto da "predatore"e "insensibile".
Un vescovo ha affermato che l'invito del Vaticano ha "imbarazzato" il dottor Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury, mentre un chierico lo ha paragonato ad una "offerta pubblica di acquisto aziendale".
Un altro vescovo ha ammesso che i rapporti tra le due Chiese [o meglio tra la Chiesa cattolica e l’unione anglicana, n.d.r.] siano stati danneggiati dalle conversioni degli anglicani.
E' la prima volta che anglicani di spicco hanno criticato l’offerta del Papa da quando è stata proposta nel 2009 e rivela tutta la rabbia che era stata fin ora latente.
Le loro osservazioni seguono l'ordinazione di tre pastori ex anglicani come sacerdoti cattolici sabato scorso e che sta rappresentando il rischio di esacerbare le tensioni tra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica.
Il clero cattolico è rimasto costernato da un sermone tenuto dal Canonico Giles Fraser, cancelliere della cattedrale di St Paul, nel corso di un servizio liturgico la scorsa settimana al termine della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.
Parlando alla Cattedrale di Westminster (cattedrale per i cattolici in Inghilterra e nel Galles), dove sono stati ordinati gli ex-"vescovi", [Giles Fraser] ha detto che l’offerta del Papa per i pastori anglicani di poter tornare sotto Roma è stato sentito come un gesto “leggermente predatorio”.
"In termini aziendali, [è] un po 'come un'offerta pubblica di acquisto in qualche gioco di potere della politica della Chiesa", ha proseguito Fraser. "E se gli anglicani percepiscono così, mi chiedo se le cose sono davvero così rosee nel giardino ecumenico”. [hembè? Anche fosse, chi se ne importa?]
Ai suoi commenti hanno fatto eco quelli di Christopher Hill, "vescovo" di Guildford, che è Presidente del Consiglio per l’Unità dei Cristiani della Comunione Anglicana.
"Credo che sia stato un atto insensibile [l’offerta del papa ] per il fatto che sia arrivata in un momento in cui la “Chiesa” d'Inghilterra era ancora in fase decisionale relativa l'ordinazione delle donne ed è avvenuto con una minima consultazione".
"E 'stato difficile e imbarazzante non solo per l' "arcivescovo" Rowan, ma anche per i vescovi cattolici inglesi". [meglio: nel caso, non hanno così avuto modo di opporvisi (troppo), in nome del solito perbenismo ecumenico]
"Io non credo che fossero entusiasti e ci rendiamo conto che li ha messi in una posizione difficile."
Papa Benedetto ha emesso un decreto storico nel 2009, promettendo che i pastori e i fedeli anglicani avrebbero potuto convertirsi al cattolicesimo in una "struttura" chiamata Ordinariato che permetterebbe loro di conservare alcuni elementi della loro eredità.
Solo 50 preti hanno finora indicato che vorrebbero con piacere seguire i tre ex pastori nel passaggio a Roma, ma questo numero potrebbe crescere se i tradizionalisti si sentissero non più disposti di rimanere nella "chiesa" d'Inghilterra con l'introduzione delle donne vescovo [e saranno anch'essi i benvenuti!]
John Saxbee, “Vescovo” di Lincoln, ha detto […] "Non posso giudicare i motivi [dell'offerta], ma il modo in cui è stata fatta non si sposa facilmente con tutti i discorsi tesi a migliorare le relazioni". […] [o poverini! si sono offesi? Il sig. Saxbee forse voleva che il Papa chiedesse loro il permesso di convertire un po' di anglicani? allora sì che sarebbe stato un gesto cortese?]
Potrebbero filtrare le relazioni del mese prossimo, quando il Sinodo generale e la “chiesa” del Parlamento inglese, dibatteranno su un rapporto redatto dalle due "chiese" sull'importanza di Maria, che i cattolici credono fosse libera da "ogni macchia di peccato originale". [non è che semplicemente "crediamo", "riteniamo", ma l'Immacolata Concezione della B.V.M. è un dogma, una verità di fede!]
"Questo rapporto potrebbe essere motivo di ulteriore divisione perché non rappresenta ciò che gli anglicani credono sui dogmi su Maria," ha detto un membro del Sinodo. [affari loro, noi certo non vogliamo né possiamo cambiare anche al teologia mariana per farli contenti! Ma che pretendono?]
Il "vescvovo" Hill ammette che probabilmente il tono del dibattito sarà più "belligerante" di quanto sarebbe stato prima della creazione dell'Ordinariato [suona come una minaccia?]aggiungendo: "[... ]nella "chiesa" d'Inghilterra si può avere una varietà di opinioni verso Maria [ah sì? strano], ma la Chiesa cattolica romana ha solo una convinzione sola" [sì, e guai a chi ce la tocca!].
Il cardinale Walter Kasper, un collaboratore del Papa ed ex presidente del Ponticio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, ha tentato di allentare le tensioni della scorsa settimana.
Parlando ad una cena con il dottor R. Williams, ha detto che l'ordinazione di tre ex pastori anglicani non ha rappresentanto un "giorno della vittoria", ma "un giorno di penitenza". [penitenza per che cosa, eminenza? Per aver convertito alcuni anglicani? O il suo era il solito buonismo? O un mieloso tentativo diplomatico di edulcorare la pillola? Comunque sia, l’importante è che le conversioni e le ordinazioni siano iniziate! E, lo faccia dire a noi: vittoria! (e non la Regina, ben inteso!)].
.
fonte: Amici di Papa Ratzinger 4
ps. ove possibile nella traduzione abbiamo sostituito la parola "chiesa" (quando il termine originale church era usato in riferimento a quella non Cattolica) con la perifrasi più appropriata "Comunione anglicana"; lo stesso con la parola "vescovo".