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venerdì 2 dicembre 2011

Il vicario generale dell’Opus Dei, che ha partecipato al dialogo dottrinale con i lefebvriani, risponde alle obiezioni della Fraternità San Pio X

Pubblicato sull’Osservatore Romano

Dal Vaticano i punti fermi sul Concilio
di Andrea Tornielli, da Vatican Insider del 02.12.11

Città DEL VATICANO

"Il Concilio Vaticano II non ha definito nuovi dogmi, e anche se è stato un concilio «pastorale» ciò non significa che non sia stato anche dottrinale. Lo spiega il teologo Fernando Ocáriz, vicario generale dell’Opus Dei nonché membro della delegazione vaticana protagonista del dialogo dottrinale con la Fraternità San Pio X, in un articolo pubblicato questo pomeriggio su «L’Osservatore Romano». La riflessione di Ocáriz, intitolata «Sull’adesione al concilio Vaticano II», è stata resa subito disponibile nelle varie lingue sul sito Web del quotidiano vaticano (www.osservatoreromano.va) ed è motivata dal cinquantesimo anniversario dell’indizione della grande assise ecumenica, avvenuta il 25 dicembre 1961 da parte di Giovanni XXIII.
Ma l’autore non si sofferma a rievocare le circostanze dell’indizione o i contenuti della relativa bolla. Risponde, invece, a tutte una serie di obiezioni che hanno caratterizzato il dibattito sulla ricezione del Concilio negli ultimi tempi: da quelle decise sollevate dai lefebvriani, i quali ritengono che il Vaticano II abbia rappresentato un allontanamento dalla plurisecolare tradizione cattolica, a quelle presentate da storici e teologi vicini alle posizione tradizionaliste, come Roberto de Mattei (autore di una Storia del Concilio Vaticano II visto da destra) e monsignor Brunero Gherardini (autore di un libro, Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, che si conclude con un appello al Papa perché chiarisca come interpretare correttamente certe pagine dei testi conciliari).
L’articolo su «L’Osservatore», benché non sia collegato in alcun modo con l’arrivo ormai imminente della risposta della Fraternità San Pio X alla Santa Sede in merito alla proposta ricevuta lo scorso settembre, consistente di un «preambolo dottrinale» da accettare, entra in merito proprio alla questione centrale discussa dai lefebvriani con le autorità vaticane. Ocáriz precisa «la natura dell’adesione intellettuale dovuta agli insegnamenti del Concilio», data la «persistenza di perplessità manifestatesi, anche nell’opinione pubblica, riguardo alla continuità di alcuni insegnamenti conciliari rispetto ai precedenti insegnamenti del magistero della Chiesa»
Innanzitutto, il teologo spiega che «l’intenzione pastorale del Concilio non significa che esso non sia dottrinale», dato che «le prospettive pastorali si basano infatti, e non potrebbe essere diversamente, sulla dottrina» e che la dottrina «è parte integrante della pastorale».
In questo modo si risponde alla tesi secondo cui il Vaticano II, non avendo definito nuovi dogmi ed essendo stato un concilio pastorale, avrebbe per ciò stesso un valore minore. Il fatto che «un atto del magistero della Chiesa non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato “fallibile” nel senso che trasmetta una “dottrina provvisoria” oppure “autorevoli opinioni”». Il Vaticano II ha, spiega Ocáriz, il carisma e l’autorità dell’intero episcopato radunato con Pietro e sotto l’autorità di Pietro «per insegnare alla Chiesa universale». Negarlo «sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa».
Nell’articolo si spiega anche che, «naturalmente non tutte le affermazioni contenute nei documenti conciliari hanno lo stesso valore dottrinale e quindi non tutte richiedono lo stesso grado di adesione». Proprio sui tre gradi diversi di adesione alle dottrine proposte dal magistero della Chiesa verte la «Professio fidei», al professione di fede richiesta per chi assume un ufficio ecclesiastico. E la «Professio fidei» rappresenta anche il cuore del «preambolo» che il Vaticano ha consegnato ai lefebvriani due mesi e mezzo fa.
Nei documenti del Vaticano II ci sono dunque affermazioni che «ricordano verità di fede» e dunque «richiedono l’adesione di fede teologale», spiega Ocáriz, così come «richiedono un pieno e definitivo assenso le altre dottrine ricordate dal Vaticano II che erano già state proposte con atto definitivo da precedenti interventi magisteriali». Si tratta, in questi primi due casi, di verità contenute nella rivelazione (è richiesta l’adesione di fede) o definite in modo definitivo dalla Chiesa (è richiesto un pieno e definitivo assenso).
Per quanto riguarda gli altri insegnamenti conciliari, essi, spiega l’articolo de «L’Osservatore Romano», «richiedono il grado di adesione denominato “ossequio religioso della volontà e dell’intelletto”». Un «assenso religioso», non fondato quindi su motivazioni puramente razionali, che non è un atto di fede, «quanto piuttosto di obbedienza, non semplicemente disciplinare, bensì radicata nella fiducia nell’assistenza divina del magistero». Nei testi del magistero, e dunque anche in quelli del Vaticano II, «possono esserci – osserva ancora Ocáriz – anche elementi non propriamente dottrinali, di natura più o meno circostanziale (descrizioni dello stato delle società, suggerimenti, esortazioni, ecc.). Tali elementi vanno accolti con rispetto e gratitudine, ma non richiedono un’adesione intellettuale in senso proprio»."

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