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martedì 28 dicembre 2010

La musica sacra a servizio della verità


Di padre Paul Gunter, O.S.B.*

ROMA, mercoledì, 1° dicembre 2010 (ZENIT.org).- Al tempo in cui sant’Agostino scrisse «Qui cantat, bis orat – chi canta prega due volte», si poteva riconoscere facilmente quanto il carattere proprio della musica sacra la rendesse essenzialmente diversa da un semplice canto di gruppo, o da un’elegante performance da parte di un musicista esperto, ma di ambito secolare. La convinzione del fatto che la preghiera raddoppia se cantata invece che recitata, non era basata tanto sui meriti dello sforzo umano, quanto piuttosto sulla necessità di descrivere la dimensione numinosa all’interno della musica sacra, i suoi aspetti emotivi ed artistici, in quanto interfaccia dello scambio tra Dio, Datore di ogni dono, e la risposta d’amore dell’essere umano all’amore onnipotente del Signore.

Un amore più grande cercherà una qualità più alta e non soltanto una quantità più abbondante, e ciò avviene quando la perseveranza di un singolo o di un gruppo ha ottenuto un progresso in ambito musicale e ha sperimentato per ciò stesso la bellezza delle sue consolazioni spirituali. Sacrosanctum Concilium (SC) afferma che «la sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa» (n. 9) e aggiunge molto acutamente che «prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione»; inoltre al n. 10 chiarisce che «la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa». La liturgia, pertanto, è precisamente la fonte della forza necessaria ad ogni opera apostolica. Lì dove la vita liturgica della Chiesa è lasciata al caso, la mancanza di coerenza nei suoi frutti diviene evidente. I musicisti liturgici devono essere valorizzati e supportati in tutti i modi possibili, se essi devono raggiungere un livello tecnico tale che permetta loro di comunicare, attraverso la musica sacra, la relazione con il mistero tremendo che è Dio. È questa percezione della santità di Dio, specificamente tratta dalla musica sacra, che forma un ponte che permette alle persone di far incontrare il loro desiderio di Dio col desiderio di conformare la loro vita alla Sua.

La musica sacra è preghiera ordinata a far elevare i cuori e le menti verso Dio. Al di là delle sfide rappresentate dalle preferenze personali o culturali, lo scopo della musica sacra è sempre la lode di Dio. La partecipazione attiva dell’assemblea dovrebbe essere ordinata a questo fine, in modo che non venga né compromessa la dignità della liturgia, né vengano oscurate le possibilità per un’effettiva partecipazione al culto divino. La actuosa participatio non esclude diversi livelli di partecipazione che, di per se stessi, indicano che la “partecipazione nell’atto” non è diminuita dal fatto che uno potrebbe non stare cantando ogni cosa in ogni momento. La musica sacra deve conformarsi ai testi liturgici e la musica devozionale deve ispirarsi a testi biblici o liturgici, curando in ogni caso di non nascondere le realtà ecclesiologiche della Chiesa. Papa Giovanni Paolo II lo ha spiegato ad alcuni vescovi degli USA, in occasione della loro visita ad limina nel 1998: «La partecipazione piena non significa che ognuno fa ogni cosa, poiché questo porterebbe a clericalizzare il laicato e a laicalizzare il sacerdozio; e questo non è ciò che il Concilio aveva in mente. La liturgia, come la Chiesa, deve essere gerarchica e polifonica, rispettando i diversi ruoli assegnati da Cristo e permettendo a tutte le diverse voci di convergere in un unico grande inno di lode». La musica sacra, perciò, nelle sue espressioni di fede religiosa, fedeltà testuale e misurata dignità, deve diventare un simbolo di comunione ecclesiale.

Il carattere di musica sacra non è diminuito quando essa è semplice, nella misura in cui la sua semplicità è nobile piuttosto che banale. L’uso diffuso, benché proibito, di musica secolare registrata e di canzoni “pop” ai funerali giustifica la presa di distanza di molti fedeli, che si mostrano estranei alla vita musicale della Chiesa. Canti “cultuali” dottrinalmente insipidi, che spesso prendono il posto di tesori liturgici con valore catechetico, con l’effetto che la cultura di musica ecclesiale in molte parrocchie è stata «condotta in un vicolo cieco nel quale si può dire sempre di meno circa il suo quo vadis» – questo è il modo in cui J. Ratzinger descrive la separazione della cultura moderna dalla sua matrice religiosa (A New Song for the Lord. Faith in Christ and liturgy today, Crossroad, New York 1996, p. 120).

Sacrosanctum Concilium ha detto che al canto gregoriano dovrebbe essere riservato «il posto principale» (n. 116) e che l’organo a canne «è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti» (n. 120). Mentre gli effetti delle interpretazioni antropologiche post-moderne sono intolleranti nei confronti di ogni tendenza a rifarsi al passato, le verità senza tempo e universali sono di beneficio alle persone di tutti i tempi e luoghi.

È necessaria un’efficace catechesi liturgica al centro della Nuova Evangelizzazione per favorire l’immersione dei fedeli nei misteri celebrati per ritus et preces – attraverso i riti e le preghiere (cf. SC 48). Il Motu Proprio del 2007, Summorum Pontificum, ha offerto un’opportunità determinante per il revival del canto gregoriano, in quei luoghi in cui esso era stato precedentemente praticato, nonché per il suo inserimento in contesti nei quali ancora non fosse conosciuto. Sarebbe triste, però, se per brama di comprendere tutto, l’uso del canto gregoriano nelle parrocchie fosse limitato alla celebrazione in «forma straordinaria», relegando così l’antico idioma di questo canto alla storia della Chiesa e a simbolo di polarizzazione. Tra le opportunità pastorali, non è chiedere troppo che le persone possano fare esperienza dell’universalità della Chiesa a livello locale, essendo capaci di cantare le parti che loro competono in latino (cf. SC 54). Questa è stata l’intenzione dei padri del Concilio. Con la dovuta moderazione e sensibilità pastorale, questa pratica si unirebbe armonicamente alle ricche espressioni della fede cattolica in vernacolo.

Infine, l’armonia ed ortodossia della musica sacra per un’efficace predicazione del deposito rivelato dipende dalla fedeltà del cristiano alla vita di grazia, in una più grande dedizione al vivere coerente, come la Regola di san Benedetto afferma tanto chiaramente: «Consideriamo, perciò, come dovremmo comportarci alla presenza di Dio e dei suoi angeli e manteniamoci […] in forma tale che le nostre menti siano in accordo con le nostre voci» (19,6-7).

[Traduzione dall’inglese di don Mauro Gagliardi;]
*Padre Paul Gunter, O.S.B., è professore al Pontificio Istituto Liturgico di Roma e consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

14 commenti:

  1. Vorrei chiedere a Padre Paul Gunter che, come vedo dalla nota in calce all'articolo qui pubblicato  è professore al Pontificio Istituto Liturgico di Roma, nonché consultore dell'Ufficio della Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice: è a conoscenza se le disposizioni contenute nella "Ratio Studiorum" di Ruini del 2006, relativa al piano di studi nei seminari italiani, sono state applicate dai rettori oppure disattese?


    <p><span><span>Per i lettori riporto di seguito il programma integrale del corso di "Musica Sacra" previsto dall'ultima "Ratio Studiorum" per i seminari d'Italia. Il decreto, firmato dall'allora presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cardinale Camillo Ruini, è entrato in vigore il 15 dicembre 2006.

    <span></span></span></span>
    </p><p>

    <span>MUSICA SACRA</span>
    </p><p>
    <span><span>Obiettivi
    [....]
    </span></span>

    </p><p><span>
    </span>
    </p><p><span><span>Didattica

    </span></span>

    </p><p><span><span><span>·</span><span>        </span></span></span><span>Conoscenza e uso del repertorio gregoriano fondamentale, che la Chiesa riconosce come proprio della liturgia romana. - Conoscenza ed uso del repertorio nazionale di canti per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana. </span>
    </p><p><span><span><span>·</span><span>        </span></span></span><span>Esercitazioni sull'ordinario della Messa e sul canto del celebrante. - Apprendimento di alcune nozioni base di teoria e solfeggio musicale e sull'uso della voce, e per il suono - anche solo sommario - di uno strumento musicale, preferibilmente l'organo a canne. </span>
    </p><p><span><span><span>·</span><span>        </span></span></span><span>Esercitazioni seminariali su alcuni aspetti particolari della musica sacra. </span>
    </p><p><span><span><span>·</span><span>        </span></span></span><span>Preparazione accurata, in forma di laboratorio, del canto liturgico per le celebrazioni.
    Esercitazioni sul canto della Liturgia delle ore, soprattutto degli inni<span>  </span>e della salmodia.</span>
    </p><p><span> </span></p>

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  2. Trascrivo qui sotto anche gli obbiettivi e i contenuti della ratio studiorum che per limiti di spazio nel post precedente non ho potuto riportare.
    <p><span><span>Obiettivi

    </span></span>

    </p><p><span>La musica sacra - in particolare il canto sacro - è intimamente unita alla liturgia. Pertanto la conoscenza, la formazione e la pratica della musica per la liturgia devono abituare gli alunni a cogliere la stretta unità tra rito e azione liturgica, ed educarli ad ammettere nel culto divino le forme musicali della vera arte, avendo la musica sacra il solo fine della gloria di Dio e della santificazione dei fedeli. Tale formazione contribuirà alla pertinenza delle celebrazioni liturgiche nei <span> </span>seminari e alla preparazione di pastori capaci di celebrare con proprietà ed afflato spirituale i misteri divini, favorendo la bellezza dei riti, la loro solennità e la comunione ecclesiale che lo stesso canto del rito favorisce. </span>
    </p><p><span> </span>
    </p><p><span><span>Contenuti

    </span></span>

    </p><p><span>Il corso dovrà prevedere lo studio accurato dei principi basilari della musica liturgica secondo la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium e l'istruzione Musicam Sacram, analizzandone i fondamenti teologici, antropologici, estetici e pastorali. Sarà inoltre necessario conoscere la disciplina e le norme fondamentali per il canto sacro e alcune indicazioni di base sull'animazione e sulla partecipazione dei fedeli. </span>
    </p><p><span>Di grande utilità potrà essere un breve panorama della storia del canto sacro. Si insista sulla conoscenza della natura e della funzione del canto dell'ordinario della Messa (parti del presbitero, dei vari ministri, della schola cantorum e dell'assemblea), cui gli alunni dovranno abituarsi già nelle celebrazioni liturgiche in seminario. Si dia il giusto risalto al canto del proprio della Messa (parti variabili) e all'arte del salmodiare. Si affronti il tema del canto della Liturgia delle ore (innodia, salmodia e canti responsoriali). </span>
    <span>I seminaristi siano educati alle varie espressioni di canto liturgico (gregoriano, polifonico, popolare e "giovanile"), imparando a esercitare il discernimento sulle priorità, sulle qualità liturgiche,
    artistico-musicali e testuali dei brani, e a distinguere le diverse opportunità pastorali di
    uso degli stessi, abituandosi a differenziare il canto per la liturgia da quello per altre attività pastorali. Si offrano alcune nozioni sugli strumenti musicali per la liturgia.

    </span></p>

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  3. so che forse questo non è il luogo adatto a farlo ma vi voglio chiedere lo stesso una preghiera per una mamma confusa che domattina ha l'aborto prenotato e per il suo bimbo, grazie.

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  4. proprio il giorno dopo in cui si ricordano i Santi Innocenti.......
    Pregherò......

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  5. aborto rimandato!!! grazie per le preghiere e se potete continuate!!! ci sono grossi presupposti perché il demonio non voglia che in particolare questo bambino nasca!!! forse sarà un futuro Papa… chi lo sa...

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  6. Prego volentierissimo per questa mamma e per il suo bimbo!
    Anche se non sarà un futuro Papa, sempre figlio di Dio è e questa è la più bella eredità che lo possa attendere.

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  7. Quando studiavo io (molti anni fa) il testo d S. Agostino recitava "Bis orat qui bene cantat"...
    Forse la lezione è stata aggiornata?

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  8. La ratio studiorum è applicata, con alcune deroghe, in forse 5 o 6 seminari italiani.
    Se si applicasse da oggi alla lettera, avremmo dei frutti non prima di 10 anni.
    Il problema è rapprsentato da Vescovi e Rettori che di liturgia e musica liturgica non capiscono nulla e nemmeno ambiscono a capire qualcosa.
    tenete conto che tutta l'attuale leva dei Vescovi e dei Rettori si è formata negli anni della più barbara demolizione pos-conciliare.
    I seminaristi hanno qualche anelito, quando entrano in seminario, ma dopo - con lo scriteriato vezzo di rimandarli a casa/parrocchia il venerdì - non fanno che adagiarsi sul quel repertorio "giovanile" che la Ratio di Ruini, in modo molto inquietante ha introdotto pure quale quartum genus che il Magistero prima non ha mai nemmeno nominato (se non erro).
    Speriamo che si cominci ad applicarla.

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  9. Il testo di p. Gunter è molto bello, ma mi sembra un pò secolaristico parlare di "revival" del gregoriano.
    Non sarebbe meglio dire reviviscenza o ritorno a casa propria?
    E torni in ogni celebrazione, del nuovo come del vecchio rito: esso è una delle eredità più belle che accomuna la liturgia riformata a quella tradizionale.

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  10. nei seminari non si studia musica Mons Bassetti ha fatto una panoramica devastante dei seminari italiani eccetto molfetta , bergamo, fiesole e pochi altri..........se non si studia in seminario cosa diranno nelle parrocchie??
    il grandissimo CARDINALE SIRI diceva : " il futuro della musica sacra, è nel seminario...."

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  11. Se Molfetta è uno dei seminari in cui si studia la musica..... ??
    Figuriamoci cosa esce dagli altri!

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  12. Tendenzialmente per i tradizionalisti il problema della musica sacra è marginale. La verità è che della musica sacra non frega più niente a nessuno.

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  13. Mi pare invece che la Tradizione sia molto più attenta alla musica ed alle arti sacre, quale parte integrante e sostanziale del rito, che non i progressisti e tutto il clericume bugninista al quale non importa punto che la musica sia bella o meglio adatta al rito.
    Basta che si canti qualcosa per adornare il vuoto pneumatico di celebrazioni ove non sciatte, molto fredde e buroratic-modernistiche con una punta di onnipresente pauperismo radical-chic e un invasivo minimalismo che ammorba la morale, la dottrina, come la liturgia e le arti sacre.
    Importa che, con la scusa della pastorale, e della pseudo partecipazione popolare, la gente sia distratta dalla deriva progressiva verso un "protestantesimo" liturgico che nemmeno i luterani a volte conoscono.

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La Redazione