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domenica 26 settembre 2010

L'insensata resa all'Islam

Articolo da meditare, e far meditare (specie, ad esempio, nella curia milanese):

di Raffaele La Capria

Tutti i rapporti tra gli individui, i popoli e le nazioni sono basati su questo principio: Tu non puoi fare a me quello che io non posso fare a te. Quando fai a me quello che io non posso fare a te si rompe l' equilibrio necessario perché vi sia la pace. Questo equilibrio si rompe (e infinite volte nella storia si è rotto) con la guerra. È il vincitore che impone la sua legge al vinto e gli dice: Io posso fare a te quello che tu non puoi fare a me. Così il vincitore infrange il principio di reciprocità con la violenza e con la forza. Ma adesso cosa accade, cosa sta accadendo?

Che questa imposizione del vincitore è diventata una prerogativa (un presupposto) del mondo islamico, anche se non c' è nessuna guerra vinta. L' Islam parla come parla il vincitore e dice: io posso fare a te quello che tu non puoi fare a me, posso venire a Roma e dire quel che mi pare (Gheddafi), anche se offensivo per i tuoi sentimenti religiosi, ma tu non puoi nemmeno immaginare di venire alla Mecca e comportarti allo stesso modo. Io posso costruire una moschea in terra cristiana, ma tu non puoi costruire una chiesa in terra islamica.

Sono tante le cose in cui emerge e stride la mancanza di reciprocità, sono tante quelle assolutamente inconcepibili per noi nei loro confronti e lecite per loro nei nostri confronti. Da qui, da questo grado zero, parte il mio senso comune, che per sua natura semplifica senza voler tenere conto della complessità del problema e di tutte le ragioni storiche, religiose e perfino legali che rendono possibile la mancanza di reciprocità. Non ne vuol tener conto perché vuole la pace e non la guerra con quell'Islam moderato che pensa che proprio la reciprocità non rispettata renda difficile la pace. Pensa che qui, in questa mancanza di reciprocità sia il vero scontro di civiltà, perché in questa mancanza c' è la negazione dei diritti dell' altro e perfino della sua esistenza. C'è la negazione della «sacralità della vita, della dignità della persona e della libertà di scelta», diceva la Fallaci su questo giornale, che sono i cardini della civiltà occidentale. Come si fa ad esercitare la diplomazia, qualsiasi tentativo di risolvere le divergenze, in una situazione del genere? Come si può favorire ogni tentativo di portare la pace nel cruciale conflitto tra israeliani e palestinesi se non si accetta questo principio di reciprocità? Sì, vi sono anche altre ragioni di contrasto, ma possono essere discusse solo dopo aver superato l' impossibilità di accettare il principio di reciprocità. Impossibilità che tra noi e l'Islam è sempre esistita, perché storicamente politica e religione nell'Islam sono una cosa sola, e la religione perdonava soltanto chi si convertiva, gli altri erano gli infedeli, i diversi, da tenere a bada e nel migliore dei casi da tollerare. È anche vero però, come accadde in Sicilia e in Spagna, che la tolleranza potè trasformarsi in una forma di civiltà superiore e più raffinata della precedente, perché «la corrente della vita nella sua imprevedibilità è infinitamente più potente» scrive Cacciari sull' «Espresso», di ciò che appare (oggi) insuperabile.

Ma ritornando al discorso iniziale, è sempre nella mancanza di reciprocità la differenza più profonda e direi costitutiva delle nostre storie. Perché è qui che il logos, rimproverato ingiustamente a Benedetto XVI quando fece il suo famoso discorso, cioè il principio di ragione, vien meno. Quella ragione che abbiamo ereditato dai greci e che fa parte della nostra profonda identità. Tra fede cristiana e fede nell' Islam la differenza dunque è il principio di ragione, e questo appunto presuppone la reciprocità. Sono considerazioni elementari che resterebbero tali, se non fosse in atto da molti anni una silenziosa avanzata demografica degli islamici in Europa che fa pensare «prima o poi l'Islam conquisterà la maggioranza in Europa» (così ha dichiarato il padre missionario Piero Gheddo). Gli immigrati di fede islamica sono infatti sempre più in crescita, si calcola che entro il 2050 saranno circa il 25 per cento della popolazione, mentre la tendenza demografica degli europei è sempre in diminuzione. Questo significa, dice il senso comune, che nel 2050 avremo i vincitori in casa senza aver fatto con loro nessuna guerra. E allora per forza di cose e forza numerica essi potranno dire tranquillamente: Io posso fare a te quello che tu non puoi fare a me. Che fare? Si può mutare l' identità altrui o la propria con l' esercizio della ragione? Evidentemente no. Non ci resta che sperare in un futuro in cui la forza delle cose e l'istinto di conservazione, «la corrente della vita» appunto, ci porterà ad assumere un'identità diversa e a inventarci una mentalità «universale».

Fonte: Corriere della sera, 25 settembre 2010, via Amici Papa Ratzinger blog

17 commenti:

  1. l unica arma pacifica per evitare il peggio è spingere i nostri governanti specialmente quelli che si ergono ( nonostante i mediocri e irrilevanti risultati)a difensori della cristianità a darsi da fare per inserire all interno della costituzione europea il concetto delle origini cristiane dell europa.Solo attraverso qusto passaggio potremmo garantirci legislazioni nazionali capaci di eliminare ogni ambiguità giuridica che verrebbe usata dai radicali islamici e dai fessi di turno per promuovere l avanzata di una ideologia nefasta che proprio perchè esente dal concetto di fede-ragione, si presta alle più profonde bassezze ed efferatezze sia in campo morale sia nel campo dei diritti umani così come il mondo occidentale li concepisceInfine E' urgente da parte delle istituzioni religiose l impegno ad una maggiore serietà ed incisività nel difendere i valori del cattolicesimo,in sostanza non aver paura nella ricerca della conversione di queste persone schiave di una religione che storicamente si è solomente imposta tramite la violenza, la coercizione,la negazione dei diritti.Conosco tanti, troppi mussulmani disposti alla conversione e a tutto ciò che ne consegue,ma purtroppo invece di trovare preti pronti alla predicazione del vangelo e di tutto ciò che ne consegue,preferiscono il dolce baratro di uno sciocco ecumenismo buono solo a calar le braghe .Preghiamo il Signore perchè ci conceda nuovi sacerdoti pronti al martirio per la fede,e infine ci doni il coraggio di saper combattere senza cedimenti e tiepidezze la buona battaglia per la fede

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  2. "Damose da fa' e volemose bbene! Semo romani"

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  3. Discorso abbastanza condivisibile quello di questo articolo, ma ho come il sospetto che sia un po' "armiamoCI e partite VOI". Purtroppo, così è finché non si troverà una risposta alla domanda: "Qual è la nostra identità?" Già è difficile trovare un'identità italiana, che si dice un'identità nazionale (ma da nazionalista sempre più deluso mi chiedo se esiste davvero), figuriamoci una europea che non è MAI stata una nazione, neppure sotto più o meno vasti o antichi imperi. Allora, se non è la storia comune, se non è l'etnia, se non è la cultura, se non è lingua, perché tutte queste tendono a più infinito... Se non è tutto questo, allora cos'è? Io penso che l'identità europea sia GENTILE-CRISTIANA e quindi un'identità sia storica che di Fede. Il problema è che affermare questo ha conseguenze dirompenti non solo a livello politico (perché spazza via un sol colpo ogni velleità progressista-laicista), ma anche a livello teologico ed ecclesieale, perché è un'affermazione che reclama una coerenza tale da privare di fondamento qualsiasi pretesa scismatica-eretica rispetto all'unica Chiesa che ha combattuto per conservare intatto quel deposito di Fede, prima che storico.

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  4. 'mentalità universale' o è con Cristo e in Cristo o è "il Nuovo Ordine Mondiale"
    tertium non datur...

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  5. Più tempo impiegheranno gli anticorpi per generarsi, più virulenta sarà la loro reazione. Ma i beoti che governano i popoli europei, a partire dagli invertebrati eurocrati di Bruxelles, sono troppo impegnati a trastullarsi nei loro paradisi artificiali per rendersene conto. Sarà un brusco, brusco risveglio. Per i maomettani e, temo, anche per molti europei amenti, negligenti o compiacenti.

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  6. Sono anch'io convinto che sia stato un gravissimo errore non inserire nella costituzione europea quella che è la base comune di tutti i popoli europei e cioè la civiltà greco-latina sulla quale poggiano quelle radici giudaico-cristiane che da tale civiltà sono state trasmesse ai popoli europei dalle conquiste di Roma, ma non solo ad essi. Basti per questo pensare ai popoli russi e slavi in genere, tedeschi, scandinavi, polacchi, finnici, ecc. che sono diventati parte dell'Europa cristiana, con l'eccezione dell'Albania e di alcune province dell'ex-Jugoslavia, rimaste parte dell'impero ottomano.
    Ora lo strumento principale per ottenere questo scopo potrebbe essere quello di riportare a nuova vita la lingua latina, come lingua ufficiale dell'Europa.
    Si avrebbe l'enorme vantaggio dell'eliminazione della babele linguistica attualmente esistente a livello di istituzioni comunitarie che ha costi astronomici e provoca liti e risentimenti tra i vari paesi europei soprattutto in quelli come Italia e Spagna che si sentono esclusi dalla presenza della loro lingua nelle traduzioni ufficiali. In pratica ogni paese dovrebbe pagarsi i traduttori dal latino alla propria lingua e viceversa nell'attesa che i propri politici imparino a parlarlo.
    Un altro vantaggio sarebbe la chiarezza nell'enunciazione delle leggi data la struttura molto precisa della lingua. Si può qui ricordare che "parlar latino" era sinonimo di chiarezza assoluta e che fino a pochi secoli fa tutti gli scienziati ed i filosofi scrivevano le loro opere importanti in latino perché solo in questa lingua potevano trasmettere alla comunità scientifica e filosofica le loro scoperte ed idee.
    Inoltre la scelta della lingua latina è l'unica che non creerebbe risentimenti tra i vari popoli, neppure tra quelli la cui lingua ha radici completamente diverse come finnici ed ungheresi, mentre eliminerebbe l'ostilità dei francesi nel caso si adottasse l'inglese come lingua franca, come sembra che stia per avvenire.
    Anche la Chiesa ha capito il danno che è stato fatto con l'abbandono pratico del latino nella S. Messa come strumento di unione dei cristiani e con il MP che liberalizza la S. Messa VO opera di fatto anche in favore del ritorno all'uso del latino.
    Ed allora visto che questo sito è stato proprio creato a questo scopo perché non trovare il modo di realizzarlo con una doppia versione in italiano ed in latino?
    Immagino la risposta ma pongo lo stesso la domanda.

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  7. L'insensata resa al giudaismo talmudico cìè già stata con la dichiarazione Nostra Aetate del Concilio e con tutta l'ecclesiologia post-conciliare...se tanto mi dà tanto...

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  8. Non ci cascate, è la solita richiesta di prendere le armi per andare in Medioriente a combattere le guerre di Israele.
    Pensate che hanno anche avuto la faccia tosta di chiedere ai paesi islamici cosiddetti "moderati" di meritare questa definizione e prendere le armi contro i paesi islamici cosiddetti "fanatici". Come dire, versate voi il sangue per combattere in Iraq, Afagnistan e magari anche in Iran e Siria. Islamici contro islamici per il solo vantaggio di Israele. Ovviamentte li hanno mandati quel paese.
    Ripeto: "uomini siate, e non pecore matte, sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!" e mandiamoli a quel paese anche noi!

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  9. Mi permetterei di eccepire, circa l'effetto risolutorio che avrebbe potuto rivestire un accenno alle "radici cristiane", nel contesto della cosiddetta "Costituzione europea" (che, per plurime ragioni di carattere tecnico-giuridico,"costituzione" non può essere, e che per tentare di poter definire la quale si è dovuto addirittura ricorrere alla figura - assolutamente non conosciuta dalle categorie della dogmatica legale - del "trattato costituzionale").  Chiunque, infatti, abbia una qualche dimestichezza con il diritto, in ispecie con quello pubblico e costituzionale, ben conosce il fatto che un'affermazione isolata dal contesto (e sostanzialmente contraddetta dall' "intenzione del legislatore" che si svolge attraverso la "ratio" delle restanti disposizioni e degli istituti contemplati) non vale ad influire sensibilmente nel sistema; ciò nemmeno per via esegetica, attraverso un ricorso ai "principi generali". In questo senso, gli esempi sono davvero numerosi.

    In ogni caso, si dovrebbe ancora considerare come, sino ad epoche recenti, le varie "Dichiarazioni dei Diritti" venivano ad essere concepite sul presupposto implicito dato dalla sostanziale omogeneità socio-culturale delle persone fisiche coinvolte . Del resto, da Montesquieu a Hegel, costituisce opinione comune che le leggi debbano essere così strettamente parametrate alla società alle quali si debbano attagliare, da costituire addirittura un'ovvietà che una normazione che abbia dato buona prova di sé in un Paese, possa tranquillamente rivelarsi una pessima disciplina, se introdotta nello Stato immediatamente vicino. Anche nella costanza dello "Stato di diritto", è stato osservato come la coerenza dell'ordinamento rispetto al contesto al quale concretamente si volgeva fosse stata garantita dal comune sentimento etico-culturale di quella classe dell'alta burocrazia alla quale, di fatto, era demandata la redazione delle leggi poi votate dai Parlamenti. Oggi, invece, dopo aver concettualmente accomunato il piano della trascendenza con quello dell'immanenza, si crede alla realtà tangibile di un'assoluta perfezione attuabile su questa terra, ed uniformemente eguale per tutti gli uomini. Pertanto, sull'onda di un necessitato "pensiero unico", si deve fingere di credere che quel che può valere, ad esempio, in un Paese d'oltreoceano, debba obbligatoriamente rivelarsi un'ottima soluzione, relativamente ad ogni parte del mondo.

    Ciò posto, nel nostro caso, salvo essere degli assoluti analfabeti nelle discipline teologiche, storiche e filosofiche, come sarebbe mai possibile considerare una questione di mero dettaglio la profonda differenza che intercorre fra la Svezia e Malta o fra l'Irlanda e la Bulgaria? E' razionalmente concepibile il pensare che a questo dato di fatto possa ovviarsi, per via "perfettiva", semplicemente ignorandola o, ancor peggio, creando un asettico "uomo nuovo", attraverso la spogliazione dei soggetti di quella loro intrinseca particolarità spirituale che si è andata componendo nei millenni? Un cattolico dovrebbe ben sapere che la creazione dell' "uomo nuovo", come sopra accennato, costituisce il punto d'arrivo a cui tendono moltissime fra le eresie, e che, attesa l'intensa razionalità che - con la sola esclusione dei Dogmi di Fede - pervade il cristianesimo, prima ancora di essere tale, l'eresia costituisce un attentato alla stessa ragione.

    Per tornare al nostro tema, possiamo dunque tenere come speranza realistica che, all'interno di questa situazione contingenziale (dove l'essenza più riposta dello spirito umano deve essere assolutamente ignorato od [...]

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  10. <span>Mi permetterei di eccepire, circa l'effetto risolutorio che avrebbe potuto rivestire un accenno alle "radici cristiane", nel contesto della cosiddetta "Costituzione europea" (che, per plurime ragioni di carattere tecnico-giuridico,"costituzione" non può essere, e che per tentare di poter definire la quale si è dovuto addirittura ricorrere alla figura - assolutamente non conosciuta dalle categorie della dogmatica legale - del "trattato costituzionale").  Chiunque, infatti, abbia una qualche dimestichezza con il diritto, in ispecie con quello pubblico e costituzionale, ben conosce il fatto che un'affermazione isolata dal contesto (e sostanzialmente contraddetta dall' "intenzione del legislatore" che si svolge attraverso la "ratio" delle restanti disposizioni e degli istituti contemplati) non vale ad influire sensibilmente nel sistema; ciò nemmeno per via esegetica, attraverso un ricorso ai "principi generali". In questo senso, gli esempi sono davvero numerosi.  
     
    In ogni caso, si dovrebbe ancora considerare come, sino ad epoche recenti, le varie "Dichiarazioni dei Diritti" venivano ad essere concepite sul presupposto implicito dato dalla sostanziale omogeneità socio-culturale delle persone fisiche coinvolte . Del resto, da Montesquieu a Hegel, costituisce opinione comune che le leggi debbano essere così strettamente parametrate alla società alle quali si debbano attagliare, da costituire addirittura un'ovvietà che una normazione che abbia dato buona prova di sé in un Paese, possa tranquillamente rivelarsi una pessima disciplina, se introdotta nello Stato immediatamente vicino. Anche nella costanza dello "Stato di diritto", è stato osservato come la coerenza dell'ordinamento rispetto al contesto al quale concretamente si volgeva fosse stata garantita dal comune sentimento etico-culturale di quella classe dell'alta burocrazia alla quale, di fatto, era demandata la redazione delle leggi poi votate dai Parlamenti. Oggi, invece, dopo aver concettualmente accomunato il piano della trascendenza con quello dell'immanenza, si crede alla realtà tangibile di un'assoluta perfezione attuabile su questa terra, ed uniformemente eguale per tutti gli uomini. Pertanto, sull'onda di un necessitato "pensiero unico", si deve fingere di credere che quel che può valere, ad esempio, in un Paese d'oltreoceano, debba obbligatoriamente rivelarsi un'ottima soluzione, relativamente ad ogni parte del mondo.  
     
    Ciò posto, nel nostro caso, salvo essere degli assoluti analfabeti nelle discipline teologiche, storiche e filosofiche, come sarebbe mai possibile considerare una questione di mero dettaglio la profonda differenza che intercorre fra la Svezia e Malta o fra l'Irlanda e la Bulgaria? E' razionalmente concepibile il pensare che a questo dato di fatto possa ovviarsi, per via "perfettiva", semplicemente ignorandolo o, ancor peggio, creando un asettico "uomo nuovo", attraverso la spogliazione dei soggetti di quella loro intrinseca particolarità spirituale che si è andata componendo nei millenni? Un cattolico dovrebbe ben sapere che la creazione dell' "uomo nuovo", come sopra accennato, costituisce il punto d'arrivo a cui tendono moltissime fra le eresie, e che, attesa l'intensa razionalità che - con la sola esclusione dei Dogmi di Fede - pervade il cristianesimo, prima ancora di essere tale, l'eresia costituisce un attentato alla stessa ragione.  
     
    Per tornare al nostro tema, possiamo dunque tenere come speranza realistica che, all'interno di questa situazione contingenziale (dove l'essenza più riposta [...]

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  11. <span><span>Mi permetterei di eccepire, circa l'effetto risolutorio che avrebbe potuto rivestire un accenno alle "radici cristiane", nel contesto della cosiddetta "Costituzione europea" (che, per plurime ragioni di carattere tecnico-giuridico,"costituzione" non può essere, e che per tentare di poter definire la quale si è dovuto addirittura ricorrere alla figura - assolutamente non conosciuta dalle categorie della dogmatica legale - del "trattato costituzionale").  Chiunque, infatti, abbia una qualche dimestichezza con il diritto, in ispecie con quello pubblico e costituzionale, ben conosce il fatto che un'affermazione isolata dal contesto (e sostanzialmente contraddetta dall' "intenzione del legislatore" che si svolge attraverso la "ratio" delle restanti disposizioni e degli istituti contemplati) non vale ad influire sensibilmente nel sistema; ciò nemmeno per via esegetica, attraverso un ricorso ai "principi generali". In questo senso, gli esempi sono davvero numerosi.    
       
    In ogni caso, si dovrebbe ancora considerare come, sino ad epoche recenti, le varie "Dichiarazioni dei Diritti" venivano ad essere concepite sul presupposto implicito dato dalla sostanziale omogeneità socio-culturale delle persone fisiche coinvolte . Del resto, da Montesquieu a Hegel, costituisce opinione comune che le leggi debbano essere così strettamente parametrate alla società alle quali si debbano attagliare, da costituire addirittura un'ovvietà che una normazione che abbia dato buona prova di sé in un Paese, possa tranquillamente rivelarsi una pessima disciplina, se introdotta nello Stato immediatamente vicino. Anche nella costanza dello "Stato di diritto", è stato osservato come la coerenza dell'ordinamento rispetto al contesto al quale concretamente si volgeva fosse stata garantita dal comune sentimento etico-culturale di quella classe dell'alta burocrazia alla quale, di fatto, era demandata la redazione delle leggi poi votate dai Parlamenti. Oggi, invece, dopo aver concettualmente accomunato il piano della trascendenza con quello dell'immanenza, si crede alla realtà tangibile di un'assoluta perfezione attuabile su questa terra, ed uniformemente eguale per tutti gli uomini. Pertanto, sull'onda di un necessitato "pensiero unico", si deve fingere di credere che quel che può valere, ad esempio, in un Paese d'oltreoceano, debba obbligatoriamente rivelarsi un'ottima soluzione, relativamente ad ogni parte del mondo.    
       
    Ciò posto, nel nostro caso, salvo essere degli assoluti analfabeti nelle discipline teologiche, storiche e filosofiche, come sarebbe mai possibile considerare una questione di mero dettaglio la profonda differenza che intercorre fra la Svezia e Malta o fra l'Irlanda e la Bulgaria? E' razionalmente concepibile il pensare che a questo dato di fatto possa ovviarsi, per via "perfettiva", semplicemente ignorandolo o, ancor peggio, creando un asettico "uomo nuovo", attraverso la spogliazione dei soggetti di quella loro intrinseca particolarità spirituale che si è andata componendo nei millenni? Un cattolico dovrebbe ben sapere che la creazione dell' "uomo nuovo", come sopra accennato, costituisce il punto d'arrivo a cui tendono moltissime fra le eresie, e che, attesa l'intensa razionalità che - con la sola esclusione dei Dogmi di Fede - pervade il cristianesimo, prima ancora di essere tale, l'eresia costituisce un attentato alla stessa ragione.    
       
    Per tornare al nostro tema, possiamo dunque tenere come speranza [...]

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  12. Nessuno può pensare che l'accenno alle radici cristiane possa essere risolutorio per creare l'unità dell'Europa, però è anche sbagliato non inserirlo nel "trattato costituzionale". Basta girare per un qualsiasi paese europeo per vedere quante sono le tradizioni, manifestazioni e vestigia cristiane, che adesso sotto la pressione delle diverse correnti laiciste e massoniche (e con l'aiuto delle varie quinte colonne interne alla Chiesa) e dell'immigrazione indiscriminata, si cerca di ignorare ed estirpare mettendo il Cristianesimo sullo stesso piano di tutte le altre religioni, in base al principio che lo stato debba essere assolutamente laico e che tutte le religioni debbano avere gli stessi uguali diritti. Io credo che ogni stato debba assicurare la completa libertà religiosa ma contemporaneamente debba avere una religione di riferimento altrimenti scivolerebbe nel caos più completo. Ora l'Europa e le sue istituzioni, volenti o nolenti, sono state costruite sul Cristianesimo (ricordiamo il "perché non possiamo non dirci cristiani" di Benedetto Croce) e per questo motivo il giorno di riposo è la domenica, non è ammessa la poligamia, la donna è riconosciuta pari in dignità all'uomo, la schiavitù non è ammessa, ecc. Se prevalesse il relativismo tutto dovrebbe essere ammesso sulla base del fatto che ognuno potrebbe inventarsi la religione che più gli fa comodo. Pensiamo agli Stati Uniti dove prolificano i predicatori fai da te che si arricchiscono a spese dei loro seguaci e godono anche di esenzioni fiscali.
    Tornando al tuo discorso dell'uomo nuovo, a nessuno viene in mente di crearlo dopo tanti fallimenti (comunismo, nazismo, fascismo, ecc.). Si tratta più semplicemente di parafrasare Massimo d'Azeglio dicendo "L'Europa è fatta ora bisogna fare gli Europei" il che è ben diverso dall'idea di creare l'uomo nuovo. E la prova che l'Europa sia fatta è data dal lunghissimo periodo di pace di ben 65 anni di cui ha goduto, al di là della guerra in Jugoslavia che può considerarsi un'eredità della dittatura comunista di Tito. D'altra parte c'è più differenza tra uno scandinavo ed un maltese e tra un irlandese ed un bulgaro (cristiano) o tra due italiani appartennenti a regioni del tutto diverse i cui dialetti e le cui tradizioni non hanno nulla in comune (non faccio esempi specifici per non suscitare vespai)?
    Io ho fiducia che con il tempo si possa creare un comune sentire europeo, ma solo se basato sul Cristianesimo ed il ritorno del latino sarebbe il più formidabile strumento di unificazione. Ti invito a cercare su Google i siti in latino e troverai un numero enorme di licei classici di ogni nazionalità che presentano siti nella lingua di Cicerone.

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  13. <span><span>
    <p><span>Cristianesimo e l’Islam fondamentale sono incompatibili. Se uno dei due è giusto, l’altro deve per forza di cose essere falso!!! </span>
    </p><p><span></span><span>L’Islam è radicale e totalitario e non sopporta concorrenza religiosa, ovunque nel mondo. Non può accettare di coesistere con altre religioni altrimenti non è "vero" Islam!!! </span>
    </p><p><span>L’Islam è dittatura religiosa e politica... anche i musulmani nei paesi islamici sono strangolati da questo regime. Quei paesi europei in cui i cristiani hanno sottovalutato l’Islam e l’hanno accolto ingenuamente, oggi contengono sfilze di moschee, scuole di Corano e convertiti all’Islam.
Il Corano ordina ai suoi seguaci di essere missionari in ogni nazione e il modello "è" <span>Maometto</span>. I leader nelle moschee manipolano gli animi insoddisfatti dei fedeli accusando lo stato che li ospita e li incitano a islamizzare per fare trionfare la "legge islamica" ( la sharia) e poter così ottenere i loro diritti. <span> La stessa tattica con cui iniziò Maometto!!!</span> Se tollerano le altre religioni è soltanto dietro pagamento di una "tassa islamica" (la jizya). Il paese conquistato o le persone conquistate che si rifiuteranno di pagare anche la "tassa islamica" saranno inevitabilmente uccise!!! </span>
    </p><p><span> Non credete mai quando vi parlano di "Islam moderato" prendendo le distanze dal fondamentalismo chiuso ed esagerato.
Il fantomatico "Islam moderato", di cui si riempiono la bocca i nostri "politici incompetenti", non esiste!!! 
Non è ammesso come concetto. Chi si propone come "moderato" è solo un combattente che usa lo strumento della politica in luogo di quello della guerra, ma spesso sotto la maschera di sorrisi e di doppie verità è più fanatico degli shahid, impropriamente definiti kamikaze. Questi finti moderati dicono: "il vero Islam vuole la pace per rispettare la parola del Profeta". Noi, allocchi che ragioniamo da cristiani anche se atei, abbocchiamo e pensiamo: "Visto che ci sono anche gli Islamici moderati?"; ma loro intendevano: "Quando tutti saranno <span>sottomessi all'Islam</span> non ci sarà più guerra, solo <span>la pace preconizzata da Maometto</span>"......</span>
    </p></span></span>

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  14. <span><span>
    <p><span>Cristianesimo e l’Islam fondamentale sono incompatibili. Se uno dei due è giusto, l’altro deve per forza di cose essere falso!!! </span>
    </p><p><span></span><span>L’Islam è radicale e totalitario e non sopporta concorrenza religiosa, ovunque nel mondo. Non può accettare di coesistere con altre religioni altrimenti non è "vero" Islam!!! </span>
    </p><p><span>L’Islam è dittatura religiosa e politica... anche i musulmani nei paesi islamici sono strangolati da questo regime. Quei paesi europei in cui i cristiani hanno sottovalutato l’Islam e l’hanno accolto ingenuamente, oggi contengono sfilze di moschee, scuole di Corano e convertiti all’Islam.
Il Corano ordina ai suoi seguaci di essere missionari in ogni nazione e il modello "è" <span>Maometto</span>. I leader nelle moschee manipolano gli animi insoddisfatti dei fedeli accusando lo stato che li ospita e li incitano a islamizzare per fare trionfare la "legge islamica" ( la sharia) e poter così ottenere i loro diritti. <span> La stessa tattica con cui iniziò Maometto!!!</span> Se tollerano le altre religioni è soltanto dietro pagamento di una "tassa islamica" (la jizya). Il paese conquistato o le persone conquistate che si rifiuteranno di pagare anche la "tassa islamica" saranno inevitabilmente uccise!!! </span>
    </p><p><span> Non credete mai quando vi parlano di "Islam moderato" prendendo le distanze dal fondamentalismo chiuso ed esagerato.
Il fantomatico "Islam moderato", di cui si riempiono la bocca i nostri "politici incompetenti", non esiste!!! 
Non è ammesso come concetto. Chi si propone come "moderato" è solo un combattente che usa lo strumento della politica in luogo di quello della guerra, ma spesso sotto la maschera di sorrisi e di doppie verità è più fanatico degli shahid, impropriamente definiti kamikaze. Questi finti moderati dicono: "il vero Islam vuole la pace per rispettare la parola del Profeta". Noi, allocchi che ragioniamo da cristiani anche se atei, abbocchiamo e pensiamo: "Visto che ci sono anche gli Islamici moderati?"; ma loro intendevano: "Quando tutti saranno <span>sottomessi all'Islam</span> non ci sarà più guerra, solo <span>la pace preconizzata da Maometto</span>"......</span>
    </p></span></span>

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  15. Mi permetta un solo appunto:Lei auspica che, fatta salva la libertà di culto, uno Stato " ... <span>debba avere una religione di riferimento</span><span> ..."; costituisce questo un concetto che io assolutamente condivido e sottoscrivo, ma per ridurre questa situazione alle figure del diritto pubblico, ciò significa approdare alla precisa fattispecie dello "Stato confessionale" (che, nel caso della religione cattolica - checché gli anticlericali e gli atei di turno fingano di non saperlo e volutamente equivochino - non si traduce mai, nemmeno a livello teorico, nella "teocrazia", nel merito, parlandosi, sempre e comunque, soltanto di "potestas indirecta", anche in relazione alle più intense prefigurazioni dello "Stato cattolico"). </span>

    <span>Ora, a prescindere da qualsiasi altra considerazione: all'interno dell'ordinamento "europeo", anche soltanto attraverso un' "interpretazione sistematica" delle disposizioni che lo compongono, Le pare plausibile ravvisare una sia pur minima possibilità interpretativa che si volga in senso favorevole ad un - sia pur limitato - profilo di "Stato confessionale"? A me (che, pure, quantunque marginalmente, mi trovo nella necessità di occuparmi, per questioni di studio, anche del diritto dell'Unione Europea) questa opzione appare pressoché impossibile, e altrettanto impossibile rimarrebbe, anche se si rinvenisse una vacua menzione delle "radici cristiane" (che, al più, riuscirebbe ad assurgere, nel complessivo complesso al quale dovrebbe necessariamente parametrarsi, a vago riferimento di origine strettamente storico-culturale, come tale, assolutamente ininfluente sul concreto atteggiarsi dell'ordinamento positivo comunitario).</span>

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  16. <span>Mi permetta un solo appunto:Lei auspica che, fatta salva la libertà di culto, uno Stato " ... <span>debba avere una religione di riferimento</span><span> ..."; costituisce questo un concetto che io assolutamente condivido e sottoscrivo, ma per ridurre questa situazione alle figure del diritto pubblico, ciò significa approdare alla precisa fattispecie dello "Stato confessionale" (che, nel caso della religione cattolica - checché gli anticlericali e gli atei di turno fingano di non saperlo e volutamente equivochino - non si traduce mai, nemmeno a livello teorico, nella "teocrazia", nel merito, parlandosi, sempre e comunque, soltanto di "potestas indirecta", anche in relazione alle più intense prefigurazioni dello "Stato cattolico"). </span> 
     
    <span>Ora, a prescindere da qualsiasi altra considerazione: all'interno dell'ordinamento "europeo", anche soltanto attraverso un' "interpretazione sistematica" delle disposizioni che lo compongono, Le pare plausibile ravvisare una sia pur minima possibilità interpretativa che si volga in senso favorevole ad un - sia pur limitato - profilo di "Stato confessionale"? A me (che, pure, quantunque marginalmente, mi trovo nella necessità di occuparmi, per questioni di studio, anche del diritto dell'Unione Europea) questa opzione appare pressoché impossibile, ed altrettanto impossibile rimarrebbe, anche se si rinvenisse una vacua menzione delle "radici cristiane" (che, al più, nel complessivo assetto al quale dovrebbe necessariamente parametrarsi, riuscirebbe ad assurgere a vago riferimento di origine strettamente storico-culturale, come tale, assolutamente ininfluente in relazione al concreto atteggiarsi dell'ordinamento positivo comunitario).</span></span>

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  17. Redazione di Messainlatino.it29 settembre 2010 alle ore 11:39

    L'avanzata dell'islam pone problemi seri, ma occorre stare attenti a non sprofondare in un'"islamofobia" cieca ed irrazionale.

    Francesco

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La Redazione