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lunedì 11 gennaio 2010

Il card. Cañizares su motu proprio e riforma della riforma

Il vaticanista Rodari ha intervistato il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cardinale Antonio Cañizares Llovera. Il pezzo è uscito su Il Foglio del 9 scorso ed è ora disponibile sul suo blog.

di Paolo Rodari

[..]
"Per la situazione religiosa e culturale in cui viviamo e per la stessa priorità che corrisponde alla liturgia nella vita della chiesa, credo che la missione principale che ho ricevuto è promuovere con dedizione totale e impegno, ravvivare e sviluppare lo spirito e il senso vero della liturgia nella coscienza e nella vita dei fedeli; che la liturgia sia il centro e il cuore della vita delle comunità; che tutti, sacerdoti e fedeli, la consideriamo come sostanziale e imprescindibile nella nostra vita; che viviamo la liturgia in piena verità, e che viviamo di essa; che sia in tutta la sua ampiezza, come dice il Concilio Vaticano II, ‘fonte e culmine’ della vita cristiana. Dopo un anno alla guida di questa congregazione, ogni giorno sperimento e sento con forza maggiore la necessità di promuovere nella chiesa, in tutti i continenti, un impulso liturgico forte e rigoroso che faccia rivivere la ricchissima eredità del Concilio e di quel gran movimento liturgico del diciannovesimo secolo e della prima metà del ventesimo – con uomini come Guardini, Jungmann e tanti altri – che rese feconda la chiesa nel Concilio Vaticano II. Lì, senza alcun dubbio, sta il nostro futuro e il futuro stesso del mondo. Dico questo perché il futuro della chiesa e dell’umanità intera è riposto in Dio, nel vivere di Dio e di quanto viene da Lui; e questo accade nella liturgia e attraverso essa. Soltanto una chiesa che viva della verità della liturgia sarà in grado di dare l’unica cosa che può rinnovare, trasformare e ricreare il mondo: Dio e soltanto Dio e la Sua grazia. La liturgia, nella sua più pura indole, è presenza di Dio, opera salvifica e rigeneratrice di Dio, comunicazione e partecipazione del Suo amore misericordioso, adorazione, riconoscimento di Dio. E’ l’unica cosa che può salvarci”.

- Guardini, Jungmann, due pilastri del rinnovamento liturgico dei decenni passati. Figure alle quale anche Joseph Ratzinger si è ispirato nel suo “Introduzione allo spirito della liturgia”. Figure che, probabilmente, l’hanno ispirato anche nelle promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum. Si è detto che il Motu Proprio ha rappresentato anche (c’è chi dice anzitutto) una mano tesa del Papa ai lefebvriani. E’ così?
“Di fatto lo è. Però credo che il Motu Proprio abbia un grandissimo valore per se stesso e per la chiesa e per la liturgia. Sebbene ad alcuni questo dispiaccia, a giudicare dalle reazioni arrivate e che continuano ad arrivare, è giusto e necessario dire che il Motu Proprio non è un passo indietro, né un ritorno al passato. E’ riconoscere e accogliere, con semplicità, in tutta la sua ampiezza i tesori e l’eredità della grande Tradizione, che ha nella liturgia la sua espressione più genuina e profonda. La chiesa non può permettersi di prescindere, dimenticare o rinunciare ai tesori e alla ricca eredità di questa tradizione, contenuta nel Rito romano. Sarebbe un tradimento e una negazione verso se stessa. Non si può abbandonare l’eredità storica della liturgia ecclesiastica, né volere stabilire tutto ex novo, come alcuni pretenderebbero, senza amputare parti fondamentali della chiesa stessa. Alcuni intesero la riforma liturgica conciliare come una rottura, e non come uno sviluppo organico della tradizione. In quegli anni del post Concilio il ‘cambiamento’ era una parola quasi magica; bisognava modificare ciò che era stato al punto da dimenticarlo; tutto nuovo; bisognava introdurre novità, in fondo opera e creazione umana. Non possiamo dimenticare che la riforma liturgica e il post Concilio coincisero con un clima culturale marcato o dominato intensamente da una concezione dell’uomo come ‘creatore’ che difficilmente si accompagna bene a una liturgia che, soprattutto, è azione di Dio e sua priorità, “diritto” di Dio, adorazione di Dio e anche tradizione di ciò che riceviamo e ci è dato una volta e per sempre. La liturgia non siamo noi a farla, non è opera nostra, ma di Dio. Questa concezione dell’uomo ‘creatore’ che conduce a una visione secolarizzata di tutto, dove Dio, spesso, non ha un posto, questa passione per il cambiamento e la perdita della tradizione non è stata ancora superata; e per questo, a mio parere, fra le altre cose, ha fatto sì che alcuni vedessero con tanta diffidenza il Motu Proprio o che dispiaccia tanto ad alcuni recepirlo e accoglierlo, rincontrare le grandi ricchezze della tradizione liturgica romana che non possiamo dilapidare, o cercare e accettare l’arricchimento reciproco nell’unico Rito romano fra la forma “ordinaria” e quella “straordinaria”. Il Motu Proprio Summorum Pontificum è un grandissimo valore, che tutti dovremmo apprezzare, che non ha soltanto a che fare con la liturgia ma con l’insieme della chiesa, di ciò che è e significa la tradizione, senza che la chiesa si converta in una istituzione umana in mutamento e, ovviamente, ha anche a che vedere con la lettura e l’interpretazione che si fa o si sia fatta del Concilio Vaticano II. Quando si legge e si interpreta in chiave di rottura o di discontinuità, non si capisce nulla del Concilio e lo si travisa del tutto. Per questo, come indica il Papa, soltanto ‘un’ermeneutica della continuità’ ci porta a una giusta e corretta lettura del Concilio, e a conoscere la verità di ciò che dice e insegna nel suo insieme e in particolare nella Costituzione Sacrosantum Concilium sulla liturgia divina, inseparabile, per lo più, da questo stesso insieme. Il Motu Proprio, di conseguenza, ha anche un valore altissimo per la comunione della chiesa”.

- C’è il Papa dietro il lento ma necessario processo di riavvicinamento della chiesa a un autentico spirito liturgico. Eppure, non mancano divisioni e contrapposizioni. Ne parla il cardinale Cañizares:
“Il grande apporto del Papa, a mio parere, è che ci sta portando fino alla verità della liturgia, con una saggia pedagogia ci sta introducendo nel genuino ‘spirito’ della liturgia (come recita il titolo di una delle sue opere prima di diventare Papa). Lui, prima di tutto, sta seguendo un semplice processo educativo che chiede di andare verso questo ‘spirito’ o senso genuino della liturgia, per superare una visione riduttiva molto radicata della liturgia. I suoi insegnamenti così ricchi e abbondanti in questo campo, come Papa e prima di diventarlo, così come i gesti evocatori che stanno accompagnando le celebrazioni che presiede, vanno in questa stessa direzione. Accogliere questi gesti e questi insegnamenti è un dovere che abbiamo se siamo disposti a vivere la liturgia in modo corrispondente alla sua stessa naturalezza e se non vogliamo perdere i tesori e le eredità liturgiche della tradizione. Inoltre, costituiscono un vero dono per la formazione, così urgente e necessaria, del popolo cristiano. In questa prospettiva bisognerebbe vedere lo stesso Motu Proprio che ha confermato la possibilità di celebrare con il rito del messale romano approvato da Giovanni XXIII e che risale, con le successive modifiche, al tempo di san Gregorio Magno e ancora prima [Questo risponde perfettamente a tutti coloro che osano criticare l'espressione Messa di Sempre riservata al rito in vigore fino al Concilio]. E’ certo che sono molte le difficoltà che stanno avendo coloro che, nell’utilizzo di quello che è un loro diritto, celebrano o partecipano alla Santa Messa conforme al ‘rito antico’ o ‘straordinario’ [E questo invece vale per tutti coloro che negano che l'applicazione del motu proprio sia fonte di ostacoli, reticenze e persecuzioni]. Di suo, non ci sarebbe bisogno di questa opposizione, né tantomeno di essere visti con sospetto o essere etichettati come ‘pre conciliari’, o, ancora peggio, come ‘anti conciliari’. Le ragioni di questo sono molteplici e diverse, però, in fondo, sono le stesse che portarono a una riforma liturgica intesa come rottura e non nell’orizzonte della tradizione e dell’‘ermeneutica della continuità’, che reclama il rinnovamento e la vera riforma liturgica nella chiave del Vaticano II. Non possiamo dimenticare, in più, che nella liturgia si tocca quanto di più essenziale c’è delle fede e della chiesa e, per questo, ogni volta che nella storia si è toccato qualcosa della liturgia tensioni e anche divisioni non sono state rare”.

- E’ dal discorso di Benedetto XVI alla curia romana del 22 dicembre 2005 che la necessità di leggere il Vaticano II non in un’ottica di discontinuità col passato ma di continuità è diventata centrale nell’attuale pontificato. Dal punto di vista liturgico questo cosa significa?
“Significa, fra le altre cose, che non possiamo portare a termine il rinnovamento della liturgia e metterla al centro e alla fonte della vita cristiana, se ci poniamo davanti a essa in chiave di rottura con la tradizione che ci precede e che porta questa ricca sorgente di vita e di dono di Dio che ha alimentato e dato vita al popolo cristiano. Gli insegnamenti, le indicazioni, i gesti di Benedetto XVI sono fondamentali in questo senso. Per questo bisogna favorire la conoscenza serena e profonda di quanto ci sta dicendo, compreso quello che ha detto prima di diventare Papa, e che tanto chiaramente si riflette, per esempio, nella sua esortazione apostolica ‘Sacramentum caritatis’”.

- La congregazione che Cañizares presiede si è riunita lo scorso marzo in plenaria e ha presentato delle propositiones al Papa.
“L’assemblea plenaria della congregazione si è occupata soprattutto dell’adorazione eucaristica, l’eucarestia come adorazione, e l’adorazione al di fuori delle sante messe. Sono state approvate alcune conclusioni poi presentate al Santo Padre. Queste conclusioni prevedono un piano di lavoro della congregazione per i prossimi anni, che il Papa ha ratificato e incoraggiato. Si muovono tutte sulla linea di ravvivare e promuovere un nuovo movimento liturgico che, fedele in tutto agli insegnamenti del Concilio e seguendo gli insegnamenti di Benedetto XVI, collochi la liturgia nel posto centrale che le corrisponde nella vita della chiesa. Le conclusioni delle propositiones riguardano l’impulso e la promozione dell’adorazione del Signore, base del culto che si deve dare a Dio, della liturgia cristiana; inseparabile dalla fede nella presenza reale e sostanziale di Cristo nel sacramento eucaristico; assolutamente necessaria per una chiesa viva. Porre un freno agli abusi, che disgraziatamente sono molti, e correggerli non è qualcosa che derivi dalla plenaria della congregazione, ma è qualcosa che reclama la stessa liturgia e la vita e il futuro della chiesa e la comunione con essa. Su questo, sui tanti abusi liturgici e sulla loro correzione, alcuni anni fa la congregazione pubblicò un’istruzione importantissima, la ‘Redemptionis Sacramentum’ e a essa dobbiamo rimetterci tutti, è un dovere urgentissimo correggere gli abusi esistenti se vogliamo come cattolici portare qualcosa al mondo per rinnovarlo. Le proposizioni non si occupano di mettere a freno la creatività, ma anzi di incoraggiare, favorire, ravvivare la verità della liturgia, il suo senso più autentico e il suo spirito più genuino; non possiamo nemmeno dimenticare o ignorare che la creatività liturgica come spesso la si è intesa e la si intende, è un freno alla liturgia e la causa della sua secolarizzazione, perché è in contraddizione con la naturalezza stessa della liturgia”.

- Si parla nelle propositiones dell’uso della lingua latina?
“Non si dice nulla a proposito del dare più spazio alla lingua latina, compreso nel rito ordinario, né di pubblicare messali bilingue, come in realtà già si è già fatto in alcuni luoghi dopo la conclusione del Concilio; non bisogna comunque dimenticare che il concilio nella costituzione ‘Sacrosanctum Concilium’ non deroga il latino, lingua venerabile alla quale è vincolato il rito romano”.

- Ci sono poi tante altre questioni importanti, l’orientamento…
“Non solleviamo la questione dell’orientamento ‘versus Orientem’, né della comunione per bocca, né di altri aspetti che a volte vengono fuori come accuse di ‘passi indietro’, di conservatorismo o d’involuzione. Credo, del resto, che le questioni come queste, l’orientamento, il crocifisso visibile al centro dell’altare, la comunione in ginocchio e in bocca, l’uso del canto gregoriano, sono questioni importanti che non si possono sminuire in maniera frivola o superficiale e delle quali, in ogni caso, si deve parlare con cognizione di causa e con fondamento, come fa, per esempio, il Santo Padre, e vedendo anche come queste cose corrispondono (e anche favoriscono) di più la verità della celebrazione così come la partecipazione attiva, nel senso in cui ne parla il Concilio e non in altri sensi. Ciò che è importante è che la liturgia venga celebrata nella sua verità, con verità, e che si favorisca e promuova intensamente il senso e lo spirito della liturgia in tutto il popolo di Dio in modo tale che si viva di essa; è veramente molto importante che le celebrazioni abbiano e propizino il senso del sacro, del Mistero, che ravvivino la fede nella presenza reale del Signore e nel dono di Dio che agisce in essa, così come l’adorazione, il rispetto, la venerazione, la contemplazione, la preghiera, l’elogio, l’azione di grazia, e molte altre cose che corrono il rischio di annacquarsi. Quando partecipo o vedo la liturgia del Papa che ha già incorporato alcuni di questi elementi mi convinco sempre più che non sono aspetti casuali ma che invece hanno una forza espressiva ed educativa per se stessa e nella verità della celebrazione, la cui assenza si nota”.
[..]

26 commenti:

  1. ermeneutica della continuità’, che reclama il rinnovamento e la vera riforma liturgica nella chiave del Vaticano II.
    .........
    ah... questa benedetta chiave....
    che dovrebbe, come per incanto, aprire tutte le porte di una scorrevole continuità!
    ..... *DONT_KNOW* ..... *DONT_KNOW*

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  2. Ciò che è importante è che la liturgia venga celebrata nella sua verità, con verità,
    :(
    d'accordo, ma...che significa?
    Chi mai vorrebbe celebrare con menzogna?
    Non è una indicazione di metodo un po' vaga e generica?
    per non dire che qui spunterebbe il solito relativista a dire: "Ogni liturgia ha la sua propria verità..."!
    :(

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  3.  "Le proposizioni non si occupano di mettere a freno la creatività, ma anzi di incoraggiare, favorire, ravvivare la verità della liturgia, il suo senso più autentico e il suo spirito più genuino; non possiamo nemmeno dimenticare o ignorare che la creatività liturgica come spesso la si è intesa e la si intende, è un freno alla liturgia e la causa della sua secolarizzazione, perché è in contraddizione con la naturalezza stessa della liturgia”.
    :( .... :( ?
    anche questa:
    ravvivare la verità della liturgia,
    che vuol dire ?............?
    e questa:
    la creatività liturgica ...., è un freno alla liturgia (ma davvero! e per 40 anni non si era capito?...come mai...?)

    ... "la causa della sua secolarizzazione, perché è in contraddizione con la naturalezza stessa della liturgia”
    già , la naturalezza: ma perchè per tanto tempo si è identificata la naturalezza con la creatività del celebrante ?
    Ma, più ancora da chiarire è questo concetto, che permane a quasi tutti oscuro, dopo tante belle parole:

    In che cosa consiste esattamente  la NATURALEZZA della Liturgia ?
    CHE VUOL DIRE LITURGIA NATURALE ?

    nel parlare comune dell'uomo semplice che segue la retta ragione, essa si dovrebbe contrapporre ed opporre ad una Liturgia artificiale, dunque....rimaniamo in attesa di chiarimenti e DISTINZIONI URGENTI e NETTE, istruzioni utili all'azione pratica, tra <span style="text-decoration: underline;">liturgia naturale e liturgia artificiale</span>!
    :( ....................

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  4. un clima culturale marcato o dominato intensamente da una concezione dell’uomo come ‘creatore’ che difficilmente si accompagna bene a una liturgia che, soprattutto, è azione di Dio e sua priorità,

    bene: ecco il duro nocciolo...al quale però non si vuole arrivare decisamente (per paura di doverlo smentire nettamente, dopo 40 anni di adeguamento ad esso); ci si limita ogni tanto a sfiorarlo col pensiero...
    e poi via di nuovo a cercare possibili compromessi, "morbidi consensi" con l'antropocentrismo e l'orizzontalità !
    allora: continuità....sì, ma riallacciandosi a quale linea?
    *DONT_KNOW*

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  5. ...non un alito di "vento"11 gennaio 2010 alle ore 14:35

    ....sereno quanto una bonaccia in cui la barca rimane immobile.....
    ....quanto un ago della bilancia che non va nè di qua...nè di là.....

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  6. Anche tu eri di quelli !11 gennaio 2010 alle ore 15:22

    Hanno già paura gli Eminentissimi !
    La paura si impossessa di loro ogni giorno che passa.
    Dopo il prossimo Conclave ( che Dio voglia il più lontano possibile) QUALCUNO dirà ad ogni Porporato " Anche tu eri di quelli " !
    Allora il Porporato dirà " No ! Io ho sempre detto nelle irterviste .. bla... bla... bla ... bla ... bla ... "
    Chi ci rimetterà allora sarà il neonato Movimento Liturgico Benedettiano con i blandi recuperi della sacralità che in pochi hanno attuato durante questo Pontificato.
    Quanto ai fedeli tradizionalisti, che non hanno mai cessato di gustare la gioia della persecuzione, non si piegheranno : alle poche e dismesse chiese di cui possono disporre attualmente sapranno scegliere i garages o i capannoni indutriali dismessi ...
    Noi, tradizionalisti, non risponderemo " bla... bla.... bla.... bla ...." ma testimonieremo Cristo sino alla fine.
    W il Santo Padre Benedetto XVI abbandonato da tutti ma non da Cristo e dallo Spirito Santo !

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  7. <span>Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire. 
     
    Questo è il linguaggio, il metodo e la segreta o palese intenzione di tanti prelati molto "corretti" molto et-et, bilanciati e catto-regressisti (cioè con l'orologio fermo al 1968). 
     
    Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire. 
     
    (questo vorrebbero fare i Vescovi ostili al MP, questo vorrebbero fare verso la Messa VO, e nei conforonti del Papa, che ha rimesso in moto, col Motu Proprio, la barca -<span style="text-decoration: underline;">arenata da oltre 40 anni</span>- verso la Meta di sempre!)</span>

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  8. Ahinoi, se lo Spirito non soffierà forte, il motu proprio sarà svuotato e i modernisti danzeranno ("liturgicamente", s'intende). Questa intervista mi fa capire che a breve non potrà cambiare nulla: l'importante è tenere accesa la lucerna sul lucerniere.

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  9. Mah, temo che la riforma della riforma non si farà mai... una ennesima cattedrale nel deserto.
    E a chi piacerebbe, poi?
    I tradizionalisti vogliono la messa di sempre.
    I modernisti vogliono riti ancora più laici, desacralizzati, ballerini e "carismatici".
    E chi potrà accettare una insulsa via di mezzo, ancora priva di partigiani?
    Certo, se il Santo Padre si limitasse a esigere comunione in ginocchio, balaustrata, altari verso il Tabernacolo, canti tradizionali, sarebbe meglio, ma in tal caso potremmo parlare di riforma ulteriore?

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  10. Mi sembra che, al di là di certe espressioni mutuate da Ratzinger, l'ermeneutica della continuità che non si specifica mai in cosa consista e cosa debba conservare o riproporre perché cassata dai novatori, l'intervista abbia un suo peso, e per come tratta certi temi e per i propositi espressi. Questi ultimi sono la correzione degli abusi ed interventi per rendere più sacra la liturgia.
    La parte più importante, a mio avviso, è l'esame, sia pur sintetico, della riforma liturgica inquadrata in un periodo di fanatismo rinnovatore, in cui l'uomo è il solo creatore e si sostituisce anche a Dio ed alla Chiesa che ha lasciato un'eredità preziosa di santità.
    Dopo la diagnosi, la cura non può fermarsi a modeste correzioni.

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  11. Purtroppo, temo che non partirà mai. troppa carne al fuoco, troppi oppositori tra vescovi, preti, popolo. più facile, come temo, costringere noi tradizionalisti ad accettare una riforma a metà strada. già ne vedo i piccoli prodromi nella pretesa dei preti che celebrano la messa secondo l'indulto, di leggere i testi esclusivamente in italiano; cosa che, come sappiamo, è un abuso bello e buono.

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  12. Redazione di Messainlatino.it11 gennaio 2010 alle ore 21:53

    Non è un abuso, è concesso espressamente dall'art. 6 del motu proprio. E, specie per la diffusione del rito tridentino tra i fedeli 'ordinari', è cosa assai opportuna.

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  13. Una grande delusione...Troppa vaghezza, troppa vacuità nelle parole del cardinale: non c'è la volontà di arrivare al dunque, alle questioni di fondo, quelle veramente importanti. Avevo sperato, e credevo di aver capito bene, che tra le propositiones presentate al Papa ci fossero i famosi due punti basilari indicati anche da Messori come punti fondamentali per la tanto auspicata riforma della riforma, cioè l'uso del latino per la recita del Canone e l'orientamento ad Deum del celebrante durante la liturgia eucaristica. Ma, a quanto pare, non c'è nulla di tutto questo. E allora siamo punto e daccapo, non c'è la volontà di rimediare al fallimento della riforma di Bugnini: questo Papa non mostra gli attributi, è troppo timido, troppo bonaccione. Ma così non si va da nessuna parte... 

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  14. <span style="">Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del B. Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua volgare, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica.</span>

    Ho l'impressione che NIKE non si sia espresso molto chiaramente. Il Motu Proprio offre la possibilità di usare la lingua nazionale per proclamare le letture: però Nike parla di pretesa dei preti di leggerle sempre  in volgare e mai in latino. E così da facoltà si passa facilmente a consuetudine che diventa legge nella mente di certi preti.
    Inoltre il Summorum Pontificum non è un indulto: l'indulto è una graziosa concessione di deroga ad una legge; era la misura oggettivamentre dolosa con cui si permetteva di celebrare in determinate situazioni l'antico Rito facendolo passare come di diritto abrogato. Summorum Pontificum, al contrario, afferma che il Rito Romano tradizionale non era mai stato abrogato e, pertanto, era rimasto sempre in vigore, anche se, aggiungo io, iniquamente interdetto.

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  15. Ora sì che ti riconosco, vecchia, cara Redazione!

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  16. Esatto, Pastorelli: consuetudine che diventa legge! Sempre meno preti che celebrano secondo il messale del 1962, almeno nella mia diocesi, "osano" leggere in latino; solo i lefebvriani leggono il Vangelo prima in latino e poi secondo la traduzione approvata (presente nel messale del '62). E il guaio ulteriore è che noi fedeli ci stiamo abituando, mentre all'inizio ci parve (a livello emotivo) una profanazione.
    Certo, il termine indulto è tecnicamente scorretto; però l'impressione che si ha è proprio questa, come lei stesso afferma. Non è forse vero che il Santo Padre parla di rito straordinario della S. Messa, dando così la percezione di un'eccezione?
    Comunque sono certo che sia chiara la mia paura: costringere noi ad accettare di partecipare un nuovo rito a metà strada tra Vetus e Novus, che violenti e tradisca la Messa di sempre; naturalmente mentre i riti ecumenici, desacralizzati, laicizzati non avrebbero mai richiami dall'Autorità, pena uno scisma...

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  17. Non capisco il motivo di tale opportunità per i fedeli "ordinari". Fino al 1970 i fedeli erano tutti esperti di latino? non esistono foglietti e messali con la traduzione? per essere accettati (noi e il Rito), dobbiamo vergognarci del latino delle letture?
    oppure la verità è che si ha paura che i fedeli, indottrinati (traviati?) dal rito nuovo, rigettino il tutto sull'onda dell'ideologia postconciliare? dire solo quello che si capisce...?
    se il rito di sempre è giusto, che sia accettato in toto.
    E' vero, domande da rivolgere al Sommo Pontefice, non a voi.
    Non dimentichiamo che, l'esperienza lo insegna, il "può" dei documenti ufficiali (anche SPc), tende a diventare "deve"...

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  18. spesso ho anch'io quest'impressione; diamo comunque atto a Benedetto XVI di aver compiuto due gesti coraggiosi: affermare con forza la non abrogazione del rito di sempre e la remissione (o nullità?) della scomunica ai vescovi lefebvriani. Certo che, con le spiegazioni elargite ai vescovi, con quei passi infelici dell'intervista mentre andava in Francia (i fedeli tradizionali tollerati), la non punizione degli abusi nel rito moderno, eccetera, tali gesti coraggiosi si sono come inceppati...

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  19. A Roma (Gesù e Maria) io ho sempre ascoltato letture proclamate in latino con eventuale successiva traduzione del Vangelo.

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  20. Mi fa piacere! tuttavia da me ci sono preti costretti dal vescovo a celebrare la messa v.o., che tuttavia non rinunciano a fare la loro frondùcola, anche se è niente più che una lotta tra poveri!

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  21. NIKE, io l'ho sempre detto che la definizione di forma straordinaria non ha senso, sempre che non si voglia considerar l'antico rito un rito di serie B. Ma il Papa ne fa un grande elogio. 
    Ora, se il rito mai è stato abrogato, e quindi è sempre rimasto in vigore, che senso ha parlar di forma straordinaria? E' chiaramente una forma ordinaria anch'esso.  E come fanno ad esistere due forme ordinarie di uno stesso rito?
    Purtroppo nel cercar di salvar capre e cavoli, si fanno ...cavolate.

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  22. Sottoscrivo in toto.
    Purtroppo ho l'impressione che su certi argomenti il papa sia convinto che la propria autorità petrina compia il miracolo di unire metafisicamente cose irriducibilmente diverse: i due riti romani, le due visioni della Chiesa (pre- e post-conciliare)...
    Grazie a Dio il Santo Padre fa grandi elogi del rito di sempre; il problema è che la Sede petrina dovrebbe superare l'affetto -emotivo- e passare alla difesa attiva, razionale, argomentata e ... affilata.
    Ma il punto vero è che facendo così, si rischia di criticare come fallibile l'operato di un papa, Paolo VI. Senza dimenticare lo "scisma sommerso" che rischia di esplodere in tutta la sua gravità. Sarà fantaecclesiologia, ma rischiamo che molte nazioni o regioni del mondo si trasformino in amministrazioni apostoliche che si richiamino direttamente al Papa come proprio vescovo. Ma d'altra parte, meglio che tutto ciò succeda, piuttosto che avvelenare il corpo comune della Chiesa!

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  23. Chiedo venia.
    Sono sempre convinto che un certo pregiudizio ( tenuto presente che non considero il pegiudizio come un qualcosa di negativo a prescindere) sia sempre presente quando si legge il Papa.
    Io non sono dell'idea che il Papa voglia mettere insieme capra e cavoli. Leggo la volontà del Papa come quella di dire sia il limitare la Chiesa al pre sia limitarla al post è errore. La Chiesa è sempre uguale è cioè tradizione che si posta ( nel senso di positivo, positum) nel mondo nella stabile continuità che parte da Cristo Imago e torna al Padre Verbum. La difficoltà soprattutto da parte del tradizionalismo è questa. il non comprendere che al Papa interessa che il nucleo di FEDE sai integro ma non vuole che questo diventi un ostacolo all'evangelizzazione di tutti. Quindi la difesa della Liturgia è inquesto senso. Non si toccano gli archetipi, (soprattutto il sacrificio) si lascia fuori il mondo e la storia ( intesa come modernismo) dalla Liturgia ma non dimentichiam che la Chiesa vive fuori dalla storia ma è calata nello spessore del tempo. Spessore del tempo che è l'ennesimo dono di Dio all'uomo. Dono che permette a tutti di entrare in contatto con Cristo, anche nel più nascosto angolo della terra sia questa "fisica" sia questa virtuale. Quando il messaggio sarà portato a tutti allora...Apocalisse.

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  24. non è per niente fanta- la sua complessiva e preoccupata considerazione, caro Nike!
    concordo in tutto, dalla A alla Z (specialmente...)
    :(

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  25. A mio parere, Bartimeo, usi parole un po' troppo difficili. Sarà che amo la semplicità. Forse non capisco le sottili disquisizioni teologiche e la loro terminologia: non mi offendo.
    Tuttavia credo che la discussione che vede sostanzialmente concordi me e Pastorelli, nonché dilemma, sia sull'uso improprio dell'aggettivo straordinario. Pazienza se così contesto il dogma dell'infallibilità pontificia (sono sicuro che ciò comunque non è capitato): il Signore ci ha donato il raziocinio (facoltà intellettiva? non conosco il termine tecnico, ma sono sicuro di farmi capire) e non possiamo abdicare ad esso; al limite possiamo tacere e obbedire (oltre che pregare). Esempio concreto: se il Santo Padre stabilisse per dogma che il sole non esiste, non potrei accogliere tale dogma, perché va contro l'elementare esperienza di ognuno di noi. Non si può negare la realtà. spero che l'esempio per analogia venga capito.
     Ora, che l'Eucaristia sia valida in entrambi i riti è quasi scontato; di sicuro è valida per il rito di sempre, qualche dubbio lo abbiamo per il rito moderno, per il fatto che è cambiata la terminologia usata (la messa come cena) e per le novità introdotte (chitarre, allegria, sacerdote verso il popolo che lo riduce de facto a presidente dell'assemblea). Ma non entriamo nel merito. Ciò che troviamo (almeno io) sorprendente ed eccentrico, è il fatto che il Santo Padre ci dice che vetus e novus sono due espressioni dello stesso rito. Una è straordinaria, l'altra ordinaria. E' questo che è strano (almeno): chiunque segua i due riti capisce immediatamente che sono molto diversi, al di là della lingua; esattamente come sono diversi i riti romano, ambrosiano, mozarabico, braghense, e tutti quelli orientali, pur rimanendo espressioni dello stesso atto liturgico. Perché il papa, a mio modo di vedere, ha utilizzato questa scappatoia? Perché tutti gli altri riti sono antichi; il novus è nuovo (appunto!); vale a dire, inventato di sana pianta, incollando pezzi diversi di liturgie precedenti e incastrandole con parti assolutamente nuove (che so, la benedizione sulle offerte, la risposta dopo il mistero della fede...). Il tutto figlio di una ideologia. Questo mi pare grave: una ideologia/teologia che ha creato un rito, di sana pianta, basandosi sulla nuova Pentecoste (perché, quella vecchia era ormai esaurita?), a cui, grazie a Dio, è mancato un nuovo Profeta.
    Probabilmente mi riterrete estremista e confusionario; e sia! ma riflettere sul modo in cui la nuova messa è stata forgiata, imposta, e perseguitati i fedeli del "vecchio" mi fanno pensare in maniera negativa alla Nuova Primavera della Chiesa.

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La Redazione