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giovedì 28 gennaio 2010

Avatar (il film): la religione di Pandora


di Lorenzo Fazzini

La pellicola di James Cameron ha fatto discutere, e molto, anche per il suo rapporto con la religione. La domanda potrebbe suonare così: di quale religione è Avatar? A dar fuoco alle polveri è stato il commentatore di religious affairs del "New York Times", Ross Douthat, che dalle colonne del quotidiano liberal l'estate scorsa aveva promosso a pieni voti la Caritas in veritate di Benedetto XVI.

Secondo Douthat, Avatar presenta "un'apologia del panteismo, una fede che rende Dio uguale alla Natura, e chiama l'umanità a una comunione religiosa con il mondo naturale". Il commentatore ricorda come questa visione religiosa sia una sorta di cavallo di battaglia dell'Hollywood più recente. Per Douthat la scelta panteista di Cameron, e dell'industria cinematografica Usa in generale, continua su questa strada perché "milioni di americani vi hanno risposto in maniera positiva". E come riconosceva già nell'Ottocento il filosofo francese Alexis de Tocqueville, "il credo americano nell'essenziale unità del genere umano ci porta ad annullare ogni distinzione nella creazione. Il panteismo apre la strada a un'esperienza del divino per la gente che non si sente a proprio agio con la prospettiva scritturistica delle religioni monoteistiche".

All'editorialista hanno replicato diversi osservatori. Sul cliccatissimo giornale online "Huffington Post" Jay Michaelson ha corretto l'interpretazione di panteismo per Avatar, parlando invece di "visione unitaria dell'Essere". "I panteisti non pregano, i panessenzialisti sì, come avviene in Avatar", suona la precisazione di Michaelson. Un'altra interpretazione viene dal blog "politicsdaily.com", a firma di Jeffrey Weiss, che invece ha deteologicizzato l'opera di Cameron, affibiandole la qualifica di "allegoria di carattere neurologico, non teologico": "Il film tende a fare in modo che lo spettatore pensi al modo in cui vuole trattare le persone con cui vive, i valori e le abitudini diverse dalle proprie".

Dall'Oriente arrivano interpretazioni ancora più "teologiche". Il quotidiano "Hindustan Times" ha ospitato una recensione in cui riconosce che i personaggi alieni che abitano Pandora "sono di colore blu, non molto diversi dalle immagini popolari di Shiva", una delle principali divinità induiste.

A dar man forte all'interpretazione indù del kolossal - che in pratica si sposa bene con la visione panteista del "New York Times" - è anche il sito di "Hinduism Today", in un articolo dal titolo che più chiaro non si può: "Il nuovo film Avatar getta luce su una parola indù". Scrive l'articolista: "La teologia indù elenca dieci tipi di avatar. Le origini di questa parola vengono dal sanscrito dei sacri testi indù ed è un termine per gli esseri divini mandati a ristabilire la divinità sulla Terra". Il sito dà voce a un fedele induista, Anil Dandona: "Il modo in cui la parola avatar viene usata nel film non è una distorsione della mia fede. È appropriato. Noi crediamo nell'Essere Supremo mandato presso gli uomini per creare la giustizia. Questi messaggeri di Dio prendono forme umani, ma hanno qualità divine".

E il cristianesimo, è assente da Avatar? Mark Silk, sul blog "SpiritualPolitics", rintraccia il nome "cristiano" di un personaggio del film: Grace Augustine, che per Silk fa riferimento al santo di Ippona e al concetto cristiano di "grazia". Sarà Grace a spiegare al protagonista, l'ex marine Jake Sully, i significati nascosti del mondo di Avatar, come quello di "rinascere due volte", che Silk rilegge cristianamente secondo il dettato evangelico dei born again. "Per questo - conclude il blogger di "SpiritualPolitics" - è possibile affermare che Cameron ha unito la vecchia teologia cristiana della grazia e della redenzione alla sua parabola anti-imperialista". Il dibattito, come si vede, è più aperto che mai.


(©L'Osservatore Romano - 10 gennaio 2010)

14 commenti:

  1. Un film di spiritualità Panteistico-New Age...Qualche richiamo al musical Hair con un pizzico di Apocalipse Now. Se vi piacciono i minestroni in salsa super tecnologica accomodatevi pure.

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  2. E' il secondo "kolossal" di Cameron che mi rifiuto a priori di andare a vedere e pare proprio che i miei "pregiudizi" mi abbiano salvato ancora. Avatar è il solipo polpettone moralista-antimilitarista per persone ipocrite piene di sensi di colpa che si sentono migliori solo perché seguono l'ideologia dominante propagandata dalla stampa americana, che attualmente è l'OBAMISMO.

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  3.  Fintoambientalismo alla Al Gore
    + il mito (nefasto) del 'buon selvaggio'
    + un pò di spiritualità neopagana di stampo new age
    + palate di 'senso di colpa'
    + la tematica del 'doppio' alla Lewis Carroll
    + il risveglio della "kundalini"
    + la tematica del 'Mondo Nuovo' (e dell'Uomo Nuovo)
    + la dicotomia gnosticheggiante corpo/spirito (corpo astrale permanente),
    etc etc......il tutto, rafforzato dalla pervasività sensoriale del 3D.
    Una perfetta 'iniziazione di massa' alla Nuova Religione Imperiale che il NWO ha confezionato per il gregge dei "trascurabili".
    Non sarà sfuggito ai più accorti che già dal titolo "Avatar" il riferimento alla Teosofia di Helena Petrovna Blavatsky è palese.
    La dottrina degli 'Avatar', mutuata dall'induismo, è infatti uno dei cardini della teosofia blavatskyana

    Foster Bailey (alto dirigente della Società Teosofica,1888-1977) in Running God's Plan (Lucis Publishing 1972- ex Lucifer Trust)
    affermò chiaramente "La New Age produrrà un Nuovo Governo Mondiale, nuovi obiettivi per l'istruzione publica e una "Nuova Religione Mondiale"

    Iniziamo a riconoscerne le manifestazioni, prima che sia troppo tardi.

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  4. bravo: se li conosci li eviti !

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  5. L'indice è fortunatamente sparito per sempre!28 gennaio 2010 alle ore 18:20

    Nel film si può leggere la metafora del genocidio.
    Quello ad esempio degli europei nei confronti dei nativi americani.
    Come di qualunque altro genocidio......

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  6. Mejo du spaghi a la matrice!

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  7. Un genocidio come ad esempio quello degli armeni cristiani ad opera dei turchi maomettani-massonici post-sultanato, che fu citato dai gerarchi nazisti come modello della "soluzione finale" e di cui i ben pensanti come lei se ne strasbattono le balle perché gli armeni non controllano banche come invece fanno gli ebrei?
    O come lo sterminio indisturbato di 12 milioni di ebrei nei gulag sovietici (il doppio dei morti ebrei nei lager nazisti) di cui nessuno parla e che il sionismo mondiale fece finta di non vedere per non infastidire l'URSS, tenendo il piede in due scarpe?
    Due genocidi strettamente legati alla "Shoah" (uno ne fu ispirazione, l'altro ne fu ispirato) e che ben meriterebbero di essere ricordati anch'essi nel Giorno della Memoria, ma che per biechi interessi politici ed economici vengono sistematicamente ignorati.

    Vediamo di piantarla una buona volta con questo terzomondismo idiota!

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  8. Mi tornano in mente le discussioni sul Signore Degli Anelli e sulla figura di Tolkien, in occasione dell'uscita del primo capitolo del film di Jackson. Quella volta si disse di tutto e di più ma pochissimi misero in rilievo il fatto che il professore di Oxford era un cattolico (possiamo aggiungere 'tradizionalista') e il convertirsi al cattolicesimo di sua madre costò a quest'ultima e al futuro professore pene e sofferenze profonde da parte anglicana! Tra l'altro nessuno si prese la briga di leggere l'epistolario 'La realtà in trasparenza', dove Tolkien scrisse pagine sublimi di teologia e di fede.
    Su Avatar ho poco da dire: ci troviamo difronte all'ennesimo indottrinamento della new age, dove tutto è oscuro, irriconoscibile e dove il male e il bene si confondono. Tolkien ha avuto un merito (riconosciuto anche dall'Elemire Zolla pre-delirio gnostico), quello di spazzare via varie teorie psico-analitiche e gnostiche che vogliono il dialogo tra bene e male, in nome di una consapevolezza personale molto opinabile (Jung sosteneva che il numero non doveva essere più il Tre ma il quattro, in quanto alla Trinità bisognava aggiungere anche satana, che lui chiamava 'l'ombra') e dove il male va combattuto e basta in quanto non si scende mai a patto con esso. In Avatar, mi par di capire, ci troviamo in un contesto radicalmente diverso dove, come scriveva appunto l'Elemire Zolla ancora 'limpido', 'la fascinazione che sprigiona Tolkien proviene dal suo completo rifiuto di questa tradizione sinistra. La sua fiaba non celebra il consueto signore delle favole moderne, Lucifero, ma San Michele o Beowulf o San Giorgio. E accetta il destino di sconfitta che è inevitabile per l'eroe solare: vincitore è l'Anarcha (...) un venturo Messia dell'era dell'Acquario, goffo, violento, puerile, svergognato, che oltraggia l'ordine dei sessi, della religione e della famiglia stessa'. Ho parlato di Tolkien perchè le sue opere, volenti o nolenti, come dire, sono diventate un metro di misura vero e proprio, soprattutto per riconoscere la 'satanicità' della fantasy contemporanea. Ma devo ammettere, purtroppo, che la realtà ha superato la fantasia in quanto, quanto paventava e scriveva Zolla, è sotto gli occhi di tutti. E Avatar non fa che confermarlo.

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  9. ho visto questo film, e mi è piaciuto.  ammetto che un po di new age con un pizzico di sensi di colpa post conquistadores è presente ma non lo vedo di per sè in aperta contraddizione con la fede cattolica. 

    noi dobbiamo porci dell'idea che l'opera di Cameron, è appunto un opera cinematografica, Tolkien direbbe una sub-creazione, una realtà immaginaria, rovvista di una propria coerenza interna, dove non vige tanto il vero quanto il verosimile.

    il concetto alla base del film, gli avatar appunto, non mi sembra risentire dell'originaria concezione induista del termine, quanto del concetto di "alter ego" assai familiare a noi frequentatori del web. Gli avatar del film no sono manifestazioni corporee di oscuri esseri superiori quanto un mezzo per permettere agli uomini di relazionarsi con un ambiante ostile alla fisiologia umana, assumendo la forma di un modello rispondente alle esigenze combinate della fisiologia umana e della vita su Pandora, vale a dire i nativi del pianeta.

    quanto poi all'elemanto religioso, basti pensare che l'essere venerato dai nativi di Pandora, non è un dio. ovvero non è un entità trascendente alla realtà ma immanente al pianeta stesso in quanto trattasi di un entità intelligente conposta da tutte le painte del pianeta che operano mediante impulsi elttrici allo stesso modo in cui funziona un cervello umano o un computer. Facendo un esempio è come se le pulci venerassero il cane su cui si trovano. Quindi non è un panteismo (tutto è dio) ne animismo (tutto contiene degli dei) ma una semplice superstizione che ha fatto di un essere finito (Eowah non potrebbe mai infatti operare all'infuori di Pandora, ne tantomeno è onnipotente ma deve rispondere ai limiti della sua stessa natura) una divinità, attribuendole poteri che essa non ha. Anche l'apparente capacità di questo essere di controllare gli animali del pianeta non è tanto potere divino quanto una conseguenza inerente alla struttura stessa delle forme di vita sul pianeta, ovvero la capacità di comunicare tra loro e con Eowah mediante sinapsi nervose.

    Questo ragionamento è valido anche considerando l'ultima scena del film in cui si vede la sede dell'intelletto del protagonista transitare dal suo corpo di uomo a quello dell' avatar che diventerà di conseguenza il suo corpo primario. Infatti la spiegazione di ciò è coerente con la fisiologia naturale dell'universo concepito da Cameron. Non si tratta infatti di un evento soprannaturale ma di un processo che interessa la chimica degli organismi viventi. l'anima del protagonista non viene toccata e lui non diventa un alieno ma rimane un uomo pur con il corpo di un alieno.

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  10. Redazione di Messainlatino.it1 febbraio 2010 alle ore 00:23

    Apocalipse now ci sta tutto. Ma Hair dove lo vedi?

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  11. Redazione di Messainlatino.it1 febbraio 2010 alle ore 00:23

    Interessante osservazione

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  12. Balla coi lupi senza indiani e senza lupi, ovvero una ritrita favoletta manichea "buoni da una parte e cattivi dall'altra".
    Le osservazioni di Iulius sono interessanti ma ahimè mi paiono troppo volenterose. Dire che Eywa non è un dio è facile per noi che abbiamo ancora una cultura di metafisica e capiamo la differenza fra trascendente e immanente, ma per il grosso pubblico queste sono discussioni di lana caprina. Anzi: un dio immanente e impersonale, non onnipotente e dunque non opprimente, è precisamente il tipo di dio che il "mondo" vuole in questo momento storico.

    Con questo non c'è bisogno di mettere Avatar nell'Indice, è semplicemente un film che dà al pubblico quello che il pubblico vuole, molto ben fatto sul piano grafico, molto sempliciotto sul piano contenutistico. Non è cattivo, solo superficiale.

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  13. A me il messaggio sembra banale, semplice e potente: un mondo migliore al di là delle differenze di pensiero, religione e cultura che qui vi premurate a sottolineare e sembra quasi demonizzare. Si parla di amore tra "uomo" e "donna", amore e rispetto verso il proprio pianeta. Vi è l'archetipo dell'eroe guerriero che risvegliato e presa coscienza dell'errata direzione della propria strada lotta contro i suoi stessi simili (simbolo qui di alcuni degli aspetti più bassi della nostra società: avidità ed abuso di potere) per un nuovo e più evoluto ideale. Una bella favola condita infine da molta azione per rendere il film più commerciale.
    Daccordo con Iulius, Avatar non è una religione!

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  14. Tutti che fanno gli acculturati, che fanno a gara di citazioni... ma nessuno ha studiato "Ecologia" come materia universitaria, anziché limitarsi a qualche stupidaggine da volantino New-age? Trovereste che il film è infarcito di messaggi scientifici che vanno ben al di là di queste cose. Il protagonista man mano si rende conto di quale vita è sostenibile, quella in cui vive non slegato dalla natura, in cui si rende conto di esser parte dei flussi di energia (chimica) all'interno delle reti trofiche. Nessuno che coglie queste cose? E sono tutt'altro che superficiali. Se tutti continuano a vivere di sovrastrutture e considerano scemate tutto il resto, non è colpa certo del film.

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La Redazione