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Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

domenica 31 maggio 2009

Test: siete cattolici?

Ecco un curioso test apparso sul sito della diocesi di Tolone (la più ortodossa e trad-friendly di Francia, per inciso). Questo il link.
Prima, ringraziate Luisa che ha curato la traduzione. Poi, prendete carta e penna e segnate le risposte. Beh: il sistema è molto semplice: un solo no, e non siete cattolici: siete, cioè, come un buon 95% di quelli che pur si definirebbero cattolici. Compresi molti ministri del culto.

1. Credete in Dio?
2. Credete che questo Dio è unico e che non ce ne sono altri?
3. Credete che questo Dio è Trinità (Padre Figlio e Spirito Santo)?
4. Credete che il Padre ha generato il Figlio?
5. Credete che il Padre e il Figlio sono della stessa natura (stessa sostanza, cioè tutti e tre Dio)?
6. Credete che Dio Padre Figlio e Spirito Santo ha creato il mondo?
7. Credete che Dio è infinito?
8. Credete che Dio è eterno (cioè senza inizio e senza fine)?
9. Credete che Dio è completamente diverso e nel contempo vicino all`uomo?
10. Credete che Dio ha creato l`uomo?
11. Credete che Dio ha creato l`uomo per amore?
12. Credete che Dio ha creato l`uomo per avere con lui una relazione d`amore?
13. Credete al peccato originale (cioè alla disobbedienza dell`uomo che vuole essere indipendente da Dio) ?
14. Credete che Dio ha parlato attraverso i profeti (cioè credete al contenuto della Bibbia?)
15. Credete che l`uomo doveva essere riscattato dai suoi peccati?
16. Credete che l`uomo ha inviato il Suo proprio Figlio per il riscatto (redenzione) dell`uomo?
17. Credete che Cristo sia nato dalla Vergine Maria ?
18. Credete che Cristo, il Messia è il Figlio di Dio?
19. Credete che Cristo sia morto sulla Croce?
20. Credete che Cristo è sceso nel luogo dei morti?
21. Credete che Cristo è risuscitato dai morti?
22. Credete che Cristo è salito alla destra del Padre?
23. Credete alla vita eterna?
24. Credete al giudizio finale?
25. Credete all`inferno?
26. Credete al Paradiso?
27. Credete al Purgatorio?
28. Credete alla risurrezione dei morti ?
29. Credete ai santi?
30. Credete che la Chiesa di Cristo e il Corpo di Cristo?
31. Credete che la Chiesa è i luogo dell`unione a Dio?
32. Credete che la Chiesa è il luogo della salvezza?
33. Credete che la Chiesa è il luogo della grazia?
34. Credete alla grazia (azione santificante dell`azione di Dio verso gli uomini)?
35. Credete ai sacramenti (segni efficaci dell`azione di Dio per mezzo della Chiesa)?
36. Credete che il Battesimo fa di noi i figli di Dio?
37. Credete che il Battesimo ci apre alla grazia?
38. Credete alla presenza reale (e non simbolica) di Cristo Dio nell`Eucaristia?
39. Credete al sacramento dell`ordine che mette degli uomini (preti diaconi vescovi) al servizio della Chiesa e di Dio per la salvezza di tutta l`umanità?
40. Credete al peccato che rompe la relazione con Dio?
41. Credete al sacramento della penitenza per ritrovare la relazione con Dio?
42. Credete al matrimonio come sacramento indissolubile?
43. Credete all`Immacolata concezione (cioè che Maria è stata concepita preservata dal peccato originale)?
44. Credete nella verginità di Maria?
45. Credete nella Tradizione della Chiesa cattolica insegnata e custodita dal Magistero della Chiesa?
46. Credete voi che la Chiesa è depositaria dell’interpretazione delle Scritture?
47. Credete voi che lo Spirito Santo opera nella Chiesa?
48. Credete voi all’infallibilità del Papa in materia di costumi e di fede?
49. Credete voi che la Chiesa è depositaria del potere delle chiavi (cioè del potere di aprire e di chiudere le porte del Cielo)?
50. Credete voi che Cristo è la via della salvezza per gli uomini (per dar loro la pienezza della gioia che è in questa relazione amorosa con Dio)?


Domanda a quelli che non raggiungono la totalità: qual è la domanda che mette più in crisi la vostra fede?

sabato 30 maggio 2009

Ricordi del sen. Cossiga: che errore il nulla osta a Martini!

Francesco Cossiga attacca il cardinale Carlo Maria Martini, ex vescovo di Milano, dopo aver letto il suo ultimo libro. "Ero presidente del Consiglio e ho dato io il nulla osta al Vaticano per la sua nomina nel capoluogo lombardo nel 1979" [si tratta dell'exequatur che richiedeva il Concordato del 1929 allora in vigore, prima delle modifiche del 1984], ha detto aggiungendo: "Dopo aver letto il libro mi sono chiesto: sarebbe stato scritto lo stesso se io non avessi concesso il nulla osta?". Cossiga [e non solo lui] ritiene lo scritto non sia in linea con la dottrina cattolica.

Il libro "incriminato" è "Siamo tutti sulla stessa barca" scritto dallo stesso Martini insieme al fondatore del San Raffaele di Milano, don Luigi Verze'. Un libro che sebbene sia firmato da "due ecclesiastici" l'ex premier ed ex capo dello Stato ritiene che non sia in linea con la dottrina cattolica.

Era, racconta Cossiga, "la vigilia di un Natale (quello del 1979, ndr) e un alto ecclesiastico mio amico, mi telefono' per dirmi che aveva bisogno di incontrarsi immediatamente con me per trasmettermi un messaggio da parte dell'allora Sovrano Pontefice, il Papa Giovanni Paolo II. Giunto a casa mi diede lettura e poi mi consegno' una nota verbale con la quale la Santa Sede chiedeva allo Stato Italiano, allora cosi' era previsto, il prescritto nulla osta per la provvista di una importante diocesi italiana e mi si chiedeva di adottare una procedura straordinaria rapidissima. Sentiti i due ministri con me competenti: quello degli Esteri e quello dell'Interno, scrissi a macchina con una Olivetti 22 la nota di risposta con la quale il Governo concedeva il nulla osta e la consegnai al presule".

"Dopo aver letto il libro - rivela Cossiga - mi sono chiesto: ma questo libro sarebbe stato scritto se io non avessi concesso il nulla osta (alla nomina di Martini, ndr)? E perche' nulla ha avuto da dire la Congregazione della Dottrina della Fede, o almeno quella dei Religiosi e dei Vescovi, mentre anni fa furono duramente sanzionati i padri gesuiti, francescani e domenicani De Lubac, Danielou, Congar, von Balthasar, Kung, Sobrino, Dupuis e tanti altri? Si tratta - osserva dopo aver esternato il proprio "rimorso" per l'assenso dato alla provvista per l'arcidiocesi ambrosiana - certamente di un libro coraggioso, non proprio 'ratzingeriano' a dir il vero, cui - conclude velenosamente l'ex leader democristiano - manca pero' qualcosa: la difesa della pedofilia come recupero di una tradizione dell'ellenismo" [ci arriveremo, ci arriveremo...]

Fonte: TGCOM 23.5.2009

Il 'j'accuse' di un vescovo francese ai 'fratelli nell'episcopato'

Il Vescovo emerito di Cahors, Mons. Maurice Gaidon, raggiunta l’età della pensione e con quella, forse, la libertà di manifestare le proprie opinioni, ha pubblicato nei mesi scorsi un libro che ha disturbato non pochi suoi colleghi transalpini: Un évêque français entre crise et renouveau de l’Église, Ed. de l’Emmanuel, 2008 (Un vescovo francese tra crisi e rinnovamento della Chiesa).


Ecco, tratte dal suo libro e da noi fedelmente tradotte, le frasi che più hanno fatto discutere, poiché sono un pubblico riconoscimento di quel che è sotto gli occhi di tutti ma che la "linea ufficiale" del perbenismo episcopale vieta di pronunciare, a maggior ragione a qualcuno che provenga da quei ranghi. Le prendiamo dalla seconda parte del libro, che ha tre capitoli dai titoli ben eloquenti: Una traversata del deserto, Noi siamo dei codardi, Una Chiesa paralizzata?


*****


"Da dove viene questa impressione di strano torpore che percepisco al contatto con le nostre comunità disorientate, de nostri preti disincantati, dei miei fratelli vescovi dal silenzio pavido nelle nostre assemblee?"

"Io penso che il nostro linguaggio manchi di vigore e che il soffio profetico è troppo assente dai nostri testi sapientemente misurati e degni di risoluzioni votati alla fine di ‘meeting radical-socialisti’ [..] Un testo si diluisce quando è rivisto e corretto in un’assemblea di un centinaio di membri, alcuni dei quali non parlano mai mentre altri prendono la parola senza complessi. In un’assemblea in parte infiltrata da "grosse mitre" che preparano attentamente certe elezioni e si spartiscono i "posti chiave" dell’episcopato [..] Noi non amiamo uscire da un tono conciliante e cerchiamo prima di tutto il conforto di un consenso molle nei campi più sensibili, come lo sono i problemi di marale coniugale e le questioni di bioetica. Avevo già trovato queste esitazioni al momento della legge sull’aborto e constatato che non eravamo pronti a incrociare la spada con i politici. Risento la stessa impressione quando il governo si prepara a aprire i dibattiti sui contratti di unione tra due persone dello stesso sesso. Da dove viene questa paura allorché noi non esitiamo a far sentire la nostra voce in altri problemi sociali?"

"E alcuni di noi non la finiscono di tessere le lodi a questo regime degno di elogi... il che è un colmo. Non abbiamo a lodare un regime che tratta la Chiesa con tanta disinvoltura e non perde un’occasione di sollevare ostacoli alla diffusione del messaggio cristiano. Non dobbiamo incensare un potere politico il cui liberalismo morale contribuisce a degradare il clima della nostra società [..] Non dobbiamo passare la spugna troppo velocemente sulle scelte legislative che hanno portato alla banalizzazione dell’aborto [...] Pagheremo caro e a lungo queste decisioni alle quali abbiamo opposto una resistenza davvero mediocre e un discorso senza spigoli vivi e accenti vigorosi"


"Ho vissuto male "la riforma liturgica" imposta nel giro di una domenica e con un autoritarismo clericale insopportabile. [..] Ho l’impressione di aver vissuto questi anni come una lenta deriva, spinti dalle mode e dai linguaggi stabiliti nel nostro universo clericale e di ritrovarmi, all’ora della mia ultima tappa, in un doloroso smarrimento, invaso dal sentimento di aver subito passivamente le prese di posizione e le decisioni dei miei fratelli nell’episcopato e di aver seguito con loro la china dei compromessi anziché usare un linguaggio ruvido e profetico dei testimoni e degli annunziatori di una Parola che è ‘una spada’".


"La speranza non ha niente a che vedere con un ottimismo su comando che regna troppo sovente nelle officine ecclesiastiche che io frequento"

venerdì 29 maggio 2009

Da leggere assolutamente.


Marahnathà ha appena pubblicato l'enciclica Amantissimi Redemptoris del beato Pio IX. Un compendio magisteriale sul valore del sacrificio eucaristico e sul ruolo sacerdotale. Anche l'introduzione di Maranathà merita un'attentissima lettura, perché cala nel mondo attuale (e nelle sue deviazioni) i principi del magistero immemoriale.

Ecco l'incipit di questa introduzione
L'enciclica di Pio IX è uno splendido esempio di dottrina, che nella sua brevità permette di cogliere insegnamenti lapidari e informazioni preziose, riguardo alla fede nell'eucaristia e riguardo al Sacerdozio Ministeriale.

Nell' Enciclica, datata 3 maggio 1858, il Pontefice esalta la missione e la centralità dei Sacerdoti rispetto all’assemblea, chiamati ad offrire, nell'incruento sacrificio della Messa, quella stessa Vittima che ha riconciliato l'umanità con Dio Padre. Raccomanda ai ministri della Chiesa di adempiere scrupolosamente al loro dovere, senza badare a sacrifici, per la salvezza delle anime loro affidate.

Nell’anno dedicato ai sacerdoti vogliamo proporre la riscoperta di un’enciclica solida e nello stesso sintetica circa il profondo valore della Santa Messa.

Con questa ampia introduzione vogliamo con profondo senso di responsabilità denunciare chi, in questi decenni, ancora continua a confondere e disorientare le anime verso quel cuore palpitante della nostra fede: la Santissima Eucaristia.

La nostra missione è sempre stata a servizio della Liturgia, ora ci sentiamo di dover difendere questo tesoro.

Come umili e inappropriate sentinelle vedendo in questi anni tanta confusione perdurare, nonostante tanta chiarezza dogmatica e dottrinale, ci sentiamo, in questo anno dedicato ai sacerdoti, di rimettere in luce grazie a questa Enciclica così attuale, il senso della Messa e la missione del Sacerdote contro chi impunemente continua ad oscurare questo luminosissimo mistero diffondendo abbondanti errori e banali e banalizzanti personali interpretazioni, perché sappiamo bene che il monito del profeta Ezechiele vale tanto per loro quanto per noi.

“Se tu, ammonirai il malvagio e questi non desisterà dalla sua scelleratezza e dalla sua prava condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu avrai salvato te stesso. ... Se non lo avrai ammonito, egli morirà per il suo peccato e non saranno ricordate le opere giuste che egli ha compiuto, ma io esigerò da te il suo sangue” Cfr. Ez 3, 19.21.
Andate a leggerla tutta, specie dove sono analizzate le recenti dichiarazioni di Mons. Zollitsch, o del capo dei neocatecumenali Kiko, alla luce dell'insegnamento della Chiesa.

"Messa in latino? che palle!"


Girovagando in internet ci siamo imbattuti nel sito del reverendo don Giorgio De Capitani (nella foto) e ci ha colpito la sua prosa aulica dedicata alla Messa "in latino". La riportiamo di seguito, ad edificazione dei nostri lettori, precisando qualcosa dell'autore di quelle righe, come lo stesso si presenta: Giorgio De Capitani, nato a Santa Maria di Rovagnate nel 1938, è stato ordinato sacerdote nel 1963 nella diocesi di Milano. Ha esercitato il suo ministero pastorale a Introbio, a Cambiago, a Sesto S. Giovanni (Parrocchia di S. Giuseppe), è stato parroco a Balbiano e Culturano, e attualmente svolge incarichi pastorali presso la parrocchia di S. Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lc). Questo il link al suo sito. Penso che lo metteremo tra i nostri preferiti. Vi troverete raffinate analisi teologiche ("Più che dal popolo in coma / la rivoluzione dovrà partire dai ministri / di quel Cristo radicale, che sta aspettando / la riscossa dei suoi profeti"), vera consapevolezza del proprio ministero sacerdotale ("La religione - la liturgia è al suo servizio - / divide l’uomo da se stesso, lo divide / dall’umanità, dalla sua realtà esistenziale"), devozione al Pontefice ("Pensavo: perché il Papa non se ne sta a casa, / lasciando che a parlare siano i suoi preti, /o meglio i ministri del Cristo radicale?") e in genere esortazioni pastorali di profonda spiritualità ("E non c’è scusa nemmeno per il popolo di Dio, / che tace, acconsente, obbedisce, /succube di una religione che sodomizza le coscienze. / Dov’è la voce dei profeti? / Dov’è il dissenso delle comunità cristiane? / Carlo Marx aveva lanciato l’urlo: “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”, / perché anche noi non lanciare l’urlo: “Ministri del Cristo radicale, uniamoci!?"). Ma ecco quel che scrive il nostro in merito al motu proprio, in un messaggio illuminante datato 16.9.2008 (sottolineature nostre):


Messa in latino? Che palle!


Sinceramente non capisco la preoccupazione della Santa Sede di voler a tutti i costi imporre la Messa in latino o, meglio, di far sì che i Vescovi la permettano o addirittura la favoriscano. Qual è il motivo di questi interventi che denunciano i Vescovi inadempienti?A me sembra, leggendo l’articolo che segue [sull'opposizione dei Vescovi al motu proprio], che ci sia quasi una volontà di suscitare un problema che non esiste per far sì che il problema esista. Mi chiedo: sono proprio così numerosi i laici che desiderano ardentemente la Messa in latino? È proprio vero che i Vescovi e i preti rifiutano di farla celebrare o di celebrarla? A me sembra che ci sia invece una totale o quasi indifferenza, nel senso che la Chiesa locale ha ben altro da fare che perdere tempo in simili sciocchezze. Il mondo sta bruciando, ed ecco che stiamo qui a porre una questione del tutto marginale. Che cazzo me ne frega della Messa in latino, quando la gente non comunica più con la propria lingua perché ha perso il senso profondo delle parole che contano! Che fatica celebrare la Messa cercando di far capire ai fedeli il significato di una Parola che si è incarnata nella realtà esistenziale! Non è possibile - è una bestemmia al Verbo incarnato! - persistere in un ritualismo che è fuori tempo massimo. Perché perdere tempo con dei fissati la cui unica preoccupazione sembra quella di chiudersi al mondo moderno, solo per ottenere qualche consolazione da rubare ai ricordi dei bei tempi ormai passati?I Vescovi fanno bene a “ignorare” le disposizioni del “motu proprio” sulla Messa in latino. Il loro impegno è quello di ricuperare chi si è allontanato non perché è stato tradito dagli ideali del Vaticano II, ma da una Chiesa gerarchica sempre pronta a riformare la liturgia lasciando spegnere quelle speranze di cui l’umanità da tempo ha bisogno.

giovedì 28 maggio 2009

Il cattolico è tradizionalista per essenza?

Luigi ci ha fatto cortesemente avere questo contributo, che solleverà discussioni e che è molto interessante:



Il grande pensatore cattolico Plinio Corrêa de Oliveira [nella foto], nel suo capolavoro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, spiega bene che il cattolico è e deve essere tradizionalista. Riproduciamo qui il capitolo 3 della 2° parte del libro.

Plinio Corrêa de Oliveira
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione - Capitolo 3
La Contro-Rivoluzione e la smania di novità



La tendenza di tanti nostri contemporanei, figli della Rivoluzione, ad amare senza restrizioni il presente, adorare il futuro, e votare incondizionatamente il passato al disprezzo e all'odio, suscita verso la Contro-Rivoluzione un insieme di incomprensioni che è necessario far cessare. Soprattutto, sembra a molti che il carattere tradizionalista e conservatore di quest'ultima ne faccia una nemica naturale del progresso umano.


1.La Contro-Rivoluzione è tradizionalista


A. Ragione
La Contro-Rivoluzione, come abbiamo visto, è uno sforzo che si sviluppa in funzione di una Rivoluzione. Questa si rivolta costantemente contro tutta una eredità di istituzioni, di dottrine, di costumi, di modi di vedere, sentire e pensare cristiani che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, e che ancora non sono totalmente estinti. La Contro-Rivoluzione difende, dunque, le tradizioni cristiane.



B. Il lucignolo che ancora fumiga
La Rivoluzione attacca la civiltà cristiana più o meno come un certo albero della foresta brasiliana, il fico selvatico (urostigma olearia), che, crescendo sul tronco di un altro, lo avviluppa completamente e lo uccide. La Rivoluzione, nelle sue correnti "moderate" e di velocità lenta, ha circondato la civiltà cristiana per avvolgerla da ogni parte e ucciderla. Siamo in un periodo in cui questo strano fenomeno di distruzione non è ancora giunto al suo termine. Siamo, cioè, in una situazione ibrida, in cui quelli che potremmo quasi chiamare resti mortali della civiltà cristiana, aggiunti al profumo e all'azione remota di molte tradizioni estinte soltanto di recente, ma che conservano ancora una certa vitalità nella memoria degli uomini, coesistono con numerose istituzioni e costumi rivoluzionari.
Di fronte a questa lotta tra una splendida tradizione cristiana in cui ancora palpita la vita, e un'azione rivoluzionaria ispirata da quella smania di novità a cui si riferiva Leone XIII nelle parole iniziali dell'enciclica Rerum novarum, è naturale che il vero contro-rivoluzionario sia il difensore nato del tesoro delle buone tradizioni, perché esse sono i valori del passato cristiano ancora esistenti e che si tratta precisamente di salvare. In questo senso, il contro-rivoluzionario agisce come Nostro Signore, che non è venuto a spegnere il lucignolo che ancora fumiga, né a spezzare la canna incrinata (1). Perciò egli deve cercare di salvare amorevolmente tutte queste tradizioni cristiane. Un'azione contro-rivoluzionaria è, essenzialmente, un'azione tradizionalista.


C. Falso tradizionalismo
Lo spirito tradizionalista della Contro-Rivoluzione non ha nulla in comune con un tradizionalismo falso e gretto che conserva certi riti, stili o costumi soltanto per amore alle forme antiche e senza alcuna stima per la dottrina che li ha generati. Questo non è tradizionalismo sano e vivo, ma piuttosto archeologismo.

2. La Contro-Rivoluzione è conservatrice
La Contro-Rivoluzione è conservatrice? In un certo senso, sì, e profondamente. In un altro senso, no, pure profondamente.
Se, del presente, si tratta di conservare qualcosa che è buono e merita di vivere, la Contro-Rivoluzione è conservatrice.
Ma se si tratta di perpetuare la situazione ibrida in cui ci troviamo, di arrestare il processo rivoluzionario in questa tappa, restando immobili come delle statue di sale, ai margini del cammino della storia e del tempo, avvinghiati a quanto vi è di buono e a quanto vi è di cattivo nel nostro secolo, cercando così una coesistenza perpetua e armonica del bene e del male, la Contro-Rivoluzione non è né può essere conservatrice.

3. La Contro-Rivoluzione è condizione essenziale del vero progresso
La Contro-Rivoluzione è progressista? Sì, se il progresso è autentico. No, se è la marcia verso la realizzazione dell'utopia rivoluzionaria.
Nel suo aspetto materiale, il progresso vero consiste nella retta utilizzazione delle forze della natura, secondo la legge di Dio e al servizio dell'uomo. Perciò, la Contro-Rivoluzione non viene a patti con il tecnicismo ipertrofico di oggi, con l'adorazione delle novità, della velocità e delle macchine, né con la deplorevole tendenza a organizzare more mechanico la società umana. Questi sono eccessi che Pio XII ha condannato con profondità e precisione (2).
E il progresso materiale di un popolo non è l'elemento principale del progresso cristianamente inteso. Questo consiste, soprattutto, nel pieno sviluppo di tutte le sue potenze dell'anima, e nell'ascesa degli uomini verso la perfezione morale. Una concezione contro-rivoluzionaria del progresso pone l'accento, quindi, sulla preminenza dei suoi aspetti spirituali sugli aspetti materiali.
Di conseguenza, è proprio della Contro-Rivoluzione promuovere, fra gli individui e le moltitudini, un apprezzamento per tutto quanto riguarda la vera religione, la vera filosofia, la vera arte e la vera letteratura, molto superiore a quello riservato al bene del corpo e allo sfruttamento della materia.
Infine, per definire la differenza tra il concetto rivoluzionario e quello contro-rivoluzionario di progresso, è necessario notare che quest'ultimo tiene conto del fatto che questo mondo sarà sempre una valle di lacrime e un luogo di passaggio verso il cielo, mentre per il primo il progresso deve fare della terra un paradiso, nel quale l'uomo viva felice, senza pensare all'eternità.
Dalla nozione stessa di retto progresso, si può vedere che questo è l'opposto del processo della Rivoluzione.
La Contro-Rivoluzione è dunque condizione essenziale perché sia protetto lo sviluppo normale del vero progresso, e sconfitta l'utopia rivoluzionaria, che del progresso ha soltanto le ingannevoli apparenze.

(1) Cfr. Mt. 12, 20.
(2) Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio ai fedeli e ai popoli del mondo intero, del 22-12-1957, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIX, p. 670.

Per una ottima descrizione della vita e delle opere del pensatore brasiliano, consigliamo la lettura del volume di Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte, SugarCo, 2008, che è pubblicizzato nella colonna laterale a destra (vedi anche http://www.cesnur.org/2008/mi_notte.htm).

La fierezza di Lugo, presidente-vescovo proletario (in senso etimologico)




BUENOS AIRES, 24 maggio 2009 (AFP) - Il Presidente Lugo (nella foto), ex vescovo, è fiero di aver riconosciuto la sua paternità. Il Presidente del Paraguay, Fernando Lugo, un ex vescovo che aveva suscitato scandalo riconoscendo di aver avuto un figlio, si è detto fiero del suo gesto, in un'intervista diffusa sabato dalla stampa argentina. "Il tasso di riconoscimento di paternità non è che del 30% in Paraguay: nel 70% dei casi, la paternità non è riconosciuta [fischia!], ha osservato Lugo nell'intervista accordata al quotidiano Clarin. "Il fatto che il presidente riconosca suo figlio, mentre ha in mano l'arsenale giuridico e il potere, compreso mediatico, per non farlo, è qualcosa che molti hanno considerato come atto di coraggio".

Lugo, 57 anni, ha riconosciuto il 13 aprile la paternità di un bimbo di due anni, concepito quando portava ancora l'abito religioso [che lo indossasse davvero, lo crediamo poco. Ma è un modo di dire].

Altre due donne hanno in seguito affermato di avere avuto un bambino nato da un rapporto con lui. La questione aveva scatenato uno scandalo in questo paese povero dell'America del Sud, dove il 90% della popolazione è cattolica. Parecchie voci dell'opposizione hanno chiesto le dimissioni del capo dello Stato Lugo, dirigente di un partito di sinistra eletto nell'aprile 2008, mettendo fine ad un regno di 61 anni del partito conservatore.



Presso "la gente modesta, quelli che hanno votato per me, la mia immagine resta intatta", afferma ancora il Presidente Lugo, sottolineando di non aver mai pensato di dimettersi.

mercoledì 27 maggio 2009

Alla Messa tridentina con la moglie del vescovo.

Molti ricorderanno che tempo addietro la Commissione Ecclesia Dei, per mano del suo Presidente card. Castrillòn Hoyos, ha scritto al vescovo della diocesi irlandese di Killala per ingiungergli (insomma... avrà usato espressioni ben più curiali, ma il senso era quello) di concedere la Messa in forma straordinaria al gruppo che la richiedeva con insistenza.

Questo dopo che il vescovo locale, mons. John Fleming, aveva risposto agli importuni scocciatori che la Messa tridentina era vietata nella sua diocesi, fino a che non fossero pervenuti alcuni chiarimenti da Roma.

Roma, più che chiarire, ha detto che era contrario al diritto il divieto imposto dall'episcopo che così, sospirosamente, ha disposto che siano celebrate nella chiesa di Ardagh, uno dei paesini più sperduti nella verde campagna di quella contea, tre Messe antiche al mese (vai a capire perché tre!).

La prima di queste Messe si è tenuta in questo mese, celebrata da un giovane prete diocesano che vi si è applicato con grande fervore e passione, per la gioia dell'assemblea di una sessantina di fedeli. Tra i quali, la moglie - convertita al cattolicesimo - del vescovo anglicano del posto (in Irlanda, vi sono due gerarchie parallele e quasi tutte le diocesi hanno un vescovo cattolico ed uno anglicano).

Sicuramente Mons. Fleming avrà un ben imbarazzante tema di discussione, in occasione dei suoi incontri ecumenici con il suo omologo protestante...

Padre Lombardi lascia il Centro Televisivo Vaticano. Anzi no


Uno scarno annunzio apparso sull'ultimo bollettino della Sala Stampa del Vaticano, la stessa che P. Lombardi dirige, ci informa che il Santo Padre ha nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro Televisivo Vaticano Mons. Claudio Maria Celli, Arcivescovo tit. di Civitanova, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

Questa decisione alleggerisce il gravoso carico di lavoro di Padre Lombardi, gesuita di Saluzzo, che finora gestiva il Centro Televisivo pur essendo anche titolare della Sala Stampa del Vaticano e, quindi, 'portavoce' ufficiale del Papa nei suoi rapporti con la stampa.

Una riorganizzazione nel sistema di comunicazione mediatica del Vaticano era lungamente atteso e ancor più pressantemente necessario, visti i problemi disastrosi avuti negli ultimi mesi in relazione, in particolare, all'affare Wiliamson, alla polemica sui preservativi e in genere alle difficoltà di trasmettere, attraverso una stampa spesso ostile, un messaggio incorrotto delle parole del Papa. Speriamo che ora P. Lombardi riesca con maggiore efficacia a dedicarsi al suo core business.
Aggiornamento: fr. A.R. ci ha riportato in un commento la seguente precisazione che corregge quanto sopra indicato:
Città del Vaticano, 26 mag. (Apcom) - Il Papa ha nominato presidente del Consiglio di amministrazione del Centro Televisivo Vaticano (Ctv) mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali. L'arcivescovo sostituisce il giornalista Emilio Rossi, scomparso alcuni mesi fa. Resta direttore del Ctv (oltre che della radio Vaticana e della Sala Stampa della Santa Sede) padre Federico Lombardi.

martedì 26 maggio 2009

La miglior pastorale vocazionale? La Messa tridentina

Andrea Carradori ci comunica:

Ho più volte accennato che un ministrante della Messa in latino nel Santuario di Campocavallo ha lasciato tutto, famiglia e lavoro, per scegliere “la parte migliore” , con la comunità dei Francescani dell’Immacolata.

Ieri dopo la Messa cantata la madre di una ragazza, che non è mai mancata alla Messa domenicale e festiva, ci ha detto che sabato prossimo, vigilia della Santa Pentecoste, sua figlia entrerà in Convento, dalle Suore Francescane dell’Immacolata.

In un anno di messa “stabile” due vocazioni !

Non è finita : aspettiamo il termine degli esami di maturità …

Preghiamo per questi giovani affinchè il Signore doni loro la virtù della perseveranza in questa difficile scelta vocazionale.

In unitate orationis

La pastorale vocazionale? E' tridentina!



Grazie a Americatho scopriamo che il sito dell'Arcidiocesi di Washington, sorprendentemente, dedica una sua pagina di 'pastorale vocazionale' (per usare l'orrenda locuzione tanto in uso nelle nostre diocesi) alla scelta monastica e per farne promozione che ti mette? La foto di un monaco di Le Barroux con tanto di chierica e un brano gregoriano di Fontgombault: due abbazie benedettine fedeli all'antico rito.



Ve l'immaginate il sito di una diocesi italiana (non parliamo delle arcidiocesi!) che si azzardasse a

domenica 24 maggio 2009

Il minareto avanza di fronte al deserto spirituale

Riportiamo un post di Padre Scalese, che troviamo particolarmente profondo e interessante; anche perché commenta un intervento di Magister che ci eravamo ripromessi di pubblicare. Trovate lo scritto per intero nel suo blog, con il titolo di Eterogenesi dei fini.

[..] In questi giorni sono rimasto assai colpito dalla lettura del post di Sandro Magister "L'Eurabia ha una capitale: Rotterdam", pubblicato sul sito www.chiesa. In esso viene riportato un impressionante articolo di Giulio Meotti per Il Foglio.
[..]
Tutti siamo affezionati alla nostra vecchia Europa, ricca di storia e di cultura, l'Europa cristiana che, oltre a esprimere uno stuolo innumerevole di santi, è stata capace di creare una meravigliosa civiltà. Per cui, quando qualcuno viene a dirci che le cattedrali sono state rimpiazzate dalle moschee, come possiamo rimanere insensibili?

Eppure dobbiamo guardare in faccia alla realtà: questo è ciò sta avvenendo in Europa. È inevitabile fare qualche riflessione, sia per quanto riguarda la società civile, sia per quanto riguarda la Chiesa. È molto significativo che ciò stia avvenendo proprio nei paesi da sempre considerati piú "avanzati" in Europa. L'articolo ci parla dell'Olanda: il paese della libertà assoluta, che era stato capace di superare tutte le vecchie "inibizioni" (puritane o cattoliche poco importa); il paese del Catechismo olandese, dove il "rinnovamento" conciliare era stato attuato nella maniera piú radicale, senza le remore della bigotta Italia e neppure le derive tradizionaliste della inquieta Francia. Tutto lasciava intravedere "le magnifiche sorti e progressive" di un paese finalmente affrancato dall'oscurantismo. E invece, che ti ritroviamo? Una delle principali città olandesi amministrata da un sindaco musulmano, con interi quartieri arabi, dove viene applicata la sharia e le donne camminano con lo chador (se non con il burqa). Che cosa è successo?

È successo quello che i filosofi chiamano "eterogenesi dei fini", vale a dire il raggiungimento di fini diversi, se non opposti a quelli che ci si era prefissi. Pensate: con la rivoluzione sessuale si era arrivati al punto di esporre donne nude dentro le vetrine; ora il corpo delle donne viene ricoperto con il burqa! La Chiesa cattolica aveva pensato di rinnovarsi col Concilio e oltre il Concilio; ora le chiese sono vuote, qualche volta distrutte, in altri casi riconvertite a usi profani, talvolta trasformate in moschee. Era questo l'obiettivo del Vaticano II? Eterogenesi dei fini... Non sempre avviene ciò che ci proponiamo. Perché? L'uomo non è l'artefice della storia, per quanto si illuda di essere onnipotente. Anche nella Chiesa, il Concilio, che doveva essere semplicemente ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa e discernimento dei "segni dei tempi" (quelli veri!), per molti si è trasformato nel tentativo prometeico di cambiare tutto per rifondare la Chiesa secondo gli schemi ideologici di moda. Ecco il risultato: l'esatto opposto di quel che ci si proponeva.

È interessante notare che l'uomo, quando pretende di affrancarsi da qualsiasi vincolo, diventa schiavo; quando, in nome della ragione, distrugge la religione, cade nella superstizione; e la democrazia, quando vuole diventare assoluta, uccide sé stessa. Qualche esempio? Negli stati laici europei, a poco a poco, si è limitato lo spazio per il cristianesimo, per fare spazio alle altre religioni: nelle scuole non era possibile fare la preghiera (per rispetto verso i non-cristiani); ora però si allestisce una "stanza del silenzio", perché gli alunni musulmani possano pregare. Ancora oggi, in Italia, i paladini delle radici giudaico-cristiane dell'Europa mettono in guardia dal fare leggi confessionali; poi le democrazie piú avanzate, per rimanere fedeli a sé stesse, si vedono costrette a permettere l'adozione della sharia. Del resto, lo ricordava un vescovo turco a un sinodo di qualche anno fa: i musulmani sfrutteranno la nostra democrazia per raggiungere il potere e, una volta istallati al potere, imporanno a tutti la loro legge.

Che fare? Ormai è troppo tardi per correre ai ripari. La situazione è irreversibile. La società civile non riesce a esprimere nulla di meglio che i vari Fortuyn e Wilders, ex-cattolici, ex-marxisti, ex-tutto (siamo appunto nell'ex-Europa!). Ci sarebbe bisogno di una Chiesa viva, ma dove sta? Ormai la presenza cristiana (non solo cattolica) è ridotta al lumicino. Rimane solo la speranza che, come gli antichi barbari furono affascinati dal cristianesimo e dalla civiltà romana, cosí i musulmani rimangano anch'essi affascinati dal cristianesimo e da quel poco che rimane della "civiltà europea". Ma perché ciò avvenga, c'è bisogno di qualcuno che testimoni loro il Vangelo nella sua purezza: un piccolo gregge, che, per quanto piccolo, lasci intravedere quel "tesoro" che solo noi abbiamo, e permetta a quel "tesoro" di compiere la sua opera.

sabato 23 maggio 2009

Intervista a mons. de Galarreta, vescovo lefebvriano



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- Eccellenza, lei ha detto nel suo sermone che [la revoca delle scomuniche] aveva aumentato il numero di fedeli nel mondo, dopo il decreto del 21 gennaio.
Sì, in effetti, dopo il Motu Proprio, diverse migliaia di sacerdoti hanno chiesto il DVD che insegna a pregare la Messa tradizionale. Inoltre dopo questo decreto c’è un sacco di persone nuove che sono in contatto con i nostri conventi e seminari.

- Molti si chiedono perché il papa ha emesso il decreto del 21 gennaio. Alcuni parlano di una volontà di assorbire la Fraternità Sacerdotale di San Pio X e di metterla tacere. Altri parlano di un semplice atto di benevolenza del Papa. Qual è il Suo parere su questo argomento?
E’ difficile capire le intenzioni, ma da quello che si può dedurre dai fatti, ci sono probabilmente diverse ragioni. Mi sembra indiscutibile che vi sia da parte del Papa una certa volontà di ristabilmento della giustizia e benevolenza. Ma è chiaro che essi si aspettano che tali azioni e i contatti con Roma permettano loro di incorporarci all'interno della "dinamica chiesa", che limerebbe le spine che secondo loro noi abbiamo, per esempio, essere tanto rigidi e intransigenti, come dicono, sulla dottrina. Ossia si aspettando di "moderarci" un po’, incorporando anche alcune nostre cose positive.
Un altro aspetto importante è il desiderio di Benedetto XVI di dimostrare la continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione: se vuole dimostrare che vi è continuità, ci deve essere permesso di esistere e di vivere entro i confini della Chiesa. Certo, questa visione delle cose e di noi stessi è il più grande pericolo dei contatti a venire.

- Possiamo parlare di un papa tradizionalista?
No. Purtroppo no. Benedetto XVI ha inteso esplicitamente negarlo. Si sente pienamente e teologicamente identificato con il Concilio Vaticano II. Il suo insegnamento e il suo governo della Chiesa rientrano perfettamente nello spirito del Concilio. La prova è che vuole incorporarci alla Chiesa ufficiale, ma all'interno di una concezione ecumenica. Sta praticando dell’ecumenismo nei nostri confronti.
Tuttavia, vi è un cambiamento di atteggiamento nei confronti della tradizione: non è più di persecuzione, ma, in una certa misura, di accettazione. Questo cambiamento di atteggiamento, più sincero, più aperto circa la tradizione, fornisce una base per affrontare i colloqui con la Roma. Il buono, il nuovo dell’attuale Papa, è questo cambiamento di atteggiamento e di accettazione che il Concilio e il magistero postconciliare devono essere in continuità con la tradizione. Si tratta di un punto di contatto e di partenza che ci permette di discutere.

- Nella sua lettera ai vescovi del mondo, 12 marzo, il Papa ha affermato che "i problemi da affrontare adesso sono essenzialmente di natura dottrinale, e si riferiscono principalmente all'accettazione del Concilio Vaticano II e al magistero postconciliare dei Papi ". Quali sono i problemi dottrinali di cui Benedetto XVI ha parlato?Sono precisamente le novità ispirate ai principi liberali, neomodernisti, come per esempio la libertà religiosa, la libertà di coscienza, l'ecumenismo, il democratismo che entrò nella chiesa con la visione della "Chiesa comunione", "Chiesa popolo di Dio", e attraverso la collegialità, che limita l'autorità del Papa e dei vescovi. In sintesi, è la svolta antropocentrica, di umanesimo e di personalismo che sono entrati nella Chiesa, e hanno operato una rivoluzione copernicana. Siamo passati da una concezione cristocentrica, teocentrica, a una sorta di culto dell'uomo, come lo rivendicò Papa Paolo VI.

- Secondo il decreto del 21 gennaio, dovrebbero iniziare colloqui dottrinali tra la Fraternità Sacerdotale San Pio X e il Vaticano. Nella Fraternità di San Pio X, più volte si è dichiarato di voler "guardare al Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione". Come comprendere questa espressione?
Tale espressione richiede certa precisione. Ciò significa che il criterio per una spiegazione di ogni dottrina della Chiesa è la sua conformità alla tradizione. Pertanto studiare il Concilio alla luce della Tradizione significa respingere tutto ciò che è in contraddizione con l'insegnamento e l'insegnamento tradizionale, e accettare ciò che è armonioso e coerente con ciò che si crede da sempre, ovunque e da tutti: che è la definizione della tradizione.

- Allora possiamo dire che scopo di questi colloqui è quello di "convertire Roma"? Non le sembra forse una manifestazione di arroganza? Un’illusione?
Il termine "convertire Roma" non è corretta. Si tratta piuttosto di un ritorno, di una riconversione. D'altro canto, è Dio che può illuminare le menti e i cuori a muoversi per essere in grado di tornare alla Tradizione della Chiesa. Arroganza sarebbe se, sulla base di idee nostre, nuove, ci erigessimo a giudici della dottrina della Chiesa. Ma è piuttosto il contrario: giudicare una serie di sviluppi alla luce di ciò che è stato sempre pensato e vissuto nella Chiesa. Quindi, c'è fedeltà e non orgoglio. Arroganza è proprio l'atteggiamento di coloro che hanno disprezzato l'insegnamento di duemila anni di Chiesa, sulla base di decisioni personali e totalmente contraria alla fede. Illusione? No. Perché non andiamo con false aspettative, vale a dire che non abbiamo un’aspettativa già stabilita. Riteniamo che sia nostro dovere di testimoniare la fede cattolica, difenderla e condannare gli errori ad essa contrari, però non sappiamo quanto frutto si trarrà da queste discussioni. Non sappiamo se poco, molto o nulla. Non sappiamo se appena iniziati i colloqui se ne pentiranno, o se saremo in grado di continuare. Abbiamo l'obbligo di farlo, è nostro dovere, ma è Dio che dà il frutto ... niente, trenta per cento, sessanta, cento per cento? Dio solo lo sa, e provvederà, ma per Dio nulla è impossibile.

– A suo tempo Monsignor [Lefebvre] consacrò quattro vescovi invocando uno stato di necessità. Ha parlato nella sua omelia di una "operazione sopravvivenza" della Chiesa. Dopo il Motu Proprio del 7 luglio 2007 che autorizza la messa tridentina e il decreto del 21 gennaio 2009 concernente la scomunica vi è ancora un tale stato di necessità?
Sì, lo stato di necessità non è causato solo da un’ingiusta condanna o anche solo per la scomparsa della liturgia tradizionale. La nostra battaglia non è finita con il Motu Proprio. Lo stato di necessità deriva dal cambiamento della fede, dall'introduzione di dottrine radicalmente opposte alla fede cattolica e alla tradizione. In questo senso, il problema rimane lo stesso e non è cambiato. Se vi è stato un certo miglioramento nella posizione della Chiesa per quanto riguarda la liturgia tradizionale, in nessun modo v’è stata una soluzione al problema dottrinale della Messa. Lo stato di necessità prosegue esattamente uguale, perché la questione della fede continua a sussistere.

- Quali prospettive vede per la Fraternità di San Pio X, in futuro? Un accordo con Roma? Un riconoscimento canonico?
Non sarà, in assoluto, in un futuro immediato o a medio periodo. Noi precisamente escludiamo questa possibilità. Sappiamo che fino a quando non vi è un ritorno alla tradizione da parte di Roma, qualsiasi accordo pratico o canonico è incompatibile con la confessione e difesa pubblica della fede, e vorrebbe dire la nostra morte. Nella migliore delle ipotesi, umanamente parlando, ci sono davanti diversi anni di discussioni.
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Nobili tradizioni cattoliche



Il 610° anno della Venerabile Confraternita della Misericordia di Sant'Elpidio a Mare, Arcidiocesi di Fermo, è stato festeggiato nella loro storica chiesa Venerdì 15 maggio 2009 con il concerto-conversazione sulla Liturgia antica tenuto dal Priore della Confraternita del Sacratissimo Cuore di Gesù di Tolentino, Maestro Andrea Carradori, in spirito di fraterna collaborazione fra i due antichi sodalizi. Il concerto è stato preceduto dalla recita del Santo Rosario all'aperto davanti l'edicola della Madonna della Misericordia : un commovente quadro che ha riportato indietro di decenni! Cinque padri-famiglia hanno guidato la recita del Santo Rosario con tanta devozione. Terminata la recita del Santo Rosario hanno tutti preso posto nella Basilica lateranense della Misericordia per il concerto-conversazione sulla Messa antica e su quanto quel venerato rito ha prodotto della Santa Chiesa: musica gregoriana, musiche polifoniche e strumentali, fioritura delle arti sacre e dell'architettura sacra. All'Organo costruito nel 1757 da don Pietro Nacchini il Maestro Carradori ha intercalato brani della letteratura organistica antica alle melodie gregoriane:

- Vidi aquam
- Victimae paschali laudes
- Regina coeli
- Kyrie dalla messa Orbis factor
- Sanctus dalla messa Cum jubilo
- Veni Sancte Spiritus, sequenza di Pentecoste.

Pur avendo consigliato di non applaudire, numerose ovazioni hanno interrotto Carradori quando , con profonda commozione, ha raccomandato alla Vergine Santissima i giovani che intendono dedicare la loro esistenza alla Liturgia dei nostri padri per la sola lode di Dio. Ai giovani confratelli presenti Carradori ha consigliato anche alcuni siti specifici dove poter approfondire la conoscenza della messa antica che PapaBenedetto XVI ha disciplinato con il Motu Proprio Summorum Pontificum del 7luglio 2009. Al termine del Concerto è stato cantato l'Oremus Pro Pontifice per invocare la Divina protezione sul Papa. Durante la conversazione Carradori ha calorosamente ringraziato i Confratelli elpidiensi per aver salvaguardato fermamente l'antico originale altare omettendo "tavolinetti da stiro" davanti ad esso. Grandissimo merito della Confraternita l'aver fatto restaurare, con rigidi criteri storici, l'Organo Nacchini negli stessi anni in cui, altrove, nel nome del Concilio Vaticano II si distruggevano altari, organi e quant'altro fosse riconducibile al meraviglioso passato della Chiesa.L'Arcidiocesi di Fermo, un tempo chiamata la Gloriosa Arcidiocesi Fermana, attualmente è da tempo strettamente legata al cammino neocatecumenale che a Porto San Giorgio ha iniziato il proprio percorso.

Nelle Marche è la Diocesi di Fermo a vantare il maggior numero di "migranti liturgici" che ogni domenica fanno chilometri di strada per assistere alla Santa Messa nel rito antico.

Questo è il video che un giovane di 18 anni ha dedicato alla gloriosa storia della Sua amatissima Diocesi, che , se Dio vorrà, dovrà lasciare per entrare in un Seminario di diritto Pontificio che ama e rispetta la santa tradizione dei nostri padri.







NOTIZIE STORICHE DELLA CONFRATERNITA DELLA MISERICORDIA DI SANT'ELPIDIO A MARE
La Confraternita della Misericordia di Sant'Elpidio a Mare venne fondata il primo giugno 1399, su richiesta di alcuni elpidiensi desiderosi di un luogo entro la terra dove i fratelli potessero radunarsi e pregare. Alla confraternita furono annessi, nel tempo, un ospedale, un monte frumentario ed un monte di pietà. La sede della chiesa della confraternita, l'oratorio e l'ospedale furono eretti in luogo lateranense, sotto le dipendenze e la giurisdizione canonica del Capitolo lateranense. Con bolla del 27 febbraio1467 il capitolo conferì il titolo di basilica alla chiesa della Misericordia e riconobbe ufficialmente anche l'ospedale. La confraternita godeva degli stessi privilegi e osservava le stesse regole della Confraternita del Gonfalone di Roma, approvati dal pontefice Urbano VIII, e partecipava di tutte le indulgenze e grazie spirituali concesse dai pontefici, in special modo da Benedetto XIV, alla basilica lateranense. Il29 maggio 1556 il capitolo e i canonici della chiesa lateranense approvarono gli statuti della congregazione che disciplinavano tutta la vita e l'organizzazione della compagnia: le adunanze, la cura degli infermi, il seppellimento dei morti, le elemosine, la gestione del monte pecuniario e d iquello frumentario, e la gestione di altre due chiese ad essa collegate: lac hiesa degli Angeli e la chiesa rurale detta "della Celeste". Fra le cariche interne alla Confraternita si annoveravano tre deputati economici,quattro ministri, due montisti, un sacrestano, un mandataro e due"spidalieri", uno per gli uomini e una per le donne ricoverati nell'ospedale. L'ospedale venne istituito nel 1467; esso era unito alla compagnia e godeva dei medesimi privilegi ad essa concessi. La carica degli"spidalieri" durava un anno. Nell'ospedale venivano ricoverati gli infermi,gli ammalati e i "paesani" privi di mezzi di sostentamento, su ordine del priore e sulla base del certificato di indigenza compilato dall'arciprete, nonché i forestieri che pervenivano da altri ospedali. Nel 1570 venne fondato il Monte pecuniario o Monte di pietà, anch'esso "annesso, connesso e incorporato" nella confraternita e retto dagli stessi statuti. Era gestito da due deputati e da un montista eletti tra i fratelli. Il Monte pecuniario era collocato presso l'abitazione del "cappellano dell'Aurora" (che celebrava la messa per gli artigiani, i contadini e i viandanti nei giorni feriali), nella pubblica piazza. Compito dei confratelli era eseguire opere di carità e di pietà, come la visita alle carceri e all'ospedale nella prima domenica di ogni mese, l'elemosina alle famiglie povere, provvedere al trasporto degli infermi da un ospedale all'altro, al funerale e alla sepoltura dei poveri, disporre ogni anno il sussidio dotale per quattro zitelle povere, due "urbane" e due "suburbane". Tutte le proprietà dei Confratelli con la legge n. 142 del 24 ottobre 1860 promulgata dal commissario generale straordinario nelle Marche, Lorenzo Valerio, prima, e con la legge del 1862, poi, passarono alla Congregazione di carità,unitamente alle finalità di assistenza proprie della Confraternita. Attualmente la Confraternita si occupa delle opere devozionali e liturgiche e di carità.

venerdì 22 maggio 2009

Si sentiva proprio il bisogno del kamasutra di un francescano?

Stufi della posizione del missionario? Né Cosmopolitan Men's Health hanno più segreti piccanti da svelarvi? E allora leggetevi il kamasutra del francescano! Una volta avevamo solo frate Indovino, che strologava innocenti predizioni meteorologiche. Poi sono arrivati frati guaritori, frati cantautori, frati ballerini; ci mancava il frate sessuologo, ed eccovelo servito! La Chiesa è sessuofoba? Ecché: sta diventando sessuomane (precisazione: che è precisamente una conseguenza della sessuofobia). A noi ripugna l'idea di associare il sesso alla religione e, ancora di più, ai religiosi. Non perché il primo sia impuro a prescindere: siamo mica catari, o calvinisti puritani! Ma perché: a) non si vede quale competenza particolare in materia possa avere chi ha fatto voto di castità; e se invece ce l'ha, preferiamo che ne taccia; b) e soprattutto: il religioso è padre, e chi vorrebbe un padre amicone che ti istruisce con pruriginosi dettagli su questi temi? Perdonate la pruderie, ma ci sembra una sorta di incesto spirituale leggere il fratacchione che discetta (passiamo al latino, che è meglio) di fellatio, di cunnilingus e, perché no (ché per il nostro frate va bene "in qualsiasi modo", purché tra coniugi), di pedicatio. Ecco quanto ne riferisce La Repubblica:



Sesso, amore e fede. E' una sorta di nuova santissima trinità [come bestemmiare senza nemmeno accorgersene...], quella celebrata da un libro che è diventato rapidamente un best-seller in Polonia e sta per essere tradotto in mezza dozzina di lingue, compreso l'inglese e l'italiano: "Seks", ovvero sesso, sta scritto a caratteri cubitali in copertina, e nel sottotitolo, molto più in piccolo, "per le coppie sposate che amano Dio". Il Guardian di Londra ne parla oggi in prima pagina descrivendolo come un "kamasutra cattolico": già, perché l'autore è un frate francescano polacco, padre Ksawery Knotz, che prega e lavora in un monastero vicino a Cracovia.

Un manuale di sesso scritto da un sacerdote cattolico sarebbe già abbastanza sorprendente, ma ancora più sorprendenti sono le istruzioni che il frate dà alle coppie. Chi pensasse che il suo libro suggerisce di limitarsi alla posizione "del missionario" e a considerare il coito un esercizio unicamente diretto alla riproduzione della specie, resterebbe deluso, osserva il Guardian. Padre Knotz, al contrario, consiglia di prendere il sesso con allegria e di farlo, per così dire, in tutte le salse. "Ogni atto, un certo tipo di carezze, una certa posizione sessuale, fatto allo scopo di suscitare eccitazione, è permesso e fa piacere al Signore", scrive il frate. "Durante un rapporto sessuale, le coppie sposate possono mostrare il loro amore in qualsiasi modo, possono scambiarsi le carezze più ardite, possono fare ricorso a stimolazioni orali e manuali".

Il libro, che ha ricevuto la benedizione ossia l'approvazione della chiesa cattolica polacca, nota per il suo conservatorismo, segue l'ortodossia tradizionale in altro ambito: si rivolge esclusivamente alle coppie sposate, come se il sesso non potesse esistere fuori dal matrimonio, e scoraggia l'uso di qualunque genere di contraccettivi, "perché possono condurre una coppia fuori dalla cultura cattolica e verso uno stile di vita completamente differente". Ma a parte questo, una volta che l'unione è santificata dal sacramento del matrimonio, sotto le lenzuola tutto è permesso. "Alcune persone credono che il sesso nella vita matrimoniale debba essere privo di gioia, di frivola giocosità, di fantasia e di posizioni eccitanti. Pensano che debba essere triste come un tradizionale inno religioso", afferma padre Knotz nel suo libro. "Fanno fatica a capire che Dio è interessato anche alla felicità della loro vita sessuale, e che anche così ha dato loro un suo dono".

Sebbene il manuale del "kamasutra cattolico" abbia già avuto numerose ristampe in Polonia, e sia in procinto di essere tradotto in slovacco, italiano, inglese e altre lingue, qualcuno si domanda dove abbia messo insieme un'esperienza in fatto di sesso il suo autore, che come frate cattolico ha fatto voto di celibato. Padre Knotz ammette che le sue informazioni in materia sono "di seconda mano", ma aggiunge che gli hanno dato lo stesso un'ampia conoscenza della materia. "Parlo con un sacco di coppie sposate, li ascolto, e cerco di aiutarli a essere più contenti della loro vita sessuale, a capire che il sesso nel matrimonio non deve avere sensi di colpa o provocare tensioni", spiega. Il successo è tale che, oltre al libro, ha aperto un sito internet dove dispensa i suoi insegnamenti in fatto di sesso ai devoti. A patto che siano sposati, naturalmente.

Enrico Franceschini

La Bruni si sente secolare. Non avevamo dubbi.



Madama Bruni Carla in Sarkozy (anzi, Madame, visto che si vergogna delle sue origini italiane) ha sentenziato in un’intervista a Femme Actuelle (OK, non è The New Yorker, ma ciascuno ha quel che merita, no?):



“Sono nata cattolica, sono battezzata, ma nella mia vita mi sento profondamente secolare”.

“Trovo che la controversia suscitata dal messaggio del Papa, per quanto distorta dai media, è molto dannosa”

“In Africa è spesso la gente di Chiesa che si prende cura dei malati. E’ stupefacente vedere la distanza tra teoria e realtà”-

“Penso che la Chiesa dovrebbe evolvere su questo tema. Presenta il preservativo come un contraccettivo che, peraltro, proibisce, sebbene sia la sola protezione esistente”.



Gerald Warner del Daily Telegraph così ironizza:


Riuscirà la Chiesa cattolica a sopravvivere senza la Bruni? La prognosi non può essere buona. La perdita di questa profondamente devota madre single, che è divenuta la terza moglie di Sarkozy - il Presidente mostra un commendevole supporto per il matrimonio - potrebbe avere ripercussioni demoralizzanti. Questa disillusione implicherà che la veletta in pizzo di Bruxelles della Bruni non adornerà più i Vespri a Saint Nicolas-du-Chardonnet? Sarà pure assente dal pellegrinaggio di Chartres di quest'anno? [..]


Perfino da un punto di vista secolaristico, se non avessimo le sagge parole di Carla Bruni a guidarci, potremmo aver prestato fede alla campagna cattolica in Uganda di astinenza, che ha ridotto la percentuale di infezione di HIV tra adulti dal 18% del 1992 al 5% del 2007.

Senza la Bruni, potremmo essere tentati di dar retti a commentatori male informati come il direttore dell’AIDS Prevention Center del Center for Population and Development Studies di Harvard che ha detto: “i migliori riscontri probatori che abbiamo confermano i commenti del Papa”.


giovedì 21 maggio 2009

La chiesa “alternativa” di Martini e don Verzé

di A. Gnocchi e M. Palmaro

La pillola anticoncezionale? Spesso è giocoforza che vada consigliata e fornita. L’etica cristiana? Incongruente, da rifare. I divorziati risposati? Basta fisime clericali. Il celibato ecclesiastico? Una finzione, buttiamolo a mare. I vescovi? Li elegga il popolo di Dio.

Tutto ciò fermandosi solo alle anticipazioni di Siamo tutti sulla stessa barca (Editrice San Raffaele, pp. 96, euro 14,5) libro in uscita oggi e anticipato ieri dal Corriere della Sera, firmato dal cardinale Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, e da don Luigi Verzé, fondatore dell’Ospedale San Raffaele e rettore dell’Università Vita-Salute. Sarebbe interessante sapere che cosa pensano di queste tesi le autorità preposte alla salvaguardia della dottrina cattolica. Perché è venuto il momento di dire se, in materia di dottrina e di morale, i fedeli sono tutti uguali e devono accettare tutti le stesse regole o se, invece, c’è qualcuno più uguale degli altri.

Contraltare del Papa

Il cattolico medio non può ignorare che se il Papa si pronuncia su un tema, subito spunta il cardinale Martini a fare da contraltare. Il Papa scrive un libro su Gesù? Lui l’avrebbe fatto meglio. Il Papa liberalizza la Messa in latino? Lui non avrebbe suscitato perniciose nostalgie. Il Papa ribadisce il primato di Pietro? Lui si appella alla collegialità. Il Papa prende atto degli scivoloni del Vaticano II? Lui convoca il Vaticano III.

Così come non può ignorare che don Verzé ha riempito la sua università di nomi come Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Vito Mancuso, Salvatore Natoli, Emanuele Severino, Edoardo Boncinelli: il meglio del pensiero anticattolico sulla piazza. Del resto, don Verzé è l’inventore di un’inedita dottrina simil-cattolica grazie alla quale si è auto-autorizzato a praticare nel suo ospedale la fecondazione artificiale omologa condannata dalla Chiesa. Lo ha fatto con una decisione del comitato etico del San Raffaele e poco gli importa di essere stato smentito dalla Congregazione per la dottrina della fede. Senza dimenticare che, in piena bagarre sul caso Englaro, don Verzé rivelò di aver tolto la spina ad un amico attaccato a un respiratore artificiale. «Col pianto nel cuore», ma lo fece. Due come il cardinale Martini e don Verzé sembrano fatti apposta per incontrarsi. E potrebbe stupire che, per anni, la curia martiniana abbia fatto la guerra al san Raffaele e al suo fondatore. Ma si trattava di questioni politiche e non teologiche. Perché sul metodo del dubbio applicato al dogma e sulla teoria delle “zone grigie” applicata alla morale messi a punto da Martini, don Verzé ci va a nozze. Tanto che, nel 2006, la sua università ha conferito la laurea honoris causa al porporato. E così ecco spiegato il presente libro, nel quale il fondatore del San Raffaele parla con rammarico di «un’etica ecclesiastica imposta». Poi dice «che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato» e annuncia che l’ora della democrazia nella Chiesa suonerà con l’elezione diretta dei vescovi. «La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate».

Un nuovo concilio

Don Verzé va giù di vanga, e allora Martini interviene con il fioretto ad allargare il solco. «Oggi ci sono sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele». Caro don Luigi, ha proprio ragione lei, qui bisogna cambiare tutto, che orrore quelle fiumane di gente ignorante e impreparata, avrà mai seguito almeno una lezione della Cattedra dei non credenti? Con studiata ritrosia, il cardinale conferma tutto. Senza dimenticare che, per rimettere un po’ d’ordine, «non basta un semplice sacerdote o un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi». Insomma, un altro Concilio.

Siamo tutti sulla stessa barca, dice il titolo del libro. Qualcuno ci spieghi se è quella di Pietro.


Fonte: Libero 20.5.2009, via Papa Ratzinger blog

"Aeterne Rex Altissimi": gli inni per l'Ascensione


Ecco di seguito la traduzione e l'analisi, arricchita da dotte note, dell'amico sacerdote don Alfredo Morselli, che ci propone e suggerisce circa i due Inni prescritti per la Solennità dell'Assunzione di N. S. G. C.

Gli inni del Breviarium Romanum propri dell’Ascensione sono due: Aeterne Rex altissime, a Mattutino, e Salutis humanæ Sator, alle Lodi e ai Vespri.

Aeterne Rex altissime di incerta attribuzione secondo alcuni, Ambrosiano del V secolo secondo altri (Britt, The Hymns of the Breviary and Missal). L’autore, celebrando la gloriosa Ascensione del Figlio di Dio, quale ritorno nella Sua eterna sede, ha prefigurato anche

Il Papa ci incoraggia nell'apostolato via internet!


Le parole del Papa al termine dell'udienza generale del mercoledì (ieri) ai pellegrini di lingua inglese (ben a proposito, visto che la lingua franca di internet è l'inglese) - Traduzione dell'Osservatore Romano:

La prossima domenica, la Chiesa celebrerà la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali. Nel mio messaggio di quest'anno, invito tutti coloro che utilizzano le nuove tecnologie di comunicazione, in particolare i giovani, ad avvalersene in modo positivo e a comprendere il grande potenziale di questi strumenti per creare vincoli di amicizia e solidarietà che possano contribuire a un mondo migliore. Le nuove tecnologie hanno modificato in maniera fondamentale le modalità di diffusione delle notizie e delle informazioni e di comunicazione e relazione fra le persone. Desidero incoraggiare quanti accedono al ciberspazio a essere attenti a mantenere e promuovere una cultura di autentici rispetto, dialogo e amicizia in cui i valori di verità, armonia e comprensione possano fiorire. Giovani! Mi rivolgo in particolare a voi: siate testimoni della vostra fede nel mondo digitale! Impiegate queste nuove tecnologie per far conoscere il Vangelo cosicché la Buona Novella dell'amore infinito di Dio per tutti risuoni in nuovi modi nel nostro mondo sempre più tecnologico!

Come si vede, l'esortazione del Papa parte un po' loffia (amicizia e solidarietà, mondo migliore...), ma finisce alla grande!

Ed ecco, sempre dall'Osservatore Romano, la presentazione del nuovo portale dedicato al Papa.

"Giovani, siate testimoni della vostra fede nel mondo digitale!". Mentre il Papa lanciava quest'appello da piazza San Pietro, durante l'udienza generale di oggi, mercoledì 20, al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali si stavano dando gli ultimi ritocchi al portale "Pope2you", la nuova finestra che da domani, giovedì 21 maggio, si apre sul web per consentire ai giovani di conoscere l'attività di Benedetto XVI.

"Abbiamo voluto dedicare questo nuovo sito ai giovani - ha detto a "L'Osservatore Romano" l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio - per entrare in dialogo con loro in modo più diretto. E perché possa essere un dialogo fruttuoso, ricco, caratterizzato dal rispetto e dall'amicizia abbiamo voluto utilizzare il digitale, cioè lo strumento a loro più congeniale, attraverso il quale si ritrovano quotidianamente a volte anche senza conoscersi di persona". Tra l'altro il nuovo sito viene inaugurato alla vigilia della celebrazione della quarantatreesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il cui tema non a caso è proprio "Nuove tecnologie, nuove relazioni". Quanto Benedetto XVI tenga a queste nuove forme di incontro, lo testimonia l'attenzione che ha sempre dedicato all'argomento. L'ultima volta, in ordine di tempo, proprio con le parole rivolte questa mattina a quanti usano il ciberspazio. "L'appello di questa mattina - ci ha detto ancora l'arcivescovo Celli - rappresenta uno stimolo ed un incoraggiamento. Lo stimolo è quello di essere propositivi nel promuovere una cultura del dialogo, del rispetto reciproco, dell'amicizia. Il coraggio è quello di mettersi in gioco nel mondo dei social network, e rendere testimonianza dell'amore di Dio per tutti gli uomini". Dunque il ciberspazio come luogo da abitare scelto dalla Chiesa per incontrare l'uomo dell'era del digitale, si allarga. "Pope2you" si aggiunge agli altri strumenti già utilizzati per diffondere il Vangelo: wikipedia, youtube, iphone, facebook.

"Il nuovo portale - ci ha spiegato ancora l'arcivescovo - consentirà di accedere direttamente al mondo parallelo di facebook grazie ad un'applicazione che consentirà di inviare ai propri amici una fotografia virtuale con una frase scelta tra i discorsi del Papa. Ed è bene precisare che la presenza stessa del Papa su facebook si limita proprio a questo, cioè alla possibilità di inviare una sua fotografia con dedica, cioè con una frase presa dal suo magistero. Tutto qui". Più attiva ed effettiva invece la presenza sul sito che si inaugura giovedì perché "in questo luogo virtuale - ci ha spiegato ancora l'arcivescovo Celli - i giovani non solo potranno trovare tutte le notizie che riguardano il Papa e la sua attività, ma potranno entrare in contatto con la persona di Benedetto XVI, attraverso la sua parola". Il sito è in cinque lingue: italiano, spagnolo, inglese, francese e tedesco ed è frutto della collaborazione fattiva con l'ufficio delle comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana.

mercoledì 20 maggio 2009

I tradizionalisti e il Re Lear

J. Barry, Re Lear piangente la morte di Cordelia, 1786-87


In un nostro commento sull’affare Williamson (leggilo qui) ci siamo chiesti circa tre mesi orsono se la disgraziata vicenda non avesse prodotto almeno un risultato positivo, e non dei minori: avere radicalmente, e pensiamo permanentemente, mutato l’attitudine della Fraternità San Pio X nei riguardi del Papa. Vederlo ingiustamente attaccato da ogni parte e proprio per la colpa di un atto di benevolenza alla Fraternità, nonché per essere stato strumentalmente coinvolto in accuse di antisemitismo a causa di un vescovo di quella comunità, ha provocato la positiva reazione di rendere il popolo lefebvriano particolarmente ben disposto, e riconoscente, verso Papa Benedetto.

Ma l’incalzare degli attacchi contro il Papa, allargartisi a macchia d’olio e ad altri fronti (sui preservativi, sul caso della bambina brasiliana violentata) ha prodotto un altro effetto insperato: si è compattata la linea di coloro che hanno davvero a cuore la difesa del Papa e della romanità della Chiesa. E tra questi vi sono in prima linea (sorpresa!) tutti i tradizionalisti.

Non solo loro, per carità: è stato un balsamo leggere le parole del card. Bagnasco, per cui la miglior tradizione del cattolicesimo è essere col Papa "sempre e incondizionatamente" (vedi qui).

La violenza polemica e la disarmante sincerità del S. Padre nella sua lettera ai Vescovi sulla revoca delle scomuniche, nel dare atto di quegli attacchi, ha costretto anche episcopati e associazioni laicali finora silenti ad esprimere il loro sostegno, con maggiore o minore trasporto e sincerità. Se molti episcopati hanno accolto con evidente fastidio la revoca delle scomuniche e non hanno quindi difeso il Papa attaccato per quello, la baldanza della stampa laicista che ha esteso ad altri campi i tiri di artiglieria pesante, ha finalmente aperto gli occhi a molti cattolici su questa lapalissiana, ma dimenticata, verità: se si indebolisce il Papa, si indebolisce tutta la Chiesa. E alla fine si incrina tutto l’edificio: non c’è cattedra vescovile né conferenza episcopale né movimento ecclesiale che si rafforzi, o anche solo resti semplicemente indenne, se la testa è colpita.

La guerra mediatica dei primi mesi dell’anno ha almeno chiarito le linee del fronte. E il Papa, scrivendo di quanto l’abbiano addolorato gli attacchi e l’odio provenienti dall’interno della Chiesa, ha svelato al mondo il gioco di troppi prelati felloni, ed ha costretto a scelte di campo.

Ma torniamo ai tradizionalisti. Da sempre voce critica e fuori del coro nei confronti dei Papi e dei Vescovi. Spesso – riconosciamolo – con toni irrispettosi, saccenti, come scrive anche il Papa nella sua lettera ai vescovi. Talvolta con argomentazioni ingiuste o prive di carità. Ma ora, in un momento di reale bisogno, di attacchi di violenza che non ha precedenti nella storia contemporanea (salvo, forse, nella contestazione a Paolo VI per l’Humanae vitae nel ’68), chi ha offerto al Papa il proprio sostegno incondizionato (prima ancora che il card. Bagnasco usasse queste parole)? Quali i giornalisti, le voci, i siti che hanno cercato di smontare le assurde accuse e le mistificazioni contro il Papa?

Risposta: i fedeli di sensibilità più tradizionale, o almeno più ‘classici’. Gli stessi che in passato non hanno invece lesinato critiche per certe derive liturgiche ed ecumeniche.

Ed ecco allora confermata l’amara verità intuita da Shakespeare nel Re Lear: non dalle due figlie pronte a parole a protestare la massima devozione al sovrano genitore sarebbe arrivato i sostegno nel tempo difficile. Ma dalla terza figlia, colei che lealmente aveva espresso il suo pensiero al padre, e per quello aveva subito emarginazione e disdoro. Ma che, nel momento di reale difficoltà, unica accorse in soccorso del disgraziato Re Lear.

E tutto questo per riferirVi, stimati lettori, che nelle scorse settimane sono state consegnate al Papa oltre 120.000 firme di sostegno, raccolte principalmente attraverso internet (vedi qui).

"Ad regias Agni": cantare la Pasqua cattolica.


Proponiamo qui la traduzione di un bellissimo inno pasquale, curata da don Alfredo Morselli, nostro competente lettore (che ringraziamo).

Si può dire che in ogni verso sia mirabilmente espresso un preciso concetto teologico e che tutti insieme formino uno straordinario sunto in canto della dottrina cattolica sul mistero della Passione, Morte e gloriosa Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Che nostalgia per questi bei canti, densi di significati e di contenuti cristologici, che nulla hanno di che spartire con le insulse canzonette di adesso, di gusto vagamento new age, e dai contenuti banalmente sensistici o, ancor peggio, panteistico-animistici.

Gustiamoci il seguente inno che ci fa riflettere sulla missione salvifica di Nostro Signore, sul suo ruolo di Sommo Sacerdote e insieme di Immacolata Vittima, e sulla sua trionfale Resurrezione.


Ad regias Agni dapes (1),
Stolis amicti candidis,
Post transitum maris Rubri,
Christo canamus Principi.
Divina cuius caritas
Sacrum propinat sanguinem,
Almique membra corporis
Amor sacerdos (2) immolat.
Sparsum cruorem(3) postibus
Vastator horret Angelus:
Fugitque divisum mare,
Merguntur hostes fluctibus.
Iam Pascha nostrum Christus est,
Paschalis idem victima:
Et pura puris mentibus
Sinceritatis azyma.
O vera caeli victima,
Subiecta cui (4) sunt tartara,
Soluta mortis vincula,
Recepta vitæ praemia.
Victor subactis inferis,
Trophaea Christus explicat,
Caeloque aperto, subditum
Regem tenebrarum trahit.
Ut sis perenne mentibus
Paschale Iesu gaudium,
A morte dira criminum
Vitæ renatos libera.
Deo Patri sit gloria,
Et Filio, qui a mortuis
Surrexit, ac Paraclito,
In sempiterna saecula. Amen.

***

Al regale banchetto dell'Agnello,
rivestiti di candide stole,
dopo il passaggio del mar Rosso,
intoniamo un cantico (5) a Cristo Re.
La Sua divina carità
porge a bere il sacro Sangue;
le membra del santo Corpo
l’Amore Sacerdote immola.
Il sangue sparso sulle porte
fugge l'angelo devastatore;
si ritira il mare diviso,
i nemici sono sommersi dalle onde.
Ormai, il nostro Agnello Pasquale è Cristo:
insieme è Vittima pasquale
e puro e sincero pane azzimo
per le anime pure.
O vera celeste vittima,
per cui l'inferno è stato sottomesso,
per cui sono stati sciolti i lacci della morte,
per cui è stato riconquistato il premio della vita.
Vincitore, sottomesso l'inferno,
i trofei Cristo dispiega;
e, aperto il cielo,
trascina il re delle tenebre (6)
Perché Tu sia, alle anime, perenne
- o Gesù - pasquale gaudio,
dalla orrenda morte del peccato
libera i rinati alla vita.
Sia gloria a Dio Padre,
e al Figlio, che dai morti
risuscitò e al Paraclito
per i secoli eterni. Amen


NOTE
(1) Daps, dapis, f. usato qui al plurale: banchetto sacrificale e munifico.
(2) Amor Sacerdos è intraducibile: Gesù è l’Amore stesso fattosi Sacerdote, Amore realissimo e presentissimo ad ogni Santa Messa. Tutto l’inno presenta sincronicamente le antiche figure, il Sacrificio di Cristo e la Santa Messa
(3) Cruor: sangue versato in modo cruento, figura del Preziosissimo Sangue di Cristo.
(4) Dativo d’agente, tipico della poesia latina: si può tradurre da cui o per cui.
(5) “Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: - Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato...” (Es 15,1): Il cantico di Mosè è figura degli inni pasquali della Chiesa, che celebra, nella Pasqua di Cristo. il vero passaggio del mar Rosso.
(6) “Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati... avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo” (Ef 2, 13. 15).


FOTO: Fratelli Van Eyck, Adorazione dell'agnello mistico, 1462, Polittico, chiesa di San Bavone, Gand.

martedì 19 maggio 2009

Sul celibato (e non solo) Martini e Verzé hanno altre proposte

Alessandro segnala, come ideale continuazione (per oppositionem) del discorso sul celibato fatto dal Presidente della Conferenza episcopale latino-americana riportato al precedente post, questo articolo apparso oggi sul Corriere della Sera. I due anziani sodali Martini e Verzé ritornano sui soliti argomenti ossessivi dei cattoprogressisti: i profilattici, i preti sposati, i divorziati-risposati; gli omosessuali per stavolta se li sono invece scordati. Apprezzeremo comunque il tono più mellifluo (jesuitesse oblige) del porporato. Sull'articolo che segue ha scritto un bel commento caustico Raffaella, nel Papa Ratzinger blog


Anticipazioni Una conversazione tra il cardinale e don Luigi Verzé
Martini: porte aperte ai fedeli cattolici divorziati e risposati
La Chiesa cerchi una soluzione al problema Anche il celibato dei preti si può discutere


Carlo Maria Martini — Non so se sono sveglio o sto sognando. So che mi trovo completamente al buio, mentre un lento sciabordio mi fa pensare che sono su una barca che scivola via sull’acqua. Cerco a tastoni di stabilire meglio il luogo in cui mi trovo e mi accorgo che vicino a me vi è un albero, forse l’albero maestro dell’imbarcazione. A poco a poco mi avvicino così da potermi aggrappare a esso con le mani, per avere un po’ di sicurezza e di stabilità nei sempre più frequenti moti della barca sulle onde. In questo tentativo incontro qualcosa che mi sembra come una mano d’uomo. Forse è un altro passeggero che sta cercando anche lui di appoggiarsi all’albero maestro. Non so chi sia, come non so io stesso come mi sia trovato su questa barca. Ma il tocco di quella mano mi dà fiducia: mi spingo avanti così da poterla stringere ed esprimere la mia solidarietà con qualcuno in quell’oscurità che mette i brividi. Vorrei anche tentare di dire qualcosa, pur non sapendo se il mio compagno di barca capisce l’italiano [qualcuno ci saprebbe spiegare il senso di quest'onirica finzione letteraria del cardinale?].

Ma nel frattempo lui inizia a farmi qualche breve domanda, a cui sono lieto di rispondere. Si tratta di una persona che non conoscevo, ma di cui avevo sentito parlare. Mi colpiva il suo interesse per me in quel momento difficile, in cui ciascuno avrebbe voglia di pensare solo a se stesso. Dialogando così nella notte fonda, in quel momento di incertezza e anche di pericolo si videro a poco a poco spuntare le prime luci dell’alba. Riconobbi il luogo in cui mi trovavo: eravamo noi due soli in barca. E usando alcuni remi che trovammo in fondo a essa, ci mettemmo a remare verso la riva, fermandoci ogni tanto per assaporare la tranquillità del lago. Ci siamo detti molte cose in quelle ore. È venuto chiaramente alla luce durante la conversazione che eravamo tanto diversi l’uno dall’altro. Ma ci rispettavamo come persone e ci amavamo come figli di Dio. Anche il fatto di trovarci sulla stessa barca ci permetteva di comprenderci e di accoglierci, così come eravamo. Tra le prime cose che ci siamo detti c’è naturalmente un poco di autopresentazione. Così ho appreso che il mio interlocutore aveva nientemeno che ottantanove anni, mentre io ne avevo ottantadue. Don Luigi Verzé (tale appresi poi essere il nome di colui che viaggiava con me) presentava la sua vita come quella di uno che aveva vissuto sessantuno anni di sacerdozio. (...) [fin dove vogliamo spingere la finzione letteraria? L'arcivescovo di Milano non conosce il chierico patron dell'Ospedale San Raffaele di quella città?]

Luigi Maria Verzé — Quanto è cambiata ora la valutazione etica ecclesiastica, rispetto a quella imposta ai tempi della mia infanzia. D’altra parte, poiché la moralità è imperativo categorico, la gente si fa una propria etica laica e la Chiesa resta con un’etica cristiana incongruente perché incondivisa dagli stessi devoti. Ricordo, per esempio, che nella mia visita alle favelas del Brasile frequentemente mi incontravo con povere donne senza marito con un bimbo in seno, un altro in braccio e una sfilza di altri che le seguivano, tutti prodotti di diversi mariti. Era giocoforza concludere che la pillola anticoncezionale andava consigliata e fornita. Il Brasile, totalmente cattolico fino agli anni Ottanta, ora è disseminato di chiese e chiesuole semicristiane, organizzate però sui bisogni anche spiccioli della gente. La Chiesa cattolica è troppo lontana dalla realtà, e le fiumane di gente, quando arriva il Papa, hanno più o meno il valore delle carnevalate e delle feste per la dea Iemanjà, l’antica Venere cui tutti, compreso il prefetto cristiano, gettano tributi floreali. La Chiesa, più che vivere, sopravvive sulle ossa degli eroici primi missionari. E poiché siamo in tema di morale pratica, che cosa dice, Eminente Padre, della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati? Io penso che anche ai sacerdoti dovrebbe essere presto tolto l’obbligo del celibato, poiché temo che per molti il celibato sia una finzione. E non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio, oggi così estraneo ai fatti della Chiesa? Forse non si è ancora maturi per tutto questo, ma Lei non crede che siano temi ai quali si dovrebbe pensare pregando lo Spirito?

Carlo Maria Martini — Oggi ci sono non poche prescrizioni e norme che non sempre vengono capite dal semplice fedele. Per questo, la Chiesa appare un po’ troppo lontana dalla realtà. Purtroppo sono d’accordo che le fiumane di gente che vanno a manifestazioni religiose non sempre le vivono con profondità. Occorre prepararle, e occorre dopo dare un seguito di riflessione nell’ambito della parrocchia o del gruppo. Non credo, però, che si possa dire che in Paesi come il Brasile, la Chiesa non vive ma sopravvive soltanto sulle ossa dei primi eroici missionari. La Chiesa vive là anche su gente semplice, umile, che fa il proprio dovere, che ama, che sa comprendere e perdonare. È questa la ricchezza delle nostre comunità. Tanti laici di queste nazioni e anche tanti laici vicino a noi sono seri e impegnati. Lei mi chiede che cosa penso della negazione dei sacramenti a devotissimi divorziati. Io miso no rallegrato per la bontà con cui il Santo Padre ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Penso, però, con tanti altri, che ci sono moltissime persone nella Chiesa che soffrono perché si sentono emarginate e che bisognerebbe pensare anche a loro. E mi riferisco, in particolare, ai divorziati risposati. Non a tutti, perché non dobbiamo favorire la leggerezza e la superficialità, ma promuovere la fedeltà e la perseveranza.

Ma vi sono alcuni che oggi sono in stato irreversibile e incolpevole. Hanno magari assunto dei nuovi doveri verso i figli avuti dal secondo matrimonio, mentre non c’è nessun motivo per tornare indietro; anzi, non si troverebbe saggio questo comportamento. Ritengo che la Chiesa debba trovare soluzioni per queste persone. Ho detto spesso, e ripeto ai preti, che essi sono formati per costruire l’uomo nuovo secondo il Vangelo. Ma in realtà debbono poi occuparsi anche di mettere a posto ossa rotte e di salvare i naufraghi. Sono contento che la Chiesa mostri in alcuni casi benevolenza e mitezza, ma ritengo che dovrebbe averla verso tutte le persone che veramente la meritano. Sono, però, problemi che non può risolvere un semplice sacerdote e neppure un vescovo. Bisogna che tutta la Chiesa si metta a riflettere su questi casi e, guidata dal Papa, trovi una via di uscita. Dopo di ciò Lei affronta un problema molto importante, dicendo che ai sacerdoti andrebbe tolto l’obbligo del celibato. È una questione delicatissima. Io credo che il celibato sia un grande valore, che rimarrà sempre nella Chiesa: è un grande segno evangelico. Non per questo è necessario imporlo a tutti, e già nelle chiese orientali cattoliche non viene chiesto a tutti i sacerdoti. Vedo che alcuni vescovi propongono di dare il ministero presbiterale a uomini sposati che abbiano già una certa esperienza e maturità (viri probati). Non sarebbe, però, opportuno che fossero responsabili di una parrocchia, per evitare un ulteriore accrescimento del clericalismo. Mi pare molto più opportuno fare di questi preti legati alla parrocchia come un gruppo che opera a rotazione. Si tratta in ogni caso di un problema grave.

E credo che quando la Chiesa lo affronterà avrà davanti anni davvero difficili. Non mancheranno coloro che diranno di aver accettato il celibato unicamente per arrivare al sacerdozio. D’altra parte, sono certo che ci saranno sempre molti che sceglieranno la via celibataria. Perché i giovani sono idealisti e generosi. Inoltre ci sono nel mondo alcune situazioni particolarmente difficili, in alcuni continenti in particolare. Penso però che tocchi ai vescovi di quei Paesi fare presente queste situazioni e trovarne le soluzioni. Lei si domanda anche se non sarebbe più vantaggioso che la consacrazione dei vescovi avvenisse su acclamazione del popolo di Dio. L’elezione dei vescovi è sempre stato un problema difficile nella Chiesa. Nelle situazioni antiche in cui partecipava maggiormente il popolo, si verificavano litigi e molte divisioni. Oggi forse è stata portata troppo in alto loco. Mi ricordo che un canonista cardinale intervenne in una riunione per dire che non era giusto che la Santa Sede facesse due processi per la stessa persona: uno dovrebbe essere fatto in loco e il secondo dal Nunzio. Quanto alla partecipazione della gente, vi sono alcune diocesi in Svizzera e in Germania che lo fanno, ma è difficile dire che le cose vadano senz’altro meglio [su questo, siamo interamente d'accordo]. In conclusione, si tratta di una realtà molto complessa. Però l’attuale modo di eleggere i vescovi deve essere migliorato. Sono temi sui quali si dovrebbe riflettere molto, e parlare anche di più. Nei sinodi qualcosa emergeva, ma poi non veniva mai approfondito. Il problema, però, esiste e deve potersi fare una discussione pubblica a questo proposito.

CARLO MARIA MARTINI e
LUIGI MARIA VERZÉ