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Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

giovedì 31 dicembre 2009

Riflessioni sul Natale in Olanda.

Leggiamo dal sito di Sandro Magister.
Alcune notizie sono già tristemente arcinite, ma ogni volta che si leggono provocano sempre un disarmante sconforto e acuto dolore.
Ciò valga non a guastare il clima natalizio ma a riflettere e a rafforzare i buoni propositi liturgico-religiosi per l’anno nuovo. E a non farli restare solo tali.
Per la lettura integrale si veda il sito (link)
Le sottolineature son nostre.

“[…]Pochi giorni fa, alla vigilia di Natale, è morto a Nimega all'età di 95 il teologo domenicano Edward Schillebeeckx, fiammingo di nascita, olandese d'elezione.

Egli fu simbolo non della fioritura ma dell'impressionante decadenza che la Chiesa delle Fiandre e dell'Olanda ha vissuto nell'ultimo mezzo secolo.[…]
L'inchiesta riprodotta qui sotto fotografa l'attuale profilo della Chiesa cattolica in Olanda.
Un paese nel quale oggi il 41 per cento della popolazione dichiara di non avere alcun credo religioso e il 58 per cento non sa più che cosa sia il Natale.
Una Chiesa nella quale vi sono domenicani e gesuiti che teorizzano e mettono in pratica messe senza più sacerdozio né sacramento cristiano, in cui sono i presenti a "consacrare" collettivamente, attorno a "una tavola aperta anche a gente di differenti tradizioni religiose".
Tutto questo mentre contemporaneamente una città come Rotterdam è stata ampiamente islamizzata, come www.chiesa ha mostrato in un servizio choc di pochi mesi fa.


L'inchiesta che segue è di Marina Corradi ed è stata pubblicata il 23 dicembre su "Avvenire", il quotidiano di proprietà della conferenza episcopale italiana. Ha per epicentro Amsterdam.


Accompagna il reportage un'intervista a S. E. il cardinal Adrianus Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht."
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di Marina Corradi


"Amsterdam­ è festosa, in questi giorni natalizi. Sfarzose luminarie illuminano la Damrak e piazza Dam.
Piste di pattinaggio affollate di ragazzi ridenti, Babbi Natale, e le note di “Jingle bells” che escono dai grandi magazzini affollati.
Ma cosa resta del Natale in un paese fra i più secolarizzati d’Europa, dove il 58 per cento della popolazione, secondo un’indagine, non sa cosa esattamente­ è accaduto, quel giorno? […]
La Oude Kerk, la più antica chiesa della città, costruita nel 1309, si erge con la sua mole nel cuore del centro. Attorno,­ il Red Light District, il quartiere a luci rosse.
Dalle vetrine in cui stanno esposte, le prostitute sudamericane e dell’Est bussano ai vetri per attirare l’attenzione dei passanti. Qualcuna indossa un berretto da Babbo Natale. […]
L’unica­ "chiesa" affollata in città­ è di Scientology, […][…]
La paura dell’­Eurabia­ sembra in verità solo un fatto conseguente a un fenomeno ancora più radicale: la secolarizzazione quasi totale di un paese che, fino all’ultima guerra, era cattolico o protestante, comunque cristiano.
Un crollo: solo il 7 per cento dei cattolici oggi va a messa la domenica. Viene battezzato il 16 per cento dei bambini. Su nozze gay ed eutanasia l’Olanda­ è stata pioniera.
­"Dopo il Concilio Vaticano II – dice il professor Wim Peeters, insegnante al seminario della diocesi di Haarlem-Amsterdam – la Chiesa olandese­ è entrata in una crisi profonda. La generazione degli anni Cinquanta se ne­ andata, e ha dimenticato di educare i suoi figli. Nel 1964 anche l’insegnamento religioso nelle scuole­ è stato abolito. Due generazioni di olandesi hanno dimenticato l’alfabeto cristiano.".
Nel registro del seminario di Haarlem, il numero dei preti ordinati precipita alla fine degli anni Sessanta.
Nel 1968, nemmeno uno. "­Io credo – dice Peeters – che non avremmo niente da temere dall’islam, se fossimo cristiani. E spesso sembra che gli olandesi oggi abbiano paura di tutto: di avere figli, come degli immigrati. Ma la paura è l’esatto contrario della fede".[…]
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intervista di S. E. il Cardinal Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht.­


"Due generazioni sono state perdute"


L’arcivescovo emerito di Utrecht, cardinale Adrianus Simonis, 78 anni,­ è il "grande vecchio"­ della Chiesa olandese. Amato dagli arabi immigrati per aver assicurato che chi tra loro sarà stato un buon musulmano sarà certamente accolto da Dio nei più alti cieli del Paradiso.


Se con tanta sicurezza il porporato garantisce la salvezza ai miscredenti (complimenti, eminenza!) sui suoi cattolici olandesi il cardinale, che oggi vive in un paesino del Brabante, Nieuwkuijk, sembra molto meno ottimista (strano che non li abbia invitati alla conversione all'islam, e a essere buoni musulmani, per assicurar anche a loro il Regno dei cieli).


"Sì, forse ci sono dei segni di una nuova tendenza, ma parliamo di numeri piccolissimi­", dice.­ "Rimane quella cifra, quel 58 per cento di olandesi che non sanno più cosa sia esattamente il Natale. C’è chi, guardando l’Olanda,­ è turbato dal numero delle moschee. Lo posso capire, ma il problema autentico qui è anteriore alla immigrazione: ­è che noi ci siamo perduti, abbiamo perso la nostra identità cristiana. Se questa identità fosse forte, non avremmo paura degli islamici. Si, esiste in Olanda il problema di un fondamentalismo islamico, ma la maggior parte degli immigrati non lo segue. Più che l’integralismo, nelle giovani generazioni islamiche mi preoccupa l’avanzare della secolarizzazione. Temo che finiranno col convertirsi alla vera religione che domina l’Occidente: il relativismo".

Domanda. – Eminenza, e il razzismo, la xenofobia, non sono problemi qui?


Risposta. – Io non credo. Gli olandesi sono un popolo tollerante. Non vedo all’orizzonte un’onda razzista­.


D. – A Haarlem il vescovo dice che si comincia ad avvertire nei giovani un senso di vuoto, la mancanza di ciò che­ è stato dimenticato…


R. – È vero, in molti avvertono il vuoto. Ma non sanno andare oltre, non sanno cosa domandare, e a chi. Non sono stati educati a riconoscere e a percepire il desiderio del loro cuore. In questo senso sono convinto, come il vescovo Punt, che la Chiesa olandese è ­veramente chiamata a essere missionaria. Due generazioni sono state perdute. Si tratta di ricominciare da capo, e dentro a una cultura indifferente al cristianesimo, in mezzo a media non amichevoli­.


D. – Lei ha 78 anni. Era un bambino ai tempi della guerra. L’Olanda non era, allora, un paese fortemente cristiano? E poi, cosa­ è successo?


R. – Probabilmente era un cristianesimo troppo segnato da un rigido moralismo. Ne­ è seguita una ribellione radicale, come radicale­ è il carattere degli olandesi. Non sono capaci di credere solo “un po’” in qualcosa. Aut, aut. Sono diventati l’opposto di ciò che erano”.


D. – Tuttavia, nel seminario di Haarlem ci sono oggi 45 studenti, e alcune centinaia di adulti ogni anno chiedono il battesimo. Ad Amsterdam ho trovato le suore di Madre Teresa in adorazione davanti al Crocifisso. Pochi, ma forti, i cattolici qui…


R. – È vero. Certo in una situazione come questa il sale­ è costretto, come dire, a diventare più salato…
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D. – Cosa intende dire, nelle messe di Natale, ai fedeli?
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R. – Che forse hanno scordato il fatto cristiano, quello che ne è ­l’essenza: Dio si è fatto uomo,­ è venuto al mondo nella povertà, umile e fragile come un bambino neonato, per amore nostro.


D. – Sa, eminenza, che poco fa nel piccolo paese qui vicino, Drunen, ho visto un centinaio di bambini uscire dalla chiesa cattolica dove c’era stata una funzione di Natale?


R. – Dev’essere quel giovane prete appena arrivato, che si dà da fare…­"La storia che ricomincia, ancora. Per ricominciare, basta la faccia di un cristiano.
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mercoledì 30 dicembre 2009

Echi tridentini in un poeta maledetto: Arthur Rimbaud

Difficile dire cose nuove su uno degli scrittori più noti e studiati al mondo: ma forse, se il complesso rapporto di Arthur Rimbaud [nell'immagine, in un dagherrotipo giovanile] con la religione cristiana è stato certamente oggetto di indagini approfondite, non altrettanta cura è stata posta nel considerare un fatto ovvio, ossia che il cristianesimo quale Rimbaud l’aveva conosciuto era quello tridentino, e che sono proprio gli influssi di quest’ultimo a essere evidenti nella sua opera. Il confronto del più celebre “poeta maledetto” con la religione era stato precocemente conflittuale. Se può essere una leggenda che fin da ragazzino si dilettasse a incidere bestemmie sulle panchine della natia Charleville, è certo che prima dei vent’anni annoverava nella sua produzione un buon numero di versi e prose veementemente anticlericali, fino alla raffinata volgarità. Ecco ad esempio come descrive una lezione di catechismo in Les Prèmieres Communions (1871):

Vraiment, c’est bête, ces églises des villages Où quinze laids marmots encrassant les piliers Écoutent, grasseyant les divins babillages, Un noir grotesque dont fermentent les souliers… (Davvero, è stupido, queste chiese dei villaggi Dove quindici mocciosastri sporcando le colonne Ascoltano arrotare il chiacchiericcio divino Da un nero grottesco le cui scarpe fermentano…)

 

A poco più tardi risale quella che è considerata, insieme a Les Illuminations, l’opera principale di Rimbaud, Une Saison en Enfer (1873), animata sotto una luce ben diversa da un

Cattolicesimo belga in via d'estinzione (8)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:
prima parte
seconda parte
terza parte


La successione di Cardinale Danneels. I candidati moderati

Parlando dei candidati "moderati" alla sede primaziale di Malines-Bruxelles, la seconda possibilità sarebbe la promozione del vescovo di Namur, mons. André-Mutien Léonard, il meno scialbo dei vescovi del Belgio.

Si pensava l'anno scorso che egli non avesse più possibilità di accedere alla cattedra di Malines, specie in ragione del disagio che ciò avrebbe causato al Governo belga, che non gli perdona certi suoi interventi in favore della famiglia naturale. Ma questa è invece diventata la sua fortuna dopo l’inaudito voto di protesta del Parlamento, il 2 aprile 2009, contro le affermazioni del Papa sui preservativi nell'aereo che lo portava in Africa. In breve, si dice che la S. Sede non sarebbe davvero dispiaciuta di contrariare le élite del Regno. Il che non basta, certamente, per fare di Léonard un Arcivescovo di Malines-Bruxelles. È vero però che parla il fiammingo particolarmente bene, il che è indispensabile per accedere alla sede primaziale del Belgio.

Nato nel 1940 a Namur, André-Mutien Léonard è stato ordinato sacerdote nel 1964. Laureato in filosofia (tesi: Commento letterale della Logica di Hegel), ha insegnato a Lovanio-la-Neuve, divenne rettore del seminario di Saint Paul e membro della Commissione teologica internazionale. E nel febbraio 1991, questo amico del cardinale di Parigi Marie Lustiger fu nominato vescovo di Namur.

Le sue prese di posizione sull’omosessualità sono queste: in un libro-intervista che gli ha consacrato Louis Mathoux nel 2006, ha detto: "Capisco che, in certi ambienti, ci si mostri prudenti circa il ricorso a persone omosessuali per missioni educative concernenti la gioventù"; e in aprile 2007, in un'intervista rilasciata per il settimanale Télémoustique, evocava la "anomalia" dell'omosessualità. Messo alla berlina e vedendo le sue parole alterate dalla stampa, precisò che "che questo giudizio negativo concerneva il comportamento (omosessuale) e non le persone".

Le sue pubblicazioni sono tutt'altro che trascurabili: Les raisons de croire (Communio Fayard, 1987); Je suis le Chemin, la Vérité et la Vie (L'Emmanuel, 1997); La mort et son au-delà (Presse de la Renaissance, 2004); Métaphysique de l’être. Essai de philosophie fondamentale (CERF, 2006). In realtà, la sua cristologia è nettamente più cattolica rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi. Si tratta, in sostanza, di quella di P. Jean Galot sj, ex professore presso l'Università Gregoriana (De la croix au triomphe de la vie, Parole et Silence, 2000). Mons. Léonard, predicando ad esempio su Gesù Cristo all'età di 12 anni nel tempio a Gerusalemme, spiegava che nella sua testa di adolescente, grazie ad un "sillogismo" adatto alla sua età, Gesù aveva capito che Dio era Suo padre. Il che è già un serio progresso rispetto ai teologi che non concedono al Cristo la conoscenza della Sua divinità prima della teofania del Suo battesimo.

Di conseguenza, i seminari della sua diocesi sono i soli in Belgio che accolgono nuove vocazioni. Come ho detto, all’inizio dell’anno accademico 2009 i due seminari di Namur contano 32 seminaristi (37 l'anno trascorso), mentre erano appena 6 i seminaristi a Malines-Bruxelles lo scorso anno e 9 a Liegi. Mons. Léonard avrà 75 anni tra 5 anni e mezzo. In breve, anche come età, non è né carne né pesce: un possibile primate "di transizione"? Si può osar dire che la morale di questa storia è che nel paese degli episcopi ciechi (e muti), i moderati son re?

martedì 29 dicembre 2009

La secolare controversia dei riti cinesi. Inculturazione ante literam

L'8 dicembre 1939, una solenne Istruzione della Congregazione de Propaganda Fide, approvata espressamente da Papa Pio XII, ha definitivamente chiuso la secolare questione dei riti cinesi. Nel XVII secolo, com'è noto, si era aperta una lunga discussione sulla liceità, per i fedeli cattolici, di partecipare ai riti confuciani in onore di Confucio e in memoria degli antenati. Approvata dal Sant'Uffizio nel 1656, grazie alle spiegazioni dettagliate e persuasive del gesuita Martino Martini, tale partecipazione fu successivamente proibita, a seguito di una complicata vicenda su cui influirono anche interferenze provocate dalla politica delle potenze europee in Cina. Nel corso della lunga discussione che si sviluppò, una delle più appassionanti di tutta la storia moderna, vennero affrontate alcune delle più importanti questioni riguardanti il rapporto tra culture diverse, che sono ancora oggi al centro del dibattito internazionale. Vi presero parte gesuiti e domenicani, sovrani europei e imperatori cinesi, nonché noti filosofi come Gottfried Leibniz. Ancora oggi, di essa continuano a parlare studiosi come Olivier Roy, ma ormai, grazie all'Istruzione dell'8 dicembre 1939, tale discussione ha perso il suo carattere conflittuale e controversistico e appare soprattutto una straordinaria anticipazione di tanti tentativi odierni di mettere a fuoco il complesso rapporto tra la fede cristiana e le diverse culture mondiali.
Questa Istruzione di settant'anni fa ha, dunque, rappresentato un momento felice, dietro cui si nasconde un'altrettanto felice convergenza - di uomini, di culture e di fedi - maturata nei decenni precedenti. Non appare infatti casuale che questo documento sia stato approvato con grande convinzione da Pio XII, un Papa che ha pronunciato alcune delle parole più acute e più profonde sull'apprezzamento della Chiesa cattolica per tutte le diverse culture e civiltà. Ma altrettanto significativa appare l'opera dei suoi predecessori, che prepararono il terreno a questa Istruzione, in particolare Benedetto XV e Pio XI, il quale attribuì alla "maledetta questione dei riti" una grave responsabilità nel ritardo dell'evangelizzazione in Cina. E grande rilievo ha avuto l'opera di importanti collaboratori di questi Papi, come Celso Costantini, che fu prima delegato apostolico in Cina e poi segretario di Propaganda Fide, per diventare infine cardinale.
I fili del rapporto tra Santa Sede e Cina avevano iniziato a riannodarsi verso la fine dell'Ottocento, quando, nel declino dell'Impero di Mezzo, illuminati funzionari cinesi si misero alla ricerca di nuove prospettive per il loro Paese e sollecitarono Leone XIII ad aprire relazioni diplomatiche con la Cina. Il Papa fu molto favorevole a questa iniziativa, consapevole che in questo modo - come egli scrisse - l'annuncio del Vangelo avrebbe potuto svincolarsi dalla protezione interessata dei "cannoni" europei. Ma le pressioni francesi furono fortissime e l'allacciamento delle relazioni diplomatiche, sebbene già deciso, fu rinviato sine die. Nel 1904, l'allora monsignor Gasparri riaprì la questione sottolineando che agli occhi della Santa Sede le "nazioni cristiane" - e cioè, in pratica, le potenze coloniali europee - non potevano vantare alcun diritto specifico sui fedeli cattolici in terre extraeuropee e che la Santa Sede aveva la piena libertà di stabilire rapporti diretti con qualunque popolo. Con Benedetto XV, si decise nuovamente di stabilire relazioni diplomatiche dirette, ma per la seconda volta le pressioni francesi sulla Repubblica cinese, nata nel 1912, costrinsero a rinviarne l'attuazione.
In questo contesto, maturò a Roma la decisione di procedere ugualmente, per altre vie, ad avvicinare Chiesa cattolica e popolo cinese, anche sulla spinta delle sollecitazioni che venivano da grandi figure di missionari, come padre Lebbe e padre Cotta. Ne fu espressione anzitutto la lettera apostolica Maximum illud, cui lavorò intensamente il Prefetto di Propaganda, il cardinale Willem van Rossum, pensata specificamente per la Cina. Seguì, subito dopo, la nomina di un delegato apostolico, Celso Costantini, cui si deve una sorta di "rivoluzione" nei rapporti tra Chiesa cattolica e Cina contemporanea. Il delegato si fece subito notare perché scelse di abitare lontano dal quartiere delle ambasciate europee e rifiutò la "protezione" francese. Appena due anni dopo il suo arrivo, convocò il Concilio di Shanghai per affrontare i principali problemi della Chiesa in Cina e nel 1926 accompagnò a Roma sei sacerdoti che Pio XI in persona ordinò vescovi. Costantini, infatti, operò subito con decisione per favorire la formazione di clero e di episcopato locali, perché sostituissero i missionari europei il più rapidamente possibile.
La sua opera si estese anche nella direzione di un impegnativo sforzo di "cinesizzazione" della Chiesa, imperniato sul rispetto e l'apprezzamento della cultura cinese. Non a caso, il Concilio di Shanghai toccò indirettamente la questione, distinguendo tra l'insegnamento di Confucio e pratiche superstiziose legate al confucianesimo. Negli anni precedenti, infatti, era maturata una novità importante all'interno della società cinese: grazie ad un intenso dibattito culturale che aveva riguardato anche i temi religiosi, molti intellettuali affermarono chiaramente che il confucianesimo non aveva carattere religioso. Subito dopo il Concilio di Shanghai, che non aveva voluto affrontare esplicitamente la questione perché di competenza della Santa Sede, monsignor Costantini interpellò riservatamente i padri conciliari sui riti confuciani. Egli infatti avvertiva l'esigenza di risolvere al più presto la questione e i risultati di quell'indagine gli permisero di riproporla a Roma. Nel 1929, poi, compì un gesto clamoroso: trattato come un diplomatico, benché non ne avesse lo status formale, fu invitato ai funerali del fondatore della Repubblica, Sun Yat-sen, cui andò, partecipando così pubblicamente a un rito funebre confuciano, in teoria ancora proibito ai fedeli cattolici.
Tornato a Roma, già prima di diventare Segretario di Propaganda Fide, il 17 dicembre 1935, come consultore della Congregazione egli formulò un parere favorevole alla chiusura della controversia e, divenuto Segretario, ricordò spesso che occorreva risolverla ispirandosi alla nota Istruzione del 1659 rimasta troppo a lungo "lettera morta". È la famosa Istruzione del 1659, ai Vicari Apostolici in Cina e Indocina, definita anche la Magna Charta di Propaganda Fide, in cui si legge tra l'altro: "Che cosa c'è infatti di più assurdo che trapiantare in Cina la Francia, la Spagna, l'Italia o qualche altro paese d'Europa? Non è questo che voi dovete introdurre, ma la fede che non respinge e non lede i riti e le consuetudini di alcun popolo, purché non siano cattivi, ma vuole piuttosto salvaguardarli e consolidarli".
La questione dei riti venne ufficialmente sollevata, una prima volta, nel 1934 da monsignor Augustin Gaspais, vicario apostolico di Kirin, nella Cina Nord Orientale, allora occupata dai giapponesi (il Manzhouguo). Il Prefetto di Propaganda, cardinale Pietro Fumasoni Biondi, rispose con una lettera che incoraggiava a riesaminare la questione, nonostante il divieto del Sant'Uffizio, ormai vecchio di oltre due secoli ma mai ufficialmente abolito. Ottenuta in risposta una documentazione che motivava l'opportunità di permettere ai fedeli cattolici la partecipazione ai riti confuciani, Costantini sottopose a Pio XI la richiesta di concedere tale partecipazione: il Papa approvò in modo convinto, seppure con alcune cautele e restrizioni, e Fumasoni Biondi comunicò ufficialmente il permesso a coloro che lo avevano richiesto. Lo stesso Pio XI si augurò, inoltre, che "questa lettera del secolo" avesse la massima diffusione e il Prefetto di Propaganda diede ordine di pubblicarla sul bollettino ecclesiastico della Chiesa cattolica in Cina. In brevissimo tempo, Costantini fu raggiunto da moltissime richieste delle diocesi cinesi che sollecitavano l'estensione del permesso, ottenendo naturalmente una risposta positiva da parte del Segretario di Propaganda. In questo modo la questione dei riti fu de facto archiviata in tutta la Cina.
Ma a Roma si pensò che era bene anche sancirne in modo esplicito e solenne la definitiva chiusura. Fu così preparato il testo dell'Istruzione che sancisce esplicitamente: "è lecito ai cattolici intervenire agli atti di onore compiuti innanzi all'immagine o tabella di Confucio". Infatti, "nelle regioni dell'Oriente alcune cerimonie, sebbene nei tempi antichi possano essere state legate a riti pagani, hanno - con i cambiamenti dei costumi e della cultura nel corso dei secoli - conservato solamente un significato civile di pietà verso gli antenati o di amore verso la patria o di cortesia verso i vicini". In quel contesto, venne risolto positivamente anche il caso dei riti shintoisti in Giappone. Dopo la Cina, i riti in onore di Confucio e degli antenati vennero permessi anche ai fedeli cattolici in Vietnam, Thailandia, Laos e Cambogia. Una decisione analoga venne presa, contemporaneamente, per i riti malabarici in India. È però evidente che questa svolta complessiva ebbe il suo impatto maggiore in Cina: qui, infatti, è sorta la controversia dei riti e qui, per secoli, tale controversia ha ostacolato i tentativi di inculturazione del cattolicesimo.
A distanza di settant'anni, l'Istruzione del 1939 presenta ancora tratti di forte attualità. Com'è noto, infatti, in Cina si è tornati da tempo a studiare Confucio e le sue opere, nella convinzione che ogni società abbia bisogno di attingere a profonde risorse etiche e spirituali, non solo economiche e materiali, per la propria crescita. Negli ultimi anni, inoltre, il Governo cinese ha scelto il nome di Confucio per i centri culturali che sta aprendo in molti Paesi del mondo, dall'Europa all'Africa, dalle Americhe all'Asia, per diffondere la conoscenza della lingua e della cultura cinesi. Già da settant'anni, come si è visto, la Chiesa cattolica ha pienamente accettato la valenza civile del richiamo a Confucio e negli ultimi anni ha manifestato un apprezzamento crescente per la cultura cinese, come ha mostrato l'accoglienza riservata all'Orchestra sinfonica di Shanghai che, nel maggio 2008, ha suonato in Aula Nervi alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI.

Da L'Osservatore Romano - 9-10 dicembre 2009)

Gli Stimmatini rimuovono la Madonna nuda, masticando amaro


Ha creato notevole e giustificata emozione la diffusione della notizia (grazie, internet: ormai le porcherie si nascondono con più difficoltà) della sistemazione di una statua della Madonna, incinta e completamente nuda, nella 'aula liturgica' (?) del Convento. Che si è autonominato Monastero del Bene Comune, perché là si svolgono incontri catto-ecolo-ecumeno-comunisti per risistemare il mondo... ma non di questo vogliam parlare. Piuttosto, di quella statua (nella foto). Avevamo già rilevato in un commento che la statua, in sé, non è né pornografica né lubrica (arriveremo anche a quello, anzi ci siam già arrivati: basti pensare all'Ultima Cena raffigurata come orgia omosessuale, che il card. Schoenborn ha lasciato esporre nel museo della Cattedrale di Vienna: vedi qui). Tuttavia attribuire a quell'opera la funzione di rappresentare la Sempre Vergine, la Virgo intemerata, la Regina sine labe originali concepta, è un'idea semplicemente assurda. Introdurre poi quella statua in una cappella (pardon: aula liturgica) è, peggio che blasfemo, idiota. Se qualcuno di noi, per onorare o ricordare i genitori, mettesse sul comodino una fotografia della propria mamma nuda e col pancione (e il padre allora? non ne parliamo!), sarebbe degno dello psichiatra per evidente insania e morbosità. Fare qualcosa di analogo con la Madre di Dio, e Madre nostra nella Fede, la cui verecondia e verginità ancor più rifuggono da una rappresentazione impudica, è semplicemente... ineffabile. Quale grottesca parodia di religione si pratica dunque nel Monastero del Bene Comune? Comunque, ci informa Socci, in un articolo apparso su Libero disponibile on line solo in parte, che le proteste dei fedeli di Verona e del circondario e, osiamo sperarlo, qualche intervento dall'alto un po' meglio illuminato della zucca dei fraticelli, hanno costretto i riluttanti monaci a rimuovere la controversa statua. Fino alla prossima ch'escogiteranno. Ecco l'articolo:


Il cosiddetto “politically correct” imperversa a Natale. La notizia, che arriva da una “Mostra di presepi” del centro Italia, di una grotta di Betlemme con un “san Giuseppe islamico”, potrebbe sembrare la più ridicola (ma probabilmente volevano dire “palestinese” cosicché gli errori sono di altro genere). Tuttavia la più sconcertante, anche per le reazioni che sta scatenando fra i cattolici, è la trovata della “Comunità Stimmatini di Sezano”. Gli stimmatini sono una congregazione di sacerdoti fondata da san Gaspare Bertoni nell’Ottocento. Oggi, almeno quelli di Sezano, sembrano molto politicizzati. Chissà cosa penserebbe san Gaspare di questi stimmatini che si sono denominati “Monastero del Bene comune” e che hanno piazzato “nella nostra aula liturgica” (credo intendano dire la chiesa, ma usano una definizione protestante) una scultura di un certo Danielon che rappresenta una donna completamente nuda e incinta che corre e che – a loro dire - rappresenta “la Madre di Dio”: l’hanno collocata lì “come segno dell’Avvento” per il “messaggio di annuncio e di compimento che la persona di Maria La Madre di Dio porta con sé”. San Gaspare inorridirebbe. Così ritengono tantissimi fedeli che si sono indignati per quella rappresentazione da loro ritenuta “pornografica”. Al sito del “Monastero del bene comune” è arrivata una montagna di mail di protesta che criticano l’opera esposta come blasfema, come un’offesa alla Madonna. Il popolo cristiano da sempre è legato in modo speciale alla Madre di Cristo. A lei, nei suoi santuari, davanti alle sue immagini, da secoli affida i suoi drammi, le sue lacrime. A lei raccomanda i propri figli, in lei trova rifugio, amore, protezione, luce, tenerezza materna. Per secoli le nostre città e tante nazioni (compresa quella italiana) hanno affidato le loro sorti alla Madonna. Storicamente le icone della Vergine, che in tanti casi ricordano alcune sue apparizioni o i moltissimi miracoli ottenuti, le grazie concesse, hanno un legame speciale con la vita del popolo che venerando quelle sacre immagini prega la Madre di Dio. In effetti l’iconografia cristiana – che riflette la teologia e il sentimento della Chiesa – ha sempre tributato il più grande onore alla Madre di Dio e mai ha osato rappresentarla nuda, oltretutto in una chiesa. Anzitutto per onorare e rispettare la Madre di Dio, Regina del cielo e della terra, inoltre perché lei è la “tutta santa”, la purezza più alta, l’Immacolata. Peraltro il simbolismo teologico della nudità rimanda al peccato originale di Adamo ed Eva. l’insegnamento Maria – insegna la Chiesa - è stata concepita senza peccato originale, è la “nuova Eva”, è la “piena di grazia”, perciò non è solo offensivo, ma anche iconograficamente assurdo rappresentarla così. Infatti non era mai stato fatto.

lunedì 28 dicembre 2009

Messa tridentina a San Remo


Ecco un video fotografico della S. Messa di Ognissanti realizzata dai maghi informatici di Maranathà



Prossimo appuntamento:
Domenica 3 gennaio 2010 ore 17.00
Santuario Madonna della Costa - San Remo
Ss.mo Nome di Gesù.
Messa Te Deum laudamus di L. Perosi

eseguita dal Coro "Amici della Musica - Città di Taggia"
diretti dal Mo. Federico Brezzo

Cattolicesimo belga in via d'estinzione (7)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:



La successione di Cardinale Danneels. Candidati moderati

Supponendo che siano rispettate le consuetudini, il successore del Cardinale Danneels dovrebbe già essere vescovo (con tuttavia il precedente significativo contrario del 1906: don Désiré-Joseph Mercier divenne il 16° arcivescovo di Malines) e, venendo dopo un arcivescovo fiammingo, dovrebbe essere francofono (con il precedente contrario del 1980: al card. Suenens, di Bruxelles, era seguito mons. Danneels, fiammingo di Kanegem, Diocesi di Bruges). Alcuni assicurano che Suenens era francofono, altri fiammingo. A dire il vero, il rispetto dell’alternanza linguistica non è motivo di emicranie per la Congregazione dei Vescovi e per la seconda sezione della Segreteria di Stato.

Supponendo che sia così, ci sarebbero due possibilità. Nessuno, neanche del suo "fan club", crede alla possibilità di una promozione del deplorevole vescovo di Liegi, Monsignor Jousten, 72 anni, senza caratura, che gestisce la fine della religione di Cristo in uno dei luoghi che fu tra i più alti del cattolicesimo europeo. Applicando la logica, la sua diocesi dovrebbe diventare qualcosa come un'Amministrazione Apostolica (egli ha annunciato la sconsacrazione di circa 90 chiese!), nel qual caso Liegi sarebbe più un territorio di dismissione che un territorio di missione.

La prima possibilità sarebbe la promozione del vescovo di Tournai, mons. Guy Harpigny. Nato nel 1948 a Luttre, ordinato sacerdote a Tournai nel 1973, dottore in teologia a Lovanio, insegnante, sacerdote, decano di Mons, divenne vescovo di Tournai nel 2003. Questo ecclesiastico intelligente, uomo di preghiera, è, si può dire, inesistente in seno alla Conferenza Episcopale belga, dove ama farsi passare per l’ombra del Cardinale Danneels (tranne per il fatto che è il mentore della Conferenza su tutto ciò che rigurda l’islam). Lo è stato specialmente nella politica mortifera di fusione di tutti i seminari del Belgio francofono (tranne che la Diocesi di Namur, che ha rifiutato l'operazione suicida).

È deplorevole che, nella sua diocesi, si sia così mal circondato nella materia, bruciante in Belgio, della bioetica: l’abbé Lobet, il suo rappresentante in questo settore, è come minimo della più gran debolezza. Ci si può anche lamentare che mons. Harpigny (la cui tesi di dottorato era: Islam e cristianesimo secondo Louis Massignon) si sia segnalato come favorevole all'insegnamento della religione di Maometto nelle scuole cristiane. Ma si può portare a suo credito il fatto di aver allontanato dalla cerchia dei suoi stretti collaboratori le personalità "progressiste", ostili alla dottrina romana (dando loro, peraltro, nuove e confortevole assegnazioni).

segue

domenica 27 dicembre 2009

Gli Svizzeri non vogliono i minareti, i loro parroci li piazzano nel presepe

La quintessenza dell'imbecillità:



Fonte: Cathcon

Cattolicesimo belga in dissoluzione (6)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:
prima parte
seconda parte
terza parte
quinta parte



La successione del Cardinale Danneels.

Il delfino, Josef De Kesel, Arcivescovo dei Belgi?



Il più grande quotidiano fiammingo del Regno, lo Standaard, ha scritto due anni fa (27 dicembre 2007, "La successione impossibile"): "E’ un segreto di Pulcinella: Danneels vede in lui il suo successore migliore […].Resta da vedere se ciò rappresenta un vantaggio". Infatti, se ne può dubitare: è molto improbabile che la Santa Sede, a meno di voler coltivare intenti ecclesiologici autodistruttivi, possa anche solo immaginare di voler continuare il danneelismo attraverso il dekeselismo.

Josef De Kesel è nato a Gand nel 1947. È quindi di origine fiamminga (vicario episcopale nel 1992, responsabile della formazione teologica e pastorale dei seminaristi, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, nella Diocesi di Gand). Ma è diventato vescovo ausiliare di Malines-Bruxelles per il Vicariato di Bruxelles nel 2002, dove ha sostituito sia l’ausiliare francofono (mons. Lanneau) che l'ausiliare fiammingo (mons. Hovre).

Ho già parlato (cfr. qui) dell'omaggio che aveva reso al sulfureo canonico Pierre Locht (difensore della pianificazione familiare, fino a giustificare il ricorso all'aborto in alcuni casi; membro dell'Associazione per il Diritto a morire con dignità; grande sostenitore della teologia della liberazione più estrema, insieme al famoso canonico François Houtart di Lovanio), al momento del suo funerale, il 17 marzo 2007, nel Duomo di Bruxelles: "So che la Chiesa l’ha fatto soffrire. Egli è rimasto fedele. Fedele a se stesso, libero e aperto alle domande dell’uomo d’oggi. Fedele al Vangelo e, lo posso dire, e penso di doverlo dire, fedele a questa stessa Chiesa, popolo di Dio".

Altrettanto "fedele alla Chiesa" è uno degli uomini di fiducia di mons. De Kesel, il canonico Herman Cosijns, specie di quintessenza del progressismo belga: innovativo in morale, Cosijns ritiene che "per un cristiano, un secondo matrimonio dovrebbe essere considerato come un'opportunità per crescere nell'amore di Dio […] Il secondo matrimonio quindi acquisisce una dimensione religiosa e può essere vissuto come un cammino di santificazione, un itinerario proposto da Dio"; esperto di diritto naturale, Cosijns crede che le persone omosessuali possono trovare la strada di Dio vivendo il loro rapporto; creatore in materia di liturgia, Cosijns pasticcia, nella sua parrocchia di N. D. de Laeken, preghiere eucaristiche senza menzione del Papa, della Vergine Maria, eccetera.

Bisogna aggiungere che Josef De Kesel è Presidente sia del Centre de Formation Liturgique (CFL), organismo "a servizio" di tutte le diocesi francofone, sia della Interdiocesane Commissie voor Liturgische Zielzorg (ICLZ), che è la Commissione Interdiocesana per la pastorale liturgica delle diocesi fiamminghe. Il che significa che segrega la liturgia di tutto il Paese in un senso che non è esattamente quello della "riforma della riforma", e che gli amici del padre Cosijns si sentono campo libero.

Chiaramente la speranza di Josef De Kesel di diventare arcivescovo dei Belgi è molto bassa. Altrettanto bassa, del resto, è la sua Speranza tout court: "Non sappiamo nemmeno se il cristianesimo ha un futuro in Occidente, ma lo spero" (giornale Dimanche, 3 agosto 2003)...

sabato 26 dicembre 2009

Morto uno dei più influenti teologi del concilio e postconcilio


Si è spento il 23 dicembre scorso alla bell'età di 95 anni il teologo domenicano olandese Edward Schillebeeckx. Dopo essere stato allievo dei corifei della nouvelle théologie Congar e Chenu, suoi confratelli (all'epoca ancora tenuti a bada e sanzionati dal Sant'Uffizio), aderì con convinzione al verbo progressista e antidogmatico e divenne uno dei teologi che con i loro scritti più influenzarono il Concilio, pur non rivestendo l'incarico ufficiale di perito: era il ghost-writer del nefasto card. Alfrink.

Partito da una ricostruzione storica dei dogmi, naturalmente soggetti a 'evoluzione' e storicamente condizionati, quindi mai immutabilmente veri, arrivò alla negazione di una buona fetta della fede cattolica: fu richiamato ai primi anni '80 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per aver negato la verità oggettiva della risurrezione di Gesù, ma molte sono le sue affermazioni incompatibili con la fede cattolica (se non cristiana tout court): fautore di una collegialità che esclude ogni ruolo effettivo del papa; assertore di una sostanziale equivalenza delle religioni come segni o sacramenti di salvezza; negatore della pena eterna, e così via. Da ultimo, è stato l'ispiratore del famigerato libello dei domenicani olandesi Kerk & Ambt (Chiesa e Ministero) per cui dev'essere la comunità ecclesiale a scegliere "dal basso" chi presieda l'eucarestia (e “non fa differenza che sia uomo o donna, omo o eterosessuale, sposato o celibe"), e tutta la comunità deve poter pronunziare le parole, espresse in forma libera, di consacrazione: in pratica la negazione del sacerdozio ministeriale.

Insieme a Chenu, Congar, Rahner e Küng, fondò la rivista di teologia ultraprogressista Concilium.

Che dire? De mortuis nisi bonum. Quindi meglio tacere.

Echi tridentini - Eco tridentino

Eco tridentino. Un calembour, perché stiamo parlando di Umberto Eco, cui dedichiamo l'odierna versione della nostra rubrica letteraria degli echi tridentini. E' un brano tratto, come prevedibile, da Il nome della rosa (1980), romanzo che si svolge in un monastero benedettino del XIV secolo. Il che ci porta in epoca anteriore al Concilio di Trento, ma nondimeno l'aggettivo 'tridentino' si giustifica, sia perché l'Autore, gli piaccia o no, è incontestabilmente segnato da una paideia post-tridentina, sia soprattutto perché sappiamo che il riferimento al Concilio di Trento in materia liturgica è puramente convenzionale, dato che la liturgia romana è rimasta essenzialmente la stessa dal primo millennio fino al 1969.

Nel brano che segue l'azione si svolge a matutino del sesto giorno (siamo, come informa il noto
incipit del romanzo, a 'fine novembre'). I monaci, terminato l'ufficio, intonano il graduale Sederunt principes della Messa di S. Stefano protomartire: non un inno prescritto per quell'occasione, quindi, ma l'artifizio è che l'abate inviti ad effettuare prove in vista della stagione natalizia che appropinqua.

Apprezzeremo l'inconfondibile prosa di Eco, in particolare l'uso disinvolto della figura retorica dell'accumulazione che qui, attraverso l'alluvionale richiamo ai nomi delle note tipiche del canto gregoriano ("neumi liquescenti e subpuntati" ... "vibrare di un
climacus o di un porrectus, di un torculus o di un salicus"), attinge risultati singolarmente evocativi. Non staremo quindi a pedanteggiare indugiando sulla singolare circostanza che i monaci cantino il gregoriano a più voci...

***

L'Abate invitò a intonare il "Sederunt":

Sederunt principes
et adversus me
loquebantur, iniqui.
Persecuti sunt me.
Adjuva me, Domine,
Deus meus salvum me
fac propter magnam misericordiam tuam.
Mi chiesi se l'Abate non avesse scelto di far cantare quel graduale proprio quella notte, quando ancora erano presenti alla funzione gli inviati dei principi, per ricordare come da secoli il nostro ordine fosse pronto a resistere alla persecuzione dei potenti, grazie al suo privilegiato rapporto col Signore, Dio degli eserciti. E invero l'inizio del canto diede una grande impressione di potenza.


Sulla prima sillaba "se" iniziò un coro lento e solenne di decine e decine di voci, il cui suono basso riempì le navate e aleggiò sopra le nostre teste, e tuttavia sembrava sorgere dal cuore della terra. Né s'interruppe, perché mentre altre voci incominciavano a tessere, su quella linea profonda e continua, una serie di vocalizzi e melismi, esso - tellurico - continuava a dominare e non cessò per il tempo intero che occorre a un recitante dalla voce cadenzata e lenta per ripetere dodici volte l'"Ave Maria". E quasi sciolte da ogni timore, per la fiducia che quell'ostinata sillaba, allegoria della durata eterna, dava agli oranti, le altre voci (e massime quelle dei novizi) su quella base petrosa e solida innalzavano cuspidi, colonne, pinnacoli di neumi liquescenti e subpuntati. E mentre il mio cuore stordiva di dolcezza al vibrare di un climacus o di un porrectus, di un torculus o di un salicus, quelle voci parevano dirmi che l'anima (degli oranti e mia che li ascoltavo), non potendo reggere alla esuberanza del sentimento, attraverso di essi si lacerava per esprimere la gioia, il dolore, la lode, l'amore, con slancio di sonorità soavi. Intanto, l'ostinato accanirsi delle voci ctonie non demordeva, come se la presenza minacciosa dei nemici, dei potenti che perseguitavano il popolo del Signore, permanesse irrisolta. Sino a che quel nettunico tumultuare di una sola nota parve vinto, o almeno convinto e avvinto dal giubilo allelujatico di chi vi si opponeva, e si sciolse su di un maestoso e perfettissimo accordo e su un neuma resupino.

Pronunciato con fatica quasi ottusa il "sederunt", s'innalzò nell'aria il "principes", in una grande e serafica calma. Non mi domandai più chi fossero i potenti che parlavano contro di me (di noi), era scomparsa, dissolta l'ombra di quel fantasma sedente e incombente.

E altri fantasmi, credetti allora, si dissolsero a quel punto perché riguardando lo stallo di Malachia, dopo che la mia attenzione era stata assorbita dal canto, vidi la figura del bibliotecario tra quella degli altri oranti, come se mai fosse mancato. Guardai Guglielmo e vidi una sfumatura di sollievo nei suoi occhi, la stessa che scorsi da lontano negli occhi dell'Abate. Quanto a Jorge, aveva di nuovo teso le mani e, incontrando il corpo del suo vicino, le aveva prontamente ritratte. Ma di lui non saprei dire quali sentimenti lo agitassero.

Ora il coro stava intonando festosamente lo "adjuva me", di cui la "a" chiara lietamente si espandeva per la chiesa, e la stessa "u" non appariva cupa come quella di "sederunt", ma piena di santa energia. I monaci e i novizi cantavano, come vuole la regola del canto, col corpo diritto, la gola libera, la testa che guarda in alto, il libro quasi all'altezza delle spalle in modo che vi si possa leggere senza che, abbassando il capo, l'aria esca con minore energia dal petto. Ma l'ora era ancora notturna e, malgrado squillassero le trombe della giubilazione, la caligine del sonno insidiava molti dei cantori i quali, persi magari nell'emissione di una lunga nota, fiduciosi nell'onda stessa del cantico, a volte reclinavano il capo, tentati dalla sonnolenza. Allora i veglianti, anche in quel frangente, ne esploravano i volti col lume, a uno a uno, per ricondurli appunto alla veglia, del corpo e dell'anima.

***

Enrico

"Per scegliere i vescovi conta più internet che le mie terne", lamenta un Nunzio



Qual è il peggior nemico delle oligarchie e dei gruppi di potere? Ma naturalmente l'informazione libera e facilmente disponibile. Internet, per la sua struttura essenzialmente democratica e priva di costi (cosa che consente la pluralità massima di fonti di informazione) e ancor più grazie alla facilità di indicizzazione e ricerca delle notizie, è uno strumento portentoso a tale effetto. Non stupisce allora di apprendere che per la scelta dei vescovi le informazioni tratte direttamente da internet stanno diventando più importanti (anche se, per carità, mai potranno sostituirli) dei canali confidenziali istituzionali.



Considerato l'andazzo degli ultimi decenni, ogni modifica nei criteri di selezione episcopale non può che essere un progresso e una correzione di evidenti storture.



Ecco dunque la notizia che riferisce il blog di Father Ray, parroco a Brighton, Inghilterra:




L'arcivescovo Faustino Sainz Muñoz, Nunzio apostolico in Gran Bretagna, ha concesso un'intervista a The Tablet, a quanto appare. Per quale motivo un fedele servitore della Chiesa non scelga una rivista o giornale cattolico normale, ma preferisca prestare ossequio ad una rivistaccia che si prefigge il compito di contrastare ogni pensiero, parola e atto del Santo Padre, portando avanti la propria agenda liberal-relativistica, è un’altra storia. Apparentemente nell'intervista il Nunzio lamenta che ora Roma, per scegliere i vescovi, sembra prendere più interesse per internet che per le terne presentate da lui.



Ovviamente, Roma ha imparato dal disastro Williamson, ma ha anche imparato che le notizie e le opinioni degli episcopabili sono in linea, e prontamente disponibili per i vari dicasteri romani, ma anche per i media e perfino per singoli fedeli: uno schizzo di scandalo una volta on-line c'è per sempre. Le ultime nomine episcopali negli Stati Uniti indicano che Roma tende a nominare sacerdoti che hanno alle spalle su carta e su internet un curriculum positivo e forte; per la maggior parte hanno lavorato a Roma o sono stati cappellani militari, dove la loro carriera è fortemente documentata.



Non credo che Roma prenda molto interesse nei sacerdoti blogger (tranne Father Z. naturalmente), anche se abbiamo tutti i nostri visitatori Vaticano regolari [già: a Messainlatino una media di una ventina pro die], visto che tendiamo a non partecipare a critiche sulle persone. Sono certo che Roma è interessatissima da ciò che dicono sui giornali on-line e sono certo che qualcuno indaga attraverso le lettere pastorali pubblicate su siti web diocesani. Un blog che dispone di influenza è Damian Thompson, anche se provo compassione per chi viene gettato nella fossa dei leoni dei suoi lettori. Corre voce che la ridicolizzazione inesorabile da parte di Damian della inettitudine pastorale di un vescovo è costata a quest'ultimo una mancata promozione in una posizione ecclesiastica elevata.

venerdì 25 dicembre 2009

L'omelia del Papa (scampato ad un'aggressione) esalta la Liturgia

Un estratto dall'omelia del Papa alla Messa di mezzanotte:


[..]
Il grande teologo Origene ha detto: se io avessi la grazia di vedere come ha visto Paolo, potrei adesso (durante la Liturgia) contemplare una grande schiera di Angeli (cfr in Lc 23, 9). Infatti – nella Sacra Liturgia, gli Angeli di Dio e i Santi ci circondano. Il Signore stesso è presente in mezzo a noi. Signore, apri gli occhi dei nostri cuori, affinché diventiamo vigilanti e veggenti e così possiamo portare la tua vicinanza anche ad altri!

Torniamo al Vangelo di Natale. Esso ci racconta che i pastori, dopo aver ascoltato il messaggio dell’Angelo, si dissero l’un l’altro: “'Andiamo fino a Betlemme' … Andarono, senza indugio” (Lc 2, 15s.). “Si affrettarono” dice letteralmente il testo greco. Ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore. L’atteso Figlio di Davide è venuto al mondo nella sua città. Che cosa poteva esserci di più importante? Certo, li spingeva anche la curiosità, ma soprattutto l’agitazione per la grande cosa che era stata comunicata proprio a loro, i piccoli e uomini apparentemente irrilevanti. Si affrettarono – senza indugio. Nella nostra vita ordinaria le cose non stanno così. La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato.

E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle. Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre. Il Vangelo ci dice: Dio ha la massima priorità. Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio.

Una massima della Regola di san Benedetto dice: “Non anteporre nulla all’opera di Dio (cioè all’ufficio divino)”. La Liturgia è per i monaci la prima priorità. Tutto il resto viene dopo. Nel suo nucleo, però, questa frase vale per ogni uomo. Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori. Da loro vogliamo imparare a non lasciarci schiacciare da tutte le cose urgenti della vita quotidiana. Da loro vogliamo apprendere la libertà interiore di mettere in secondo piano altre occupazioni – per quanto importanti esse siano – per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo. Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane.
[..]

Fonte: Magistero di Benedetto XVI

Ed ecco il filmato dell'aggressione subita dal Papa all'inizio della liturgia (senza conseguenze per il Pontefice; il povero card. Etchegaray ci ha invece rimesso il femore):





Hallelujah (silent monks)

Una possibile soluzione canora per monaci trappisti che fossero votati al silenzio... O per goliardi burloni. Haendel, che era un bon vivant, apprezzerebbe. Enjoy

Visite importanti all'Istituto Buon Pastore


Mons. Marc Aillet [nella foto], già vicario generale nella diocesi di Tolone (la più trad-friendly di Francia, e conseguentemente la più ricca di vocazioni - più di Parigi!), nominato di recente vescovo a Bayonne, conferirà il diaconato ad alcuni seminaristi dell’Istituto del Buon Pastore (IBP) nel mese di gennaio. In forma straordinaria, è ovvio. Ma ha fatto di più, non solo sul piano delle ordinazioni, ma su quello della vera “carità cattolica”, facendo una visita alla casa del Buon Pastore di Roma. Sotto il titolo di “Visita straordinaria di un vescovo poco ordinario”, titolo facile a darsi ma che rende conto del carattere di questa visita, l’abbé René Sebastien Fournié racconta in questi termini la visita del Vescovo di Bayonne: “per la prima volta dalla nostra istallazione a Roma un Vescovo è venuto a celebrare nella nostra cappella: Mons. Marc Aillet vescovo di Bayonne. Se la messa bassa del Vescovo non gioisce dei fasti delle solenni cerimonie essa è tuttavia particolarmente toccante per la sua intimità e per il raccoglimento silenzioso. Dopodiché il nostro ospite ha voluto incontrare personalmente i futuri diaconi, che ordinerà a Bordeaux il 23 gennaio prossimo. Nulla di formale, al contrario, una vera discussione, un rapporto personale".

A Roma l’IBP ha anche avuto la fortuna di avere il 10 dicembre scorso Mons. Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, venuto per una conferenza e per la celebrazione dei Vespri. Ecco quanto ne riferiscono le fonti del Buon Pastore. E notate attentamente le parole di mons. Pozzo: “dopo aver officiato i Vespri, nel corso di una conferenza sul senso dell’Avvento, ci ricorda che la storia non è né bianca né nera, ma fatta di debolezze umane e sempre illuminata da Dio. Pregate per me - ha detto - pregate perché il Papa trovi nei suoi collaboratori degli uomini di qualità e di fiducia, che lo sostengano e trasmettano il suo messaggio e i suoi progetti. La preghiera è un tratto folgorante, è la lingua della speranza, l’espressione umile della nostra fede, lontana dall’orgoglio e dalla fiducia nella propria genialità. Mons. Pozzo ci ha rallegrati in questa serata, attorno ad una cena molto francese, per mezzo della lezione semplice e pratica che ci ha dato di spirito cattolico e attraverso la constatazione e le analisi delle peripezie della Chiesa in questi ultimi anni. Dei principi chiaramente affermati e sui quali nessuna negoziazione è possibile, delle constatazioni lucide e soppesate sugli ultimi decenni. A volte il dispiacere dell’assenza di chiarezza e di orientamenti da parte della gerarchia nel passato. Un rifiuto chiaro e netto di una risposta basata sull’ideologia e sull’attivismo rivoluzionario, l’arma dei detrattori della Chiesa. Ma sempre l’idea di una vittoria calma e pacifica del bene, del bello e del vero, attraverso la catechesi, la pazienza e soprattutto l’attenzione alle persone, anche le più in contrapposizione. In fondo una lezione all’impronta del realismo, un’attitudine che nulla riesce a sorprendere, nulla a scoraggiare perché essa conosce…e dunque ama"

Bob Dylan canta "Adeste fideles " (in latino, ovviamente)




Ebbene sì. Non è un’imitazione, né un falso. E’ proprio Bob Dylan. Lo scorso 13 Ottobre infatti, è uscito, l’ultimo disco del grande cantante americano. Un disco insolito per una delle star pop degli ultimi 50 anni: un disco di canzoni di Natale: Christmas in the heart (per la Columbia).

Dice G. Bezzing, che Bob Dylan, nel rispetto della tradizione canora natalizia americana, si è affiancato a Bing Crosby, Frank Sinatra, a Johnny Cash e a Gene Autry.

E così, in un ensemble di canzoni di vario repertorio (The Christmas Blues, Do You Hear What I Hear?, Hark The Herald Angels Sing The First Noel, Winter Wonderland, Have Yourself A Merry Little Christmas, Christmas Island) ecco che Mister Zimmerman si cimenta anche nel sacro canto di Adeste Fideles.

Con l'uscita di questo bel disco, Bob Dylan ci fa porre una sardonica domanda. Cosa diranno ora i fan di Bob Dylan, che pur non conoscendo o non comprendendo appieno i testi anglofoni del grande cantante, amano le sue canzoni? E ora che ha cantato in latino, diranno anche a lui che non si capisce quello che dice, come lo dicono per le messe in latino?

giovedì 24 dicembre 2009

Cattolicesimo belga in stato di fallimento (5)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:
prima parte
seconda parte
terza parte


Ho fatto notare, alla fine del mio ultimo articolo sulla situazione fallimentare della Chiesa belga, che sembra essersi cristallizzata nella scomparsa annunciata del sacerdozio, questa dichiarazione del Cardinal Danneels: "Ciò che la Chiesa ha perso in termini di quantità, lo ha guadagnato in qualità". Egli nel suo modo un po’ naif, ha precisato la sua sorprendente "analisi", rilasciando al giornale "Dimanche" (12/10/ 2006), un settimanale che affronta l’attualità religiosa: "E 'terribile e tragico. Non so cosa abbia causato tutto questo….. In Belgio siamo ai livelli più bassi in Europa. Mi torturo le meningi per capire. E non sono per nulla convinto che si debba cambiare il modello". Concludendo, poveretto, con un: "Non dobbiamo guardare i numeri!"

Tuttavia, Godfried Danneels, primate del Belgio, che si sta preparando a lasciare la cattedra di arcivescovo di Malines-Bruxelles, non è quell’incapace che certe osservazioni potrebbero far credere. E’ solamente una persona del tutto inadeguata alla situazione schiacciante nella quale si è trovato a dover operare. Nato a Kanegem nelle Fiandre, il 4 giugno 1933, sacerdote dal 1957, laureato in filosofia, dottore in teologia presso l'Università Gregoriana, ha insegnato presso il Seminario di Bruges, divenne vescovo di Anversa nel 1977 e arcivescovo di Malines -Bruxelles nel 1979 (nello stesso momento in cui Jean-Marie Lustiger venne nominato vescovo di Orleans, per essere promosso poi, nel 1981, arcivescovo di Parigi). Godfried Danneels prese il posto di Leon-Joseph Suenens (seguendo l’uso – che non è legge – di un primate francofono dopo uno fiammingo). E nel 1983 divenne cardinale della Chiesa romana. Naturalmente presidente della conferenza episcopale belga. In realtà è stato originariamente segnalato come un prelato wojtyliano e destinato a influenzare la linea disastrosa del suo predecessore montiniano, il cardinale Suenens. I suoi rapporti con il Cardinale Ratzinger sono stati inizialmente cordiali: il cardinale di Malines, teologo ritenuto affidabile, era stato nominato membro della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma questa fiducia, che occupava un posto importante nelle relazioni con Ratzinger, si è rapidamente deteriorata, anche perché Godfried Danneels, molto attento a non ferire nessuno, pronto a modificare la propria linea in funzione dei suoi interlocutori, pur senza essere un uomo falso, è potuto apparire ambiguo davanti al Prefetto del Sant'Uffizio.

Comunque, dal "centrista", che era originariamente considerato e messo lì per riparare i danni causati dal carismatico Suenens (carismatico in senso "conciliare" e che ha finito per pendere, come un certo numero di progressisti, per un carismatismo di compensazione), Godfried Danneels è stato, sempre di più, classificato come "progressista". Si è infatti legato alla linea Martini, arcivescovo di Milano, che è stato considerato per molto tempo il cardinale papabile contro Joseph Ratzinger. Ma il cardinale Danneels resta un progressista prudente, in confronto all'identitario timido Mons. Léonard, Vescovo di Namur. Perché, dopo tutto, la sue prese di posizione in favore del "male minore" (cioè, l'uso del preservativo ad esempio per "non mettere in pericolo la vita degli altri"), sulla morale sessuale risultano eterodossi, ma non più di quelle del cardinale Lustiger, del cardinale Schönborn o o di mons. Bruguès. Liturgicamente, se gli è capitato di sostenere posizioni quasi ratzingeriane sulle forme che sono "recepite" e non devono essere "inventate", è stato perlopiù di una debolezza notevole. Si cita ad esempio contro di lui il funerale, celebrato nel marzo 2007 dal suo assistente e delfino, il vescovo Josef De Kesel, nella Cattedrale di Bruxelles, del canonico De Locht, difensore della pianificazione familiare (fino a giustificare l'uso dell'aborto in alcuni casi) e notoriamente in consonanza con la Libera Università (massonica) di Bruxelles (ULB). Il vescovo De Kesel ha presentato il “sulfureo” defunto come una persona "coraggiosa", che ha fatto "scelte responsabili". Un altro esempio è anche la messa di cui ho già parlato, celebrata, con la sua autorizzazione, nella parrocchia di Nostra Signora du Bon Secours dalla "Comunità di Cristo liberatore" in occasione del Gay Pride. Senza dimenticare i commenti, rifacendosi ad Assisi nel quadro delle manifestazioni Bruxelles-Toussaint 2006 ("Concerto interreligioso" islamo-carismatico a N-D. Immaculée e la "veglia interreligiosa" corano-evangelica di S. Roch).

E’ del tutto comprensibile come nel 2005 si pose deliberatamente, durante la preparazione del conclave, dalla parte dell’alleanza anti-Ratzinger. Ma quale spiegazione dare al fatto della sua reazione indispettita dopo l'elezione di Benedetto XVI, quando rifiutò l'invito, com’è nella tradizione, del nuovo Papa a condividere il suo tavolo il giorno dopo il conclave? Godfried Danneels aveva forse accarezzato il sogno di applicare alla Chiesa Universale il modello belga? Davanti a una bambina di undici anni che, dopo il suo ritorno da Roma, gli chiedeva, per un giornale dell’infanzia dell’emittente pubblica fiamminga VRT, a proposito del nome che avrebbe scelto se fosse stato eletto Papa, si lasciò sfuggire questa risposta ingenua "Mi sarebbe piaciuto essere Giovanni XXIV!"

segue

Hanno sloggiato Gesù


Una meditazione natalizia di Chiara Lubich che ci manda Carmelo:


S’avvicina Natale e le vie della città s’ammantano di luci.
Una fila interminabile di negozi, una ricchezza senza fine, ma esorbitante. A sinistra della nostra macchina ecco una serie di vetrine che si fanno notare. Al di là del vetro nevica graziosamente: illusione ottica. Poi bambini e bambine su slitte trainate da renne e animaletti waltdisneyani. E ancora slitte e babbo-Natale e cerbiatti, porcellini, lepri, rane burattine e nani rossi. Tutto si muove con garbo.
Ah! Ecco gli angioletti… Macché! Sono fatine, inventate di recente, quali addobbi al paesaggio bianco.
Un bambino coi genitori si leva sulle punte dei piedini e osserva, ammaliato.
Ma nel mio cuore l’incredulità e poi quasi la ribellione: questo mondo ricco si è "accalappiato" il Natale e tutto il suo contorno, e ha sloggiato Gesù!
Ama del Natale la poesia, l’ambiente, l’amicizia che suscita, i regali che suggerisce, le luci, le stelle, i canti.
Punta sul Natale per il guadagno migliore dell’anno.
Ma a Gesù non pensa.
"Venne fra i suoi e non lo ricevettero…"
"Non c’era posto per lui nell’albergo"… nemmeno a Natale.
Stanotte non ho dormito. Questo pensiero mi ha tenuta sveglia.
Se rinascessi farei tante cose. Se non avessi fondato l’Opera di Maria, ne fonderei una che serve i Natali degli uomini sulla terra. Stamperei le più belle cartoline del mondo. Sfornerei statue e statuette coll’arte più pregiata. Inciderei poesie, canzoni passate e presenti, illustrerei libri per piccoli e adulti su questo "mistero d’amore", stenderei canovacci per rappresentazioni e film.
Non so quel che farei…
Oggi ringrazio la Chiesa che ha salvato le immagini.
Quando sono stata, venticinque anni fa, in una terra in cui dominava l’ateismo, un sacerdote scolpiva statue d’angeli per ricordare il Cielo alla gente. Oggi lo capisco di più. Lo esige l’ateismo pratico che ora invade il mondo dappertutto.
Certo che questo tenersi il Natale e bandire invece il Neonato è qualche cosa che addolora.
Che almeno in tutte le nostre case si gridi Chi è nato, facendoGli festa come non mai.

Lo spillo. L'aiuto "silenzioso" agli ebrei di Papa Pacelli, Venerabile e "Giusto tra le Nazioni".

Prendendo spunto dal buon articolo di Arrigo Levi, apparso sul quotidiano La Stampa di ieri, scriviamo con pacatezza una lettera aperta ai nostri 'Fratelli Maggiori', con indicazioni di eventi e toccanti testimonianze di ebrei contemporanei di Pio XII, che la stampa, i mass media e gli organi culturali dell'ultimo trentennio hanno però colpevolmente taciuto, contribuendo così ad alimentare quella infondata polemica che crebbe per poi diventare la spettrale condanna destinata a pesare su Pio XII: il suo silenzio. Da qualche tempo però si nota una positiva controtendenza, per cui rinasce un'obiettiva e documentata attenzione ai fatti storici che rendono giustizia al Pastor Angelicus e alla sua opera di aiuto per gli Ebrei durante lo sterminio.
.
Se tanto si è dovuto attendere per la dichiarazione di "Venerabile" di un grande Pontefice, bisogna dire "grazie", tra gli altri, agli Ebrei. Ma anche a
i Vescovi e Cardinali dissidenti potrebbero essere mosse critiche, dato che hanno voce in capitolo. Ma perchè gli Ebrei dei nostri giorni tanto ce l'hanno col povero Pio XII? Perchè sembrano voler dimenticare o confutare le testimonianze dei loro padri, che quel terribile tempo di persecuzione (e quindi, anche dell'attività del Papa) hanno conosciuto e vissuto in prima persona?
.
Regnante Pio XII, infatti, molte ed eminenti furono le manifestazioni di riconoscenza e di

mercoledì 23 dicembre 2009

Accessori indispensabili.

Navigando in rete, ci siamo imbattuti in questo catalogo. Vi si trova di tutto per le "grandi religioni monoteiste", come s'usa dire nello stantio gergo ecumenico; ma naturalmente la religione cattolica ha la parte del leone, specie considerando anche le Chiese di rito orientale.


Alè, ci tenevamo a farci un po' accusare d'essere dei decadenti esteti, cultori di orpelli e trine che-Gesù-ai-suoi-tempi-non-avrebbe-mai-indossato-e-anzi-vestiva-poveramente-e-come-tutti-gli-altri.







Echi tridentini: “lo Spirto Santo e la percossa” di Silvio Pellico, in "Le chiese"

Graziato dall’imperatore austriaco dopo dieci anni di carcere duro (otto dei quali nella fortezza morava dello Spielberg), lo sfortunato patriota saluzzese Silvio Pellico (1789-1854) visse gli ultimi anni della sua vita a Torino, bibliotecario e segretario nel palazzo dei marchesi di Barolo. E’ tutt’oggi famoso per il volumetto di memorie dal titolo Le mie prigioni, che – va chiarito – non ha alcun interesse di carattere politico, incentrato com’è sul suo itinerario di ritorno alla fede cattolica, dopo l’ubriacatura carbonara (e massonica, probabilmente) dei primi anni della Restaurazione. 
Nessuno legge più, invece, le tragedie in versi (e giustamente, ivi comprendendo anche la sopravvalutata Francesca da Rimini) e le poesie religiose, che al contrario meriterebbero, a mio parere, una rilettura non frettolosa. 
Riporto qui appresso un brano della lunga composizione (diciotto pagine a stampa) dal titolo “Le chiese” (in Poesie inedite, Torino, 1837, vol. I, pp. 20 sgg.); l’autore vi propone una rassegna affettuosa e commossa degli edifici sacri della sua vita, fra Saluzzo, Pinerolo, Torino, Lione, Milano, fino alla piccola cappella dello Spielberg. La metrica è ricchissima e assai variegata; il brano che ho scelto riguarda la chiesa pinerolese in cui, bambino, ricevette il sacramento della Cresima, e utilizza le classiche terzine “dantesche” di endecasillabi a rima incatenata.

 «(...) Ah, noi pur dal Crisma santo
               Confermati esultavamo,
               E spogliar l’antico Adamo
               Era saldo in noi desir! (...)
       
Mentre de' genitori i voti accesi 
Sorgono per la prole benedetta, 
Stanno i fanciulli all'alta pompa intesi, 

Cattolicesimo belga in stato di fallimento (4)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle altre parti:
Vediamo altri segni rivelatori di una situazione definibile "post-cattolica" alla fine del mandato del cardinale Danneels.

Un'analisi del 2006 pubblicata lo scorso anno dal Centro di Scienze Politiche della KU Leuven (Università Cattolica di Lovanio, sezione fiamminga), condotta su richiesta della Conferenza Episcopale, ha constatato il crollo della pratica religiosa ad una velocità sorprendente. La pratica domenicale è stimata al 7% della popolazione contro l’ 11% nel 1998. Secondo questa analisi "i 3 principali riti cattolici stanno conoscendo una disaffezione senza precedenti"; il numero dei battesimi di fanciulli è sceso al 57%, quella dei matrimoni religiosi al 25%, e le esequie cristiane non riguardano più che 6 defunti su 10. E la diocesi di Malines-Bruxelles con la regione di Bruxelles, segna il crollo peggiore.

Eppure queste cifre possono sembrare "ottimistiche" rispetto alla Francia (secondo un sondaggio dello scorso agosto, solo il 4,5% dei francesi vanno a messa ogni Domenica, contro il 20% nel 1972). (…) C’è da sapere che prima del Concilio il Belgio era senza dubbio più cattolico della Francia, la zona fiamminga poi era terra di Cristianità come il Quebec, la Slovacchia, Malta, l’Irlanda, la Bretagna, il Vallese. Così come nell’Italia cattolica o nella Bretagna, era forte la presenza di circoli, associazioni cattoliche, scuole, sindacati, giornali, editoria, organizzazioni giovanili, fondi comuni, ospedali, soprattutto nella zona dei Paesi Bassi. Non resta che una specie di abitudine sociologica, come il voto democristiano.

Ma ben più preoccupante rispetto alla Francia è che il criterio decisivo, quello del "tasso di fertilità" delle vocazioni annuncia la fine imminente del cattolicesimo belga: quest'anno un unico e solo sacerdote diocesano olandese verrà ordinato!

I dati che seguono sono per l'anno scolastico 2008-2009:
Anversa (1 518 000 ab.): 5 seminaristi
Bruges (1 127 000 ab.): 12 seminaristi
Gand (1 348 000 ab.): 0
Hasselt (787 000 ab.): 1 seminarista
Liegi (1 014 000 ab.): 9 seminaristi
Malines-Bruxelles (2 471 000 ab.): 6 seminaristi
Namur (683 000 ab): 37 seminaristi
Tournai (1 284 000 ab.): 5 seminaristi

Per un totale di 75 seminaristi (e probabilmente anche meno al rientro). L'unica eccezione è il seminario del vescovo molto "identitario", Mons. Leonard, a Namur, con la metà dei seminaristi belgi (c’è da precisare al riguardo come le fantasie liturgiche del Cammino Neocatecumenale siano praticate impunemente nella diocesi di Namur e come non ci sia nessuno preparato per la liturgia tradizionale, come pure per la messa di Paolo VI nella sua versione “autentica”).

Si ritiene che in Francia, con 740 seminaristi diocesani, per una popolazione di 5,8 volte più grande del Belgio la situazione sia drammatica. Ma con meno di 80 seminaristi, i belgi sono chiaramente in una situazione due volte peggiore. Inoltre, essi non hanno come la Francia una riserva di circa 150 seminaristi di rito tradizionale, tali vocazioni essendo quasi sconosciute in Belgio.

La cosa sorprendente è che le autorità ecclesiastiche non sembrano preoccupate della situazione. La vedono anche con una certa soddisfazione: il Cardinale Godfried Danneels, che in un certo senso ha presieduto al crollo, ritiene che "ciò che la Chiesa ha perso in termini di quantità, lo ha guadagnato in qualità".
segue

martedì 22 dicembre 2009

Mons. Bux oggi su Radio Maria




Dopo le sbandate dell'abate Scicolone, Padre Livio ha opportunamente ritenuto di affidare una rubrica liturgica a mons. Bux. Un cambiamento a 180 gradi, come si vede.


Oggi, alle ore 18.00, sintonizzatevi quindi su Radio Maria. La rubrica di don Bux andrà poi in onda ogni quarto martedì del mese a quell'ora.

Mons. Pozzo a Gesù e Maria: le foto

Ecco alcune immagini della Messa solenne celebrata da Mons. Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, nella Chiesa romana di Gesù e Maria (via del Corso) officiata dall'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote. Di tale Messa avevano dato preavviso in questo post.





Fonte: Cattolici Romani, via New Liturgical Movement

Notizie di prima mano sui colloqui con la Fraternità S. Pio X

Nessuna indiscrezione da fonti riservate: pubblichiamo invece la sintesi di un’omelia del 19 dicembre 2009, pronunziata dal vescovo mons. De Galarreta (che coordina la squadra di teologi della Fraternità S. Pio X impegnati nei colloqui con Roma) nel corso della Messa di ordinazione di 5 diaconi e 3 sacerdoti (foto a lato) al seminario lefebvriano in Argentina di La Reja, di cui egli è rettore dopo la cacciata dal Paese del precedente rettore, mons. Williamson.

Nel corso dell’allocuzione, Monsignor Alfonso de Galarreta ha rivelato i seguenti elementi interessanti, in riferimento alle discussioni iniziate a Roma due mesi fa:

(1) Il risultato della prima riunione è stata positivo.
(2) Principalmente si è stabilita l'agenda e il metodo di discussione.
(3) I temi da discutere sono di natura dottrinale, con espressa esclusione di qualsiasi questione di ordine canonico attinente alla situazione della FSSPX.
(4) Il comune punto di riferimento dottrinale sarà il Magistero anteriore al Concilio .
(5) Le conversazioni seguono un metodo rigoroso: si pone un problema, la parte che lo solleva invia un’opera argomentando le sue questioni. La Santa Sede risponde per iscritto, previ scambi dei consulenti via e-mail. Nella riunione si discute il punto.
(6) Tutte le riunioni vengono registrate da entrambe le parti e filmate.
(7) Le conclusioni di ogni argomento saranno sottoposte al Santo Padre e al Superiore Generale della FSSPX.
(8) La cronologia di queste riunioni dipende: se il tema è nuovo o è già in fase di discussione. Nel primo caso, sarà circa ogni tre mesi. Nel secondo, ogni due. La prossima riunione è prevista per metà gennaio.
(10) I rappresentanti teologici della S. Sede "sono persone con le quali si può parlare", parlano "il nostro stesso linguaggio" teologico (leggi: sono tomisti).
(11) Ecco alcune delle questioni oggetto di discussione, menzionate dal vescovo in modo non esaustivo:
(a) il magistero del Concilio e il postconcilio
(b) la riforma liturgica conciliare.
(c) l'ecumenismo e il dialogo interreligioso
(e) l'autorità Pontificia e la collegialità
(f) la libertà di coscienza, la libertà religiosa, il laicismo e il Regno sociale di Gesù Cristo
(g) i "diritti dell'uomo" e la "dignità umana" in conformità con la dottrina conciliare.

Il Vescovo ha ripetuto che i risultati della prima riunione sono buoni, relativamente alla situazione precedente. Si è parlato in piena libertà e solo di temi di dottrina in un quadro teologico tomistico.

È impossibile prevedere che cosa accadrà in futuro. Si va giorno per giorno, come indica la prudenza e secondo lo spirito del Vangelo.

Fonte: Panorama catolico Internacional

lunedì 21 dicembre 2009

Cattolicesimo belga in fase di decozione (3)

Proseguiamo, traendola dal sito francese Osservatore Vaticano, la pubblicazione del reportage sulla situazione della Chiesa in Belgio. Links alle parti precedenti:
Qualche colpo di sonda servirà a descrivere lo stato del cattolicesimo in Belgio. Come il silenzio, o peggio, dell’episcopato in materia di omosessualità.

- Nel maggio 1996, nella rivista ufficiale Pastoralia dell'arcidiocesi di Malines-Bruxelles, Padre Cosijns (Vice del vescovo ausiliare per Bruxelles mons De Kesel), ha dichiarato: "Anche nelle relazioni omosessuali le persone possono trovare la strada di Dio ".

- Nel settembre 1999, apertura presso l'Università Cattolica di Lovanio (di lingua francese) di un punto informativo "Accoglienza Omosessualità", con collegamenti al Circolo Gay di Louvain-la-Neuve e siti gay, lesbiche e bisessuali, informazioni sul Gay Pride e sulle riunioni di sacerdoti gay, con foto, sulle comunità, gli appuntamenti, le adozioni.

- Il 5 Aprile 2000, sul settimanale Tertio, P. Roger Burggraeve, professore di teologia morale alla Katholieke Universiteit Leuven, prendeva posizione a favore dell'adozione da parte di coppie omosessuali.

- Il 15 dicembre 2001, "Le Soir" ha pubblicato un articolo firmato da professori, di cui due presso l'Università Cattolica di Lovanio, che difendevano il principio del diritto al matrimonio tra gay. Anche se nel 2001, in “Dialogo con gli adolescenti sulla vita e sulla fede” (edizioni Fidelité), il Cardinale Danneels aveva detto: "Un matrimonio eterosessuale è più ricco, se non altro perché offre la possibilità di avere figli propri".

- Il 26 giugno 2002, è stata firmata la "Dichiarazione comune sulla parità di trattamento tra etero-sessuali, gay, lesbiche e bisessuali in didattica e nell’insegnamento” tra il Ministero dell’Educazione e le Istituzioni educative tra cui il Segretariato fiammingo per l'Educazione Cattolica: "Ognuno, con propri mezzi adeguati, tenderà verso un comune clima di apprendimento, di vita e di lavoro, aperto a gay, lesbiche e bisessuali" (con video, e istituzione di una “Settimana della Diversità").

- Nel 2002, pubblicazione a cura dello stesso Segretariato per l'Educazione Cattolica di un libro con video: “Far l’amore con simpatiaVriendelijk Vrij: Istruzioni per un atteggiamento amichevole e responsabile nei confronti del sesso, con la collaborazione dei delegati delle diocesi di Hasselt, Anversa, Bruges, Malines-Bruxelles, Gand, "L'omosessualità ed eterosessualità non possono essere trattate l’una separata dall’altra”.

- Il 3 maggio 2005, Cathobel (emittente ufficiale della Chiesa belga) ha annunciato che alcune parrocchie di Bruxelles sarebbero state impegnate e coinvolte nell’eucaristia, che precede il Gay Pride, con la Messa a Notre Dame du Bon Secours (organizzata dalle associazioni cristiane omosessuali, tra cui la Comunità di Cristo liberatore). L'anno seguente, l'altare è stato coperto con una bandiera gay. Mons. De Kesel, pupillo del Cardinal Danneels ha detto che "dobbiamo sostenere di tutto cuore questa iniziativa". (Il 1° dicembre 2008, Mons. Jousten, vescovo di Liegi, ha partecipato ad una serata ecumenica per la lotta contro l'AIDS organizzata congiuntamente alla Comunità di Cristo liberatore).

- Vero è però che il 31 maggio 2005, una dichiarazione dei vescovi circa l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, diceva: "L’aver permesso di chiamare "matrimonio" l'unione di due uomini o di due le donne è già un uso improprio del significato delle parole e soprattutto della realtà fondamentale che le parole designerebbero. Inoltre legalizzare l'adozione in questo contesto crea un ulteriore aumento della confusione".

- L’ 11 marzo 2006 poi al “Interdiocesaan Pastoraal Beraad” padre Eric de Beukelaer, portavoce dei vescovi del Belgio e rettore di Louvain-la-Neuve, ha dichiarato: "Secondo me qualsiasi forma di celebrazione in chiesa di una relazione omosessuale (con benedizione, ecc.) deve essere evitata perché crea confusione ... Cosa possibile è invece che il ministro di liturgia possa andare a pregare con queste persone ed i loro parenti (presso di loro, in casa, in una cappella).

- Fortunatamente, il 4 Aprile 2007, Mons. Leonard, vescovo di Namur, in un'intervista a Télémoustique, ha definito "anormale" l'omosessualità. Atto "anormale" quasi un peccato ... e questa dichiarazione ha scatenato la tempesta in tutto il Regno e il linciaggio mediatico che possiamo immaginare, con conseguenti spiegazioni imbarazzate del vescovo Leonard. Un solo vescovo!