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sabato 31 ottobre 2009

La dottrina dell'imitazione nell'arte e nella fede.



di Andrea Pacciani, architetto, che ringraziamo per averci inviato questo prezioso contributo.

La conoscenze, ovvero l'insieme delle nozioni e dei principi trasmessi tramite l' insegnamento e l'apprendimento, che si esplicano negli ambiti artistici e in quelli religiosi devono rispecchiarsi le una nelle altre, affinchè esse abbiano un senso compiuto di verità e di coerenza.

A differenza della storia precedente dell'uomo, l'ultimo secolo ha introdotto come riferimento nelle dottrina sia artistica che religiosa un sistema differente da quello da sempre adottato promuovendo gli aspetti dell'esperienza ascetico-spirituale-interiore a scapito di quelli dell'esperienza imitativa-emulativa-condivisa.

In campo artistico questo approccio si è sbilanciato verso intrepretazioni sempre più espressioniste e e autoreferenziali alle quali la disciplina religiosa non riesce più ad adeguarsi come poteva sembrare agli esordi della modernità. Appare evidente infatti come a differenza di quelli artistici i contenuti della fede non possano distaccarsi e fare a meno del processo imitativo da cui può prescindere l'arte moderna: la fede cattolica più di ogni altra basa il suo percorso verso la santità sull'imitazione del modello Gesù Cristo, con l'ausilio delle testimonianze dei testi sacri e dei Santi. E' la ricerca continua della presenza di Dio in terra e si attua soltanto con spirito imitativo nella vita reale quotidiana: imitazione è intesa come ricerca di avvicinamento al modello perfetto per emulazione nell'intento di raggiungerlo.

La liturgia dell'Eucarestia che è la materializzazione di Dio in terra è una verità pertanto che può essere veicolata solo attraverso la rappresentazione concreta e materiale della perfezione di Dio, nella bellezza del suo rito svolto in un suo degno spazio architettonico, come scelse Gesù il Cenacolo.

La chiesa assurge pertanto al ruolo di Ostensorio a scala architettonica della fede nella propria città, riconoscibile, funzionale e legata al suo territorio e ai suoi cittadini che attraverso le generazioni ne riconosceranno la santità, per mezzo della devozione e l'affezione che potrà maturare attraverso le testimonianze continue di certezza della fede.

Ausilio della fede pertanto può essere solo quell'arte che usa gli stessi principi conoscitivi imitativi, quella che ha dei modelli di riferimento considerati assoluti.
Pertanto l'arte e l'architettura classica e tradizionale sono le uniche idonee alla costruzione di edifici religiosi e al loro decoro; perchè sono fatte di linguaggio e di oggettività condivise che si sposano con il messaggio di verità che la Chiesa deve trasmettere.

I contenuti dei vangeli non devono essere interpretati, sono una cosa certa, fatti di verità consolidate dalla storia della Chiesa; astrazioni/evocazioni/interpretazioni/citazioni che sono i caposaldi dell'arte moderna in genere non possono appartenere alla Chiesa come istituzione quanto meno alla chiesa come edifico che deve ospitare la certezza/verità/sicurezza della presenza di Dio nel tabernacolo.

Purtroppo la visione della cultura contemporanea pensa all'arte in termini di originalità, creatività, espressività, di autonomia da modelli precostituiti o condivisi, di capacità di sintetizzare in forme sempre diverse e irripetibili il proprio contenuto. Il progetto artistico è concepito come ordine razionale del futuro, strappo dal passato, dimensione provvisoria di un presente che passa, simulazione di un punto di vista; tutto ciò che non rientra in questi schemi e che è progettato con spirito imitativo è visto con diffidenza, ostilità, conformismo, contro la visione di autonomia espressiva e dell'originalità dell'artista.

In realtà l'arte è sempre generata dalla situazione epocale in cui sorge, rispecchia il proprio tempo, esprime l'intimo dell'artista e le condizioni storiche in cui lavora con unicità individuale, ma questo può e deve accadere anche all'interno del processo creativo che adotta la teoria dell'imitazione classica o di un modello tradizionale-regionale.

Il presupposto è che l'arte sia imitazione di un modello, classico, e che la permanenza di quel modello sia un valore da salvaguardare rispetto ai cambiamenti della storia.

L'imitazione di un modello è il tentativo di raggiungere qualcosa di irraggiugibile meta ideale nella realtà mai mostrato nella sua perfezione; lo scarto tra ciò che si raggiunge e la meta ideale, assicura la varietà e la individualità irripetibile degli interventi reali

Ogni opera d'arte è il tentativo individuale di cogliere nella concretezza l'inafferrabile perfezione del modello.

L'artista è colui che riesce a ricondurre alla propria personale maniera l'indefinita immaterialità del modello.

L'aderenza di questi processi "imitativi" con quelli della fede cattolica, dalla conversione alla ricerca della santità, sono palesi ed evidenti ed hanno accompagnato la storia della civiltà dell'uomo:

L'opera d'arte e la Fede sono imitazione di qualcosa che le precede: natura, regola, modello, storia, stile, ideale da una parte, Bibbia, vangeli atti degli apostoli e vite dei santi dall'altra. Il fare dell'artista è aderente a qualcosa di già dato, che precede l'atto ideativo così come la Fede non si inventa ma si aderisce ad una religione che è già definita.

Il modello (reale o ideale) è il riferimento sia per l'artista che per il fruitore su un piano di giudizio condiviso così come la santità va vissuta in terra tra la gente comune che la riconoscerà tale.

La dottrina mimetica non limita la libertà dell'artista (in atteggiamento di ascolto) ma ne indirizza e ne fonda la legittimità così come ogni santo ha saputo costruire una propria santità sempre nuova diversa e aggiornata all'interno della dottrina della Chiesa.

Quali sono allora i principi fondativi per una progettazione artistica coerente con la fede cattolica?

Riprendere i sistemi di creatività, già usati da sempre nella storia nella dottrina dell'imitazione; orientare l'occhio sui paradigmi compositivi degli elementi di permanenza storica o culturale; ricercare i migliori successi ottenuti in quel luogo da quella disciplina che faccia da modello. Fare sintassi compositiva di queste invarianti formali che danno identità per compiere una ripetizione ricercata e sempre riaffermata di un modello "trasportabile"( ma non seriale o standard), iscritto in una decisione precedente e irrevocabile che orienta.

1 commento:

  1. Non sono del tutto d'accordo: la giusta riprovazione sulle scellerate devianze architettoniche e artistiche della cultura contemporanea non deve necessariamente comportare l'adesione passatista, anacronistica e sostanzialmente falsa ad un linguaggio formale legato ad epoche non più riproducibili.

    basta osservare la storia dell'architettura e dell'arte dalla tarda romanità fino al barocco, per osservare la grandissima varietà di linguaggi pur nell'invarianza di alcuni canoni allo stesso tempo artistici e liturgici.

    "vuotando la vasca non buttiamo via anche il bambino!" dicono gli inglesi ed è un proverbio di saggezza universale, contro ogni passatismo e ogni trasgressione ad oltranza.

    Pertanto, fermo restando la validità dei "canoni classici", la loro esplicitazione concreta può anche avvalersi degli stilemi dei linguaggi moderni di maggiore analogia ad essi: penso ad es. ad alcune interpretazioni del minimalismo non freddamente concettuali, così come certe espressioni non deliranti dell'architettura organica.

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