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domenica 1 novembre 2009

Joseph Ratzinger/ Benedetto XVI, “Davanti al protagonista. Alle radici della liturgia”



di Roberto De Mattei.


L’impulso dato alla liturgia romana dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI non si esprime solo nel numero crescente di messe tradizionali celebrate in ogni parte del mondo, ma anche nella inaspettata fioritura di scritti e articoli che di quel rito motivano e diffondono le ragioni.Tra i testi apparsi nelle ultime settimane, il primo da ricordare è il volume di Joseph Ratzinger/ Benedetto XVI, “Davanti al protagonista. Alle radici della liturgia”, pubblicato da Davide Cantagalli, una raccolta di contributi apparsi tra il 1977 e il 2005, che ci permette di avere un quadro unitario del pensiero del Papa in tema di liturgia.Alcuni testi sono tratti da opere note, come l’Introduzione allo spirito della liturgia (2001), ma altri preziosi perché di difficile reperimento, come la prefazione all’edizione francese del libro di mons. Klaus Gamber, “La Réforme liturgique en question (1992)”, e la conferenza presso l’abbazia di Fontgombault nel corso del convegno sulla liturgia che si tenne dal 22 al 24 luglio 2001.Quest’ultimo convegno internazionale, a cui il cardinale Ratzinger partecipò per tre giorni, aprendo e chiudendo i lavori, costituisce un passaggio chiave della “svolta liturgica” degli ultimi anni. Un attivo e colto parroco romano, don Roberto de Odorico, ha annunciato come imminente la pubblicazione integrale degli atti dell’incontro, già apparsi in lingua inglese e francese, con il titolo “La Questione liturgica”.Altre iniziative vanno segnalate.La prima è la stampa degli atti del convegno, tenutosi a Roma, dal 16 al 18 settembre 2008, su il Motu Proprio Summorum Pontificum, “Una ricchezza spirituale per tutta la chiesa” a cura del padre domenicano Vincenzo M. Nuara. Il volume, che vede la partecipazione di relatori come Nicola Bux, Manfred Hauke, Michael Lang, Camille Perl, Massimiliano Zangheratti, è aperto da una lettera di mons. Guido Pozzo, segretario della Pontificia commissione “Ecclesia Dei” e da una presentazione di padre Giovanni Cavalcoli, anch’egli teologo domenicano. Alla casa editrice che lo stampa, Fede e Cultura, si deve, in questi stessi giorni, la pubblicazione del volume “Liturgia fonte di vita” di don Mauro Gagliardi, con prefazione dell’arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero. In occasione del primo anniversario del Motu proprio pontificio, le suore francescane dell’Immacolata, di Città di Castello, ristamparono da parte loro il volumetto “La Santa messa” di dom Prosper Guéranger, l’abate di Solesmes che restaurò il Rito romano nel XIX secolo. Oggi, le stesse benemerite claustrali francescane propongono un altro libricino sullo stesso tema: “Questa è la Messa”, di Henri Daniel Rops il celebre storico e accademico di Francia. Il testo è stato tradotto, e in alcuni punti rimaneggiato, dall’edizione in lingua inglese, che apparve negli Stati Uniti, nel 1958, con una ampia prefazione dell’arcivescovo Fulton Sheen.L’opera appare tanto più significativa in quanto Daniel Rops – il cui nome è stato recentemente ricordato anche da Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazaret – non può essere ascritto al movimento tradizionalista o “ultramontano” francese. Scrittore cattolico di largo successo, di posizioni politiche e religiose “moderate”, egli dà voce in questa operetta fatta di riflessioni teologiche e di elevazioni spirituali, a quello che, fino alla riforma liturgica del 1969 era l’“unum sentire” della chiesa cattolica. Questo antico “unum sentire” sembra riaffiorare e prender corpo in un movimento che non è solo liturgico, ma anche teologico, per la stretta relazione che unisce fede e liturgia, secondo l’antica massima lex orandi, lex credendi. A Fontgombault il cardinale Ratzinger toccò questo tema, sottolineando come l’idea teologica del sacrificio stesse divenendo estranea alla moderna liturgia, omologandola al Credo luterano. Per Lutero, infatti, parlare di sacrificio era “il più grande e più spaventoso abominio” nonché una “maledetta empietà”. Ma oggi, secondo il cardinale, una parte non trascurabile di liturgisti sembra praticamente giunta al risultato di dare sostanzialmente ragione a Lutero contro il Concilio di Trento.“Il nuovo illuminismo oltrepassa però di gran lunga Lutero (…). Ritorniamo al nostro quesito fondamentale: è giusto qualificare l’eucarestia come divin sacrificio o è questa una maledetta empietà? (…) La scrittura e la tradizione formano un tutto inseparabile, ed è questo che Lutero (…) non ha potuto vedere”. Tutti i volumi che abbiamo citato ripropongono la medesima verità: il sacrificio della Messa non è un memoriale, o una semplice oblazione, come volevano i protestanti, ma un vero sacrificio, offerto da Cristo, sacerdote e vittima. Oggi si sente spesso parlare dell’eucaristia come “banchetto” o “cena”. Il rito romano antico non permette equivoci di sorta. Nulla meglio di esso esprime ciò che la messa è nella sua essenza: santo sacrificio. Il sacerdote che celebra la messa secondo il rito tradizionale non può ingannarsi a questo proposito. Nella liturgia romana si esprime, senza errori, la fede della chiesa cattolica sul sacramento dell’eucaristia.Il nuovo movimento liturgico di cui Benedetto XVI ha più volte auspicato la nascita non è solo il ritrovamento della dimensione estetica della liturgia, sfigurata da chitarre e battimani nelle cerimonie ecclesiastiche.Se la liturgia esprime la fede come il linguaggio esprime il pensiero, la rinascita liturgica non può che accompagnarsi a una rinascita dottrinale. Il rito antico si ripropone oggi in tutta la sua forza che deriva dal suo impianto teologico, dalla sua sacralità e dalla sua sobria bellezza. In questo senso la ricchezza della liturgia latino-gregoriana è realmente la vera speranza della chiesa.Il secondo convegno promosso da padre Vincenzo Nuara per celebrare il Motu Proprio Summorum Pontificum si aprirà a Roma il 17 ottobre presso l’Istituto del Buon Pastore e si preannuncia come un’importante tappa di questo movimento di rinascita ecclesiale.




© Copyright Il Foglio, 27 ottobre 2009. Tramite Raffaella di Papa Ratzinger Blog che, come sempre, ringraziamo.

38 commenti:

  1. Riguardo al valore sacrificale dell'Eucaristia è bene ricordare una volta di più, repetita iuvant, che il Concilio di Trento anche in risposta a dottrine protestanti l'ha espresso come "representatio" attuale dell'unico Sacrificio in Croce di Cristo che ci salva dal peccato.
    La teologia post-tridentina ha poi sviluppato il concetto forse un po' equivoco di "renovatio" dell'unico Sacrificio, da intendersi correttamente non come ripetizione, ma attualizzazione della Sua originale novità salvifica nel Suo ripresentarsi.

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  2. Ennesimo litigio con il mio parroco:
    - pretende di sapere come esattamente Gesù celebrò la sua cena con gli Apostoli ;

    - che con Benedetto XVi stiamo andando indietro invece che avanti;

    *che è giusto che i bambini facciano la farfallina durante l'Alleluja e i girotondi per il Padre nostro;

    - che gli adulti non abbiamo abbastanza fegato per protestare per quello che sta succedendo;

    - che il concetto di cena e banchetto è più importante di quello di sacrificio;

    insomma..........quanto si rimpiangono gli ani 70

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  3. ANONIMO ha detto:
    quanto si rimpiangono gli ANI 70.

    Insomma una presa per il...

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  4. La "re-praesentatio" tridentina, ch'è ripresa dall'espressione medievale, non può opporsi all' "attualizzazione" cara a O. Casel, che con quest'ultimo termine intendeva proprio rendere di nuovo presente il Sacrificio di Cristo. E come? Con una ripresentazione del ricordo, con lo zikaron ebraico? Evidentemente no: perché questo ricordo per quanto vivo, consisteva nella memoria degli avvenimenti passati che il padre riproponeva alla famiglia riunita per la pasqua come monito e speranza nell'aiuto divino, ma non li "rinnovava".
    E invece attualizzare significa proprio rinnovare, ripetere, attraverso il rito il Sacrificio di Cristo: rinnovare, ripetere, non nell'oggettività storica quell'evento tragico e immenso, cosa impossibile, ma nella realtà misterica del fatto sacramentale.
    Mons. Brunero Gherardini, che scrisse un articolo per il mio bollettino Una Voce Dicentes Gannaio-Maggio 2004, proprio sull'argomento, parla dell'attualizzazione come di un'espressione inflazionata e che, senza il retroterra culturale di O. Casel, può esser pericolosa.
    Nessun equivoco nell'affermare che la Messa è il rinnovamento, la ripeticione (sacramentale) del Sacrificio della Croce, come l'Ultima Cena ne fu il rito anticipatorio, reale sacrificio anch'essa.
    Potrei citare pagine e pagine di affermazioni dei pontefici, dei più grandi teologi che confermano con la loro autorità magisteriale e speculativa, sull'insostituibile completezza e chiarezza del termine rinnovamento o rinnovazione e ripetizione, nell'accezione sopra illustrata.

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  5. No, no, no.
    Il termine "renovatio" non può essere usato con tale leggerezza e soprattutto intenderlo come ripetizione è quanto di più lontano dalla teologia espressa nel Concilio di Trento.
    L'Eucaristia non è una ripetizione, ma un farsi presente di quell'unico Sacrificio nella Presenza Reale di Cristo con la Sua Passione, la Sua Morte e la Sua Risurrezione, passato e futuro dell'Umanità nel presente del Sacramento. E' questo che differenzia l'Eucaristia da un semplice memoriale: non sei di fronte soltanto a un passato che ti viene ripresentato, ma sei di fronte anche al TUO futuro; siamo risorti perché siamo in Cristo Risorto e nella Presenza Reale ci troviamo di fronte anche alla nostra stessa risurrezione oltre i limiti del tempo e dello spazio, anche la storia si china di fronte all'eternità.
    Non esiste altro modo di intendere "renovatio" se non come attualizzazione della novità dell'unico Sacrificio. Intenderlo in qualsiasi altro modo significa dare ragione a Lutero. Poi se proprio si vuole si può fare un discorso mistico su questo, ma l'esposizione sistematica della dottrina deve essere chiara nel modo più assoluto.

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  6. Beh, tutti i Papi han parlato di rinnovamento del sacrificio della Croce: tutti superficiali. E tutti superficiali i grandi teologi.
    E' il frutto dell'uso, senza retroterra adeguato, della teologia di Casel.

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  7. Vorrei fare una domanda a F. Burighel, che ha studiato teologia.
    Ho sentito che il mio parroco (come tutti i celebranti, penso) dice, mi pare nelle preghiere di Offertorio:
    "...facciamo memoria del Signore risorto...".
    Mi può spiegare, in termini accessibili ai non-dotti, se in questo consiste la sostanza della Messa "rinnovata" grazie alla revisione del Messale fatta dopo il Concilio? è questo, dunque, il significato di "memoriale"?
    Sono un fedele di medio-bassa cultura, vorrei capire qualcosa di tutti gli aggiornamenti che ci hanno imposto in 40 anni, ma sono sempre più disorientato e confuso!
    (...e meno male che continuano a dirci che la Messa tradotta nelle lingue attuali doveva far capire meglio il suo senso profondo anche agli illetterati...)

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  8. Cercare di razionalizzare i misteri è un'operazione rischiosa: elucubrando oltre certi limiti ci si mette su un piano inclinato che può portare chissà dove. Si citava il Concilio di Trento, che è molto chiaro sul sacrificio della messa: "Una enim eademque est hostia, idem nunc offerens [cioè Cristo] sacerdotum minisiterio, qui seipsum in cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa [cioè incruenta]". E ancora: "Sacrificium quo cruentum illud semel in cruce peragendum repraesentaretur...". Dove "repraesentare" significa "rendere presente una seconda volta". Come questo sia possibile è ovviamente un mistero della fede.

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  9. “ (I parroci) insegneranno anzitutto che Cristo ha istituito l’Eucaristia per due ragioni: primo, per offrire all’anima un alimento celeste, che ne conservasse la vita spirituale; secondo, affinché la Chiesa avesse un sacrificio perpetuo capace di soddisfare per i nostri peccati, e di piegare dall’ira alla misericordia, dalla severità di un giusto castigo alla clemenza il Padre celeste, spesso offeso gravemente dalle nostre iniquità. Una figura di ciò la troviamo nell’agnello pasquale, che gli Ebrei immolavano e mangiavano come sacrificio e come sacramento. Né poteva il Redentore, prima di offrire se stesso a Dio Padre sull’altare della Croce, darci più chiaro pegno del suo immenso amore verso di noi che lasciandoci questo sacrificio visibile, mediante il quale noi potessimo rinnovare l’immolazione cruenta, che egli era per consumare l’indomani, una volta per sempre sopra la croce e, in tal modo, la sua memoria venisse ogni giorno celebrata dalla Chiesa su tutta la terra con grandissimo frutto, fino alla fine del mondo” (Catechismo Tridentino, ed. Cantagalli, Siena 1981, p.289).

    “Con il Sacrificio della Messa, il supremo Sacrificio del Calvario viene rinnovato in modo ammirabile. Il sacrificio della Messa è vera e ammirabile rinnovazione della morte di Lui” (Leone XIII, Mirae caritatis).

    “L’Eucaristia non è solo un Sacramento grandissimo ma è anche il Sacrificio della Nuova Legge -quello stesso Sacrificio che Gesù Cristo offerse sull’altare della Croce in modo cruento - Sacrificio che, senza interruzione, si offre in tutto il mondo in modo incruento” (S. Pio X, in I. FELICI, Il Papa dell’Eucaristia, Torino 1954).

    “… tutto il valore espiatorio (della S. Messa) dipende dall’unico cruento Sacrificio di Cristo che in forma incruenta si rinnova senza interruzione sui nostri altari” (Pio XI, Miserentissimus Redemptor).

    “La Messa è vera rinnovazione del sacrificio della croce. Essa è vero sacrificio della vittima divina, non semplice figura. Ha quindi un’azione realmente efficace per riconciliare l’umanità peccatrice con la divina maestà offesa dal peccato. (…) Nel sacrificio eucaristico s’immola la vittima immacolata che toglie i peccati del mondo. Ciò esige dal sacerdote una vita santa e intemerata, che lo renda il meno indegno possibile di Dio, al quale ogni giorno offre come vittima adorabile il Verbo divino, incarnato per nostro amore” (Pio XI, Ad Catholici Sacerdotii, § 10, 23).

    “(La S. Messa è) l’unico ed altissimo sacrificio del Sommo ed Eterno Sacerdote, Cristo Signore, quel sacrificio che il Divin Redentore in maniera cruenta offrì sulla Croce e senza spargimento di sangue anticipò nell’ultima Cena e volle incessantemente ripetuto, comandando ai suoi Apostoli: Fate questo in memoria di me” (Pio XII, Discorso “Magnificate Dominum”).

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  10. "Non è possibile accettare il codice Tag is not allowed: PER specificato"

    Pur postando commenti al di sotto dei 3000 caratteri, esce questa scritta, per cui rinuncio a trascrevire passi del magistero recente.

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  11. Grazie infinite all'egr. prof. Pastorelli per la sua chiara esposizione didattica, ad uso di tutti.
    (Ma io dico, i parroci non potrebbero ogni tanto fare una riproposta di queste verità fondamentali di Fede cattolica, nelle catechesi, invece di imbottirci nel neo-verbo conciliare, che non ha chiarito affatto le idee nè approfondito la preparazione dottrinale di alcun fedele, da 40 anni in qua? In realtà ho l'impressione che molti di loro dovrebbero fare prima un bel ripasso di Dottrina tradizionale, non rifondata dal Concilio, se possibile...
    mah, lo Spirito Santo illumini pastori e pecore!)

    Fedele confuso

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  12. Non resterai confuso se sarei fedele alla Sacra Tradizione ed al magistero.
    La confusione la portano coloro che vogliono sostituire al linguaggio chiarissimo della Tradizione quello del pensiero moderno, ambbvalente e pertanto foriero di errori dottrinali.

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  13. “E’ questo il sacrificio 'per mezzo del quale lo stesso Redentore del genere umano IN OGNI LUOGO SI SACRIFICA E SI OFFRE OBLAZIONE PURA (Mal., 1,11) '” (Pio XII, Motu proprio Norunt Profecto).
    “… siamo noi, o sacerdoti… consacrati non ad offrire a Dio svenati agnelli e tori, ma a RINNOVARE l’incruento Sacrificio della Vittima divina, unica ed eterna…” (Pio XII, Discorso Quale spettacolo).
    “Sull’altare, incruento Calvario, il nostro Redentore… RINNOVA perpetuamente il sacrificio di se stesso a pro del mondo” (Pio XII, Discorso La vostra gradita presenza).
    “Il Divino Redentore, immolandosi continuamente sugli altari, RINNOVA la prova massima del suo amore” (Pio XII, Discorso Benché la sollecitudine”).
    “L’Eucaristia-Sacrificio: il Calvario così dilatato nello spazio da riempire tutta la terra, prolungato nel tempo fino alla fine dei secoli… Nell’Eucaristia, il medesimo Sacrificio (del Calvario), RINNOVATO in modo incruento, ogni giorno, duecento, trecentomila volte in altrettanti punti della terra” (Pio XII, Radiomessaggio Espectaculo Sobremodo Grandioso).
    “Nel Sacrificio Eucaristico, che è RINNOVAZIONE incruenta del Sacrificio della Croce, Cristo offre se stesso al Padre per la sua gloria e la nostra salute” (Pio XII, Esortazione Menti nostrae).
    “… il sacerdote, per quel potere che egli solo ha ricevuto, offre il divino Sacrificio nel quale Gesù stesso RINNOVA l’immolazione unica sul Calvario per la redenzione del mondo e la glorificazione del suo Padre” (Giovanni XXIII, Sacerdotii nostri primordia).

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  14. “Celebrando questa prima Eucaristia in terra brasiliana, ai piedi della croce, desidero professare insieme a voi la verità fondamentale della fede e della vita cristiana, che tutto il santo sacrificio della Messa è una RINNOVAZIONE incruenta del sacrificio offerto sulla Croce da Nostro Signore Gesù Cristo” (Giovanni Paolo II, Brasilia, 30 giugno 1980, Omelia).
    “In un momento come questo, in cui l’assemblea liturgica si stringe intorno all’altare sul quale si RINNOVA il Sacrificio della Croce…” (Giovanni Paolo II, Perugia, 26 ottobre 1986, Omelia allo Stadio “Curi”).
    “Quel Corpo ha veramente patito, ed è stato immolato sulla Croce per l’uomo. Nato dalla Vergine per essere oblazione pura, santa ed immacolata, Cristo compì sull’altare della croce il sacrificio unico e perfetto, che ogni Messa, in modo incruento RINNOVA e rende attuale” (Giovanni Paolo II, Roma, piazza S. Pietro 15 giugno 1983, festività del Corpus Domini).
    “Si comprende la dimensione completa del presbitero a riguardo dell’Eucaristia, se si considera che questo sacramento È ANZITUTTO IL RINNOVAMENTO, sull’altare, del Sacrificio della Croce, momento centrale dell’opera della Redenzione…. Nel RINNOVARE sacramentalmente il Sacrificio della Croce, il Presbitero riapre quella fonte di salvezza (l’oblazione di Gesù al Padre) nella Chiesa e nel mondo” (Giovanni Paolo II, Il culto eucaristico principale missione dei presbiteri, Catechesi di Giovani Paolo II, dal sito internet www presbiteros. com).
    “l’Eucaristia viene spesso intesa semplicemente come un atto della comunità locale radunata per commemorare la frazione del pane. Sarebbe di più un convito fraterno, nel quale la comunità si ritrova e si esprime, che non la RINNOVAZIONE sacramentale del Sacrificio di Cristo” (Istruzione Sacerdotium Ministeriale del 6 ottobre1983 della Congregazione per la Dottrina della Fede per combattere gli errori delle comunità di base italiane e le tesi di Schillebeekz).
    “La liturgia per alcuni sembra ridursi alla sola eucaristia, vista quasi sotto l’unico aspetto del 'banchetto fraterno'. Ma la Messa non è solamente un pasto tra amici, riuniti per commemorare l’ultima cena del Signore mediante la condivisione del pane. La Messa è il sacrificio comune della Chiesa, nel quale il Signore prega con noi e per noi e a noi si partecipa. E’ la Rinnovazione sacramentale del sacrificio di Cristo… (Card. J. Ratzinger, in VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede, Milano 1985).

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  15. FEDELE CONFUSO, dedico a te queste pagine che non volevan partire: toccherai con mano come i Papi nel loro magistero han sempre voluto usare il linguaggio senza equivoci della Tradizione per esprimere in modo integrale e senza possibilità di false interpretazioni, che le novità linguistiche possono comportare, le verità della Fede.

    Attieniti al certo e lasia eperder le sirene.

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  16. Notizie Diocesi Imola sul CNC

    Cammino chiuso dai catechisti itineranti senza il consenso del Vescovo. Gli irriducibili continuano a trovarsi nella diocesi di Faenza dove il Vescovo è contrario al CN.

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  17. Mi inserisco con timore in questi commenti molto dotti permettendomi un'esemplificazione che uso con i bambini. Per far capire loro cosa accada nella celebazione dell'Eucaristia io spiego che la Messa è come una macchina del tempo che ci riporta a quel 7 aprile del 30 d.C. quando sul Calvario nostro Signore Gesù Cristo fu crocifisso. Non è quindi un'altra crocifissione, nè tantomento il ricordo di ciò che avvenne, ma è come se tutto il tempo trascorso da allora venisse cancellato e noi ci trovassimo accanto alla Madonna e a S. Giovanni sotto la Croce. Da questo faccio derivare anche il rispetto e la compostezza che tutti devono mantenere durante la celebrazione. Spero che questa spiegazione non scandalizzi nessuno, e soprattutto non sia contraria al Magistero così autorevolmente citato dal prof. Pastorelli.

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  18. Esattamente Andria! Il Signore la benedica!!! :-D
    Il mio problema con "renovatio" (che cmq è una elaborazione teologico-pastorale, la definizione dogmatica del Concilio di Trento parla SOLO di "repraesentatio") non è nel termine in sé e/o nell'uso che ne ha autorevolmente fatto il Magistero, che non ho dubbi essere assolutamente corretto.
    La mosca al naso mi è saltata per l'accostamento di tra "renovatio" e "ripetizione". Questo è molto pericoloso e tanto la teologia quanto il Magistero sono stati adamantini nel chiarire questo aspetto.
    Lungi da me fare del terminismo, ma stiamo molto attenti ai termini che usiamo per esprimere la teologia. Meglio dire due parole in più ed essere chiari che semplificare.

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  19. In sé l'interpretazione "della macchina del tempo" (per capirci) mi pare conciliabile con la dottrina tradizionale. Mi pare però anche che contenga un potenziale pericolo: dal concetto che il sacrificio del Golgota è assolutamente unico e irripetibile se le idee non sono più che chiare si potrebbe tralignare nell'idea che la messa sia solo una specie di rappresentazione simbolica di tale sacrificio, come del resto la intendono i protestanti. La dottrina tradizionale cattolica è invece non suscettibile di sviluppi: il sacrificio è presente hic et nunc, sia pure in una forma diversa da quello del Golgota. Non c'è spazio per interpretazioni simboliche. Ma vorrei sentire anche cosa ne pensa Dante Pastorelli.

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  20. Ai bambini si deve parlar chiaramente, nei limiti della loro possibilità di comprensione. Non si può dire che noi torniamo indietro nel tempo e assistiamo alla morte di Cristo, perché non siamo noi che torniamo indietro, ma è Cristo che torna in continuazione tra noi nel sacramento del suo Sacrificio ch'Egli, tramite il sacerdote, offre al Padre. La spiegazione di Andria, certo volenterosa, è però, come già notato, anche pericolosa. Si scade nello Zikaron ebraico, cioè nel ricordo che riporta gl'israeliti alla storia e alla sofferenza della schiavitù e della salvezza che restano ricordo, memoria venerata, ammonimento e preghiera, ma non rinnovamento e presenza reale nel sacramento.

    PER IACOPO E BURIGHEL.

    Il Catechismo di Trento interpreta, come han fatto i papi e tutti i grandi teologi, il vero significato di repraesentatio, che, fra l'altro, alcuni interpretano anche come ripresentare (presentare di nuovo) a Dio l'offerta del Figlio: invece nell'accezione più comune è un render presente sacramentalmente l'evento storico.
    E render presente in cosa confligge col rinnovare sacramentalmente? E con ripetere?
    Il Sacrificio della Croce è unico: unica la vittima e unico il sacerdote. Ma si rinnova e si ripete il "segno" cioè il sacramento, attraverso la ripetizione del rito dell'ultima cena che il Sacrificio sacramentalmente anticipava.

    Quindi non si moltiplica il sacrificio storico, si moltiplica il "segno", il sacramento attraverso la moltiplicazione del rito che quel segno realizza. Non si può scindere rito da sacramento.
    La Messa pertanto è il rito che ripropone, rinnova, ripete in modo misterico non la semplice memoria, ma il sacramento della morte redentrice.

    IRRIPETBILE. Certo il sacrificio storico non si ripete nel senso che non si replica.
    Stianmo attenti però all'esatta interpretazione di irripetibile.
    Repeto in latino significa chiedere indietro, revocare. Il vero significato di sacrificio irripetibile è pertanto la sua irrevocabilità, dato che Cristo ordinò agli Apostoli di perpetuarlo.

    ATTUALIZZAZIONE. E' un termine che può anche indurre ad errore, ma è esatto se ben compreso.
    Vogliamo esser pignoli? Bene: che senso ha attualizzarlo se il sacrificio di Cristo è sempre attuale nel suo valore metastorico?
    E' chiaro che attualizzare significa rendere presente, rinnovare nel momento in cui si pone in essere il sacramento attraverso il rito.

    Se poi volete, posso anche mettervi a disposizione qualche paginata di citazioni di eccellenti teologi, di cui uno, Ratzinger, ho già trattato.

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  21. Io penso che la spiegazione "macchina del tempo" sia molto buona, soprattutto nel punto in cui dice: "Non è quindi un'altra crocifissione, nè tantomento il ricordo di ciò che avvenne, ma è come se tutto il tempo trascorso da allora venisse cancellato e noi ci trovassimo accanto alla Madonna e a S. Giovanni sotto la Croce."
    Qui afferma chiaramente che il Sacrificio della Croce è unico, la Messa non è solo una rappresentazione simbolica e nell'Eucaristia sia di fronte a quell'unico Sacrificio e non un altro. :)

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  22. Mi dispiace Sig. Pastorelli, ma non ci siamo affatto. Continua ad usare il concetto di ripetizione e questo è molto grave.

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  23. Molto grave per te, non per Papi e teologi, a cui più che a te io devo riguardo (dottrinale). E' evidente che non hai capito che ripetere il segno (= sacramento) tramite il rito non è ripetere l'evento storico.
    E questo sì, è davvero enorme.

    Chissà qunto ha sbagliaoto Pio XII nel passo già riportato e che ritrascrivo:

    (La S. Messa è) l’unico ed altissimo sacrificio del Sommo ed Eterno Sacerdote, Cristo Signore, quel sacrificio che il Divin Redentore in maniera cruenta offrì sulla Croce e senza spargimento di sangue anticipò nell’ultima Cena e VOLLE INCENSSANTEMENTE RIPETUTO, comandando ai suoi Apostoli: Fate questo in memoria di me” (Pio XII, Discorso “Magnificate Dominum”).
    Ma Pio XII, si sa, aveva scarsa dimestichezza con la teologia della S. Messa. Per questo non lo beatificano.

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  24. MONS. BRUNERO GHERARDINI, già decano della Lateranense:

    6 – La Santa Messa è sacrificio non perché ed in quanto è zikaron (memoria) del Sacrificio di Cristo, ma perché è memoria sacramentale di esso, sua riproposta nella realtà misterica del rito. In altre parole, è il rito che ripete e rinnova il Sacrificio di Cristo.

    (Da UNA VOCE DICENTES, Anno III, N. 1, 2004)

    Che incompetente!

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  25. Lei Sig. Pastorelli fa una lettura estremamente personale delle parole dei Papi.

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  26. Io riporto quello che hanno scritto, loro e i teologi, compreso il catechismo tridentino. Quello che sempre è stato insegnato.
    C'è chi parla senza averli letti, i papi e i teologi, e il catechismo, e segue le novità del linguaggio senza saper porlo nel contesto cui si riferisce.

    Scrive Pio XII nella Mediator Dei: "Il punto culminante e come il centro della religione cristiana è il mistero della Santissima Eucaristia, che Cristo, Sacerdote Sovrano, ha istituito un tempo e vuole vedere perpetuamente rinnovato nella Chiesa dai suoi ministri".

    La Messa come perpetuazione, reiterazione, rinnovamento sacramentale del Sacrificio di Cristo, attraverso la reiterazione ininterrotta del rito istituito nell'ultima Cena, è ben trattato in "La Messa" del Card. Ch. Journet, Ares, Roma 1958, che si avvale, soprattutto nelle note d'una vasta tradizione di teologi.
    E' un'opera molto profonda e complessa.
    Notevole anche, oltre alle grandiopere del Piolanti, L'Eucaristia del De Baciocchi, Desclée, Roma 1968.

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  27. La mia impressione è che Lei faccia un po' troppo un "minestrone" di fonti dal contesto e il valore diverso. Lo scritto di un teologo, fosse pure un Santo e un atto del Magistero hanno un valore diverso, così come nello stesso Magistero non tutti gli atti hanno il medesimo valore. Per dire, un discorso, un'omelia e un'enciclica non sono ovviamente la stessa cosa e se nei primi ci si po' prendere il lusso di accenni mistici per arrivare al cuore delle persone, in una enciclica ciò è assai più raro.
    Inoltre, non devo certo essere io a farLe notare che tutti gli atti del Magistero da Lei citati a valore normativo e formativo della Fede parlano di "rinnovazione", mentre solo il discorso di Pio XII parla di "ripetizione" e comunque non certo in modo maldestro, ma ben articolato.
    Amare la Tradizione della Chiesa significa rispettarla anche incasellando ogni cosa al posto che le è più appropriato ed esporla coi modi e i termini più consoni in ogni situazione.

    A margine, mi permetta di ricordarLe che i Santi non sono proclamati tali dalla Chiesa per il loro valore di teologi, ma per la Grazia Divina che si è riconosciuto nella loro vita.
    Fosse solo per la teologia espressa mi vengono in mente diversi Santi teologi ben noti che dovrebbero essere cancellati a posteriori, come Sant'Anselmo d'Aosta per la sua erronea dottrina sulla processione dello Spirito Santo o San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura da Bagnoreggio che rifiutavano con forza e pure con una certa insolenza la dottrina dell'Immacolata Concezione. In tutti questi casi le loro dottrine sono state sconfessate da definizioni con conciliari o ex cathedra successive.
    Grazie a Dio non siamo ancora così schizofrenici da prendercela con le opinioni di chi non poteva vedere secoli nel futuro.

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  28. BRIGHEL

    Forse sarebbe bene che imparassi a leggere ed anche a studiare.
    Non ho parlato dei santi e delle condizioni per la loro beatificazione, quindi il tuo sproloquio è privo di giustificazione. E' la volontà di tirar il can per l'aia.

    Quanto alla rinnovazione ed alla reiterazione del sacrificio della Croce, mi sembra d'essere stato abbastanza chiaro, ma non c'è sordo di chi non vuol sentire.
    Non ho mai affermato che si ripete l'evento storico della Croce, ma il "segno", il Sacrificio di Cristo nella sua forma sacramentale, "in signo" appunto, quale fu, in anticipo, l'Ultima Cena.
    Ho anche spiegato cosa significhi "repraesentatio", che non è una rappresentazxione teatrale.
    E così che non può esserci "attualizzazione" e "render presente" se non si rinnova e ripete con la reiterazione del "rito-sacramento".
    La Messa in questo senso non moltiplica l'evento storico, che è uno per sempre, ma il rito-sacramento che è lo stesso unico sacrificio della Croce in forma diversa, con la stessa vittima e lo stesso sacerdote.

    Quanto al diverso valore dei documenti pontifici scopri l'acqua calda. Ma i Papi che ripetono in encicliche, discorsi ufficiali, come quelli di Pio XII in occasione, ad es., di Congressi eucaristici ecc. ribadiscono una verità sempre creduta. E qui è il loro valore di magistero infallibile. Le definizioni magisteriali precedenti vengono esplicitate dai Papi successivi.
    Le conclusioni teologiche pressoché univoche son norma prossima della verità. E su di esse i pontefici si basano per il loro magistero.

    Qualche libro di sana teologia no, eh?

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  29. Questo l'ha scritto lei:

    "Ma Pio XII, si sa, aveva scarsa dimestichezza con la teologia della S. Messa. Per questo non lo beatificano."

    Da questa sua scarsa ironia se ne deduce che Lei ritiene la preparazione teologica di Pio XII tra le motivazioni della causa di beatificazione in corso. Ed è un concetto erroneo.
    Se Lei non ricorda neppure quel che scrive come può pretendere di aver ragione?

    Per quanto riguarda la "ripetizione", Lei ora sta tergiversando e riscrivendo con altre parole quello che aveva già detto in precedenza.
    La cosa singolare è che ora sta contestualizzando i termini proprio nel senso del mio rimprovero e da questo deduco che si sta correggendo.

    Lei ha sicuramente una vasta cultura teologica, ma la espone in modo sparso e approssimativo. Prima di consigliare ad altri di leggere testi di teologia inizi a fare qualche citazione in meno e usare meglio quel che fa e i termini che adotta.

    Magari, se le riesce, provi a dimostrare un po' meno superbia. È ancora peccato mortale, sa?

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  30. Una battuta non è un'affermazione né una articolata argomentazioene teologica. E comunque le beatificazioni non possono certo non tener conto della retta o errata dottrina predicata dai beatificandi.

    Io non correggo niente di quello che ho scritto: cerco semplicemente di chiarire meglio che posso con altre parole le mie affermazioni a chi non ha dimestichezza con certi argomenti.
    Per questi motivi non mi sono addentrato nel linguaggio della "significazione" proprio di tanti grandi teologi, come Piolanti, Zoffoli ecc. o delle varie teologie su immolazione e oblazione
    (Billot e seguaci, Vonier, De Taille, Anichini ecc.)

    Il concetto, che a seguito di tue osservazioni superficiali, per niente esplicate né supportate da ragionamenti teologici e da citazioni idonee, ho dovuto approfondire,
    resta sempre quello: la Messa rinnova in modo sacramentale il Sacrificio della Croce. In una col Magistero.
    Ti manca di dar lezione ai Papi da me citati.

    La superbia appartiene a chi vuol dottoreggiar su temi estranei alla sua cultura.

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  31. In ogni caso, anche se resto convinto delle mie argomentazioni, voglio porgerLe le mie scuse se posso esserLe sembrato aggressivo.
    L'uso adeguato dei termini nei giusti contesti è un mio chiodo fisso e qualche volta nella foga della discussione divento più realista del re, o se mi concede la parafrasi, più papista del Papa.
    Soprattutto ho dimenticato con Lei che un blog è forse il peggiore dei luoghi dove discutere, mancando quella componente empatica che aiuta a comprendere le rispettive sfumature.

    Quale ramoscello d'ulivo, avendo letto altrove su questo blog che Lei frequenta Jesolo durate le ferie e abitando io da quelle parti, vorrei invitarla per un caffè alla prima occasione utile onde riprendere in tal sede il discorso e chiarire le nostre incomprensioni metodologiche di persona.
    Magari anche pregando assieme, perché no?

    Se accetta la mia proposta, assolutamente decente (di questi tempi è ormai una rarità), me lo faccia sapere qui e le darò un mio contatto email.

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  32. E infatti proprio per cercar d'esser preciso nella terminologia ho dato ulteriori spiegazioni sul linguaggio da me usato, che avrei anche potuto non fornire, non per superbia, ma perché il significato del mio primo commento è chiarissimo e basato sul Magistero.

    Di poco chiaro, anzi ambiguo e foriero di interpretazioni erronee del Sacrifico della Messa, e per questo non lo amo e lo utilizzo poco, è ATTUALIZZAZIONE, di cui tutti si servono, oggi, ma nessuno spiega in cosa consista.
    Può essere un termine esatto, se significa che si rende attuale, presente il sacrificio della Croce, attraverso il sacramento che si realizza sull'altare. Il che significa che il sacrificio della Croce si rinnova, si ripete nel rito-sacramento.
    Senza questo più pregnante significato Attualizazione resta nel valore evocativo di zikaron, ricordo, memoria: attuale nella memoria. Il che porta alla negazione della realtà del acrificio dell'altare e, quindi, della transustanziazione.
    Insomma si corre il pericolo di proporre una presenza di Cristo puramente "pnmeumaitica" come oggi si dice, al modo in cui Chopin è presente mentre assistiamo ad un concerto di sue opere.

    Chi ha paura di utilizzare il termine ripetizione pensa che si possa cader nell'errore di creder che in ogni messa Cristo torna a sacrificarsi fisicamente e a versare sangue. Ma quando si palrla di ripetizione sacramentale-rituale il pericolo non esiste più.
    Non c'è il pericolo che si affermi che ogni giorno Cristo è fisicamente crocifisso sull'altare:
    perché Cristo opera attraverso il sacerdote che resta vivo ed è presente nel pane e nel vino, ma veramente, realmente, sostanzialmente ed essenzialmente.
    Il Sacrificio redentivo del Golgota è unico. La Messa è il sacramento che Cristo ci ha lasciato nell'ultima cena in cui l'ha istituito .
    Moltiplicando il sacramento-rito non si moltiplica l'unico sacrificio: un solo Sacrificio fisico, milioni di sacrifici sacramentali.
    Ma il sacrificio sacramentale è lo stesso sacrificio della croce: stesso sacerdote, stessa vittima, perché è Cristo che si offre attraverso il ministro. Ma sulla croce Cristo umanamente era "passibile", nella Messa no, perché ormai è glorificato dopo la resurrezione.
    Ancora, v'è una differenza nell'efficacia: sul Golgota l'immolazione è redentiva; nella Messa si applicano i frutti di quella redenzione.
    Insomma differenze nell'immolazione che sulla Croce è cruenta; nell'efficacia; differenza numerica.

    Non si può pretendere che in blog, per rispondere ad un commentatore si svolga un trattato organico. Le risposte nascono dalle osservazioni, per cui necessariamente risultano slegate almeno all'apparenza, non nella sostanza.

    Non ho alcun motivo di rancore né niente da rimproverare, a parte l'animosità che può anch'esser positiva.
    Ringrazio dell'invito: ma ci si può eventuialmente vedere altrove, non a Jesolo: un'esperienza m'è bastata. Non vi metterò più piede. E no per i luoghi che son molto belli.

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  33. Lei scrive:

    "Di poco chiaro, anzi ambiguo e foriero di interpretazioni erronee del Sacrifico della Messa, e per questo non lo amo e lo utilizzo poco, è ATTUALIZZAZIONE, di cui tutti si servono, oggi, ma nessuno spiega in cosa consista.
    Può essere un termine esatto, se significa che si rende attuale, presente il sacrificio della Croce, attraverso il sacramento che si realizza sull'altare. Il che significa che il sacrificio della Croce si rinnova, si ripete nel rito-sacramento.
    Senza questo più pregnante significato Attualizazione resta nel valore evocativo di zikaron, ricordo, memoria: attuale nella memoria. Il che porta alla negazione della realtà del acrificio dell'altare e, quindi, della transustanziazione.
    Insomma si corre il pericolo di proporre una presenza di Cristo puramente "pnmeumaitica" come oggi si dice, al modo in cui Chopin è presente mentre assistiamo ad un concerto di sue opere."

    Premesso che non ho mai visto alcun teologo, neanche il più progressista da me incontrato, esporre diversamente il significato di ATTUALIZZAZIONE. Anzi, tutti sono stati molto attenti a distinguerlo da MEMORIALE.
    La differenza tra i due è semplice: il memoriale si ferma alla semplice memoria, al ricordo dell'evento e al suo significato morale e intellettuale che passa e se ne va; attualizzazione invece riguarda l'attualità, il presente, ovvero il presente del Sacrificio sulla Croce che si ripresenta nel rito-sacramento e che resta realmente presente nel Corpo e nel Sangue di Cristo.

    Per quanto riguarda il rischio di un uso ambiguo del termine, anche RINNOVAZIONE non ne sarebbe completamente esente, per esempio. Voglio dire, qualcuno potrebbe sempre considerare che la "novità" del Sacrificio sulla Croce ripresenti il suo valore solo a livello simbolico. E mi creda se le dico che un mio caro amico protestante non si esprime affatto in un modo poi molto diverso da questo.
    Purtroppo, comunque la si giri tutti i termini che possiamo trovare sono per sé stessi inadeguati per esprimere pienamente il Mistero dell'Eucaristia. Per poter usare un qualsiasi termine non possiamo che fare prima una glossa per chiarire cosa intendiamo dire e come intendiamo dirlo con esso.
    Se rilegge il mio primo post potrà notare come respingessi il termine di ripetizione non a livello di rito-sacramento, ma al livello dell'unico Sacrificio sulla Croce: l'Eucaristia non è un altro sacrificio diverso e distinto dal Sacrificio sulla Croce. E penso converrà che oggi più che mai dobbiamo stare attenti a quello che diciamo, perché oggi chi ci ascolta non si limita semplicemente a non capire, ma quando non capisce pretende di capire quello che vuole e gli fa più comodo.

    In definitiva, così come lei si sente a disagio col termine attualizzazione se non adeguatamente inteso, altrettanto io col termine ripetizione.

    Ah, per quanto riguarda Jesolo, se mi concede di giustificare la zona, se ha avuto problemi con una parrocchia mi permetta di farle presente che nel Lido di Jesolo ci sono tre parrocchie e un'altra a Jesolo Paese.
    A 15 minuti, oltre il ponte sul fiume Sile, c'è il Litorale di Cavallino dove ci sono altre quattro piccole parrocchie. Due di queste sono affidate al mio parroco. Ha le sue idiosincrasie e le parrocchie pure, ma non è niente un cattivo sacerdote. E non si scandalizza per chi si inginocchia per ricevere il Corpo di Cristo.
    Ci faccia un pensierino! ;-)

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  34. Leggo solo ora la dotta esposizione di Burighel. Tuttavia ne sono rimasto non poco confuso (probabilmente per mia ignoranza).

    Secondo me per uscirne bisogna guardare all'Ultima Cena, dove Gesù ha realmente anticipato il suo sacrificio unico sulla croce.
    Egli ha voluto «darci un chiaro pegno del suo immenso amore verso di noi, lasciandoci questo sacrificio visibile, mediante il quale noi potessimo rinnovare l'immolazione cruenta, che egli era per consumare l'indomani, una volta per sempre, sopra la croce e, in tal modo, la sua memoria venisse ogni giorno celebrata dalla Chiesa su tutta la terra con grandissimo frutto, fino alla fine del mondo.» [Catechismo Tridentino,II 235]

    Dunque ogni Messa è un nuovo atto sacrificale in se stessa. Ogni volta che il sacerdote celebra, offre un sacrificio a Dio (sacrificio visibile), ma il contenuto di tal sacrificio è Gesù Cristo stesso che rende presente la sua morte sulla croce, e la offre in modo incruento di nuovo al Padre come la anticipò nell'ultima Cena.

    Che si tratti di una nuova offerta lo si evince dalle preghiere d'offertorio: "Súscipe, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus, hanc immaculátam hóstiam, quam ego indígnus fámulus tuus óffero tibi Deo meo vivo, et vero" e "Súscipe, sancta Trínitas, hanc oblatiónem, quam tibi offérimus ob memóriam passiónis, resurrectiónis, et ascensiónis Iesu Christi Dómini nostri" Il pane e il vino sono doni offerti in quel momento dal sacerdote. Nel canone poi, ancor più chiaramente: "offérimus praecláræ maiestáti tuæ, de tuis donis, ac datis hóstiam puram, hóstiam sanctam, hóstiam immaculátam, Panem sanctum vitæ aetérnæ et cálicem salútis perpétuæ" Mi pare chiaro si offre il Signore Gesù che rinnova il suo sacrificio in modo incruento. Rinnovare non significa che lo duplica, ma che lo rende presente e lo offre di nuovo.

    Spero di essermi espresso chiaramente.

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  35. Don Gianluigi, le mie esposizioni non sono dotte perché altri sono i dotti. Io mi considero e mi considererò sempre uno studente. :-)

    Per il merito della questione, la mia ansia era per l'unico e irripetibile Sacrificio sulla Croce. Sulla distinzione che fa Lei non ho alcun problema, anzi se la memoria non mi inganna (:-P) ancora oggi il sacerdote nella Messa NO dice: "Pregate, fratelli, perché il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio."

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  36. BURIGHEL: A PROPOSITO DELLA MESSA -1

    MEMORIALE

    Non sarei così drastico nel considerare il “memoriale” come puro e semplice ricordo che non rinnova (o non attualizza, se il verbo è rettamente inteso come rinnovamento sacramentale del Sacrificio di Cristo). Certo, nella traduzione in lingua volgare e nella cialtroneria delle moderne celebrazioni, in cui non si parla più di Cristo vivo e presente realmente e sostanzialmente nel pane e nel vino, la Messa si riduce agli occhi dei fedeli ad una semplice rievocazione restando nella mente il termine “memoria” nell’accezione più comune.
    Ma da un punto di vista teologico, nella sana dottrina non è così. Anche nel CCC si insiste sul particolare e più intenso e concreto significato di memoriale (1363 e segg.) che comporta il valore di sacrificio che si ripresenta e attualizza sull’altare: “l’Eucaristia è dunque un sacrificio perché ri-presenta (rende presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto” (1366). “nel nuovo Testamento il memoriale riceve un significato nuovo” rispetto allo zikaron-memoria dell’ AT (1364). E in questi articoli si possono rintracciare i rimandi anche al Vaticano II.
    In tal senso, memoriale è la “commemoratio” nel significato più completo, “non nudam” (concilio di Trento), ma realizzante il nuovo sacrificio sacramentale.
    Questo è il significato dell’anamnesi “haec quotiescumque feceritis, in meam memoriam facietis”.
    In greco suona “eìs tèn emòu anàmnesin”: volti alla mia memoria, cioè memoria di ciò che operò Cristo, coi suoi gesti e le sue parole che dovranno esser ripetute dagli Apostoli e dai loro successori per realizzare la transustanziazione e realizzare la presenza reale.

    Non so a quali autori BURIGHEL si riferisca quando sostiene che essi utilizzano “attualizzazione” in contrapposizione a “memoriale”. E lo chiedo per sapere non per provocazione, in modo da veder d’aggiornarmi con calma. Nel CCC, in cui continuamente si parla di memoriale, “attualizzazione” viene usato alternativamente con “ripresentazione”. Anche in “Ecclesia de Eucaristia!”(12, ad es.) di Giovanni Paolo II.

    IDENTITA’ E DISTINZIONI

    Quanto al Sacrificio unico di Cristo, niente da obbiettare nella sostanza. Ne ho già parlato in altro commento. La Messa è lo stesso sacrificio della Croce, ma offerto in forma diversa, come sottolinea il Concilio di Trento. E allora penso che sia opportuno, a questo punto, aggiunger qualcosa a quanto scritto ieri, senza’alcuna velleità di trattar l’argomento in modo esaustivo, ma semplicemente per dar l’idea di quanto l’argomento possa diventar vasto ed insidioso a voler molto in esso inoltrarsi.
    Grandi teologi della scuola romana, come il Piolanti ed il Parente, ad es., fermi ed alti prosecutori del Tomismo e della dottrina tridentina, anche per reagire ad alcune tesi ardite sull’oblazione e sull’immolazione di teologi pur degni di rispetto, affinano l’identità della Messa con il Sacrificio sottolineandone le differenze. Identità e distinzione ch’essi vedono già nel Tridentino.

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  37. BURIGHEL A PROPOSITO DELLA MESSA -2

    Il De La Taille, autore brillante e profondo, vede nell’ Ultima Cena l’oblazione esterna e liturgica, ma l’immolazione cruenta sulla Croce. La Cena, insomma, è il vero sacrificio in quanto oblazione ordinata all’immolazione successiva: per cui i ha unità numerica tra sacrificio sacramentale e sacrificio cruento. Senza entrare in altri aspetti della debolezza di questa tesi, il Piolanti (L’Eucaristia, ed. Studium, Roma 1952, oltre ai più corposi De Sacramentis, Il mistero Eucaristico) ed il Parente (Teologia del sacerdozio in Gesù Cristo, in un acuto saggio in Enciclopedia del Sacerdozio, LEF, Firenze 1953) ricordano che questa unità nasce dall’unità di due realtà di ordine differente, una sacramentale e l’altra fisica, e cozza contro il Tridentino per cui Croce e Cena sono due sacrifici distinti. Inoltre la Messa non è semplicemente come vuole il De la Taille un’oblazione liturgica e rituale, perché il Concilio di Trento (e il buon senso) richiede l’oblazione e l’immolazione. Certo, chiosa il Parente, l’immolazione nella Messa no è d’ordine fisico. Ma mistica e sacramentale e Cristo si fa presente sull’altare tramite la Transustanziazione.


    E’ questa la dottrina tradizionale fissata definitivamente a Trento interpretando infallibilmente i dati della Rivelazione, sulla scorta della tradizione patristico-teologica.
    Insomma i punti fondamentali del Tridentino chiariti da questi autori, che raccolgono il fior fiore della teologia della S. Messa, sono: 1) Il sacrificio eucaristico è numericamente distinto da quello della Croce; 2) il primo è rappresentazione e commemorazione dell’altro cui è relativo in quanto l’immolazione è avvenuta sulla Croce ma anche assoluto perché, per mezzo di esso Cristo e la Sua Chiesa si offrono di nuovo a Dio come vittima ; 3) il sacrificio eucaristico si attua per via di segni sacramentali, mentre quello della Croce si attuò in re.
    Per meglio esplicare questa distinzione nell’identità trascrivo quel che scrive Pietro Parente in op. cit., p.598:
    “ Il rapporto di identità e distinzione tra l’uno e l’altro sacrificio si può precisare in questi termini:
    1)La Cena e la Croce: identità esenziale perché lo stesso è l’Offerente e la stessa è la Vittima.
    Ma c’è differenza nella forma dell’immolazione, incruenta nella cena, cruenta sulla croce. Altra differenza è nell’efficacia, perché il Sacrificio della Croce è causa produttiva di frutti salutiferi, quello della Cena è un mezzo per applicare quei frutti. L’uno finalmente si distingue dall’altro numericamente e specificamente.
    2)La Messa e la Croce: di nuovo identità essenziale quanto alla Vittima e al Sacerdote principale, che è sempre Cristo operante per mezzo dei suoi ministri: ma sulla croce Cristo era passibile, nella Messa è impassibile, perché già glorificato. La differenza è formale, numerica e specifica come nel caso precedente. Inoltre nella Cena e sulla Croce la Vittima e l’Offerente è Cristo e la Chiesa vi entra solo virtualmente; nella Messa vi entra attualmente.
    3) La Cena e la Messa: Convengono sostanzialmente in tutto: c’è una differenza accidentale riguardo allo stato della Vittima, là passibile, qui impassibile, e riguardo all’immolazione della Croce, che segue la Cena, ma precede la Messa.

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  38. BURIGHEL A PROPOSITO DELLA MESSA -3

    A questa teologia tradizionale della Messa che ha tra i suoi migliori protagonisti, oltre ai due sopraccitati, anche il Garrigou-Lagrange, il Cordovani, il Roschini, il Filograssi, imprime il sigillo Pio XII nella Mediator Dei:
    “Sull’altare non è possibile l’effusione del sangue, ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro redentore, con segni esterni che sono simbolo (per signa externa, quae sunt indices mortis). Poiché per mezzo della transustanziazione del pane nel corpo e del vino nel sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il ricordo (memoriale) della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti (per distinctos indices) si significa e dimostra che Gesù è in stato di vittima… Si deve ancora notare che il sacrificio eucaristico consiste essenzialmente nella immolazione incruenta della vittima divina, che è misticamente manifestata dalla separazione delle sacre specie e della loro oblazione fatta all’eterno Padre.

    JESOLO

    Effettivamente a Jesolo incontrai un prete arrogantre quanto ignorante, che dinnanzi a tutti mi rimproverò perché m'ero inginocchiato per ricevere la comunione e tergiversava, ed io lì inginocchio ad aspettare: poi con sdegno mi mise sulla lingua la particola, quasi gettandola.
    Al termine della messa in sacristia gli chiesi il motivo del suo comportamento: rispose che questa era la decisione dei vescovi italiani. Gli feci presente che mai era stata presa una decisione del genere e neppure era stata data una semplice indicazione in tal senso.
    Gli chiesi di leggere la Redemptionis Sacramentum e sfacciatamente mi aggredì: La deve legger Lei perché io l'ho letta e da lì ho tratto quel che ha ordinato il Papa. Alla mia risposta negativa, s'infuriò ed io, calmo, gli domandai di ricevermi in parrocchia e mostrarmi il documento. Al che, rosso in faccia mi apostrofò malamente e chiese che sull'istante fossi io a mostrargli l'Istruzione Pontificia. A questo punto mi venne da ridere e osservai che al mare non mi porto testi del magistero e che comunque lui avrebbe negato anche se vi avesse letto affermazioni pontificie in contrasto con la sua posizione modernista.
    Dopo di che s'ebbe una breve corrispondenza che pubblicai, ma dopo averla inviata al card. Scola che, ovviamente non mi rispose.

    Ma a parte questo, la mia vacanza a Jesolo fu deludente per l'albergo, a 4 stelle immeritate, per tanti motivi, compreso il menu adatto più ai germanici che s'ingozzavano che agl'italiani.
    Troppa confusione (tra agosto e settembre, una quindicina di giorni), stranieri vocianti e scalcinati, puzzo di birra e di salse acri ad ogni passo. Inesistente la cultura dell'accoglienza, peggio, molto peggio che in Toscana.
    Insomma, croce su Jesolo, ora e sempre.

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