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venerdì 21 agosto 2009

La Messa del futuro secondo Benedetto XVI. (fonte "Il Giornale")

Riportiamo un articolo apparso su "il Giornale" del 21 agosto 2009 (link) e prendiamo spunto per una riflessione.

Si tratta di una nota lettera dell'allora Card. Joseph Ratzinger (23 giugno 2003) al Dott. Heinz-Lothar Barth e di uno stralcio di un intervento sempre di Benedetto XVI, tratte da "Davanti al Protagonista. Alle radici della liturgia" (Cantagalli, pagg. 232, euro 15), volume in cui i due scritti sono stati raccolti insieme per la prima volta. Il libro - che verrà presentato domenica al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione - sarà in libreria a settembre.

Da questa lettura si ha ulteriore conferma che il Santo Padre voglia normatizzare una "riforma della riforma", (come sta già attuando di fatto durante le sue celebrazioni!), reintroducendo e valorizzando quanto di sacro e cattolico la Tradizione ha tramandato, ma conservando anche quanto di buono sia stato inteso dal documento Conciliare Sacrosanctum Concilium e abolendo gli errori e le sciatterie della riforma bugniniana. Con buona pace tanto dei progressisti creativi quanto dei tradizionalisti ad oltranza.

Solo se ogni "fazione" saprà fare un passo indietro, e se ciascuno avrà il coraggio, l'umiltà e la maturità di anteporre il bene della Liturgia (e quindi della fede e della Chiesa stessa) ai propri gusti personali e ai propri pregiudizi idealistici, allora sì che sarà possibile la vera riforma della liturgia voluta dal Papa, liturgia che sappia di nuovo esser feconda di grazie (vocazioni in primis) e aiutare i fedeli a salvarsi l'anima, a guadagnarsi il Paradiso e a vivere in eterno nella comunione dei Santi.

Questo è l'intento di Benedetto XVI, ed è per questo che dobbiamo impegnarci tutti, ognuno per quanto di sua competenza, ed è per questo che dobbiamo pregare a sostegno del Papa.

L'occasione della presentazione del libro e della pubblicazione siano occasione per rinnovare l'impegno e la perserveranza per la diffusione del rito di sempre e del vicendevole arricchimento delle due forme del rito romano (anche se, come osservava l'allora card. Ratzinger, non si tratta certo di fare la media: se al rito antico si tratta, come egli osservava, di aggiunger qualche festa e prefazio, un po' più di scelta nelle letture "ma non troppa", e preghiere dei fedeli in forma di "litania fissa" e sottolineaiamo fissa, quale rivoluzione ab imo è invece necessaria per il messale nuovo, e la riforma della riforma!)

Si noti inoltre che si tratta di un obiettivo di lungo periodo. Al momento, ogni commistione del Messale del 1962 sarebbe, oltre che vietata secondo l'attuale normativa, anche fuori luogo perché, prima di poter svolgere il ruolo di "lievito" che il Papa si attende dai centri di Messa tradizionale in favore della prassi liturgica ordinaria, occorre bene che il risveglio tradizionale si fortifichi contro tutti i tentativi di soffocamento e oppressione. E per quello, occorre che la Messa di sempre sia celebrata secondo i libri del 1962, non con improvvide e avventate 'sperimentazioni', che sappiamo a che cosa hanno poi condotto. Per questo, con estrema lungimiranza, l'allora card. Ratzinger precisava che del ritorno ad un rito unico sarebbe stata questione solo "a lungo termine". Prima, occorre che sia svolto un ben diverso compito, davvero erculeo: riportare sacralità, cattolicità piena, e anche semplice buon senso, nella forma celebrativa ordinaria.

Il sottolineato è nostro.



"Caro dottor Barth, la ringrazio cordialmente per la sua lettera del 6 aprile cui trovo il tempo di rispondere solo ora. Lei mi chiede di attivarmi per una più ampia disponibilità del rito romano antico. In effetti, lei sa da sé che non sono sordo a tale richiesta. Nel contempo, il mio lavoro a favore di questa causa è ben noto. Al quesito se la Santa Sede «riammetterà l’antico rito ovunque e senza restrizioni», come lei desidera e ha udito mormorare, non si può rispondere semplicemente o fornire conferma senza qualche fatica. È ancora troppo grande l’avversione di molti cattolici, insinuata in essi per molti anni, contro la liturgia tradizionale che con sdegno chiamano «preconciliare». E si dovrebbero fare i conti con la considerevole resistenza da parte di molti vescovi contro una riammissione generale.

Diverso è tuttavia pensare a una riammissione limitata. La stessa domanda verso l’antica liturgia è limitata. So che il suo valore, naturalmente, non dipende dalla domanda nei suoi confronti, ma la questione del numero di sacerdoti e laici interessati, ciononostante, gioca un certo ruolo. Oltre a ciò, una tale misura, a soli 30 anni dalla riforma liturgica di Paolo VI, può essere attuata solo per gradi. Qualunque ulteriore fretta non sarebbe di sicuro buona cosa.

Credo tuttavia, che a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali per i vescovi e per i preti è difficile da «gestire» in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuovo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso - più scelta di prima, ma non troppa -, una «oratio fidelium», cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione.

Caro dott. Barth, se lei si impegnerà a lavorare per la causa della liturgia in questa maniera, sicuramente non si troverà solo, e preparerà «l’opinione pubblica ecclesiale» a eventuali misure in favore di un uso esteso dei libri liturgici di prima. Tuttavia bisogna essere attenti a non risvegliare aspettative troppo alte o massimali tra i fedeli tradizionali.

Colgo l’occasione per ringraziarla del suo apprezzabile impegno per la liturgia della Chiesa romana nei suoi libri e nelle sue lezioni, anche se qua e là desidererei ancora più carità e comprensione verso il magistero del Papa e dei vescovi. Possa il seme da lei seminato germinare e portare molto frutto per la rinnovata vita della Chiesa la cui «sorgente e culmine», davvero il suo vero cuore, è e deve rimanere la liturgia. Con piacere le impartisco la benedizione che lei ha domandato."


Fonte: "Il Giornale"

si veda anche paparatzingerblog2

20 commenti:

  1. Niente di nuovo sotto il sole. Si tratta di testi e, soprattutto, di posizioni note, più volte espresse dai cardd. Ratzinger e Castrillon.
    La riforma della riforma dovrebbe (ed uso consapevolmente il condizionale) fondarsi sulla struttura del rito antico innestandovi alcuni elementi del nuovo (qualche lettura inpiù, la preghiera dei fedeli, alcuni nuovi preafazi, le necessarie nuove messe votive).
    I "tradizionalisti" non seguirebbero un terzo rito che ripescasse alcuni elementi del più venerando messale di S. Pio V, privati della teologia della S. Messa che li sottende.
    Ma intanto chi ha notizia di un inizio di lavori di riforma?

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  2. La lettera in questione è nota e arcinota già da diversi anni.

    Antonello

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  3. Alla Redazione.
    Il testo dell'allora Cardinal Ratzinger è conosciuto.
    Vorrei in questo momento sottolineare la mia perfetta concordanza con il commento da voi premesso all'articolo.
    Piero

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  4. attenzione !!!!!!

    perchè dall' incrocio fra un asino ed una cavalla , ne

    nasce un mulo .....

    anche se concordo col commento della REDAZIONE .

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  5. "...la preghiera dei fedeli, [...]"

    Per pietà prof. Pastorelli, non nominiamola nemmeno!!!

    Ema - CR

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  6. Caro prof. Pastorelli, umanamente parlando, concordo con lei sulla riforma della riforma, che dovrebbe tradursi in un avvicinamento del NO al VO, e non in un tentativo, come pare invece si voglia fare, di riformare il VO per avvicinarlo al NO.
    Tuttavia, in maniera ispirata, sappiamo che la riforma paolina sarebbe da abrogare in toto, dal momento che la bolla Quo primum tempore di san Pio V in modo definitivo non lascia possibilità di riforme.
    Tale riforma della riforma, intesa come dovrebbe essere, potrebbe essere solo un gradino intermedio e temporaneo per favorire il ritorno della Chiesa moderna al rito di sempre.
    Che cosa, poi, di concreto verrà fatto, è un altro paio di maniche!
    Nike

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  7. "Caro dottor Barth, se lei si impegnerà a lavorare per la causa della liturgia in questa maniera, sicuramente non si troverà solo, e preparerà «l’opinione pubblica ecclesiale» a eventuali misure in favore di un uso esteso dei libri liturgici di prima. Tuttavia bisogna essere attenti a non risvegliare aspettative troppo alte o massimali tra i fedeli tradizionali."

    una dola domanda: perché?
    Realismo? Ma ogni situazione può essere ribaltata e molte difficoltà possono essere superate se davvero si vuol PROMUOVERE qualcosa, e lo si fa mettendo in atto azioni mirate mobilitando le persone giuste in interventi possibilmente a tappeto: formativi, informativi, soprattutto a partire dai seminari nei quali introdurre immediatamente il latino

    se le persone "giuste" sono meno di quelle contrarie, ma non vengono messe in condizioni di rendersi operative, resteranno sempre una minoranza. Ma, se è volontà di Dio, quel lievito basterà e dispiegherà la sua efficacia anche se noi non la vedremo.

    Tra le 'azioni' da mettere in atto vedrei anche una campagna di preghiera dei claustrali...

    Non vorrei che ciò che davvero si vuole promuovere sia l'"ibrido" di cui parla Vittorio e non il VO magari con i ritocchi necessari

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  8. correzione: al posto di dola = sola

    non vorrei che la Riforma della Riforma si riducesse ad una "sola" nel senso che viene dato al termine a Roma, per la Tradizione :(

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  9. Quel che ho scritto nel commento iniziale rispecchia la posizione più volte espressa dal card. Castrillon e da lui attribuita al Papa, sulla scorta di dichiarazioni del card. Ratzinger ed evidentemente anche di suoi colloqui col Pontefice sull'argomento quale Presidente dell'Ecclesia Dei.
    Una soluzione del genere segnerebbe il superamento delle carenze del NO e potrebbe risultare un ponte solido attraversabile da tutti.
    Le frasi ratzingeriane sottolineate da MIC indicano i confini della restaurazione liturgica entro cui si muove Benedetto XVI. Piaccia o non piaccia.
    Quanto alla preghiera dei fedeli è inutile esorcizzarla: se si perviene alla riforma della riforma si sa già che resterà al suo posto.
    Non credo che il biritualismo potrà avere lunga vita (anche se sappiamo che niente di più duraturo v'è del transeunte) né per ora ho notizia di commissioni al lavoro: ma io non fo testo perché vivo lontan o dai sacri palazzi.
    Ove dovesse rimanere il biritualismo - ma vero ed obligatorio in tutte le parrocchie - una volta aggiunte le nuove messe votive, sarebbe auspicabile, come da molti auspicato, il ritorno al messale precedente alla revisione di Giovanni XXIII, pur lasciando nella forma attuale la preghiera per gli ebrei per non suscitare altre diatribe che non giovano a nessuno.
    Ma il realismo, anche col caldo, deve prevalere. Le delusioni son dietro l'angolo.

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  10. Incido a caratteri di fuoco nel mio cuore questo commento in apertura dell'articolo:

    "...reintroducendo e valorizzando quanto di sacro e cattolico la Tradizione ha tramandato, ma conservando anche quanto di buono sia stato inteso dal documento Conciliare Sacrosanctum Concilium e abolendo gli errori e le sciatterie della riforma bugniniana. Con buona pace tanto dei progressisti creativi quanto dei tradizionalisti ad oltranza. Solo se ogni "fazione" saprà fare un passo indietro, e se ciascuno avrà il coraggio, l'umiltà e la maturità di anteporre il bene della Liturgia (e quindi della fede e della Chiesa stessa) ai propri gusti personali e ai propri pregiudizi idealistici, allora sì che sarà possibile la vera riforma della liturgia voluta dal Papa, liturgia che sappia di nuovo esser feconda di grazie"

    Sono assolutamente d'accordo.

    L'unica via percorribile è quella tracciata dal Papa. Dal Suo metodo e dalla sua prassi magisteriale. Ognuno di noi dovrebbe seguire questo metodo, se davvero vigliamo aiutare il Papa e la rinascita della Tradizione. Ha ragione il Sig. Pastorelli.
    Quello di cui ho paura è che molte "frangie" tradizionali-ste si perdano sempre più dentro uno scontro diretto, con un sotteso desiderio di rivincita, piuttosto che nell' apostolato magnanimo per ottenere il cambiamento positivo della situazione.

    Tornielli ha scritto di recente un articolo stigmatizzando la veemenza che viene spesso usata senza esclusione di colpi, da chi è stato perseguitato. Stavolta perseguitando in modo uguale e contrario.

    Finchè vi saranno questi fatti, sarà tutto a danno della rinascita della Tradizione e sarà un danno per il lavoro del Papa.

    Finchè non ci ficcheremo bene in testa che questi non sono affatto tempi normali, che il Papa è diventata una figura simbolica di fatto, che i Vescovi si considerano ormai "indipendenti", che i "giusti" fra i collaboratori di Pietro si contano sulla punta delle dita, la situaziono non cambierà!

    Ha ragione, sig.Pastorelli. Realismo!

    Un Realismo SANO. Che comprenda che l'unico metodo possibile per assicurare la fine della Confusione è quello usato dal Papa!

    Leggendo con intelligenza la lettera del Card. Ratzionger qui inserita, si ottengono tutte le risposte ai "lamenti" di molti di noi. Dobbiamo pregare per il Papa e le sue intenzioni! E dobbiamo stringerci attorno a Lui, fidandoci per una volta completamente di Lui, per far sì che le cose cambino. Speriamo che la San Pio X lo faccia!

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  11. Caro Stefano,
    lieto che tu condivida l'analisi e l'esigenza di realismo.

    Ma non scadiamo nemmeno nell'opposto e, in particolare, nell'eccesso di mea culpa.

    Dove sono mai queste "frange tradizionaliste" pronte ad una "persecuzione contraria"? Pronte ad eccessi e irrigidimenti? Negli argomenti dei progressisti, di sicuro, al mero fine di continuare e intensificare quella persecuzione cui si danno con accanimento da 40 e più anni... Nelle parole anche di Tornielli, la cui tendenza è quella di cercare di non scontentare nessuno...

    Insomma: giusto guardare a se stessi ed evitare eccessi che, comunque, sono di solito soltanto verbali e si giustificano soggettivamente anche come reazione all'oppressione.

    Ma nell'occhio dei novatores, altro che travi ci sono!

    Siamo sicuri che, aldilà di alcune tue frasi più di stile che altro, siamo perfettamente d'accordo nella sostanza: mostriamoci ragionevoli e stringiamoci intorno a questo Papa, che veramente, come ripeteva il grande Michael Davies (presidente di Una Voce internazionale), è veramente un amico della Tradizione.

    Ma proprio perché dobbiamo agire nel realismo e nella ragionevolezza, non chiudiamo gli occhi davanti alle ingiustizie e alle manovre ostili. Cerchiamo, come dice la Scrittura, d'esser miti come colombe, ma anche astuti come serpenti.

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  12. Speriamo che riforma della riforma sia.
    Puntualmente come nelle parole e nelle intenzioni di Benedetto XVI.

    Senza NESSUN distinguo.
    Speriamo si faccia presto.

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  13. Quanto alla preghiera dei fedeli è inutile esorcizzarla: se si perviene alla riforma della riforma si sa già che resterà al suo posto.

    OK. ma che senso ha? E' più importante dare il contentino a qualcuno o la fedeltà alla Liturgia? Fare le cose a metà o con un intendimento 'dimidiato', non rischia di tirar fuori un altro papocchio? Anche perché le cose da 'ripristinare' non sono poche né banali. Penso al Canone Romano profanato, ad esempio; a tutti i riferimenti alla Comunione dei Santi e alla vergine Maria cancellati. Se l'Antico Rito non è mai stato abrogato, perché pensare ad un'altra assurda contaminazione?

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  14. Dalla Redazione:

    Ma non scadiamo nemmeno nell'opposto e, in particolare, nell'eccesso di mea culpa.


    E' vero. Questo periodo si contraddistingue anche per l'assenza di equilibrio. E sarebbe bene invece cercarlo e trovarlo.

    Ma avete colto bene quello che intendevo dire. Perdonate i miei "eccessi", ma credo abbiate capito che derivano dal grandissimo desiderio di veder "rinascere" la tradizione e che le strade per questa rinascita siano battute tutte. Sapendo usar bene di ciò che disponiamo.

    E' vero che Tornielli è quello che è... Ma a maggior ragione è un "modello" di ciò che succede quando si strumentalizza.

    Il momento è delicato è non credo si debba prestare il fianco. So bene che le "frange" sono molto meno "frange" di quanto si dica. Ma non parlo della Realtà, parlo delle strumentalizzazioni.

    Ricordate l' affaire Williamson? Diceste bene quando invocaste azioni dirette e chiare, da parte di tutti i tradizionali, responsabili in testa, perima di tutto per giustizia e poi per tacitare i malevoli. Così si dovrà continuare a fare, ben sapendo che i "numeri" maggiori sbattono in faccia al Papa un "moscerino" trdizionalista "estremo" facendolo pesare come il grattacielo più alto del mondo!

    Togliere spunti, questo intendo.

    RispondiElimina
  15. Togliere spunti, questo intendo.

    mi fai venire in mente Madre Teresa quando la criticavano perché accettava di aderire ad inviti in situazioni in cui era evidente che avrebbero strumentalizzato lei e la sua presenza.
    Ebbene, guardava dritto negli occhi l'interlocutore che la metteva in guardia con un gran sorriso e andava dritta per la sua strada.

    Ricordo solo questa immagine e non ne ho la interpretazione autentica esplicitata a parole da Madre Teresa; ma forse voleva dire che la strumentalizzazione è sempre dietro l'angolo da parte di chi non ha uno sguardo puro e che comunque, seguendo la sua strada, non poteva venir fuori che il Bene da qualunque cosa fatta per il Signore.

    Naturalmente è più che certo che lei agisse sempre per il Signore; noi, invece, abbiamo sempre bisogno di preghiera e discernimento

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  16. OT (ma non troppo): che ne pensate dell'articolo di P. Scalese di oggi sulla disputa Lang-Falsini?

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  17. quello posto da p. Scalese è un falso problema perché "ad Orientem" o "ad Dominum" significano la stessa cosa. Mi sembra che p. Lang lo menzioni nel suo libro, ma si sa che l'Oriente e la direzione da cui verrà il Signore alla fine dei tempi.

    Inoltre mi sembra molto debole la sua argomentazione che lo fa propendere per le tesi di Falsini:

    "Dopo aver letto gli interventi pubblicati su Vita Pastorale, da lettore assolutamente non prevenuto, ho avuto l’impressione che la posizione di Padre Lang fosse un tantino debole rispetto a quella del Padre Falsini, che mi è apparsa piú documentata (se non altro, per essere stato personalmente coinvolto nella riforma liturgica)."

    non mi sembra un argomento così solido e convincente il fatto di essere stato coinvolto nella riforma liturgica, spiega soltanto il motivo per cui la difende a spada tratta

    "Il punto del dibattito era la questione se il Concilio avesse voluto o no la celebrazione versus populum. È vero, come fa notare il Card. Ratzinger nella prefazione al volume del Lang, che il Concilio non ne fa menzione; ma mi sembra che Padre Falsini dimostri sufficientemente che questa era la mens dei Padri conciliari.

    quale fosse la mens di molti Padri conciliari ormai ce ne siamo accorti tutti; quel che si è applicato avrebbe dovuto discendere da un documento conciliare, ma nessun documento ne fa menzione. E allora abbiamo la riprova che ha prevalso nel post-concilio la mens di CERTI Padri conciliari e ora ne stiamo pagando le conseguenze.

    Le restanti argomentazioni di P. Scalese sono opinioni personali

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  18. Dici bene, Mic, soprattutto perché l'aver rivoltato gli altari è stata l'innovazione più eclatante (e non solo agli occhi del quivis de populo) delle riforme postconciliari: perfino più dell'abbandono del latino (che almeno nei primi anni fu in qualche modo conservato, specie nei canti).

    Ora: Falsini può aver detto quel che vuole (R.I.P.), ma chi può ragionevolmente pensare che possa essere stata intenzione del Concilio una rivoluzione del genere, se non se ne fa la minima menzione in alcuno dei pur prolissi documenti conciliari e la questione non venne nemmeno affrontata dal consesso?

    Questa semplice dimostrazione di buon senso è dirimente. Che poi girar gli altari fosse già nella testa di Falsini e di altri come lui, lo crediam bene: ma come al solito, confondono la loro agenda politico-religioso-liturgica con l'intenzione dei Padri Conciliari (o, quando fa a pugni con le espresse pronunce di questi, c'è sempre da invocare lo Spirito del Concilio).

    Strano che P. Scalese, di solito acuto commentatore, non abbia colto questo aspetto. Quandoque dormitat et bonus Homerus.

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  19. So di ripetere cose gia' dette, ma mi stupisce sempre come in tempi non sospetti il S. Padre abbia sempre dimostrato previdenza, prudenza e sapienza.

    FdS

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  20. Se l'Antico Rito non è mai stato abrogato, perché pensare ad un'altra assurda contaminazione?

    Anch’io temo fortemente che saremo messi di fronte a un ibrido che creerà sotto i nostri piedi vacillanti una terra di nessuno,
    nella quale ci toccherà subire nuovi bizzarrie (rispetto al VO), permanendo di fatto l’anarchia.
    Oppure la nuova forma “di mezzo” dovrà essere imposta come obbligatoria?
    E in tal caso il Papa (questo o il successore…) sarà lì a “proporre” o “imporre”
    tale forma che servirebbe a percorrere il “ponte” delineato dal prof. Pastorelli?
    E passato il ponte, su quale “terra” metteremo i piedi?
    Certo, vorremmo sperare (in pochi?) il ritorno al messale precedente alla revisione di Giovanni XXIII, ma…
    vista da qui, l’intera situazione ha ancora tutto l’aspetto di una tigre che, scatenata più di 40 anni fa, nessuno ancora ha la
    grinta di cavalcare e domare definitivamente.

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione