per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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lunedì 31 agosto 2009
Oportet ut scandala eveniant?
Precisazione sul ruolo di mons. de Galarreta nei colloqui con Roma
Il sito internet argentino Panorama catolico internacional ha pubblicato l'informazione [v. link]secondo cui Mons. Alfonso de Galarreta sarebbe incaricato di "coordinare e dirigere gli incontri con la commissione designata dalla S. Sede" nel quadro delle discussioni teologiche tra la FSSPX e il Vaticano. E' precisato, al condizionale, che mons. de Galarreta "sarebbe stato nominato presidente della Commissione di teologi della Fraternità in carica delle discussioni dottrinali con la S. Sede".
In realtà mons. Alfonso de Galarreta è presidente della Commissione che deve preparare i dossier che saranno studiati durante le discussioni teologiche con i rappresentanti della S. Sede. Questa commissione interna alla FSSPX, costituita nell'aprile scorso, non è una commissione unilaterale. Fino a ulteriori dichiarazioni, resta ferma la dichiarazione di mons. Bernard Fellay all'agenzia italiana Apcom del 31 luglio:
- Monsignor Fellay, è previsto un suo viaggio a Roma prossimamente? E' stato fissata la data d'inizio dei colloqui? E la vostra commissione, avete già pensato da chi sarà composta? Quante persone la formano?Non c'è ancora una data fissata per l'inizio del dialogo, ma possiamo presumere che sarà in autunno. Verrò a Roma per quel periodo, ma non c'è ancora niente di preciso. La Commissione è già formata da 3-4 persone, ma non possiamo ancora fornire i nomi, anche per evitare qualsiasi pressione.
domenica 30 agosto 2009
Tornielli smentisce la smentita sulla riforma della riforma
sabato 29 agosto 2009
Il card. Caffarra e il canto liturgico
Gli affezionati rimarranno forse delusi ma canti come “Osanna eh” e “Alleluia la nostra festa” in quanto teologicamente errati potrebbero presto scomparire dalle Messe celebrate nell’Arcidiocesi di Bologna. Con essi rischiano di essere banditi dai piedi dell’altare anche una serie di canti appartenenti a quella categoria definita dal cardinale Carlo Caffarra “ canzoni sciatte che in Chiesa non devono più esserci” nel libro intervista di Alessandra Borghese”. Canzoni contenute in un repertorio fatto compilare all’ufficio liturgico della diocesi accanto al quale il cardinale ha scritto le parole “mai più”. “ L’obiettivo del Cardinale – ha spiegato il provicario generale, mons. Gabriele Cavina, non è quello di modificare i canti liturgici ma quello di escludere i canti che liturgici non sono e che spesso finiscono all’interno della liturgia”.
Non tutti i classici verranno esclusi. Se infatti finiranno all’indice canzoni che trovano le loro origini nella musica leggera o in quella rock, potranno continuare ad essere intonati quelli che pongono le loro radici nei salmi come “ Su ali d’Aquila”. Attenzione verrà posta anche alle musiche visto che, come spiega sempre mons. Cavina “i testi vanno cantati e devono avere una melodia in sintonia con la celebrazione e il ritmo della celebrazione non è certo quello rock o metallico”.
Nel repertorio dovrebbero trovare posto anche canti come “Scende la sera” purché non utilizzato per accompagnare la messa mattutina e “Dove è carità e amore”. E se qualche dubbio potrebbe riguardare il testo di “Stella Polare”, i fedeli non dovranno rinunciare ai canti dedicati alla Madonna di San Luca e a “Gesù Signore” scritta dal cardinale Giacomo Biffi in occasione del congresso eucaristico del 1997.
(Fonte: Telesanterno, 27 agosto 2009)
venerdì 28 agosto 2009
28 agosto, Sant'Agostino
Potete immaginare la scena. Sant’Ambrogio, il grande dottore della Chiesa, mentre scrive su un grande “infolio”. Il suo volto è quello di un vecchio venerabile e placido, illuminato dalla grazia di Dio, saggio, meditabondo, sublime nei suoi giudizi. Ogni tanto si ferma per una rapida preghiera interiore, quindi ritorna ai suoi pensieri prima di trarne una conclusione finale. A osservarlo c’è Sant’Agostino, il cui volto riflette ancora la turbolenza della crisi per cui sta passando. Ma la grazia di Dio sta entrando nell’anima di Sant’Agostino e ne sta trasformando la personalità attraverso la sua ammirazione per Sant’Ambrogio.
E così continua a raccontarci della sua crisi interiore, della pace che ha sperimentato entrando in una chiesa e ascoltando la musica sacra, i salmi, la bellezza della liturgia. Quindi le mozioni forti del pentimento e la voce misteriosa che sente e che gli ordina: “Tolle et lege”, “Prendi e leggi”. Prende in mano le Sacre Scritture. e queste si aprono su un versetto che si applica perfettamente alla sua vita passata – Romani 13, 13-14: “Non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri”. Riceve così una grazia decisiva, che completa la sua conversione.
Ancora, descrive il famoso colloquio di Ostia con sua madre, Santa Monica (331-387). Era una donna molto santa, e lui era stato un figlio molto cattivo. Mentre erano a Cartagine e si preparavano per un viaggio a Roma, Santa Monica era andata in chiesa e aveva passato la notte in preghiera. Agostino ne aveva approfittato per abbandonarla e imbarcarsi per Roma senza di lei, lasciandola sola. Ma lei lo aveva seguito, sempre piangendo e pregando per la sua conversione. Una volta andò dal vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, per chiedergli se il figlio si sarebbe mai convertito. Il vescovo rispose con queste parole famose: “Donna, il figlio di così tante lacrime non potrà mai perire”. Voleva dire che avrebbe visto la rinascita di Agostino grazie alle sue sofferenze intense e profonde.
E potete immaginare la sua gioia quando il figlio si convertì. San Agostino e la madre passarono diversi mesi insieme mentre si preparava per il battesimo. Quindi si prepararono a tornare in Africa. Prima d’imbarcarsi si fermarono in un albergo a Ostia, la città portuale sul Mediterraneo vicino a Roma. Stando alla finestra e guardando il mare, cominciarono a conversare delle cose di Dio.
Chi legge oggi di questa conversazione fra la santa madre il figlio si convince che in realtà stavano sperimentando un fenomeno soprannaturale, un’estasi. Questo diede ad Agostino la forza per i combattimenti che presto avrebbe dovuto affrontare. Per Monica fu un anticipo di Paradiso, perché sarebbe morta lì a Ostia, prima che la nave partisse. Sant’Agostino ci descrive in modo commovente il suo funerale. Quindi parte per l’Africa, dove nel 395 diventa vescovo d’Ippona.
A Ippona scrive un altro dei suoi grandi libri, “La Città di Dio”. Il tema di quest’opera straordinaria è la lotta perpetua e inconciliabile che si svolge nella storia fra due città – “città”, qui, viene dal latino “civitas” ed è più di una singola città: è piuttosto uno Stato, una civiltà. Queste due città sono la Città di Dio e la Città del Diavolo. Concepisce tutta la storia come una battaglia tra la Chiesa Cattolica e i poteri delle tenebre. La lotta nasce da due diversi amori. Nella Città di Dio c’è l’amore per Dio e l’oblio di se stessi, nella Città del Diavolo c’è l’amore per se stessi e l’oblio di Dio. Vivere per se stessi significa considerarsi il minuscolo centro dell’universo, e vedere ogni cosa come orientata verso i propri piaceri e interessi. Questo egocentrismo è il punto di partenza per ogni cosa cattiva. Al contrario, amare Dio significa orientarsi interamente verso le realtà trascendenti di cui ci parla la Rivelazione. Significa avere uno spirito metafisico, uno spirito religioso rivolto alle cose più alte. Questo è vivere per Dio. Con questi due principi, Sant’Agostino riassume tutta la storia.
Secoli dopo, una filosofia della storia analoga sarà insegnata da San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716). Egli spiegherà che tutto quanto viene da Dio è buono. Dunque, siccome l’inimicizia fra la Madonna e il serpente, e tra la progenie di Maria e quella del serpente, è stata voluta da Dio, questa inimicizia in quanto tale non può che essere buona. È in fondo la stessa tesi di Sant’Agostino, presentata con uno stile più combattivo tipico di un’altra epoca.
A causa della sua presentazione molto vivace del bene e del male, qualche progressista di oggi attacca Sant’Agostino e “La Città di Dio” sostenendo che ci presentano una visione del mondo “manichea”. Ma secondo questa stupida accusa chiunque sostiene che c’è un bene e che c’è un male sarebbe manicheo. Sarebbero manichei il Magistero della Chiesa e tutti i santi, il che è assurdo. Il manicheismo è una dottrina dualista di derivazione gnostica apparsa nel terzo secolo dell’era cristiana. Insegnava che c’erano due divinità uguali in origine e potere, una buona e una cattiva, in continua lotta tra loro. La dottrina cattolica è completamente diversa. Insegna che c’è un solo Dio, eterno e onnipotente, e che una sua semplice creatura, il Diavolo, si è rivoltata contro di lui e lo combatte nella storia. Il manicheismo è un’eresia perché sposta il combattimento in un diverso ordine dell’essere. Per i manichei la lotta è ontologica; per i cattolici si situa nella sfera morale. Inoltre per i manichei la lotta non finirà mai; per i cattolici finirà con il Giudizio Universale quando Dio trionferà su un nemico che non gli è uguale, ma infinitamente inferiore. Naturalmente i progressisti conoscono queste differenze, ma fa loro comodo sostenere che chiunque non sostenga la loro visione irenica ed “ecumenica” della storia è un manicheo. È un’affermazione assurda e una manifestazione di malafede.
C’è un punto molto bello da considerare quando si medita su Sant’Agostino. Scrisse i suoi grandi libri mentre l’Impero Romano d’Occidente stava cadendo, quando tutto lasciava pensare che probabilmente la religione cattolica sarebbe stata spazzata via dalle invasioni barbariche. In effetti Ippona e Cartagine furono così devastate che quasi nulla rimase in piedi di queste città, e la religione cattolica non si ristabilì mai in queste regioni nel passato splendore. E tuttavia mentre il futuro era incerto Sant’Agostino continuava serenamente a scrivere i suoi libri. Morì mentre i Vandali stavano entrando nella sua città.
Il mondo così come il santo lo conosceva cadde: e venne il Medioevo. E allora furono le opere di Sant’Agostino che ispirarono la concezione medievale dello Stato, dell’Impero, della Cristianità. Carlo Magno (742-814) usava farsi leggere “La Città di Dio” mentre pranzava, e l’impero che egli fondò s’ispirava alle idee di Sant’Agostino. In un certo senso, il Medioevo è un giglio nato sulla tomba di Sant’Agostino. Secoli dopo la sua morte, la sua fiducia fu premiata.
In tutto questo c’è una lezione per noi. Oggi ci sono nuovi Vandali impegnati a distruggere sia i valori culturali sia gli edifici materiali della civiltà cristiana. Come Sant’Agostino, dobbiamo continuare a operare serenamente con fede e fiducia, sapendo che il nostro lavoro darà frutti e fiorirà in un Regno di Maria quando Dio lo vorrà.
Card. Lehmann: la FSSPX è un richiamo per ogni genere di delusi e frustrati.
E’ corretto che per esempio la tassa abbia portato gente a lasciare la Chiesa, in parte per la cattiva politica informativa delle banche. Ma defezioni dalla Chiesa hanno anche molte altre ragioni. La controversia sulla FSSPX, ad esempio, ci ha urtato molto. Inoltre molte persone lasciano con una lunga storia precedente di estraniamento. Spesso una esperienza davvero brutta è sufficiente perché facciano l’ultimo passo e se ne vadano via. Per questo ritengo sia importante prendersi cura dei ‘fedeli che si sono distanziati dalla Chiesa’ ed esprimere il nostro apprezzamento per loro, come io faccio alla fine di ogni anno.
[..]
Uno deve distinguere. La FSSPX è fortemente frammentata, un punto di richiamo per ogni tipo di gente delusa e frustrata. Alcuni non riescono ad accettare la modernità, altri la Rivoluzione francese, l’altro ancora la libertà di religione, infine altri le riforme liturgiche degli anni Sessanta. Alcuni di loro potranno essere recuperati. Ma ci sono quello non istruibili, come mostra il caso del negazionista dell’olocausto Richard Williamson. Per loro, c’è solo una forma. Forse dovremmo aver fatto più rapide e più chiare distinzioni.
giovedì 27 agosto 2009
Professione Solenne delle Francescane dell'Immacolata, in Cornovaglia
Due suore hanno emesso i loro voti perpetui nelle mani del Celebrante, Padre Stefano M. Manelli, fondatore dei Francescani dell’Immacolata. La celebrazione ha avuto luogo nella cappella pubblica di S. Giuseppe ed Anna.
Dopo la processione del celebrante, sono state accompagnate le due suore con una candela in mano, accompagnate dalla Madre Generale.
Dopo i riti introduttivi, le due suore si sono inginocchiate davanti al celebrante, mentre era cantata l’antifona delle vergini prudenti.
Al termine del canto, seduto in cornu Evangelii, P. Manelli, ha interrogato le due suore secondo quanto prevede il rito.
Il Momento più suggestivo e di intenso significato è senz’altro il canto delle litanie dell’ordine Serafico, durante il quale le due suore si sono prostate davanti all’altare, e son state coperte da un velo azzurro, simbolo del manto della Beata Vergine.
Le suore son rimaste coperte così, anche durante il successivo canto dell’Inno Veni Creator.
Il rito poi ha proseguito more solito con la preghiera di intercessione, la dichiarazione del voto, la promessa della vita eterna la consegna dell’anello e della corona e la speciale benedizione.
mercoledì 26 agosto 2009
26 agosto a Barletta: 60° Settimana Liturgica Nazionale - Mons. Piero Marini e la "Liturgia della riconciliazione". Come?
Commentario giuridico al motu proprio
E’ nota a tutti noi l’opposizione accanita, dai tratti che spesso rasentano il fanatismo, nei confronti dell’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum; ostilità e avversione che ne limita enormemente il naturale sviluppo, con il ricorso a tutti i mezzi, specialmente illeciti (ossia: la minaccia e la denigrazione sistematica dei fedeli e soprattutto dei sacerdoti aperti al desiderio del Papa). Mentre in Italia la guerra si svolge, appunto, all’italiana, ossia mediante intimidazioni e manovre ben poco onorevoli, coperte da ipocrite proteste di stima e adesione al documento pontificio, in Germania la Conferenza Episcopale, intrisa di progressisti old style (i cui capifila sono il precedente e l’attuale presidente della conferenza episcopale, Lehmann e Zollitsch) ha emanato un corpus normativo di "interpretazione" del motu proprio, con l’evidente fine di ostacolarne al massimo l’applicazione, introducendo condizioni e limitazioni.
Noi siamo giunti da tempo all’amara ma veridica conclusione che la Chiesa non sa minimamente che cosa sia il rule of law, quello che in termini laici si traduce come ‘Stato di diritto’. L’adagio ricorrente nelle sacrestie è semmai: il codice di diritto canonico non è che carta stampata; il vescovo (o il collega, o il monsignore, o il cardinale) è una persona, e come tale conta molto di più perché può nuocermi o favorirmi. Forse questa situazione deriva dall’inesistenza nella Chiesa di tribunali indipendenti; e qui si apprezza appieno (lo diciamo per i laudatores incondizionali dell’ancien régime) il principio illuminista della separazione dei poteri... Ma non divaghiamo.
Basta dare un’occhiata alla situazione, diocesi per diocesi, raccolta nella nostra pagina con l’elenco delle messe, per verificare la violazione delle norme, anche le più chiare, del motu proprio. L’impressione potrebbe allora essere che è inutile approfondire il discorso giuridico sulla loro interpretazione, poiché tanto ci si fa beffe allegramente delle stesse. La premessa è giusta, ma la conclusione sbagliata. Come dice Giulio Andreotti, la legge per gli amici si interpreta, per i nemici si applica... E noi siamo i nemici: quindi le cancellerie episcopali sono pronte a sfoderare argomenti giuridici, cavilli e fallacie, sperando di respingerci in quel modo, il più onorevole e ‘pulito’, per loro. Nostro compito è impedirglielo e costringerli così a ricorrere ad altri mezzi, molto più obliqui e disonorevoli, ma proprio per quello denunziabili alla pubblica opinione e all’Ecclesia Dei.
E così, se davanti alla vostra richiesta di ottenere la celebrazione della S. Messa in forma straordinaria, trovaste un don Bartolo che, come il personaggio mozartiano, pur di impedirvelo giurasse a se stesso "se tutto l’indice dovessi leggere, se tutto il codice dovessi volgere, con un equivoco, con un sinonimo qualche garbuglio si troverà"; ebbene, l’arma di difesa ideale è l’agile volume che il Dott. Wolfgang Rothe ha appena pubblicato ad Augusta, in Germania, dal titolo Liturgische Versöhnung. Ein kirchenrechtlicher Kommentar zum Motu Proprio "Summorum Pontificum" für Studium und Praxis (Riconciliazione liturgica. Un commentario canonistico sul Motu Proprio Summorum Pontificum per lo studio e la pratica), Dominus Verlag, 2009. Con prefazione di Mons. Perl, vicepresidente emerito dell'Ecclesia Dei. Il libro fornisce un’analisi dettagliata del dettato normativo e consente agevolmente di confutare i paralogismi giuridici che possono essere opposti ai richiedenti: ad esempio sulla modalità di costituzione del gruppo stabile (che può formarsi ad hoc e non essere preesistente). Sotto questo profilo, è da segnalare che anche per questo Autore il numero sufficiente a formare il gruppo è da identificarsi in quello di tre persone; conclusione già raggiunta da altro canonista, di cui avevamo dato notizia in un nostro post. Di molte di queste obiezioni semigiuridiche ci siamo occupati anche noi in una pagina specifica del sito (LINK).
Rothe chiarisce che il motu proprio ha cambiato dalle fondamenta la posizione della liturgia tradizionale e il ruolo dell’Ordinario diocesano. Con il vecchio indulto, pur con tutte le sue invocazioni per una "ampia e generosa applicazione", l’esistenza della Messa di sempre restava una graziosa concessione. Era una deroga alla legge universale, rimessa alla completa discrezione (il che vuol dire: al mero arbitrio) di Sua Eccellenza. Ora invece le forme ordinaria e straordinaria godono di status formalmente equiparato. Ogni prete può celebrare come meglio crede le sue messe private (anche con assistenza di laici), senza la minima autorizzazione. E i fedeli a livello di parrocchia hanno diritto di ottenere la forma straordinaria: diritto, tanto vero che se il parroco rifiuta, è previsto un mezzo di appello al vescovo e, dopo questo, alla Commissione Ecclesia Dei. Ne consegue che tanto il parroco, quanto il vescovo, sono soggetti all’obbligo di legge di provvedere al soddisfacimento dell’esigenza spirituale dei richiedenti.
Rothe precisa anche perché l’asserito pericolo di conflitto o confusione dei fedeli (pericolo assolutamente irreale, ma spesso strumentalmente agitato da prelati recalcitranti) non può rappresentare valida ragione per rifiutare la Messa tradizionale.
Altro aspetto degno di rilievo, è la parte in cui si sottolinea l’esigenza di evitare commistioni tra le due forme del rito: non si possono introdurre nel messale di S. Pio V (rectius, del B. Giovanni XXIII) letture tratte dal novus ordo, o la comunione in mano, o le chierichette.
Su un piano più accademico e definitorio, l’Autore appare non convinto circa la passata non abrogazione del vecchio rito, che di fatto fu reso indisponibile; è chiaro peraltro che la questione, dopo il 2007 e la reintroduzione dell’antico messale, ha perso risvolto pratico.
Il testo è stato pubblicato per ora solo in tedesco. Il Dott. Rothe ci scrive per saggiare se vi sia una casa editrice e magari un traduttore disposti a collaborare per un’edizione italiana. Ne saremmo ben lieti, per porre nelle mani dei fedeli di casa nostra uno strumento di indubbia utilità pratica e anche di approfondimento dottrinale. Una casa editrice od un traduttore che fossero interessati possono scrivere a noi, che provvederemo ad inoltrare la comunicazione.
martedì 25 agosto 2009
Don Georg celebra ad orientem
Fonte: Cathcon
Un filmato che, tra l'altro, mostra l'elevazione versus Deum:
Peccato per le chierichette. Riusciremo a liberarcene una buona volta?
Dei commenti.
se c'è una cosa di cui Messainlatino.it è fiera è del gran numero di commenti che ci fate l'onore di scrivere in questo blog. Il discorso raggiunge spesso una profondità di pensiero, anche liturgico o teologico (campi, quindi, certo non facilissimi), ammirevole e in fin dei conti stupefacente, per un mezzo di comunicazione così diretto e 'democratico'. Molto si può imparare proprio dallo scambio di opinioni tra lettori; con discussioni spesso ben più sugose ed istruttive rispetto ai nostri post.
Al tempo stesso, tutto si può dire tranne che lo scambio tra i commentatori sia noiosamente accademico o rarefatto: la passione, l'ironia, la stessa polemica tengono desta l'attenzione e l'interesse del lettore, e suscitano nuovi commenti e contributi.
Se un merito di questo felice incontro di penne 'ispirate' (comprese quelle anonime o con pseudonimo), è ascrivibile a chi gestisce questo sito, esso è, crediamo, quello di aver voluto evitare nei limiti del possibile censure e controlli. La parresìa, la libertà di parola cara ai Greci, è - ne siamo convinti- la premessa essenziale per una discussione non solo più viva e divertente, ma in fin dei conti anche più interessante e sostanziosa. Siamo inoltre assolutamente allergici e insofferenti a quella ipocrisia, così diffusa in ambito ecclesiale, che impedisce di chiamare le cose, anche le più evidenti, col loro nome; e se un prelato si comporta da filibustiere, ci piace dirlo e lasciarlo dire, senza tirar fuori quelle untuose tiritere da sacrestia per cui "un-successore-degli-Apostoli-sa-quel-che-fa-e-non-ci-si-può-permettere-di-criticarlo"; "si-deve-obbedienza-al-prete-al-vescovo-al-sacrestano"; "non-si-può-parlare-che-bene-dei-riti-che-la Chiesa-pratica"; e via beghineggiando.
Occorre però aggiungere che da più parti (e parti 'amiche', ben inteso) ci viene richiesto un più attento controllo su alcuni commenti che, ci dicono, possono mettere in cattiva luce proprio coloro che si sentono legati alla Tradizione della Chiesa. Spieghiamo meglio: certe reazioni, più umorali che razionali, in cui noi tradizionalisti ci sfoghiamo un po' qualunquisticamente contro tutto e tutti della Chiesa d'oggi, rischiano di farci apparire settari o irragionevoli, con danno e perdita di credibilità per noi stessi fedeli legati alla Tradizione.
Siamo in effetti arrivati al punto di non pubblicare notizie, ad esempio immagini di certi abusi liturgici, per timore che la santa collera e il giusto sdegno dei lettori possa trascendere in commenti eccessivi e fuori luogo.
E' certo difficilissimo, in una temperie spirituale così grave e soprattutto dopo decenni di odiose prevaricazioni modernistiche, di dissennata, se non preordinata, demolizione di elementi della Fede, mantenersi pacati. Tutti noi abbiamo i nostri momenti di eccesso atrabiliare. Ma dobbiamo evitarli a tutti i costi: sia perché lo zelo amaro è esplicitamente condannato da San Paolo; sia perché, utilitaristicamente, essi ci nuocciono. E' una ben conosciuta regola eristica, ossia del confronto polemico, che un concetto espresso in toni sopra le righe perde buona parte della sua persuasività: questo perché chi legge è portato a ritenere che esso sia frutto più di disordinata passione che di matura riflessione.
E se a qualcosa serve un blog come questo, è presentare a chi non la pensa come noi, o semplicemente non conosce la Tradizione della Chiesa, la bellezza di questa e la necessità del suo recupero. La forza tranquilla ma sicura degli argomenti, il semplice e incomprimibile buon senso, sono sicuramente dalla nostra parte: non intorbidiamoli con la violenza verbale che allontana, anziché convincere.
Per questo ribadiamo le tre regole già da tempo stabilite per i commenti (niente insulti, non impugnare la verità conosciuta, ossia i dogmi; evitare il più possibile gli off topic). A questi aggiungiamo un ulteriore criterio: evitare lo zelo amaro, l'acidità gratuita e l'invettiva qualunquistica che fa di tutta l'erba un fascio.
Grazie
lunedì 24 agosto 2009
La riforma della riforma: si fa o non si fa?
Il Prelato dell'Opus Dei: al Papa sta molto a cuore il recupero del senso autentico della liturgia
Sappiate che il Papa ha molto a cuore che si recuperi il senso autentico della liturgia; desidera molto che trattiamo il Signore con delicatezza, che sappiamo fare una genuflessione con devozione quando passiamo davanti a un tabernacolo, che sappiamo adorare l'Ostia Santa quando è esposta, che sappiamo farLe compagnia in tutti i tabernacoli del mondo.
domenica 23 agosto 2009
Le recenti nomine in Segreteria di Stato viste dai progressisti
RIVOLUZIONE DI PALAZZO
Riforma della riforma
Per i non angolofoni, una traduzione:
*Nuovo & migliorato*
DATI NUTRIZIONALI
Quantità: 60 minuti
Razioni quotidiane: 1
Grazia: dipende dalla disposizione
Istruzioni: dire il nero, fare il rosso
[in riferimento al Messale: le parti in nero da dire, quelle in rosso, ossia le rubriche, da eseguire]
Porzione - Percentuale sulla quantità raccomandata giornaliera
Reverenza (*) 100%
Latino 50%
Inginocchiamento 50%
-per ricever la comunione
-per la consacrazione
Ad orientem 25%
Canone romano 100%
Non contiene alcuno dei seguenti elementi:
Applausi 0%
Chitarre 0%
Ministri straordinari 0%
Comunione in mano 0%
sabato 22 agosto 2009
Ratzinger riforma la messa. Basta con l’ostia sulla mano
di Andrea Tornielli
Chi conosce il cardinale Cañizares, soprannominato «il piccolo Ratzinger» prima del suo trasferimento a Roma, sa che è intenzionato a portare avanti con decisione il progetto, a partire proprio da quanto stabilito dal Concilio Vaticano II nella costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, che è stata in realtà superata dalla riforma post-conciliare entrata in vigore alla fine degli anni Sessanta. Il porporato, intervistato dal mensile 30Giorni, nei mesi scorsi aveva detto a questo proposito: «A volte si è cambiato per il semplice gusto di cambiare rispetto a un passato percepito come tutto negativo e superato. A volte si è concepita la riforma come una rottura e non come uno sviluppo organico della Tradizione».
Per questo le «propositiones» votate dai cardinali e vescovi alla plenaria di marzo prevedono un ritorno al senso del sacro e all’adorazione, ma anche un recupero delle celebrazioni in latino nelle diocesi, almeno durante le principali solennità, così come la pubblicazione di messali bilingui - una richiesta, questa fatta a suo tempo da Paolo VI - con il testo latino a fronte.
Le proposte della Congregazione che Cañizares ha portato al Papa, ottenendone l’approvazione, sono perfettamente in linea con l’idea più volte espressa da Jopseph Ratzinger quando ancora era cardinale, come attestano i brani inediti sulla liturgia anticipati ieri dal Giornale, che saranno pubblicati nel libro Davanti al Protagonista (Cantagalli), presentato in anteprima al Meeting di Rimini. Con un nota bene significativa: per l’attuazione della «riforma della riforma» ci vorranno molti anni. Il Papa è convinto che non serva a nulla fare passi affrettati, né calare semplicemente direttive dall’alto, con il rischio che poi rimangano lettera morta. Lo stile di Ratzinger è quello del confronto e soprattutto dell’esempio. Come dimostra il fatto che, da più di un anno, chiunque vada a fare la comunione dal Papa, si deve genuflettere sull’inginocchiatoio appositamente preparato dai cerimonieri.
(Fonte: Il Giornale 22 agosto 2009)
Mons. de Galarreta nominato presidente della Commissione teologica della FSSPX
Il vescovo ispano-argentino mons. Alfonso de Galarreta è stato nominato presidente della Commisione di teologi della Fraternità S. Pio x con l’incarico delle discussioni dottrinali con Roma. Suo compito sarà coordinare e dirigere gli incontri con la Commissione designata dalla Santa Sede. Poiché attualmente egli è rettore del seminario di Nostra Signora Corredentrice di La Reja, in Argentina [dopo che mons. Williamson, precedente rettore, è stato sollevato dall’incarico], dovrà dividersi tra tale incarico e in viaggi in Europa per assolvere al nuovo compito.
Di profilo discreto, si sa che sostiene posizioni dottrinali dure; tratta poco, quasi nulla con la stampa e ha uno stile pastorale che gli ha guadagnato il rispetto di clero e fedeli in tutta la Fraternità, specie per la sua abilità come persona di consiglio e per la chiarezza nell’esposizione e nel pensiero. Sebbene la sua intransigenza dottrinale sia fuori discussione, si caratterizza per le sue attitudini ragionevoli e di sperimentato realismo.
Secondo fonti vicine alla FSSPX, resterebbe destinato all’Argentina finché l’andamento delle discussioni determinino se le sue funzioni in Europa assorbano più del tempo necessario a seguire il seminario.
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La attuale impossibilità pratica di mons. Williamson di svolgere incarichi di apostolato, dato il polverone mediatico e la sua situazione legale, ha provocato un maggior carico di lavoro agli altri tre vescovi coadiutori della FSSPX.
Le discussioni dottrinali cominceranno presumibilmente dopo l’estate europea, senza tuttavia data fissa definitiva.
[..]