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mercoledì 8 luglio 2009

Caritas in veritate: "Non è una terza via"

di Paul Josef Cordes, Cardinale, presidente del Pontificio Consiglio «Cor Unum»

La prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, sulla teologia della carità, conteneva indicazioni sulla dottrina sociale. Ora siamo di fronte a un testo dedicato interamente a questa materia. Ma balza agli occhi che il concetto centrale resta la caritas, intesa come amore divino manifestato in Cristo. La Chiesa è stata costituita per essere sacramento di salvezza per tutti i popoli. La sua missione la strappa a un malinteso ricorrente: secolarizzarla fino a farne un agente politico. La Chiesa ispira, ma non fa politica. La Chiesa non è un partito né un attore politicizzante. Lo stesso cardinale Ratzinger si è opposto negli anni '80 a questo possibile malinteso. Questo implica che la dottrina sociale della Chiesa non è una "terza via", cioè un programma politico da realizzare per giungere a una società perfetta. Chi la pensa così rischia paradossalmente di preparare una teocrazia, dove i principi validi nel discorso della fede diventano tout court principi da applicare al vivere sociale, sia per chi crede, sia per chi non crede, abbracciando anche la violenza. Di fronte a tali errori, la Chiesa salvaguarda, insieme alla libertà religiosa, la giusta autonomia dell'ordine creato. In positivo, l'enciclica Caritas in veritate esprime il significato della dottrina sociale della Chiesa in diverse parti, quando ne va del rapporto tra evangelizzazione e promozione umana. Mentre finora l'accento della dottrina sociale era piuttosto sull'azione per promuovere la giustizia, ora si avvicina in senso lato alla pastorale: la dottrina sociale è affermata elemento dell'evangelizzazione. Cioè l'annuncio di Cristo morto e risorto che la Chiesa proclama lungo i secoli ha una sua attualizzazione anche rispetto al vivere sociale. Quest'affermazione contiene due aspetti. Non possiamo leggere la dottrina sociale fuori dal contesto del Vangelo e del suo annuncio. La dottrina sociale, come mostra questa enciclica, nasce e si interpreta alla luce della rivelazione. D'altra parte, la dottrina sociale non si identifica con l'evangelizzazione, ma ne è un elemento. Il Vangelo riguarda il vivere dell'uomo anche in relazioni sociali e in istituzioni che da queste relazioni nascono, ma non si può restringere l'uomo al suo vivere sociale. E dunque la dottrina sociale della Chiesa non può sostituire tutta l'opera di annuncio del Vangelo. Nella logica di questa enciclica si affaccia prepotentemente un ulteriore passaggio, forse una terza fase della riflessione della dottrina sociale. Non è un caso se si è posta la carità come punto di snodo: dunque la carità divina cui risponde come atto umano una virtù teologale. L'uomo non si pone solo come obiettivo di un processo, ma come il soggetto di questo processo. L'uomo che ha conosciuto Cristo si fa attore di cambiamento perché la dottrina sociale non resti lettera morta.


Da L'Osservatore romano 8 luglio 2009

2 commenti:

  1. Finalmente è arrivata l'enciclica di cui tanto si vociferava.
    La carità è parte dell'Evangelizzazione dice; chissà che tanti che oggi si dedicano solo alle 'attività sociali' a favore dei più sfortunati, senza ricordare che l'annuncio del Vangelo è il più grande Dono, riequilibrino le loro priorità.
    Ricordando che, tra coloro che mettono in primo piano il portafoglio dei poveri rispetto alla loro salvezza ci sono, oggi, anche molti sacerdoti.

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  2. Peccato, a me l'idea della teocrazia piaceva... ;)

    Andrea

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