Beceri tradizionalisti offendono Tettamanzi!
Ci sono due motivi per cui solitamente m’incazzo.
Anzitutto, quando vedo un Movimento ecclesiale vendersi l’anima al capitalismo più schifoso o, con parole più povere, alla cultura dell’idiota per eccellenza, che si chiama Silvio Berlusconi. Questo è il vero peccato contro lo Spirito santo, perciò imperdonabile.
E il secondo motivo è quando constato una cattiveria, degna del più perverso oscurantismo, che prende di mira alcune figure di cardinali che sanno guardare al di là dello steccato imposto da una chiesa retriva e fallimentare.
Il sito messainlatino.it - che invito a consultare - è di una rozzezza teologica e liturgica tale da rasentare il ridicolo e il blasfemo, senza salvare della virtù della carità nemmeno le mutande. Dicono di predicano [sic] Dio che si fa Uomo e Dono d’amore sulla Croce - la Messa che cos’è? - e poi si divertono a dileggiare i suoi ministri che vorrebbero un Cristianesimo senza quegli orpelli o legami che lo riducono ad una povera religione.
Non entro nella questione del rito ambrosiano e della relativa polemica sulla Messa in latino - non m’interessa assolutamente - ma non accetto che si prendano di mira, anche con disprezzo, prima il cardinal Martini e ora il cardinal Tettamanzi.
Il cardinal Tettamanzi ha ben altro da fare che pensare alle Messe in latino. Viviamo in una società che, per le sue ingiustizie, grida vendetta al cospetto di Dio. E Dio non ascolta le preghiere oscene dei patiti del latino, ma ascolta le grida dei poveri che usano la loro lingua per farsi ascoltare.
Come si può sopportare la massa [è bello che ci si accorga che non siamo i patetici quattro gatti, ma stiamo diventando, se non una massa, un elemento considerevole del cattolicesimo] di idioti fanatici che tradiscono il Vangelo e il cristianesimo in nome di una religione che ha perso ogni contatto con il mondo moderno? Che ne facciamo di questi fondamentalisti? Metterli su un’isola nel bel mezzo dell’oceano? [era quello che voleva fare Hitler con gli Ebrei: aveva fatto piani per la deportazione in Madagascar. Poi un'altra soluzione, finale, è parsa più semplice]
C’è una disperazione - sì, disperazione - che ogni giorno che passa si fa sempre più atroce per una politica italiana allo sbando, e noi credenti siamo qui a litigare sul latino, come se questo fosse il vero problema di oggi!
Volete il latino? Tenetevelo, tattuatelo sul sedere, e non rompete più le palle, idioti!
E ricordatevelo: non mi fate paura con le vostre minacce [???] “in latino”. Mi fa paura la vostra idiozia che permette al Mostro che voi onorate col vostro latino di corrompere ogni senso della giustizia e ogni ideale di democrazia [comprendiamo bene, don Giorgio? Il culto in latino serve ad "onorare il Mostro" ossia, come par di capire, il succitato Berlusconi? Ci dobbiamo essere persi un passaggio...].
Voi ne siete responsabili!
per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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martedì 30 giugno 2009
Della serie: clero ambrosiano
Tornielli: nuovo motu proprio e valzer di nomine in vista
lunedì 29 giugno 2009
Il Papa: i cristiani adulti non sono quelli che dicono di esserlo.
[..] Nel quarto capitolo della Lettera l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura. Non possiamo più rimanere “fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (4, 14). Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede matura, una “fede adulta”. La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso [constatazione amara e verissima!]. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo. Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”. Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr Ef 4, 15). Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri. [..]
Il vescovo di Basilea ai "difensori del Concilio": abbiate un po’ d’onestà
Father Z. nel suo blog riporta la lettera del vescovo di Basilea, Svizzera, ai suoi preti per il luglio 2009 (questo il link al sito della diocesi). Da leggere con attenzione, sapendo come l’ambiente ecclesiale della Svizzera tedesca sia, al pari della Germania, su posizioni di estrema critica verso il Papa e la sua posizione circa il Concilio e la Tradizione.
Che cosa mi spinge?Più onestà, per favore!
Nelle ultime settimane molti giornalisti, e anche qualcuno nel clero, hanno espresso la loro opinione su Papa Benedetto. In queste opinioni erano anche contenute molte mezze verità, bugie, e calunnie. La peggiore accusa afferma che il Papa vuole tornare indietro a prima del Concilio Vaticano II. Questa accusa è la peggiore perché implica che proprio la persona che possiede l’autorità di insegnare della Chiesa universale starebbe lavorando per minare l’autorità del Concilio. Questa sentenza, comunque, sarebbe completamente erroneo. Da giovane teologo, Benedetto XVI contribuì molto al Concilio. Chiunque voglia comprendere il Papa ora – non solo dai media – ma anche leggendo ciò che scrive, arriverebbe alla conclusione che egli ha orientato il suo intero magistero sul Concilio [mah: questa affermazione, che si giustifica nello sforzo del vescovo di difendere il Papa dall’accusa fin troppo frequente di "leso Concilio", è in realtà eccessiva: Benedetto XVI fonda il suo Magistero più sui Padri della Chiesa, che sul Concilio, che certo non intende ripudiare bensì reinserire – come si sarebbe dovuto fare fin dall’inizio – nel solco di duemila anni di tradizione della Fede, criticando espressamente l’abusiva esaltazione del Concilio a "superdogma". La riprova di quanto affermato è nella sua ultima – ad oggi – enciclica Spe salvi: unico caso da quarant’anni, essa non cita documenti conciliari, nemmeno una volta!]. Come dovremmo allora capire questa accusa?[E ora viene il bello...] Molte persone hanno firmato una petizione per l’accettazione senza restrizioni del Concilio. Tanto per cominciare, l’espressione "accettazione senza restrizioni " mi irrita perché io non conosco nessuno, me compreso, a cui si possa applicare. Alcuni esempi scelti a caso basteranno:
Il Concilio non ha abolito il latino nella liturgia. Al contrario, enfatizza che nel rito romano, salvi casi eccezionali, l’uso della lingua latina deve essere mantenuto. Chi tra i vocianti difensori del concilio desidera "accettare senza restrizioni" ciò?
Il Concilio ha dichiarato che la Chiesa considera il canto gregoriano come la "musica propria del rito romano" e che perciò deve avere "posto principale". In quante parrocchie questo è applicato "senza restrizioni "
Il Concilio ha richiesto espressamente che le autorità di governo volontariamente rinunzino a quei diritti di partecipare alla scelta dei vescovi, come insorti nel corso del tempo. Quale difensore del concilio si batte "senza restrizioni " per quello? [per comprendere tale punto, dobbiamo ricordare che in parecchie diocesi del mondo germanico, compresa quella di Basilea, vigono antichi privilegi per cui i vescovi sono scelti con elezioni tra il clero locale, o simili rappresentanze. L’esito è che la scelta diventa appannaggio di cricche semi-politiche o correnti ecclesiali di gruppi e movimenti. Da notare che la rivendicazione dell’elezione dei vescovi su base locale e senza interferenze da Roma è uno dei cavalli di battaglia dei progressisti, appunto di quelli che abusivamente si sciacquano sempre la bocca con un Concilio che, su quasi tutti i punti, ha detto il contrario di quanto essi oggi sostengono]
Il Concilio descrive la natura fondamentale della liturgia come celebrazione del mistero pasquale e il sacrificio eucaristico come "il completamento dell’opera della nostra salvezza". Come può accordarsi tutto questo con la mia esperienza, fatta in molte differenti parrocchie, che la comprensione sacrificale della Messa è stata completamente eliminata dal linguaggio liturgico e la Messa è ora intesa solo come una cena o "lo spezzare del pane"? In quale modo si può giustificare questo cambiamento profondo richiamandosi al Concilio?
Nessun incarico della Chiesa ha ricevuto più importanza dal Concilio di quello del vescovo [vero: anche troppo, a discapito del ruolo sacerdotale!]. Come possiamo allora comprendere la vasta diminuzione in Svizzera di questa carica ecclesiale, che viene giustificata in riferimento al Concilio? Quando, ad esempio, Hans Kung nega completamente l’autorità docente dei vescovi, concedendo loro solo l’incarico di guida pastorale?Non sarebbe difficile allungare questa litania. Anche così, dovrebbe essere ovvio perché io chiedo più onestà nel corrente dibattito sul Concilio. Invece di accusare gli altri, e perfino il Papa, di voler tornare a prima del Concilio, ciascuno farebbe bene a tornare a leggere i propri libri e verificare la propria personale posizione sul Concilio. Perché non tutto quello che fu detto e fatto dopo il Concilio, è avvenuto in accordo con il Concilio – e questo riguarda anche la diocesi di Basilea. In ogni caso, le ultime settimane mi hanno mostrato che un problema primario nella situazione attuale, è stata una comprensione e accettazione del Concilio molto povera, e in parte molto partigiana, perfino da cattolici che difendono il Concilio "senza restrizioni". A questo riguardo noi tutti, e ancora una volta anche io, abbiamo molta strada da fare. Perciò ripeto nuovamente la mia urgente richiesta: più onestà, per favore.+ Kurt Koch
domenica 28 giugno 2009
Tosatti: il Papa si tiene la Curia così com'è ancora per due anni!
Il nuovo Arcivescovo di Westminster promuove l'Adorazione eucaristica
Il nuovo Arcivescovo di Westminster Vincent Nichols ha aperto l’anno sacerdotale (nella foto, un'immagine della cerimonia) invitando i cattolici a dedicare un'ora alla settimana a pregare per i preti davanti al Santissimo Sacramento. Nel corso di un’omelia in Westminster Cathedral ha insistito che ogni parrocchia concentri gli sforzi di quest’anno in un rinnovamento della vita di preghiera, in particolare introducendo la devozione delle Quarantore, con l’Adorazione del SS. Sacramento tenuta continuamente in una serie di diverse chiese.
Ha detto che la pratica "sosterrebbe noi nella nostra vita insieme, ci consentirebbe di pregare Dio con tutto il cuore" e sarebbe fonte di nuove vocazioni.
Nella sua omelia, l’arcivescovo ha detto che l’anno sacerdotale è un anno in cui, come Chiesa, "noi diciamo che siamo orgogliosi dei nostri preti, che li amiamo, li onoriamo e riconosciamo con gratitudine la testimonianza delle loro vite e la generosità del loro lavoro pastorale".
Ha aggiunto che non c’era giorno migliore per iniziare l’anno sacerdotale della Festa del S. Cuore di Gesù. Il Sacro Cuore, ha detto, è un simbolo dell’amore del Signore che dona tutto se stesso, cosa che i preti cercano di imitare nelle loro vite.
Ha anche osservato che la sua immagine favorita per descrivere il prete è quella di strumento nelle mani di Dio, una matita, penna o biro forse, con cui il Signore può scrivere tutto ciò che il Padre Gli dice. E ciò che scrive, se noi Glielo permettiamo, sarà sicuramente una storia di amore indefettibile. Ha aggiunto che i preti sono chiaramente strumenti di Cristo soprattutto quando celebrano Messa e quando assolvono i peccati, "il grande tesoro e privilegio del sacerdozio".
Fr Peter Newby, parroco a St Mary Moorfields nella City di Londra, ha detto di aver visto un cambiamento negli ultimi 10-15 anni e è sorpreso da quante chiese hanno ora qualche forma di Adorazione settimanale. Ha aggiunto che la vita della sua parrocchia è stata "profondamente toccata" dalla Adorazione perpetua: "consente alla gente di andare e venire senza dover incontrare nessuno e di avere solo una conversazione privata con Dio".
Fr Newby ha anche detto che ha avuto un potente effetto sulle vocazioni. "Aiuta a coltivare un gran numero di cattolici profondamente impegnati. Alimenta un’intensità".
Fr Alexander Sherbrooke, parroco a St Patrick's, Soho, Londra, che pure ha l'Adorazione quotidiana, concorda che sembra avere un forte impatto sulle vocazioni: "Dove c’è stata Adorazione eucaristica, molte vocazioni sono arrivate". E ancora: "L’Adorazione è un invito all’umiltà, un appello a inginocchiarsi e implorare il Signore per il Suo aiuto. E’ anche un invito [per i preti] ad essere più incentrati sulla celebrazione della S. Messa: la Messa è il centro dell’essere prete".
Fr Tim Finigan, parroco di Blackfen, Kent, ha detto che l’iniziativa dell’Arcivescovo Nichols è "molto rincuorante" e che è "una grande consolazione per i preti sapere che la loro gente prega per loro".
A che serve la Congregazione dei Vescovi?
E veniamo alla notizia, che riporta Rorate Caeli.
Il vescovo Francisco Barbosa di Minas, Uruguay, ha rassegnato in questi giorni le dimissioni dopo essere stato ricattato da due uomini, suoi amanti. Questi, due carcerati che il vescovo aveva conosciuto nell'ambito di attività di conforto (!) ai condannati, minacciavano di rendere pubbliche alcune fotografie che ritraevano gli amplessi col mitrato. Il quale si è perciò dovuto rivolgere alla Polizia.
Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Francisco Barbosa da Silveiro era stato nominato vescovo di Minas nel 2004, il card. Re felicemente regnante alla testa della Congregazione per i Vescovi. E' qualificato come progressista per avere, tra l'altro, impedito l'attività nella diocesi di gruppi invisi ai progressisti come... il Cammino Neocatecumenale (vedi qui)
La vicenda è molto simile a quella dell'ultraprogressista Arcivescovo Weakland di Milwakee (che pagava il silenzio dell'amante con la cassa dell'Arcidiocesi, e recentemente ha scritto un libro con il suo coming out di vescovo fieramente gay), nominato nel 1977 e dimessosi, ma solo per raggiungimento dei 75 anni, nel 2002; e a quella del pure progressista vescovo argentino Juan Carlos Maccarone di Santiago del Estero, ripreso clandestinamente in un incontro con un ventitreenne.
Il vescovo Lugo, già fautore della teologia della liberazione e ora presidente del Paraguay (e per questo ridotto allo stato laicale), non è invece stato fotografato o filmato; ma le tracce delle sue prodezze (con donne, questa volta) le ha lasciate comunque, ossia la prole: in parte riconosciuta, in parte tuttora oggetto di contestazione.
Ora, il fatto che si tratti di vescovi tutti di area "modernista" non significa che i più conservatori siano immuni da scandali del genere. Anzi, vi sono stati casi clamorosi come Krenn e Groer in Austria. Ma la domanda che si pone è: possibile che la Congregazione dei Vescovi non riesca, con tutte le sue istruttorie, a prevenire casi del genere, che stanno diventando davvero numerosi e producono danni incalcolabili, già solo alimentando il sospetto contro tutto "l'ambiente"?
E non si tratta solo di questioni sessuali. C'è qualcosa, a pensar bene, di peggio, perché corrompe non il corpo, ma lo spirito. Abbiamo già presentato in questo sito (v. qui) il coraggioso vescovo di Lancaster (ora emerito) Donoghue, che invitava ad opporsi ai vescovi infedeli al Magistero. Ebbene, leggete che cosa afferma in riferimento a questi anni postconciliari (fonte: The hermeneutic of continuity):
Questo cocktail di dissenso, disobbedienza e slealtà ha portato a ciò che io chiamo una "cospirazione del silenzio" tra gruppi nella Chiesa. Non c'è vero dialogo o volontà di parlare apertamente e onestamente delle nostre differenze. Per esempio, io non so perché i miei libri Fit to Mission? [Preparato per la Missione?] hanno incontrato un muro di silenzio tra i vescovi di questo paese. Io stavo semplicemente reiterando l'insegnamento della Chiesa, ma questo è stato considerato come inaccettabile e inaffrontabile. Perché?
Forse le propensioni sessuali possono anche restare celate alle istruttorie della Congregazione. Ma le opinioni dei candidati prescelti per le terne, questo "cocktail di dissenso, disobbedienza e slealtà" che caratterizza, e sono parole di un altro vescovo, interi episcopati, è impossibile non siano già ben note prima dell'elezione a vescovo.
Tempo di cambiare, allora, alla Congregazione per i vescovi. A cominciare dal suo Prefetto, l'ormai settantacinquenne cardinale Re. Ogni riforma e la stessa rimessa in carreggiata del Concilio, clamorosamente deragliato in questi decenni nella sua interpretazione e applicazione, passano imprescindibilmente da qui. Solo così un Concilio vero, che non abbiamo mai, ma proprio mai conosciuto, potrà dare i frutti che l'assistenza dello Spirito Santo promette.
sabato 27 giugno 2009
Intervista al superiore tedesco dei lefebvriani: Roma considera per noi una sorta di prelatura personale.
KNA: Herr Schmidberger, lei è un prete della Chiesa cattolica?
Naturalmente. Sono stato ordinato nel 1975 dall’arcivescovo Marcel Lefebvre a Econe.
Sì. Io vivo e lavoro nel cuore della Chiesa
KNA: Che cosa significa per lei il Concilio Vaticano II?
Non c’è dubbio che è stato un concilio ecumenico, ma tra i 21 concilii possiede un carattere unico come concilio pastorale. Entrambi i papi del concilio hanno dichiarato che non volevano definire nuovi dogmi. Perciò, il Concilio Vaticano II non ha lo stesso status degli altri concilii.
KNA: Che cosa pensa del suo contenuto?
Lo spirito del Concilio è stato descritto come un cattivo spirito, persino da Papa Benedetto XVI. Ci sono affermazioni ambigue nei documenti, e molte altre che non collimano con la dottrina tradizionale.
KNA: Come dovrebbe essere il dialogo teologico tra la fraternità e Roma circa il concilio?
Per quanto concerne la forma esteriore, potrebbe essere orale o scritto, ma principalmente dovrebbe essere scritto. Abbiamo scelto i nostri rappresentanti e Roma anche ha scelto i suoi. Le discussioni riguarderanno: che cosa è ambiguo nel Concilio? Che cosa contraddice la dottrina tradizionale della Chiesa?
KNA: Francamente, crede che vecchio e nuovo rito possano continuare a coesistere a lungo termine.
Beh, vedremo come le cose si sviluppano. Ci sono profonde differenze tra i due riti; per esempio, l'orientamento della celebrazione. Il vecchio rito è teocentrico. Quello nuovo è antropocentrico. Molti gesti, simboli, e rituali, sono stati cambiati nelle fondamenta. Oggi, il vecchio rito è come una solida roccia tra le onde scatenate, che deve restare invariato. Il nuovo rito richiede un radicale rifacimento in modo che la natura sacrificale sia di nuovo esplicitamente espressa.
KNA: Che cosa pensa la Fraternità del Decreto conciliare sull’Ecumenismo [Unitatis Redintegratio]?
Dice che le altre denominazioni [cristiane] sono mezzi di salvezza. Se quello è vero, allora non c’è più alcuno scopo ad impegnarsi in attività missionaria. Questo necessita d’esser chiarito.
KNA: Che ne pensa di Nostra Aetate, che concerne il rapporto con gli Ebrei?
Non solo gli Ebrei, riguarda anche Islam, Induismo e Buddismo. Queste religioni non cristiane sono coperte di lodi. Questo ha incoraggiato l’espansione dell’Islam, per esempio. Oggi ci sono 4,3 milioni di mussulmani in Germania. La Chiesa ha un mandato di adoperarsi per la loro conversione, ma io non conosco di un solo vescovo tedesco che abbia fatto progetti per farlo. Circa la relazione con gli Ebrei, le affermazioni del Concilio non possono essere criticate nella loro essenza. Ma, dopo il Concilio, si fa strada l’idea che gli Ebrei abbiano la loro propria strada per la salvezza. Questo è completamente opposto al comandamento missionario di Gesù Cristo.
KNA: E avete anche problemi con la descrizione degli Ebrei da parte di Papa Giovanni Paolo II come fratelli maggiori dei cristiani.
Certamente Abramo, Isacco, Giacobbe e i profeti lo sono. Ma gli Ebrei di oggi no, perché non riconoscono Gesù Cristo come l’unico e solo redentore. Come potrebbero essere i fratelli maggiori [per vero lo stesso mons. Fellay ha usato tale espressione in riferimento agli Ebrei di oggi: “Gli Ebrei sono i “nostri fratelli maggiori”, nel senso che abbiamo un qualcosa in comune, cioè l’antica Alleanza. Certo, ci separa l’aver riconosciuto il Cristo quando lui è venuto”: clicca qui]
KNA: E’ corretta l’impressione che voi, con le vostre posizioni, volete imporre un prezzo per l’unione con la Chiesa cattolica?
Noi vogliamo che la verità trionfi. Non ha niente a che vedere con le opinioni soggettive, riguarda interamente la verità.
KNA: Come voi la definite!
No, noi leggiamo tutte le precedenti affermazioni dei Concilii e dei Papi. Papa Pio IX ha parlato contro la libertà religiosa, ad esempio. La domanda è: queste false religioni hanno diritti di natura? Il Concilio Vaticano II risponde diversamente da Pio IX. Quella è una rottura.
KNA: Il diritto canonico richiede ai preti di sottomettersi al vescovo locale. Perché questo è difficile per voi?
Non è per niente difficile. Ma noi siamo la nostra Fraternità, che fu perfino lodata da Roma nel 1971. In seguito, abbiamo sviluppato la nostra propria vita. Poi le tensioni di sono sviluppate perché rifiutammo di partecipare alle distruttive riforme protestantizzanti. Abbiamo domande sulla fede della Chiesa e i vescovi rispondono solo domandando obbedienza. Ma la Fede è superiore all’obbedienza.
KNA: In seguito allo scandalo Williamson, Papa Benedetto XVI ha accusato la FSSPX di arroganza e vi ha ingiunto di astenervi dalle provocazioni. Ma è successo il contrario. Come può aiutare a rimettere insieme i cocci?
Naturalmente, ogni uomo ha le sue debolezze e cose infelici sono state dette. Ma noi vogliamo vivere insieme in pace. Ho scritto una lettera privata personale al presidente della Conferenza episcopale, l’Arcivescovo Zollitsch, ma i vescovi non intendono iniziare un dialogo. Rifiutano ogni colloquio con noi. Perché chiedono che noi obbediamo al diritto canonico alla lettera mentre allo stesso tempo affermano che noi siamo fuori della Chiesa?
KNA: Nel 2005 c’è stata una conversazione a Castel Gandolfo in cui, oltre al Papa, al cardinale di Curia Dario Castrillon Hoyos, e al vescovo tradizionalista Bernard Fellay, c’era anche lei. Che cosa è stato deciso quella volta?
Abbiamo discusso l’intera situazione con la Fraternità e convenuto sul cammino che ora stiamo seguendo Il Motu Proprio del 2007 e la revoca delle scomuniche erano i primi passi. Ora viene il dialogo teologico. Dopo, dobbiamo trovare una struttura canonica per la Fraternità con i suoi 500 preti. Siamo soddisfatti della soluzione che Roma sta considerando.
KNA: Quale è?
In direzione di una prelatura personale
KNA: Simile all’Opus Dei?
In qualche modo.
La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime. I fedeli hanno un diritto alla celebrazione della forma tradizionale della Messa. Il punto è ordinare preti che desiderano rendere disponibile il Vangelo. Le ordinazioni non intendono essere un affronto ad alcuno. Sono fatte in realtà per aiutare il Papa e i vescovi. Ma è come trattare con pazienti che non vedono quello che la medicina fa per la loro salute.
Sì, è vero. La Tradizione è la sola guida per portare la Chiesa fuori della presente crisi. Nel 1950, 13 milioni di cattolici andavano alla Messa domenicale. Oggi è appena meno di 2 milioni. Questa è un crollo dell’85%. In dieci anni, tutte le chiese saranno vuote. E’ questo che vogliono i vescovi? Che cosa succederà ai nostri figli? Si tratta della preservazione del cristianesimo in Occidente.
venerdì 26 giugno 2009
Il nuovo Nunzio a Parigi.
10, Avenue Prés. Wilson,
Parigi
Un nuovo motu proprio in preparazione?
Benedetto XVI e i suoi consiglieri intendono approfittare della calma estiva per avanzare sul cammino della riconciliazione dei lefebvriani, grazie alle discussioni teologiche. Il Papa ha scelto il nuovo segretario della Commissione teologica internazione, il padre domenicano Charles Morerod, in funzione precisamente della sua sensibilità vicina alla controparte tradizionalista. In effetti il P. Morerod è autore di una tesi di dottorato, presentata alla facoltà di teologia dell’Università di Friburgo, sul Cajetano, maestro generale dei domenicani e commentatore di S. Tommaso d’Aquino, nella sua polemica contro Lutero. Ma il P. Morerod si è fatto notare soprattutto per la sua opera Tradition et unité des chrétiens. Le dogme comme condition de possibilité de l’œcuménisme (Parole et Silence, Paris, 2005), nella quale in modo radicale prende in contropiede l’ecumenismo più liberale, come quello dei teologi Fries, Rahner o Tillard, insistendo sul carattere essenziale di un vero pensiero cattolico, indissolubilmente teologico e filosofico.
Il nuovo motu proprio sarebbe in corso di preparazione da parte del principale redattore del motu proprio del 2007, Mons. Nicola Bux, professore di teologia a Bari e stimato consigliere del Papa. Golias sottolinea l’importanza del ruolo di don Nicola (di cui dà un ritratto lusinghiero, anche se forse involontariamente), in questi termini:
“Consultore alla Congregazione per la dottrina della fede, in attesa di una promozione strategica, Mons. Bux, prete italiano di 63 anni, cordiale e discreto, ma temibilmente conservatore e preciso nella sua argomentazione, vuole essere l’artigiano determinato e infaticabile, non solo di un riavvicinamento con gli integristi, ma di una restaurazione tradizionalista del cattolicesimo tutto. E’ lui che ha redatto il motu proprio del 2007 sulla messa in latino. Nella sua ultima opera, uscita l’ottobre scorso in Italia “La riforma di Benedetto XVI”, [da leggere!] con prefazione di V. Messori, Mons. Bux stima che occorre rivalutare l’essenza della “sacra e divina liturgia”, "che non può farsi per mano d’uomo". Altrimenti, essa “non servirebbe a nient’altro che a rappresentare se stessi e soprattutto essa non salverebbe né l’uomo né il mondo, non lo santificherebbe”. E’ convinto che la liturgia di S. Pio V onora di più il senso del sacro di quella di Paolo VI. Critica d’altronde in modo ferocissimo la riforma battezzata col come di Papa Montini, una vera “decomposizione” della liturgia secondo lui, che esprime e aggrava quel che il teologo Louis Bouyer chiamava la “decomposizione del cattolicesimo”.
In effetti, Mons. Bux non si limita alla materia liturgica. Denunzia l’apertura al mondo che insozza il mistero cristiano e fustiga la via rilassata dei preti, in particolare in materia di vita privata (celibato...). Se la prende egualmente con la deviazione fondamentale, secondo lui, della teologia contemporanea, che è quella di operare una “svolta antropologica” (che denunzia, seguendo Cornelio Fabro, in Karl Rahner). Gli oppone una nuova svolta teocentrica e cristocentrica, simboleggiata dal fatto di celebrare di nuovo verso l’Oriente, spalle ai fedeli. Ci si immagina il contenuto del futuro e imminente motu proprio, con un tale redattore.
Il card. William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, provato tra l’altro da problemi di salute, esasperato e afflitto, demoralizzato, non ha più né il potere né l’influenza necessaria per opporsi ad una tale svolta ultraconservatrice.
Lungi dal presentarsi come una difesa del Concilio, il motu proprio dovrebbe proporne una rilettura minimalista, che cancella le novità e ne contesta lo spirito. Insomma, un Concilio “secondo la tradizione”, come Mons. Lefebvre riconosceva di poter accettare.
giovedì 25 giugno 2009
Il frutto più amaro del Concilio
Sul primo post di questo blog elencavo una serie di frutti non previsti e non desiderati del Concilio Vaticano II: "La riforma liturgica ha rese deserte le chiese; il rinnovamento della catechesi ha diffuso l’ignoranza religiosa; la revisione della formazione sacerdotale ha svuotato i seminari; l’aggiornamento della vita religiosa sta mettendo a rischio l’esistenza di molti istituti; l’apertura della Chiesa al mondo, nonché favorire la conversione del mondo, ha significato la mondanizzazione della Chiesa stessa".
[..]
Dopo tanti bei discorsi, ecco il risultato. Forse il Vaticano II dovrebbe costituire una lezione per la Chiesa: nessun Concilio aveva mai scritto tanti documenti, diciamo pure, tanti bei documenti, con i quali non si può non essere d'accordo. Ed ecco, che cosa sono stati capaci di produrre tali documenti? Divisione. Certo, tale risultato non è stato in alcun modo voluto: si voleva l'unità, ed è arrivata la divisione. Proprio perché non voluto, tale risultato non può essere addebitato al Concilio. Eppure, c'è qualcosa non torna. Forse, all'origine del Concilio c'è stato un pizzico di presunzione, di voler giudicare il passato e di essere in grado di riformare la Chiesa con le nostre mani. Forse è mancata al Vaticano II la modestia, l'umiltà di chi sa che la fedeltà al Vangelo non è frutto di umana pianificazione, ma puro dono della grazia.
A S. Croce in Gerusalemme rimossa, dopo l'abate, la sua 'Cappella della Parola' (cos'è?)
mercoledì 24 giugno 2009
L’accordo Vaticano-Urss per tacere sul comunismo
Fonte: Papa Ratzinger blog
Il prof. di religione infligge 8 in condotta: l'alunno bazzica messe in latino!
Mons. Wagner: nessuna riconciliazione col vescovo di Linz!
martedì 23 giugno 2009
Perché Humanae Vitae è infallibile?
Santa Etheldreda (festa 23 giugno)
Il Concilio è solo pastorale e in parte non vincolante?
a) Le dichiarazioni solenni del Papa solo o del Papa e dei vescovi riuniti in Concilio.
b) Il magistero ordinario e universale (Dz 3011).
Il Vaticano II è incontestabilmente un concilio eccezionale, unico nel suo genere, in tutta la storia della Chiesa, il quale ha provocato un sommovimento senza eguali nella fede e nella disciplina. Non si può dubitare che richiami un certo numero di insegnamenti tradizionali (come quello dell'infallibilità per esempio), e che abbia prodotto dei bei testi (sulle missioni o sulla Rivelazione per esempio). Ma è impossibile ragionare teologicamente fuori dal contesto pregnante del suo svolgimento e delle sue conseguenze, nel quale il fatto di volere attenuare le chiusure della dottrina tradizionale sembrava naturale nonché necessario per realizzare una "apertura verso il mondo". In questo contesto "pastorale", i Padri conciliari, coltivando una certa ambiguità che permetteva di scioccare un po' meno i propri contemporanei, i quali giudicavano come "tirannico" per le coscienze moderne, il potere di "scogliere e legare", hanno dovuto semplicemente lasciarsi trasportare dalla corrente generale. Questo Concilio ha si insegnato, ma "pastoralmente". [..] la situazione a-magisteriale che ha preceduto il Vaticano II rende almeno dubbia una delle specificità del Concilio, e non la meno importante, quella della volontà del Papa e dei vescovi sull'obbligo all'adesione. Invece, anche dopo tutte le dispute per l'interpretazione che conosciamo bene, è perfettamente presente la chiara volontà di "fissare una certa linea". Il Concilio Vaticano II ha creato una "disposizione dell'animo", ma non ha creato nessun corpo dottrinale. I teologi non-tradizionalisti, quasi unanimemente, non hanno mai smesso di conservare la spiegazione di "pastorale" come praticamente sinonimo di "autentico", cioè di non infallibile.
1) il concilio non ha mai fatto uso di "definizioni dogmatiche solenni impegnanti l'infallibilità del magistero ecclesiastico", ma ha potuto far uso del magistero ordinario universale (infallibile). La cosa sarebbe sufficiente a fare del Vaticano II un Concilio "a parte" nella storia della Chiesa, il quale insegna su "materie nuove" (l'ecumenismo) ma rifiutando di definire;
2) il Concilio non ha mai fatto uso di "definizioni dogmatiche solenni impegnanti l'infallibilità del magistero ecclesiastico". Se non ha mai fatto uso di definizioni solenni è perché non ha voluto essere infallibile. Il che conferma il fatto che questi testi evitino accuratamente di parlare di "obbedienza della fede": "(Questo Concilio ha tuttavia) profuso il suo autorevole insegnamento sopra un quantità di questioni che oggi impegnano la coscienza e l'attività dell'uomo"….. "ha munito i suoi insegnamenti dell'autorità del supremo magistero ordinario; il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli". La qual cosa rinvia all' "assenso religioso della volontà e dello spirito" richiesto dal magistero "palesemente autentico", e non già all'"obbedienza della fede" richiesta dal magistero infallibile.
Inoltre, qualunque ipotesi si voglia considerare, "nessuna dottrina è considerata come infallibilmente definita se la cosa non è stata stabilita in maniera manifesta" (CJC, can. 749 c. 3). L'importanza di questo canone è enorme perché legata all'appartenenza alla Chiesa. In effetti tutti sono obbligati a evitare ogni dottrina contraria", tenentur devitare (CJC, can. 750). E chiunque nega una verità cade nell'eresia (can. 751). (Allorché nulla di simile succede a colui che rifiuta una verità del "magistero autentico": "i fedeli avranno cura di evitare ciò che non concorda con questa dottrina", curent devitare, can. 752). La cosa deriva, del resto, dal principio generale che vuole che non si imponga mai un fardello senza motivo, e dunque che ciò che è più esigente non si presume: "le leggi che impongono una pena (…) sono di interpretazione stretta" (can. 18).
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