Per i Legionari di Cristo è in arrivo una visita apostolica, cioè un’indagine sulla vita della congregazione da parte di una squadra di ispettori vaticani.
La decisione consegue a un ennesimo accertamento della cattiva condotta del loro fondatore Marcial Maciel, già messo da parte nel 2006 per abusi sessuali, e ora, un anno dopo la morte, scoperto colpevole d’aver avuto in Spagna un’amante e una figlia.
La visita apostolica è stata annunciata dal segretario di stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in una lettera del 10 marzo 2009 indirizzata al direttore generale dei Legionari di Cristo, padre Álvaro Corcuera Martinez Del Rio.
E questi ha comunicato la decisione a tutti i Legionari in una lettera in data 29 marzo resa pubblica due giorni dopo, con allegata la missiva di Bertone.
Ecco qui di seguito i due testi. Per gli antefatti, vedi in www.chiesa il servizio del 16 febbraio intitolato: “La Legione è allo sbando. Tradita dal suo fondatore
per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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martedì 31 marzo 2009
Visita apostolica ai Legionari di Cristo
L'Arcivescovo Forte sulla lettera del Papa. Ermeneutica del nulla.
di Bruno Forte (Arcivescovo di Chieti-Vasto)
In uno dei versi folgoranti del suo "Cantico" San Giovanni della Croce - il poeta mistico per eccellenza - parla di "la música callada, la soledad sonora, la cena que recrea y enamora": la "musica taciuta", la "solitudine sonora", la "cena che ricrea ed innamora".
Queste parole mi sono venute in mente riflettendo sulla Lettera di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica sulla revoca della scomunica ai quattro Vescovi lefebvriani. L'immagine della musica è quella che mi ispira il riferimento addolorato del Papa alle critiche interne alla comunità ecclesiale, che si sono spinte fino ad avere il sapore di lacerazioni e di ferite: la "sinfonia" che caratterizza la "complexio catholica", l'accordo delle voci nella pur grande varietà delle note e dei motivi, è parsa oscurata, come messa a tacere dal brusio dei risentimenti, dei malumori, delle opposizioni. Certo, la Chiesa non è nuova all'esperienza di tensioni perfino laceranti, come dimostra la sua lunga storia.
Tuttavia il riaffiorare virulento delle tensioni sembra oscurare proprio quel bene supremo della fede che è la sua "cattolicità", il suo essere una nella diversità dei contesti, una per offrire a tutto l'uomo, a ogni uomo il dono di Dio, la buona novella di Gesù.
La "musica taciuta" è però anche quella della comunione profonda, silenziosa e orante, che non è mai mancata nella comunità ecclesiale e che anche adesso è viva, come nota lo stesso Papa citando le espressioni di unità e le assicurazioni di preghiera che lo hanno raggiunto da ogni parte del mondo. Al di là di tutto il possibile chiasso mediatico che enfatizza le contrapposizioni, il popolo di Dio- nella sua maggioranza silenziosa - ama la Chiesa e, pur nella complessa diversità delle situazioni storiche e dei punti di vista, la vuole unita nell'impegno accanto ai poveri e nell'annuncio della buona novella che dà speranza al mondo.
Questa sinfonia al tempo stesso presente e taciuta, negata, eppure ostinata, fa risaltare ancor più la "solitudine sonora", l'eloquente e visibile peso dell'essere solo del Papa nel portare le chiavi di Pietro: anche qui, prima di tutte le dietrologie, che leggono fazioni e partiti, trappole e inganni nella grande macchina del governo della Chiesa, c'è un dato di fatto incontrovertibile. Il Papa è solo: ma il Papa non può non esserlo. Tenere saldo il timone della barca del Pescatore di Galilea sui mari della storia non è impresa misurabile sui successi umani, sull'audience o sul consenso. Il successore di Pietro ha un Unico cui rispondere: «Simone, Simone... io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Luca 22,32). Al discepolo cui confida le chiavi del regno il Nazareno non promette facili successi o percorsi tranquilli. Dovrà portare la croce: e più grande è il compito, più grande l'amore richiesto, più la croce della solitudine sarà presente.
Quello che la lettera del Papa dice, con tratti di umiltà commovente e perfino conturbante, è questa inevitabile condizione di colui che porta l'anello del Pescatore. Nel segno paradossale di un testo che riconosce sbagli di modalità e di forme, di cui dice il Papa - «mi rammarico sinceramente», resta l'autorevolezza del testimone, che ribadisce la scelta del primato dell'amore nonostante tutto e al di sopra di tutto. Un amore offerto verso chi dalla Chiesa si era separato altezzosamente. Un amore che chiede verità e fedeltà, perché rispetto al Vaticano II indietro non si torna, e i lefebvriani potranno essere nella piena comunione ed esercitare lecitamente il loro ministero solo quando avranno espressamente dichiarato fiducia e obbedienza al Concilio e al magistero dei Papi da Giovanni XXIII in poi.
C'è infine l'immagine della «cena che ricrea e innamora»: è quella che è stata evocata in me dalla fede profonda e dall'amore a Cristo e agli uomini che traspare in ogni passo della lettera di Benedetto XVI. Nonostante difficoltà e tensioni, la speranza e la pace non possono mancare in chi ama la Chiesa e sa che in essa lo Spirito di Dio continua a operare. La "cena" è il pane dell'eu-caristia, che ha la forza di ricreare la speranza e di colmare il cuore degli uomini dell'amore che viene dall'alto. Con la forza di questo pane, Benedetto XVI rilancia il grande scopo del suo servizio alla Chiesa e al mondo, con parole che più chiare non potrebbero essere: «Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l'accesso a Dio. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell'amore spinto sino alla fine - in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall'orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l'umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più. Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del successore di Pietro in questo tempo». E una lettera insolita, in cui il cuore del successore di Pietro si confessa con sincerità totale al cuore dei vescovi suoi fratelli, è certamente un modo nuovo e toccante di presentare al mondo il volto di questo Dio.
© Copyright Il Sole 24 Ore, 15 marzo 2009, tramite il Papa Ratzinger blog. Sottolineature nostre
lunedì 30 marzo 2009
L'opposizione romana al Papa secondo l'abbé Barthe. Terza parte
domenica 29 marzo 2009
I responsi del cerimoniere
Buon giorno reverendo, sono un chierico studente di teologia a Roma, molto interessato alla forma tradizionale della messa.
Volevo chiederle un'informazione molto pratica: potrebbe indicarmi dove trovare camici o cotte con il pizzo adatti alle funzioni della forma straordinaria?
La ringrazio sin d'ora delle informazioni che vorrà fornirmi
La forma straordinaria non prevede dei particolari abiti guarniti con merletti o cose del genere. Sicuramente il fatto di provvedere i camici e le cotte con un pizzo è un uso molto in voga nel passato che adesso, dopo le riforme montiniane, è pressoché sparito, per dar spazio a quelle orribili cotte ornate di gigliuccio.
La discriminante però tra l'antico e il nuovo non è la trina quanto il tessuto: mai prima della Riforma Liturgica si sarebbe usata una cotta in terital cotone o lana ( materiale in uso adesso)! Le cotte e i camici debbono essere di lino o canapa (sempre meglio il lino).
Lei è studente a Roma, quindi in qualsivoglia sartoria pontificia potrà richiedere questi prodotti.
L'unico problema è che a Roma sono un po' cari. La cosa ideale sarebbe domandare a qualche istituto religioso (sia maschile che femminile) o a qualche anziano prete progressista che potrebbe così sbarazzarsi di queste "anticaglie".
Altra possibilità è rivolgersi a siti specializzati quali http://www.chasuble.fr/ oppure http://www.ebay.it/ cercando il lemma chasuble in tutte le categorie e nel mondo intero. Lì talvolta si posso avere amene sorprese.
Approfitterei della sua disponibilità, per sottometterLe un dubium (per la verità più di uno); ad esempio la tanto dibattuta questione del secondo Confiteor. Alla "nostra" S. Messa viene recitato. Lei cosa ne pensa?
Essendo una S. Messa in canto, recitiamo anche la parte introduttiva della celebrazione (che, credo, spetterebbe solo ai Ministri sull'altare...): Introibo ad altare Dei...
Venendo poi a questioni più spicciole (se così si può dire) mi preme sapere che tipo di Kyriale si deve utilizzare per le domeniche della Septuagesima, Sessagesima e Quinquagesima. E' sempre il K11, cioè l'Orbis factor delle Domeniche infra Annum?
Poi. Non avendo un "parco voci" che si possa permettere di mettere in repertorio (non per il momento, almeno, in attesa di qualche miracolo...chissà) tutto il Kyriale, è giocoforza scegliere. Dovendo preparare (sperando di riuscirci) in poco tempo le Messe per la Quaresima (che sono poi ancora quelle dell'Avvento), mi chiedevo se potremmo cantare il K 18, ossia quello dei giorni feriali, che è molto più semplice, al posto del K17. E' una decisione impropria?
Rispondo con brevità a queste domande che sono interessanti:
Anzitutto veniamo alla considerazione del Confiteor prima della Comunione. Premettendo che io sono assolutamente contrario alla sua abolizione, mi pare doveroso ricordare come questo secondo, anzi "terzo" Confiteor (il primo è detto dal Sacerdote e il secondo dai Ministri ai piedi dell'altare) sia quello della comunione. Nel Ritus servandus non si considera la comunione abituale alla S. Messa e viene quindi come inserito un rito a parte (quello della comunione extra Missam appunto) con il Confiteor. Mi pongo una domanda: se la messa è in canto allora i fedeli non reciteranno mai il Confiteor e neppure lo udranno. Resta però de facto che nel 1962 è stato tolto (§ 503 Rubricae generales Missalis romani anno 1962). Ognuno quindi pone la sua scelta: molti dicono che, poiché è rimasta in ogni caso la consuetudo, perché non recitarlo? Se si vuol essere stretti comunque nell'osservanza delle rubriche del 1962, non lo si deve ripetere.
Riguardo alla parte recitata da tutti: dovrebbe essere recitata solo da chi è sull'altare se la Messa è almeno cantata, altrimenti se si ha una Missa cum canticis (ossia con alcuni mottetti all'inizio, offertorio, comunione e fine) allora - essendo la Messa poi una Messa bassa - si deve recitare. Non le sto a fare tutta la questione, ma sarebbe bene procedere come dovuto per questo caso. Inoltre ci guadagnerebbe la bellezza del rito e del canto che vedrebbe Introitus e Kyrie legati e vi sarebbe snellezza e sobrietà proprie della Liturgia Romana.
La Settuagesima non prevede un Kyriale speciale... ma, altresì, mi preme far presente che i vari kyriali sono sì stabiliti dall'uso, ma non sono poi così strettamente necessari. Si fa come si può. Ci si aggiusta nel miglior modo possibile. Un tempo nelle nostre Parrocchie non sapevano che la Missa De Angelis e quella di requiem e con quelle facevano tutto. I veri interventi di Introito graduale etc. venivano eseguiti a modo di salmo per permettere di cantarli. Ci si è sempre arrangiati nella maniera migliore. Meglio eseguire bene un Kyriale più semplice che fare male uno più complicato. Mi permetto un raccomandazione: non cadete nel "perfezionismo" liturgico (che è poi ciò che ci viene rimproverato dai novatori)... un vivere la Liturgia con sereno impegno ci permette che le rubriche (fatte in tempi di vacche grasse) possano essere vissute e applicate serenamente anche ora (evidentemente tempo di vacche magre).
***
Buon giorno; avrei un quesito da sottoporre: che senso e che origine può avere il rito di incensazione, simile a quello super oblata della messa, che viene prescritto nella funzione del venerdì santo secondo il messale del 1954, nel momento in cui il sacerdote, ritornato all'altare, ha posto l'ostia consacrata nella patena e il vino non consacrato nel calice?
Prima della Riforma della Settimana Santa ( ad esperimento nel 1951 e definitiva nel 1955) la Funzione della Passione era chiamata Messa dei Presantificati e questo dice tutto.
Era una specie di Missa Sicca (ovvero senza la Consacrazione) quindi si imitavano le cerimonie della Messa. Inoltre l'incensazione è un segno di onore verso le Sacre Specie portate dall'Altare della Reposizione (Sepolcro) all'altar Maggiore.
Gentilissimo reverendo, sono un diacono permanente e molte volte sono chiamato per svolgere una Liturgia al posto della Santa Messa perché non c'è il sacerdote. Siccome sono un convinto sostenitore della Santa Liturgia tradizionale, vorrei in qualche occasione svolgere la funzione secondo il rito tridentino anche perché richiestomi, però non so se ciò è consentito dalle norme e come devo comportami, premesso che sono a mia disposizione sia il Messale che il Lezionario appropriati.
Prima del Concilio, o meglio col rito del 1963, non erano previste queste forme di Celebrazioni, che sono qualcosa di nuovo derivante dal fatto che non si hanno più sacerdoti... prima di una certa data e di un certo avvenimento non si è mai verificata una penuria così evidente di preti. Sicché, è assolutamente lodevole il suo attaccamento alla Liturgia tradizionale, ma quest'ultima non prevede riti che il diacono possa svolgere da solo (ossia, al di fuori di quanto avviene nella messa solenne con un sacerdote). Né per contro esiste una Liturgia della Parola "in forma straordinaria". Quello che le consiglio, se desidera, è distribuire la S. Comunione senza la S. Messa, come previsto dai rituali, o recitare il rosario o altre preghiere in latino. Anche per i sacramentali che spettano all'ordine diaconale si possono utilizzare i vecchi libri.
Mi preme chiederLe, avvicinandosi la Quaresima, se è DOVEROSO CHE Tempus Quadragesimae non pulsantur organa... se non nella Domenica IV Quadragesimae "laetare" pulsantur organa ad Tertiam et Missam e anche che Cruces altarium et icones in Ecclesia et Sacristia velantur. Questo me lo ricordo benissimo anche nella mia chiesa...mentre dell'organo lo so per certo ma di uso monastico.
Le Immagini e croci si velano dai primi vesperi della domenica di I Passione (dopo le cerimonie del sabatio sitientes) e rimangono velate le croci sino al Venerdì Santo le immagini fino al Gloria del sabato.
Precisazione: oltre la domenica IV di Quaresima, si suona l'organo anche per la festa di S. Giuseppe e dell'Annunziata (che infatti hanno il Gloria)
Scrivo qui perché seguo con molto interesse il sito messainlatino.it e il relativo blog. Mi sono avvicinato da poco alla spiritualità della Santa Messa nella formaextra-ordinaria. Ho acquistato il messalino della casa editrice Marietti eil compendio di liturgia pratica del Trimeloni. Dopo averli consultati, mi sono rimasti alcuni dubbi, in particolare riguardo al calendario. Per questo vorrei porre due domande:
Non entro in merito alla classificazione delle Messe, che è come un grande ginepraio per chi non è esperto. In ogni caso, per dare una prima infarinatura, le messe che hanno diversi gradi e solennità hanno al loro interno delle messe votive, che si celebrano per devozione personale, anche se non richieste dal calendario (quindi le votive di: SS.ma Trinità, Eucaristia, S. Cuore, etc. o di qualche santo).
Per il caso specifico, il 14 febbraio esattamente si prende il proprio del santo (dal Santorale) e il mancante lo si prende dal comune corrispondente. Per dubbi o altro su quando si possano o no dire le messe di IV classe etc.- poichè la cosa in effetti non è semplice - è sufficiente comprare un Ordo Missae o Calendario Liturgico dove troverà tutto.
sabato 28 marzo 2009
Il vescovo di Amiens 'interpreta' la lettera del Papa pro domo sua
Il Papa ha voluto spiegare la sua mossa e la chiave ne è in primo luogo spirituale: lo esprime citando la Bibbia e la necessità di riconciliarsi con “il fratello che ha qualcosa contro di te”. Ma ha scelto di indirizzarsi a noi come fratello vescovo e non più come capo, il che è del tutto inabituale, e pieno di calore per noi. In questa lettera si esprimono ad un tempo il cuore e la ragione. Sono stato particolarmente contento di riceverla perché nella nostra diocesi, noi siamo di fronte a una posizione molto forte dei membri della fraternità S. Pio X. A metà gennaio, essi hanno invaso la cattedrale per celebrare l’eucarestia: rifiutano l’argomento che io oppongo loro, secondo cui non hanno alcuna legittimità sacramentale. Che il papa abbia scritto nero su bianco che la Fraternità non ha statuto canonico e che i suoi ministri non hanno alcuna legittimità per i sacramenti è dunque un punto importante per noi sul campo. D’altronde ha ripetuto anche con forza, e con tutta la sua autorità pontificale, che il magistero della Chiesa non si ferma al 1962 ma include il concilio Vaticano II, e dunque che non c’è scarto tra il papa e il concilio, mentre tutto il gioco della Fraternità è precisamente di giocare “il papa contro il concilio”: come se si potesse riconoscere il magistero del primo senza riconoscere quello del secondo. Il papa ricorda anche che dopo aver regolato la questione disciplinare, si è entrati nella fase dottrinale, e non dà anticipazioni sul suo esito. Perché l’unità ha anche le sue condizioni: non si può fare senza articolarsi con la verità. Egli aspetta dalla Fraternità che entri nella piena comunione e, per lei, è la sua ultima possibilità per farlo”.
Jean Luc Bouilleret, vescovo d’Amiens
Il card. Newman entusiasta della Milano cattolica. Quant'acqua è passata nei navigli...
La prima lettera scritta da Milano, il 24 settembre, contiene un grande elogio per la chiesa di San Fedele: "È in stile greco o palladiano. Temo che lo stile architettonico mi piaccia più di quanto alcuni dei nostri amici di Oscott e di Birmingham approverebbero. La luminosità, la grazia e la semplicità dello stile classico sembra si addica meglio a rappresentare Santa Maria o San Gabriele che non qualsiasi realtà in stile gotico. È sempre un sollievo dello spirito, e una sua elevazione, entrare in una chiesa come San Fedele. Essa ha un aspetto così dolce, sorridente, aperto - e l'altare è così grazioso e attraente - che spicca così che tutti lo possono vedere e avvicinarvisi. Le alte colonne di marmo levigato, le balaustre marmoree, il pavimento di marmo, le immagini luminose, tutto parla la stessa lingua. E una volta leggera corona l'insieme. Ma forse io seguo la tendenza delle persone anziane, che hanno visto abbastanza cose tristi da ritenersi dispensate da una tristezza espressamente e intenzionalmente voluta - e come i giovani preferiscono l'autunno e i vecchi la primavera, i giovani la tragedia e i vecchi la commedia, così, nel cerimoniale religioso, io lascio che i giovani preferiscano il gotico, una volta che tollerino la mia debolezza che chiede l'italiano.
È così riposante e gradevole, dopo le torride vie, entrare in questi interni delicati, benché ricchi, che fanno pensare ai boschetti del paradiso o a camere angeliche".E in un'altra lettera: "C'è nello stile italiano una tale semplicità, eleganza, bellezza, chiarità - implicate, credo, nella parola "classico" - che mi sembrano convenire al concetto di angelo e di santo. Potrei percorrere per tutto un giorno questa bella chiesa col suo altare sorridente e seducente, senza stancarmi. E poi essa è così calma che è sempre un riposo per lo spirito entrarvi. Nulla si muove se non la lontana lampada scintillante che segnala la presenza della nostra Vita immortale, nascosta ma sempre attiva, pur essendo entrata nel suo riposo".Aggiunge Newman: "È davvero stupendo vedere questa divina Presenza che dalle varie chiese quasi guarda fuori nelle strade aperte, così che a S. Lorenzo abbiamo veduto che la gente si levava il cappello dall'altra parte della strada quando passava".Con le chiese, infatti, è la pietà dei milanesi a suscitare in Newman la più viva ammirazione: "Nella città di sant'Ambrogio - osserva - uno comprende la Chiesa di Dio più che non nella maggior parte degli altri luoghi, ed è indotto a pensare a tutti quelli che sono sue membra. E inoltre non si tratta di una pura immaginazione, come potrebbe essere trovandosi in una città di ruderi o in un luogo desolato, dove una volta dimoravano i Santi - c'è invece qui una ventina di chiese aperte a chi vi passi davanti, e in ciascuna di esse si trovano le loro reliquie, e il SS. Sacramento preparato per l'adoratore, anche prima che vi entri. Non v'è nulla che mi abbia mostrato in maniera così forte l'unità della Chiesa come la Presenza del suo Divin Fondatore e della sua Vita dovunque io vada". Aggiunge: "Le chiese sono molto sfarzose. Il Duomo è tutto di marmo. Qui il marmo è praticamente il materiale ordinario delle chiese - e ancora più comune è il granito. Il granito proveniente dal Lago Maggiore sembra essere stato in uso da tempo immemorabile".
Un giorno comunica: "Come sta diventando buio, benché ora siano le 6. Faccio fatica a vederci. Il Duomo è l'edificio più incantevole che mai abbia visto. Se si va per la città, i suoi pinnacoli assomigliano a neve luminosa contro il cielo blu. Siamo stati due volte sulla sua cima, dalla quale appaiono belle le Alpi, specialmente il Monte Rosa".In particolare Newman è impressionato dal duomo come luogo di devozione e ne parla abitualmente nelle sue lettere. La partecipazione alle assemblee liturgiche del Duomo di Milano gli rivelano che cosa sia "la liturgia come fatto oggettivo": "Una Cattedrale Cattolica - scrive - è una specie di mondo, ciascuno dei quali si muove intorno alla propria attività, solo che questa è di tipo religioso; gruppi di fedeli o fedeli solitari - in ginocchio o in piedi - alcuni presso le reliquie, altri presso gli altari - che ascoltano messa e fanno la comunione - flussi di fedeli che si intercettano e si oltrepassano a vicenda - altare dopo altare accesi per la celebrazione come stelle nel firmamento - o la campana che annuncia ciò che sta incominciando nei luoghi sottratti al tuo sguardo - mentre nel contempo i canonici in coro recitano le loro ore di mattutino e lodi o vespri, e alla fine l'incenso sale a volute dall'altare maggiore e tutto questo in uno degli edifici più belli del mondo, e ogni giorno - alla fine senza esibizione o sforzo alcuno, ma come ciò che ciascuno è solito fare - ciascuno occupato al proprio lavoro, così come lascia l'altro al suo".
Newman rimane specialmente colpito dal numero di comunioni che si fanno nelle chiese di Milano: "Ho riscontrato questo in Duomo, a San Fedele, che è stata la nostra chiesa parrocchiale, e a Sant'Ambrogio. Nella chiesa un altare è riservato alla comunione, e io penso di non aver visto una Messa senza che ci fosse chi si comunicava - oltre le comunioni fuori della Messa". A Milano ricorre il primo anniversario della conversione cattolica di Newman e il 9 ottobre scriverà: "Oggi è un anno dacché sono nella Chiesa Cattolica e ogni giorno benedico Lui, che mi conduce dentro sempre più. Sono passato dalle nubi e dalle tenebre alla luce, e non posso guardare alla mia precedente condizione senza provare l'amara sensazione che si ha quando si guarda indietro a un viaggio faticoso e triste". Nel duomo di Milano Newman incontrava esattamente uno degli aspetti e dei momenti più espressivi della Chiesa cattolica.
A Milano Newman trova poi un rito diverso da quello romano, a sua volta significativa testimonianza di antichità; egli ne rimane attratto: "È tuttora in vigore la vecchia liturgia ambrosiana, o Messa, che riporta indietro proprio all'età del grande Santo. Per alcuni aspetti mi piace più di quella romana". Milano è per Newman soprattutto la "città di sant'Ambrogio". Egli ripeterà, scrivendo ai suoi amici d'Inghilterra: "È una benedizione così grande quella di poter entrare, quando camminiamo per la città, nelle chiese - sempre aperte con larga e generosa gentilezza - piene di preziosi marmi da ammirare, di reliquiari, di immagini e di crocifissi, tutti disponibili al passante che voglia personalmente inginocchiarvisi accanto - dappertutto il SS. Sacramento, e abbondanti indulgenze".
"È meraviglioso andare nella chiesa di Sant'Ambrogio - dove si trova il suo corpo - e inginocchiarsi presso le sue reliquie, che sono state così portentose, e di cui io ho sentito e letto più che di ogni altro Santo fin da quando ero ragazzo. Sant'Agostino qui si è convertito! Qui venne anche santa Monica a cercarlo. Sempre qui, nel suo esilio, venne il grande Atanasio per incontrare l'Imperatore. Quanta tristezza quando dovrò partire!"; "Io non sono mai stato in una città che mi abbia così incantato - scriverà alla sorella l'ultimo giorno di permanenza a Milano: stare davanti alle tombe di grandi Santi come sant'Ambrogio e san Carlo e vedere i luoghi dove sant'Ambrogio ha respinto gli Ariani, dove santa Monica montò la guardia per una notte con la "pia plebs", come la chiama sant'Agostino, e dove lo stesso sant'Agostino venne battezzato. Le nostre più vecchie chiese in Inghilterra non sono nulla quanto ad antichità rispetto a quelle di qui, e a quel tempo le ceneri dei Santi sono state gettate ai quattro venti. È cosa così grande essere dove i "primordia", la culla, per così dire, del cristianesimo continuano ad esserci".
Per Newman dire il duomo è dire "il grande san Carlo", e di san Carlo egli parla diffusamente con i suoi corrispondenti, raccontando della sua vita e della sua morte, della sua estrema austerità, delle sue opere e del significato della sua azione nella Chiesa, che ben conosceva. Si intrattiene sulla "grandezza impressionante di san Carlo", che "fino ad oggi - dice - è proprio la vita" di Milano: "Nonostante ogni sorta di male, di genere politico o altri; nonostante la mancanza di fede e altri cattivi spiriti del giorno, c'è un'intensa devozione per san Carlo. E la disciplina del clero è sostenuta dalle sue norme in modo più esatto di quello che noi abbiamo trovato in Francia o di quanto lo sia a Roma"; "Tu vedi i suoi ricordi da ogni parte - il crocifisso che fece cessare la peste quando egli lo portò lungo le vie - la sua mitra, il suo anello - le sue lettere. Soprattutto le sue sacre reliquie: Ogni giorno si celebra la Messa presso la sua tomba. Egli fu suscitato per opporsi a quella terribile burrasca sotto la quale è caduta la povera Inghilterra, e come ai suoi giorni egli ha salvato il suo paese dal Protestantesimo e dai suoi mali collaterali, così noi stiamo tentando di fare qualche cosa per opporci a simili nemici della Chiesa in Inghilterra e quindi non posso che aver fiducia che egli farà qualche cosa per noi lassù, dove è potente, questo benché noi siamo da una parte delle Alpi e egli sia appartenuto all'altra. Così io confido, e la mia mente fu colma di lui, al punto che mi sono persino sognato di lui - e noi vi andiamo la maggior parte dei giorni e ci inginocchiamo presso le sue reliquie".
Ma a Milano Newman non visitò soltanto la chiesa di San Fedele, il duomo e Sant'Ambrogio. Abbiamo già ricordato l'accenno alla basilica di San Lorenzo. Ma egli parla anche della chiesa di San Satiro e di Sant'Eustorgio, dove assiste alla Messa solenne nella festa della Madonna del Rosario e che descrive come "un'ampia chiesa" che "contiene le reliquie di parecchi martiri, e piena di monumenti e cappelle.
Newman parla anche di "Monza, distante 12 miglia", dove "si trova la corona ferrea composta con uno dei chiodi che Costantino pose nel proprio diadema come uno dei chiodi della vera Croce, vi sono anche dei doni che papa Gregorio Magno inviò alla longobarda regina Teodolinda".
Nel soggiorno milanese Newman avrebbe desiderato incontrare Rosmini e Manzoni. A proposito di Rosmini scrive nella sua prima lettera da Milano: "Ci siamo trovati in mezzo agli amici di Rosmini, e siamo sorpresi di trovare quanto facciano i Rosminiani in queste parti (...). Abbiamo una missiva per Rosmini, che è comunque assente". Di fatto l'incontro non avverrà, e la ragione sembra a Newman piuttosto esile: "Rosmini è passato da Milano - è detto in una lettera del 18 ottobre - mi ha inviato un cortese messaggio, spiegando che non ci ha chiamati perché lui non sa parlare latino e io italiano [aah... sarà per questo che Rosmini considerava la liturgia in latino una delle cinque piaghe della Chiesa? Ma aggiungiamo subito che il buon Rosmini consigliava come rimedio non il vernacolo, ma l’uso di messalini tradotti, l’insegnamento del latino e la spiegazione delle cerimonie]. Non è sufficiente per spiegare la sua non chiamata. Ghianda ha una grande ammirazione per lui, come anche Manzoni. Vorremmo avere molto di più da dire di lui, ma non riesco a cogliere l'essenza della sua filosofia. Mi piacerebbe credere che tutto sia giusto, benché si abbiano dei sospetti".
Anche l'incontro con Manzoni non poté avvenire. "Non abbiamo visto Manzoni e credo che per questo egli sia anche più spiacente di noi. Non che a noi non dispiaccia, ma è una cosa così grande essere nella città di sant'Ambrogio". Di Manzoni Newman già conosceva I Promessi Sposi. In una lettera alla sorella Jemina scriveva di averne fatto una lettura deliziosa e in un'altra dirà di fra' Cristoforo: "Il Cappuccino nei "Promessi Sposi" ha conficcato nel mio cuore come una freccia".
Da L'Osservatore Romano del 26.3.2009, via Territorial Doctor
venerdì 27 marzo 2009
Giuliano Ferrara: "Vogliono abbattere Papa Ratzinger"
Per capire di dove arrivi l’assedio ostile a Benedetto XVI, lasciato solo o aggredito per aver detto cose molto ragionevoli sull’Islam a Ratisbona o sul preservativo in viaggio per l’Africa, basta un po’ di storia. Giovanni XXIII fu percepito dal mondo, a cavallo tra la fine degli anni 50 e l’inizio dei 60, come una rottura e una crescita spirituale, e lo era. La Chiesa dei papi Pii, fino a Pio XII morto nel 1958, aveva pur fatto grandi cose e moderne, dalla Radio vaticana inaugurata da Pio XI all’enciclica scritta da Agostino Bea (sotto il successore) con cui fu accettato il metodo storico critico nella lettura della Bibbia; ma per l’essenziale la Chiesa si era consapevolmente e comprensibilmente intrappolata nella crisi modernista di fine Ottocento e degli inizi del secolo Ventesimo, quel che emergeva alla luce era il suo conflitto con il mondo dell’esperienza, della storia, del dinamismo sociale e culturale scagliato contro i dogmi e certe idee perenni custodite nel patrimonio di fede (la tradizione).
Giovanni, Papa buono, fu dunque accettato con tratti di mito e di lirismo leggendario, e la sua scelta di convocare un concilio di aggiornamento e di chiusura di certi vecchi conti tra Chiesa e umanità, con la luna sentimentale che rispondeva al Papa e lo induceva a mandare una carezza ai bambini, con l’apertura alle ansie e all’agenda del tempo moderno, fu salutata come un atto profetico che incuteva rispetto a tutti.
Ma da Paolo VI in avanti tutti i papi sono stati combattuti con veemenza, con acrimoniosità, con una tendenza al rassemblement conformistico sotto le bandiere di un’ideologia secolarista sempre vigile contro i progetti di restaurazione. Con differenze di contesto storico decisive. Giovanni Battista Montini ebbe qualche momento di tregua perché era un papa conciliare, era l’erede di Giovanni, era il Papa dell’apertura a sinistra, un seguace teologico dell’umanesimo di Jacques Maritain, innovatore del pensiero cristiano del Novecento. Ma poi, a concilio chiuso e nella grande ventata di anarchia che percorse il «popolo di Dio», Paolo VI si azzardò a scomunicare la pillola e la contraccezione, si mise contro lo spirito di banalizzazione libertina del sesso e dell’eros che si era aperto un varco nella secolarizzazione, e furono anni tormentati di isolamento e di durezze, fino alla morte nel 1978.
Il successore Giovanni Paolo II, eletto dopo il breve regno di Albino Luciani, fu accolto come «meritava» e dunque male, malissimo: da polacco, da anticomunista, da conservatore teologico e filosofico quale era. Però tre anni dopo l’elezione un turco armato dai comunisti bulgari e sovietici tentò di ammazzarlo scatenando emozione universale, il Papa fu identificato con la grande rivoluzione di libertà degli anni Ottanta, contro il comunismo da Danzica a Mosca, al Muro di Berlino, e quella sua forza profetica, insieme con la salute del corpo, la capacità apostolica in ogni itinerario del mondo, la lontananza assoluta dai giochi di curia, fino all’abbandono a se stessi dei vecchi apparati, tutto questo diede a Giovanni Paolo II un lasciapassare speciale, una forza d’urto cui nulla poteva resistere. La malattia, il calvario simbolico che dovette affrontare, sacralizzarono la sua grande popolarità e la trasversalità del suo magistero.
Contro Joseph Ratzinger, naturale prolungamento e anima teologica di Giovanni Paolo II, gioca un fondale della storia assai diverso e, quasi per contrappasso e ritorsione verso un quarto di secolo in cui il mondo ha subito il Papa, la grande voglia di far subire al Papa la dittatura ideale del mondo postmoderno e del suo relativismo etico.
Da Panorama, 27 marzo 2009, via Papa Ratzinger blog
Foto del pontificale di mons. Burke per l'ordinazione dei frati dell'Immacolata.
giovedì 26 marzo 2009
Una nuova tempesta mediatica contro il Papa
Questa frase imprudente ha sollevato nel mondo emozione e perplessità e sta alimentando una polemica crescente. Riportiamo alcune delle reazioni più significative.
L’arcivescovo di Salisburgo: “Ribadiamo la piena fedeltà della Chiesa austriaca al Pontefice e ci stringiamo a lui. Ma è spontaneo chiedersi se per caso egli non voglia far regredire la Chiesa ad una setta animista di adoratori del sole. Dopo tale frase, il numero di persone che chiedono la cancellazione dai registri fiscali per il sostegno alla Chiesa cattolica è considerevolmente aumentato”
Alain Juppé, ex primo ministro francese e ora sindaco di Bordeaux: “Nell’istante in cui il papa pronunziava queste parole, a Bordeaux pioveva a catinelle. Questa contro-verità, prossima al negazionismo, mostra che il papa vive in uno stato di totale autismo. Questo distrugge, se ve n’era ancora bisogno, il dogma dell’infallibilità pontificale".
Il Rabbino-Capo di Roma: “Come si può ancora pretendere che faccia bello dopo la Shoah? Solo il giorno in cui si deciderà a farmi visita alla Sinagoga di Roma allora, forse, potremo insieme verificare come sarà il tempo”
Margherita Hack, astronoma e astrofisica: “Affermando senza mezzi termini e senza prove obbiettive indiscutibili “che bel tempo oggi”, il papa dimostra il disprezzo ben noto della Chiesa per la Scienza, che combatte il dogmatismo da sempre. Che cosa c’è di più soggettivo e di più relativo di questa nozione di “bello”? Su quali prove sperimentali indiscutibili si appoggia? I meteorologi e gli specialisti della materia non sono giunti a mettersi d’accordo sul punto nell’ultimo Colloquio Internazionale a Caracas. E ora Benedetto XVI, ex cathedra, pretende decidere lui con tale arroganza. Si vedranno presto accendere roghi per tutti quelli che non concordano interamente con la nozione papalina di bello e cattivo tempo?”
L’Associazione delle Vittime del Riscaldamento Globale: “Come non vedere in questa dichiarazione provocatoria un insulto per tutte le vittime passate, presenti e future dei capricci del clima, delle inondazioni, degli tsunami, della siccità? Questa acquiescenza al “tempo che fa” mostra chiaramente la complicità della Chiesa con questi fenomeni distruttori, nei quali pretende vedere disegni “provvidenziali” di un Dio vendicatore e punitivo. E, quel che è peggio, simile attitudine non fa che incoraggiare coloro che causano il riscaldamento del pianeta, poiché potranno ora far valere l’avallo del Vaticano.”
Il Consiglio Mondialista: “Il papa finge di dimenticare che mentre splende il sole a Roma, una parte del pianeta è sprofondata nell’oscurità notturna. Ecco un segno intollerabile di disprezzo per vastissime porzioni del mondo e un chiaro segno, se ve n’era ancora bisogno, dell’eurocentrismo neocoloniale di questo papa tedesco”.
Il Direttivo americano delle Associazioni femministe: “Perché il papa ha voluto dire “che bel tempo” usando termini che, nell’originale in italiano della frase, sono al maschile? Avrebbe potuto benissimo utilizzare parole femminili come “che bella giornata”, o meglio ancora “che tempo attraente”, usando così un aggettivo “inclusivo” perché non declinabile differentemente al maschile e al femminile. E’ evidente che questo papa, che già ha fatto condannare la formula del battesimo e delle benedizioni non maschilista (“In the name of the Creator, the Redeemer and the Sanctifier”), mostra ad ogni occasione il suo attaccamento ai principi più retrogradi. E’ sconsolante che nel 2009 si sia ancora a tali punti di arretratezza”
La Lega dei Diritti dell’Uomo: “Questo tipo di dichiarazioni non può che ferire profondamente tutte le persone che hanno della realtà uno sguardo diverso da quello del papa. Pensiamo in particolare alle persone immobilizzate in ospedale, o imprigionate, il cui orizzonte si limita a quattro mura; e così pure alle vittime di malattie rare i cui sensi non permettono di percepire lo stato della situazione atmosferica. C’è qui, è evidente, una volontà di discriminazione tra chi vede il “bello” secondo il canone ellenizzante che si vorrebbe imporre a tutti (a scapito delle minoranze, degli afroamericani e di ogni concetto di 'inculturazione'), e coloro che, per scelta o per impossibilità, percepiscono le cose in modo differente. Noi proporremo a titolo dimostrativo querele giudiziarie per discriminazione contro questo papa”.
Alberto Melloni, della Scuola di Bologna: “Si vede bene la profonda differenza tra questo papa introverso e chiuso in sé e nel suo mondo sorpassato, che si limita ad un’osservazione climatica senza trarne le dovute conseguenze, ed invece la paterna apertura al mondo di Papa Giovanni XXIII che, dopo aver osservato la luna in cielo, invitava tutti a portare ai loro bambini la carezza del Papa. A quando un Giovanni XXIV che riprenda in mano la spinta dello Spirito conciliare, che gli ultimi papi hanno tentato di soffocare?”
Beppe Severgnini, giornalista: “Il Papa è il Papa. Punto. Ma non si può non pensare con un po’ di nostalgia che Giovanni Paolo II le stesse parole le avrebbe dette magari in romanesco (“ggiornata bbona!”) e agitando lo zucchetto bianco ai fedeli che lo riaccoglievano a casa”.
L’Osservatore Romano ha pubblicato una versione leggermente differente delle parole esatte del Papa (egli avrebbe detto, secondo l’Osservatore: “qualcuno potrebbe dire che faccia bel tempo”). Ma le registrazioni audio e video dei giornalisti hanno smentito la versione edulcorata. Molti hanno anche attaccato l’ingenuità di P. Lombardi che, pur essendo al fianco del Papa, non è intervenuto per impedire quell’affermazione o subito chiarirne meglio il senso.
Clamores dalla Germania
Dopo le dure parole di mons. Fellay, il vescovo Zollitsch, in una relazione ad un’associazione di politici, ha accusato la FSSPX di "attaccare e ridurre la nostra comprensione della democrazia". In quel discorso ha osservato, con intento polemico rispetto ai lefebvriani, che l’idea di uno Stato cattolico è obsoleta e che i documenti conciliari sulla Chiesa nel mondo moderno, sulla libertà religiosa e sulle relazioni coi non cristiani sono "elementi irrinunciabili della tradizione cattolica". E ancora: "i tradizionalisti si sono posti da soli al di fuori di questa tradizione cattolica ed hanno scisso l’unità con il Papa".
Il vescovo di Ratisbona Mueller, nella cui diocesi si trova il seminario lefebvriano di Zaitzkofen le cui previste ordinazioni sono state trasferite in Svizzera, ha chiesto alla FSPPX di fare autocritica, osservando che il comunicato di Fellay è un tentativo di incrinare il rapporto tra il Papa e i vescovi tedeschi. In questo "comunque, non la spunteranno".
In merito alle ordinazioni, Mueller nuovamente ha invitato la Fraternità a rinunziare alle ordinazioni finché non sia chiarito il suo status ecclesiale; al tempo stesso, ha dichiarato di non dare molta importanza alle ordinazioni suddiaconali, non trattandosi ancora di un’azione sacramentale. Sarà invece cruciale verificare se le ordinazioni sacerdotali previste per la fine di giugno avranno luogo (intervista a CNA)
Infine, il Portavoce della conferenza episcopale tedesca è tornato, dopo l’aspra dichiarazione contro il comunicato di mons. Fellay, a commentare l’attitudine dei lefebvriani, accusandoli di volere una chiesa "intima".
Giorgio Israel: Pretendo il mea culpa da chi diceva che Benedetto XVI non è amico degli ebrei
di Giorgio Israel
È un documento davvero straordinario e destinato a passare alla storia la lettera di Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica circa la remissione della scomunica ai quattro presuli consacrati dall’arcivescovo Lefebvre.
Lo è in primo luogo per la chiarezza assoluta con cui viene esaminato il caso in tutti i suoi risvolti, anche a costo di affrontare la polemica e pronunziare giudizi crudi. Non un dettaglio è trascurato (persino il ruolo di internet), non un aspetto è lasciato in ombra, in particolare per quel riguarda le implicazioni scandalose del caso Williamson derivanti dalle sciagurate dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas. Ma lo è soprattutto per il tono appassionato con cui il Papa ha messo a nudo il suo animo e le intenzioni che lo hanno guidato nell’affrontare questa vicenda. Ne discende che aveva ragione chi, nelle tempeste di questi ultimi mesi, ha sostenuto che i rapporti ebraico-cristiani non erano compromessi in alcun modo dalle scelte di Benedetto XVI.
Il rabbino Jacob Neusner, con le cui tesi il Papa aveva intessuto un dialogo teologico nel suo Gesù di Nazaret, ha sostenuto, al contrario, che è proprio grazie a uomini come lui che il dialogo ebraico-cristiano vive e prospera. Egli ha riconosciuto la bontà delle intenzioni del Papa, osservando che il nuovo corso iniziato con il Concilio «è stato riaffermato nella risposta che con cuore puro il Papa ha dato alla mia conversazione immaginaria inserita nel mio libro». È un corso che potrà avere intoppi, ha dichiarato Neusner, ma è irreversibile. E la stragrande maggioranza dell’ebraismo mondiale ha aderito a tesi simili riprendendo in pieno il cammino del dialogo.
È anche la tesi sostenuta ripetutamente da chi scrive, insieme ad altri ebrei italiani come Guido Guastalla, e che ci è costata una serie di nutriti lanci di pietre. Sarebbe preferibile non parlare di casi personali in una rubrica, ma ci sono circostanze in cui si ha diritto a togliersi dalle scarpe qualcuna di quelle pietre. Quando sostenemmo che la nuova preghiera del Venerdì santo non doveva essere intesa come un arretramento verso una logica di conversione forzata qualcuno ci trattò come “ebrei di corte”. Quando venne avanzata la proposta di interrompere il dialogo ebraico-cristiano manifestammo in modo pacato il nostro dissenso. Apriti cielo. Alcuni esponenti dell’ebraismo italiano, presumendo di avere un’autorità dogmatica, ci attaccarono in modo violento, nello stile “taci tu, ché soltanto io ho il diritto di parlare”. Poi venne il caso Williamson e fummo tra i primi a chiedere il massimo di chiarezza, certi che sarebbe venuta proprio dal Papa, proprio perché eravamo convinti della trasparenza delle sue intenzioni.
Allora è venuta una scarica di legnate da parte di alcuni cattolici convinti che per dimostrare di essere tali bisogna eccedere in zelo e mostrarsi fanatici: presuntuosi e arroganti ebrei che “attaccano” il Papa, è stato detto, proprio a chi lo aveva difeso da attacchi infondati.
Ora, dopo che proprio dal Papa è venuta la conferma più autorevole che era giusto quanto venivamo dicendo e che i fatti hanno dimostrato quanto fossero ingiuste e detestabili quelle scariche di pietre provenienti da entrambi i lati, sarebbe naturale ricevere delle sentite scuse. Ne è venuta una soltanto, e da una persona che ha avuto un ruolo secondario nei lanci. Troppo poco. Quantomeno ci si attenderebbe un decoroso silenzio. Ma, si sa, un bel tacer non fu mai scritto. Difatti, alcuni dei protagonisti di quelle incivili aggressioni si stanno attivando per proporsi come protagonisti del rinnovato dialogo ebraico-cristiano… No comment [consoliamoci: non siamo solo noi cattolici ad aver bisogno di una bella pulizia all'interno della nostra gerarchia]
© Copyright Tempi, 24 marzo 2009, via Papa Ratzinger blog
mercoledì 25 marzo 2009
Rodari: le nomine in Curia e le spinte centrifughe delle conferenze episcopali
Un commento sulla revoca della scomunica
LA GRANDEZZA DEL PAPA, IL RITORNO A CASA DEI "LEFEBVRIANI" E LA LINGUA DI MONS. WILLIAMSON
- Marcel Lefebvre nasce il 29 novembre 1905 a Turcoing, in Francia.
- Sacerdote dal 1929, dal 1932 è membro della Congregazione dello Spirito Santo.
- Nel 1947 è vescovo, nel 1948 arcivescovo.
- Vicario apostolico, primo vescovo di Dakar (Senegal), delegato per le missioni nell’Africa francese, nel 1962 è creato vescovo di Tulle (Francia) [per la precisione, arcivescovo di Dakar: in effetti la successiva nomina a Tulle, diocesi secondaria e pur con diritto a conservare l'appellativo di arcivescovile, fu una deminutio]
- Dal 1962 al 1968 è superiore generale della Congregazione dello Spirito Santo.
- Già membro della sua commissione preparatoria, partecipa al Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965).
- Di quell’assise critica le prospettate riforme in tema di liturgia, libertà religiosa, ecumenismo e collegialità episcopale. Nel post-Concilio saranno questi i punti forti del progressismo.
- Lefebvre diviene così il punto di riferimento non unico ma eminente, almeno dal punto di vista mass-mediatico, del "tradizionalismo".
- Con il permesso della Santa Sede, nel 1970 fonda la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) a Friburgo, in Svizzera, da cui dipende il seminario di Ecône.
- Rifiutata la "Messa nuova", la comunità di Lefebvre si attira l’astio di numerosi settori dell’episcopato cattolico.
- Nel 1975 il Vaticano ordina la chiusura di Ecône. Lefebvre rifiuta e nel 1976 viene sospeso a divinis.
- Quando Lefebvre pensa a ordinazioni episcopali che garantiscano il futuro di Ecône,il cardinale Joseph Ratzinger prepara un protocollo d’intesa per evitare lo scisma.
- È il 1988. Tra Lefebvre da una parte e Papa Giovanni Paolo II e alcuni legati pontifici dall’altra intercorrono scambi epistolari e incontri privati.
- Lefebvre firma il protocollo, ci ripensa, ordina quattro vescovi e incappa nella scomunica.
- Lefebvre muore a Martigny (Francia) il 25 febbraio 1991.
- Visti alcuni segnali di disponibilità della FSSPX, Papa Benedetto XVI revoca la scomunica ai vescovi irregolari il 24 gennaio 2009.
- Straparlando di ebrei, uno dei vescovi "lefebvriani", Richard Williamson, diviene il nuovo casus belli.
- C’è chi dice che a mons. Lefebvre, il cui padre morì in un lager nazista, sia stata tolta la scomunica in articulo mortis dal Nunzio Apostolico in Svizzera
I vescovi tedeschi rispondono piccati a mons. Fellay
Ecco l'amabile risposta della Conferenza episcopale tedesca al comunicato di mons. Fellay, da noi riportato in questo post (è pur vero che mons. Fellay 'non le aveva mandate a dire', affermando senza mezzi termini che l'episcopato tedesco "non cessa di manifestarci la sua ostilità priva di carità e i suoi continui processi alle intenzioni, trattandoci «con odio, senza timore né riserbo», come ha giustamente rilevato il Santo Padre nella sua lettera del 10 marzo scorso").
Matthias Kopp, portavoce della Conferenza episcopale tedesca, ha dunque dichiarato (fonte: Kath.net):
Con una tale scelta di parole nel comunicato odierno il vescovo Fellay mostra la sua vera attitudine mentale. Essa è marcata da una infelice ristrettezza di orizzonti. Noi rigettiamo totalmente l'accusa di avere intrapreso una aperta rivolta contro il Papa. Per il resto, rigettiamo l'accusa di ostilità priva di carità.
Se le parole di Fellay erano singolarmente gravi, questo commento del portavoce dei vescovi tedeschi è un attacco ad hominem contro il superiore dei lefebvriani (con l'accusa di mentalità distorta e chiusa). Sul merito invece della questione, se cioè la posizione dei vescovi teutonici sia o meno un'aperta rivolta al Papa e un'ostilità poco caritatevole, supponiamo che ciascuno si sarà già fatto la propria opinione.
Ordinazioni diaconali a Gricigliano
Ma andiamo con ordine. Queste alcune foto della cerimonia del giorno di San Giuseppe (Messa e II vespri):
Le Suore Adoratrici (ramo femminile dell'Istituto) in processione per la Messa:
I vespri:
Ed ora seguono le immagini del giorno dell'ordinazione, a cominciare da quella dell'arrivo del card. Rodé (in cappa magna, ça va sans dire):
Un ricco corredo di immagini, una più bella dell'altra, possono essere viste al sito dell'Istituto, a questo link.