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giovedì 19 febbraio 2009

Mons. Fellay fa il punto sulle prospettive teologiche e canoniche della Fraternità.

The Remnant ha pubblicato in esclusiva questa intervista a mons. Fellay, gentilmente segnalataci da Maranathà. Ne riportiamo gli stralci più salienti da noi tradotti, in particolare concernenti le prospettive di chiarimenti teologici sul Concilio e la futura regolarizzazione canonica.

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- Ha mai pensato che [la revoca delle scomuniche] si risolvesse in così tanta pubblicità negativa e attacchi dai media secolarizzati?
Assolutamente no. In effetti, non avevo alcuna idea specifica su quale sarebbe stata la reazione dei media o delle conferenze episcopali. E’ ovvio, e ciò avviene da anni, che c’è una forte opposizione contro di noi tra i progressisti, ma era impossibile immaginare che avrebbero usato contro di noi tali armi come stanno facendo da settimane.
E sfortunatamente il vescovo Williamson ha fornito loro un’arma insperata per lanciare i loro attacchi contro di noi. E così il mondo secolarizzato ed i progressisti insieme hanno potuto attaccarci e creare una pressione tremenda sul Papa per qualcosa che non ha niente a che vedere con la Fede. Sembrerebbe che alcuni cardinali siano stati in grado di discernere, in questa tempesta e agitazione, che il Diavolo era al lavoro. Speriamo che vadano avanti nelle loro conclusioni.

- Che succederà ora? Avete un calendario per le discussioni teologiche sui punti difficili del Vaticano II? Ci può dire chi parteciperà a questi colloqui per la FSSPX e chi per la Curia romana?
Non abbiamo ancora un calendario. Vedremo con Roma nei prossimi mesi come le cose si svilupperanno per questi necessari colloqui sulla dottrina e anche su punti importanti della vita cristiana. Riveleremo a tempo debito i nomi dei partecipanti ai colloqui.
E’ ovvio che parte di queste discussioni deve aver luogo in una atmosfera serena, lontano dai media, per essere fruttuosa. Certamente daremo le necessarie informazioni ai nostro fedeli. Ma tutto questo deve prima diventare una realtà concreta.
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- La sua lettera ai fedeli cattolici diceva: "Noi siamo pronti a scrivere il Credo col nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Concilio Vaticano II su cui accettiamo [sic] alcune riserve" [di questa lettera circolano due versioni: quella riportata dal Remnant, e quella poi apparsa su Dici.org, per cui si dice che l’accettazione è fino al Concilio Vaticano I, mentre per il Vaticano II ci sono problemi e riserve. La differenza è più di forma - comunque importante - che sostanziale]. In successive interviste del card. Castrillòn e anche di lei stesso, si è detto che forse il Vaticano II non costituiva quel grosso blocco che molti sospettavano. Il card. Castrillòn ha detto che lei ha già accettato il Concilio "teologicamente". E nella sua intervista su Monde & Vie, lei ha indicato che occorrevano chiarimenti sufficienti, ma non necessariamente una lista esaustiva di punti teologici che potesse prolungarsi senza fine. Potrebbe specificare per noi i punti specifici, presumibilmente sul Decreto sull’ecumenismo e la Dichiarazione sulla libertà religiosa, su cui cercherete una chiarificazione? Forse Gaudium et Spes, anche?
Prima di tutto, se qualcuno pensa che io abbia annacquato la nostra posizione, si sbaglia. La nostra posizione resta esattamente la stessa. E quando dico che occorre un chiarimento sufficiente e non necessariamente una lista esaustiva di punti teologici, intendo dire che tutti i punti e principi essenziali che hanno portato la Chiesa alla crisi attuale devono essere risolti; ma naturalmente, non tutte le conclusioni, che prenderebbero troppo tempo e potrebbero essere un compito senza fine. Una volta che i principi sono chiari le conclusioni seguiranno da sole.
I punti specifici: ne abbiamo di fronte un’enorme montagna. Primo, c’è uno spirito, che possiamo chiamare modernismo. C’è anche un linguaggio molto ambiguo che è stato usato secondo i canoni linguistici della moderna filosofia. Questo dà il falso spirito che permea il Concilio intero. Il fatto che ci siano così tante ambiguità porta a diverse interpretazioni dei testi, e perfino Papa Benedetto XVI ha condannato le interpretazioni estremiste degli ultra-progressisti.
Poi, abbiamo tutta la questione delle relazioni tra la Chiesa e il mondo. Nel concilio, una visione molto positiva e antropocentrica affligge tutto, specie in Gaudium et Spes e Lumen Gentium. C’è un modo troppo positivo di valutare le altre religioni, che all’epoca, erano ancora chiamate "false religioni". Ora quest’espressione è stata tralasciata. Vuol forse dire che esse sono più vere, ora?
La libertà religiosa è un elemento fondamentale del pensiero moderno e della moderna filosofia. Naturalmente, uno può trovare alcuni buoni punti nelle altre religioni, ma la vera dottrina deve essere trovata in profonde e necessarie distinzioni.
Prendiamo i diritti umani, per esempio. La Chiesa ha sempre difeso e protetto molti diritti umani. La Chiesa dice che questi diritti discendono dai doveri degli uomini verso il loro Creatore. Non sono assoluti; dipendono sempre da vero e dal bene. Non si troverà mai un diritto basato sull’errore o sul male. Perciò, porre l’enfasi sulla persona umana, come si fa ora, può portare a un errore profondo. E questo non significa che non c’è un vero e necessario uso della coscienza umana, per esempio… Davvero, abbiamo un enorme lavoro davanti a noi.

- L’attuale S. Padre (nella sua lettera ai vescovi cileni nel 1988) così come lo stesso Papa Paolo VI, hanno detto entrambi che il Concilio Vaticano II fu principalmente pastorale, senza nota di dichiarazioni dogmatiche di livello magisteriale straordinario. Con questo in mente, che tipo di decisioni si aspetta di raggiungere con la S. Sede?
Presenteremo alla S. Sede le nostre domande, i nostri problemi. Speriamo che saranno esposti in modo sufficientemente chiaro da ottenere le giuste ed appropriate risposte. Noi ci aspettiamo definitivamente dal S. Padre e dalla S. Sede una vera chiarificazione del Concilio. Quel che necessita di essere corretto, va corretto. Quel che necessità d’essere rigettato, va rigettato. Quel che necessita d’essere accettato, va accettato.
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- Naturalmente la Fraternità riconosce il Concilio Vaticano II come Concilio della Chiesa. Crede che ci si aspetterà da voi un’adesione a più di quello – con la precisazione che voi aderite ai documenti con le stesse autorità e certezza teologiche nelle quali le considera la Chiesa stessa?
Se consideriamo l’ultima dichiarazione della Segreteria di Stato, possiamo temere che Roma possa voler imporre a noi una piena accettazione del Vaticano II. Ma di nuovo, che cosa significa? Qual è il vero Vaticano II, quando ci sono così tante interpretazioni differenti? Persino negli ultimi 40 anni, che cosa è stato il Vaticano II? Esso è, per sua stessa definizione, un Concilio pastorale, non dogmatico, e perciò non può essere d’improvviso interpretato come pienamente dogmatico. E circa l’autorità dei documenti, poiché non troviamo alcun tipo di chiaro pronunciamento sulla loro autorità, vi è molta confusione su questo punto. Molto chiaramente, la sua autorità non può esser maggiore adesso di quanto il Concilio stesso intendeva che fosse. E il Concilio non volle essere infallibile.

-Prevede qualche tipo di supervisione del vescovo diocesano territoriale quando la Fraternità sarà regolarizzata?
Quella sarebbe la nostra morte. La situazione della Chiesa è tale che una volta che le questioni dottrinali saranno state chiarite, avremo bisogno della nostra autonomia per poter sopravvivere. Questo significa che noi dovremo essere direttamente sotto l’autorità del Papa, con un’esenzione. Se guardiamo alla storia della Chiesa, vediamo che ogni volta che i Papi volevano restaurare la Chiesa, si basavano su nuove forze come i benedettini cistercensi, cui il papa concedeva di agire come meglio possibile durante la crisi, in stato di esenzione per poter aggirare la crisi.
[..]
- Quale ampiezza crede che le discussioni teologiche prenderanno? Quale lasso di tempo si aspetta per la piena regolarizzazione canonica e successiva missione della FSSPX?
Non ho idea del tempo necessario né per il lavoro sulle questioni dottrinali né dopo per l’instaurazione della nuova struttura canonica. Ancora una volta, vorrei insistere che la presente situazione mostra molto chiaramente che è impensabile affrontare la questione canonistica prima di aver risolto i principali problemi teologici.
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15 commenti:

  1. Ha mai pensato che forse è il caso che si rechi a Roma, baci l'Anello del Pescatore e si sottometta senza indugio alla volontà del Santo Padre?
    Inizi a pensarci, anzi forse è meglio " si metta in viaggio"!!!

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  2. "Il Papa “ha tolto la scomunica, ma non ha affatto riammesso i lefebvriani finchè non accetteranno integralmente il Concilio Vaticano II”." Lo ha detto il cardinale Camillo Ruini, ai microfoni del Tg1.


    Sicuramente qualcuno obietterà: ma non conta ciò che
    dice Ruini, Ruini non è il Papa.

    Che si voglia trattar tra pari???

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  3. Eh, eh. C'è sempre qualcuno che sulla questione "lefebvriani" vuole imposizioni rigide. Che queste persone, riguardo che ne sò...al dialogo con Costantinopoli, abbiano mai detto che gli Ortodossi devono accettare integralmente il Vaticano I, o che devono accettare il dogma dell'Immacolata Concezione? Nooo, su questi argomenti silenzio tombale, solo applausi festosi per ogni sbacciucchiamento ecumenico.
    Le imposizioni certi cattolici le vogliono imporre solo ai lefebvriani.
    Che qualcuno abbia mai scritto che gli Ortodossi si debbano mettere in viaggio per Roma e sottomettersi al Papa?
    Propio tale differenza di trattamento questi cattolici conciliari non s'accorgono che gioca a favore propio dei lefebvriani i quali dicono: trattateci come trattate gli altri.
    Eh, eh, essere coerenti non è facile!

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  4. Non capisco bene cosa vuole monsignor Fellay. Vuole che la Chiesa abroghi il Vaticano II o almeno certe sue parti? Vuole che dichiari che è stato un concilio per finta? E' evidente che non è possibile.

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  5. Mi sembra che mons. Fellay voglia semplicemente quello che la Fraternità S. Pio X ha sempre chiesto. Qual è la "nota" del Concilio? In qual misura i vari documenti sono, se lo sono, vincolanti?
    I punti ambigui suscettibili di differente ed anche opposta interpretazione - è una realtà sotto gli occhi di tutti che ognuno tira il concilio dalla sua parte - come devono essere intesi, accolti, accettati?
    La libertà religiosa comporta il diritto alla scelta d'una falsa religione?
    La libertà di coscienza implica il diritto di aderire al male? Questa libertà è assoluta?
    La formulazione dei documenti in un linguaggio moderno ha scalfito la verità come trasmessa dal Magistero?
    Le false religioni son sempre tali o son diventate, pur nella loro falsità, mezzo di salvezza, come fu scritto dall'Osservatore Romano il 17 settembre 1986, in un articolo in cui si definivano "venerabili" anche le religioni politeiste?
    Io credo che si tratti di interrogativi seri che non si pongono soltanto i "lefebvriani".
    Reputo che precisi chiarimenti, un'interpretazione ufficiale di certe affermazioni del Concilio a 40 anni di distanza siano ormai improcrastinabili.
    In caso contrario la Chiesa continuerà a frantumarsi in un individualismo di natura protestante. E si vivrà nell'equivoco. Dunque ben vengano le discussioni dottrinali tra la Fraternità e la S. Sede. Chi ha paura di questi incontri di approfondimento della Verità?

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  6. "Io credo che si tratti di interrogativi seri che non si pongono soltanto i "lefebvriani".

    Infatti se li pongono anche i sedevacantisti, e tutti coloro fondamentalisti a vario titolo, che così di fatto, si pongono fuori dalla Chiesa.

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  7. Anche gli atteggiamenti abbastanza spocchiosi dell'anonimo contestatore rendono necessaria la chiarificazione. Bisogna esser ciechi per non vedere il contrasto tra l'interpretazione nella continuità e quella, trionfante nello scorso quarantennio, della rottura.
    "Abbiamo ora l'anti-Sillabo" era il grido dei "progressisti", di cui faceva parte anche il giovane "perito conciliare" Ratzinger, che poi tanta marcia indietro ha dovuto ingranare.
    Ancor oggi, davanti alla volontà del Papa di porre fine a fratture nella Chiesa, l'interpretazione del Vaticano II diventa appannaggio di più parti che ne stravolgono a loro piacimento il valore ed il contenuto.
    Si vuole o non si vuole chiarezza?
    Se l'anonimo leggesse qualche seria rivista di teologia, come "Divinitas" che fu diretta dal Piolanti ed ora dal Gherardini, se ne renderebbe conto. E parlerebbe più assennatamente: magari a viso aperto, senza la maschera del nick, il che dimostrerebbe che possiede quel po' di coraggio necessario per assumersi la responsabilità di toni aggressivi e, questi sì, fondamentalisti.

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  8. Solo una breve considerazione;

    I) se le verità di Fede sono realmente tali, per loro stessa natura non possono considerarsi transeunti, né, per diretta conseguenza, mutare nella loro intrinseca essenza e, per tanto, ogni sia pur minima loro variazione non può che comportare un passo verso l'errore;

    II) se la Chiesa Cattolica è l'unica Chiesa di Cristo sin dall'epoca apostolica, le verità di Fede da Essa proclamate nel corso dei secoli sono realmente tali e, fra loro (accomunate dallo spirito della Verità Divina) non può concepirsi alcun contrasto, né rottura o discontinuità;

    III) quanto proclamato dal Concilio Vaticano II, anche sul mero piano pastorale, non può lecitamente concepirsi come "anti qualche cosa", ma deve invece intendersi in una linea di continuità assoluta, rispetto a tutto ciò che costituisce il precedente Magistero.

    IV) di coerenza rispetto a quanto sopra considerato, le apparenti deviazioni dalla consueta dottrina a parte di alcuni dei documenti del Concilio Vaticano II (al di là degli eventuali differenti intendimenti che possono aver animato i singoli relatori), debbono apprezzarsi come il frutto di mere concessioni verbali al vocabolario proprio al mondo moderno, operate in puro spirito di Carità ed a fini esclusivamente pastorali.

    Già la celeberrima "Nota previa" (con specifico riferimento alla Constitutio "Lumen Gentium") e, da ultimo, più in generale, anche l'esplicita dichiarazione del Papa Benedetto XVI alla Curia Romana, mi parrebbero militare nel medesimo senso.

    Se quanto ho considerato può corrispondere al vero, non credo proprio che, da parte di Mons. Fellay, possa esistere alcuna remora a, come bene ha scritto qualcuno, baciare "...l'Anello del Pescatore..." (visto che la sacra pantofola non si usa più riverirla) ed a sottomettersi "...senza indugio alla volontà del Santo Padre ..."; tuttavia, non trovo affatto scandaloso se, prima di procedere a questi doverosi atti di filiale devozione, Mons. Fellay usi la prudenza di far riaffermare ufficialmente, per parte di uno specifico organismo creato "ad hoc", quanto lo stesso Pontefice, sin dalla sua elevazione al Soglio di Pietro, ha tenuto a chiarire ai troppi "lupi" in mala fede: che la Santa Chiesa è sempre uguale a sè stessa, nè può mai mutare in alcunché e che, quindi, tutto ciò che nel passato veniva ritenuto come sacro e venerabile, sacro e venerabile deve oggi altrettanto potersi valutare.

    Tutto questo non certo per uno spirito di maliziosa sfiducia nei confronti del Santo Padre, ma per l'ovvia consapevolezza di come, su di un piano terreno, il Pontefice sia un uomo (che oltretutto, troppo spesso, quanto meno in apparenza, sembra "solo"); un uomo che, come tale, non può essere omnipresente e le cui percezioni degli accadimenti terreni, quindi, spesso giungono da una percezione mediata da quella di altri soggetti; un uomo, come tale, le cui stesse decisioni, per trovare effettività, debbono necessariamente passare attraverso l'attività di altri uomini. In estrema sintesi, sul piano materiale, il Papa è un uomo che, come tutti gli altri uomini (e, forse, proprio in ragione della vastità che è propria alla Sua attività, più degli altri uomini), per le sue valutazioni e per le sue azioni, è costretto, almeno parzialmente, ad avvalersi (e, forse, anche a dipendere) del guidizio e dall'azione di altri uomini che, talora, non posseggono quella superiore illuminazione che particolarmente contraddistingue il nostro Santo Padre ...

    A questo punto, a mio modo di vedere, il fatto che Mons. Fellay tenti di costruire una qualche base scritta di accordo, addirittura con riferimento a quanto, in pratica, lo stesso Santo Padre ha avuto ad affermare non lo apprezzerei tanto come un atto di superbia, quanto, piuttosto, come un'esercizio di prudenza; giacché, come sogliono considerare anche i saggi contadini: "Carta canta!".

    Imerio

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  9. Come al solito, Imerio è lucido ed esauriente.

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  10. Secondo quanto dite, monsignor Fellay (traduco in termini estremamente grossolani) chiede cento per ottenere dieci. Nessun biasimo per questo, sia chiaro, è una tattica che si usa normalmente. Meglio però che si giunga a un chiarimento rapido, i dico-non dico protratti troppo a lungo diventano pericolosi.

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  11. Una certa mancanza di umiltà, per essere benevoli, in effetti traspare. Il problema qui non è tanto ciò che chiedono i lefebvriani - i quali su certi punti non mancano di buone, e comunque argomentate, ragioni - ma il modo in cui si pongono dinanzi alla compassionevole indulgenza del Santo Padre.

    Vero è peraltro che in questi anni i lefebrviani sono stati fatti segno di attacchi feroci, che avrebbero indurito chiunque.

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  12. Leggo in un post sul mancato vescovo Wagner: "il card. Murphy o’ Connor che contesta l’interpretazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del "subsistit in" del Concilio affermando che "la Chiesa cattolica romana non è totalmente autosufficiente, e che le ricchezze e i doni di altre chiese cristiane sono elementi che contribuirebbero alla sua pienezza"

    Dunque, la Chiesa cattolica non ha tutta la Verità. Essa dev'esser integrata dalle verità delle altre confessioni, senza le quali non ha la "pienezza" della Fede.
    Dunque, la Chiesa Cattolica non è la vera ed unica Chiesa di Cristo ed ha bisogno d'esser completata. Ma le verità che possiedono le altre confessioni cristiane non sono forse state ereditate dalla Chiesa cattolica da cui quelle si staccarono? O ne han create delle altre?
    Cos'hanno queste confessioni che la Chiesa non abbia?
    Il Magistero ha sempre insegnato il contrario.
    Ecco a cosa ha portato il famoso "subsistit in" che ha sostituito il tradizionale "est".
    L'interpretazione prevalente è che la Chiesa di Cristo sussiste sì nella Chiesa Cattolica, ma non completamamente, perché sussiste anche in altre. Insomma, a seguito di scismi ed eresie, è la Chiesa che ha perduto la sua "pienezza".
    Ovviamente, se interpretiamo il "subsistit in" sulla base del pensiero tomistico, ed alla luce della Sacra Tradizione, arriveremo alla conclusione che tale espressione significa esclusiva completa identificazione tra Chiesa di Cristo e Chiesa Cattolica, ma non è questa la strada che percorre la maggioranza dei teologi e della gerarchia.

    Dinnanzi a così perniciosa eresia ha torto mons. Fellay a chiedere l'interpretazione ufficiale definitiva di quel concetto e, di conseguenza, della concezione stessa di Chiesa, e del vero significato di ecumenismo?

    Alcuni anni fa in un articolo di Famiglia Cristiana lessi che le tre religioni monoteiste si completano a vicenda: L'islamismo rappresenta la Fede; l'Ebraismo la speranza; il Cristianesimo la Carità.
    Insomma Cristo ha bisogno d'esser completato da Maometto...
    E noi fedeli dobbiamo o no esser difesi da coloro che stravolgono la nostra religione?

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  13. Ottimo IMERIO, il problema sorge quando due costanti (cioè due elementi insuscettibili di alterazione) sembrano entrare in contraddizione tra loro. Così è accaduto del Papato (o dell'obbedienza al Papa) e della Liturgia, sicché si è avuto chi, come molti comuni cattolici, pur considerando sconcertanti i cambiamenti introdotti dalla riforma liturgica bugniniana, ha optato per l'obbedienza al Papa e alla Chiesa di Roma e chi, come i lefebvriani (e altri soi disants veri cattolici), ha operato (/è stato costretto a operare) la scelta opposta.

    La questione è, ora, come comporre contraddizioni di questo genere. A me sembra che l'"ermeneutica della continuità" proposta da Benedetto XVI sia un'ottima via, a partire proprio dal grande nodo della Liturgia. Anche se prima o poi bisognerà andare oltre le generiche enunciazioni di principio e confrontarsi su aspetti molto concreti (e ho l'impressione che Joseph Ratzinger sia la persona più attrezzata per farlo).

    F. Pernice

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  14. Gentile Sig. Pernice, in linea generale, mi trovo sostanzialmente d'accordo con i Suoi più che sensati e fondati rilievi.

    Mi permetta, tuttavia, un lampo di "fantapolitica", per il quale mi permetto di chiedere preventiva venia a Lei ad ai davvero bravissimi (e non lo affermo per "reticenza retorica") membri della redazione di questo sito.

    In quest'ultimo senso: e se l'effettiva contraddizione da Lei correttamente individuata, in realtà, fosse molto più apparente di quanto non sembri? Se la parte "fedele" della Curia Romana (e magari anche i Romani Pontefici, se pur con diverse gradualità fra loro), a fronte di una ineludibile deriva che aveva fatto esplicitamente evocare il "fumo di satana", in realtà, avesse, in certo qual modo, "pilotato" quell'atto di (a questo punto apparente) disobbedienza, lasciandone all'oscuro addirittura molti fra i candidati transfughi?

    Da un lato, si sarebbe così evitato di dover reprimere l'infezione con un'azione che, in ultima analisi, avrebbe ancor più lacerato la "tunica di Cristo" e messo a maggior repentaglio la salvezza di molte anime; d'altro canto, si sarebbe affidato al mare della Divina Provvidenza il varo di una sorta di piccola scialuppa di salvataggio, provvista del germe "contagioso" dell'ortodossia, nell'attesa di poterlo nuovamente trapiantare nel giardino della Chiesa in un'epoca migliore. In fondo, ben conoscevano i nostri ipotetici curiali che comunque, alla fine, "ianuae inferi non praevalebunt", ed altrettanto erano ben consapevoli di come i tempi della Chiesa ben eccedessero quelli degli uomini.

    L'avevo premesso, si tratta soltanto di un'ipotesi di "fantapolitica" che riterrei particolarmente appropriata a quest'ora notturna, intessendosi il genere della medesima sostanza che anima anche i sogni ...

    Cordialmente,

    Imerio

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  15. Caro IMERIO, quante volte l'ho pensato! Certo, nella Curia fior di cardinali ed alti prelati erano sulle stesse posizioni di mons. Lefebvre e vari di essi si espressero chiaramente sul cosiddetto scisma, negandone l'esistenza, come ormai da anni fa il card. Castrillon.
    M'è sempe frullato nella mente che quei cardinali ormai credo tutti passati a miglior vita, mandarono avanti Lefebvre e poi si ritrassero. Come fecero col Messale di Pio V: sostenevano che non era stato abrogato, qualcuno addirittura collaborò alla stesura del "Breve esame critico del Novus Ordo" firmato da Ottaviani e Bacci, ma si acconciarono a celebrar col nuovo.
    Mah! Anch'io mi auguro che si tratti di soltanto di suggestioni momentanee e prive di fondamento.

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AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione