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martedì 20 gennaio 2009

Buon compleanno, Eccellenze!

Conosciamo purtroppo fin troppo bene che cosa significhi avere un vescovo che tenta ogni mezzo per soffocare l'applicazione della volontà del Pontefice in materia di motu proprio. Ma non di questo vogliamo parlare, per carità di diocesi, almeno per ora... (anche se ogni limite ha una pazienza, dice Totò). Sappiamo di essere in gran compagnia: visitate la nostra pagina con l'elenco delle Messe in Italia, la cui vera funzione (per non replicare ottimi cataloghi fatti su altri siti) è in verità quello di dare un quadro il più analitico preciso, diocesi per diocesi, dell'applicazione, o piuttosto disapplicazione, del Motu Proprio.

Orbene, sperando di essere smentiti (sed contra factum non valet argumentum), una certa categoria di pastori appare talmente imbevuta di pregiudizi da anni Sessanta e Settanta, da rischiare di essere del tutto irrecuperabili. Non resta quindi che aspettare la "soluzione biologica" che non è, per carità, il trapasso, ma l’età della pensione: quella provvidenziale norma del ritiro a 75 anni, introdotta da Paolo VI con l’obbiettivo, si disse maliziosamente allora, di pensionare i vescovi refrattari alle innovazioni conciliari; e che oggi si ritorce per provvidenziale contrappasso proprio sui seguaci di una datata visione postconciliare.

Per chi suona in questi giorni la campana? Per due mitrati che sono altrettanti simboli della resistenza contro il rinnovamento liturgico proposto da papa Benedetto: mons. Brandolini di Sora-Aquino-Pontecorvo e mons. Nogaro di Caserta. Il primo (a destra), diciamolo subito, ci è simpatico, per avere raccontato candidamente ai giornali di aver pianto il giorno di emanazione del motu proprio (in merito si vedano l’intervento di Rodari e l’articolo de La Stampa): pur nella diversità di posizioni, rispettiamo la sua opinione ed i suoi sentimenti. Lo apprezzeremmo ancor più se alle lacrime non fossero seguite le azioni: non si è potuta nemmeno celebrare una Messa antica nel suo feudo.

Il secondo (a sinistra... ovviamente), beh, proprio simpatico non ci è. E’ un vescovo che proclama che i carabinieri caduti a Nassirya non sono eroi della pace, ingiuriando la loro memoria e i sentimenti delle loro famiglie (rif. qui); è un vescovo che concede volentieri e nemmeno richiesto la "tenda di Abramo", una struttura diocesana, ai musulmani, e edifici di culto a varie altre religioni, e poi interviene per vietare a un parroco di celebrare una messa tridentina già fissata, dicendo (citiamo letteralmente le sue parole dall’intervista al Corriere del Mezzogiorno riportata qui): "la tolleranza non c'entra nulla. La messa in latino è una distorsione dal fatto religioso. Neanche i professori universitari di latino pregano o parlano nella lingua degli antichi romani. Non è lo strumento adeguato per allacciare un vero rapporto con Dio. Aiutare la gente a pregare è sforzo onorevole. Ed è quanto si tenta di fare concedendo la struttura della Tenda di Abramo ai musulmani e la cappella adiacente il duomo di Caserta agli ortodossi. Viceversa, stordire i fedeli con immagini sacre è coreografia, teatrino, cornice estetica. Ai fedeli va offerto qualcosa di valido e di educativo, non occasioni di disorientamento. Insomma, mugugnare in latino non serve a nulla".

Buon settantacinquesimo compleanno, quindi, alle Loro Eccellenze: al piangente vescovo di Sora e al vescovo "aperto e tollerante" di Caserta. Sappiamo che la loro sostituzione non sarà immediata (a fine mese raggiunge l’età fatidica anche il Prefetto della Congregazione dei Vescovi, il card. Re cui si devono nomine talvolta, ci pare, discutibili; quindi meglio aspettare). Ma, che volete farci, il tempo è galantuomo.

3 commenti:

  1. Non è vero che in diocesi di Sora non si è potuta celebrare nemmeno una messa "extraordinaria".

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  2. Cari amici, per quanto sia stata discutibilissima l'intervista rilasciata da mons. Brandolini trovo un po' imprecisa la seguente frase "Lo apprezzeremmo ancor più se alle lacrime non fossero seguite le azioni: non si è potuta nemmeno celebrare una Messa antica nel suo feudo". Se con azioni ci si riferisce genericamente al clima sicuramente non favorevole all'applicazione del m.p. o ad altre analoghe dichiarazioni del Vescovo, ok.
    Se invece ci si riferisce ad eventuali divieti allora vi pregherei di correggere - anche perché in base al Summorum Pontificum (art.2) l'iniziativa è dei parroci, ergo S.E. potrebbe anche non essere al corrente delle (purtroppo ancora rare) messe tridentine celebrate in diocesi.

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  3. In risposta ai due commenti che precedono, osserviamo che, evidentemente, nel post si fa riferimento a Messe pubbliche. Quelle private, o anzi clandestine come par di capire, si celebravano anche nell'Inghilterra elisabettiana quando ciò era reato passibile di morte, quindi forse anche in terra di Sora...
    Quel che intendiamo è il clima di intimidazione e la dissuasione nemmeno implicita. Ecco alcuni episodi (e come vedrete, abbiamo fonti attendibili e precise):

    - Nelle visite pastorali il Vescovo ha sempre consigliato di abattere balaustre, togliere i candelieri dagli altari, spostare i fonti battesimali, e fare modifiche anche consistenti ai presbiteri...
    - Per mons. Brandolini la liturgia finisce nel quinto secolo e dopo i secoli bui del medioevo e dei secoli successivi, finalmente è stata recuperata con la riforma di Bugnini. Questo suo pensiero è stato espresso in più occasioni, come ad esempio il ritiro del Clero della diocesi di Sora tenutosi nel santuario di Canneto nei giorni immediatamente precedenti la pubblicazione del Motu Proprio dove non ha fatto che sottolineare tutti i difetti della liturgia antica e l'inopportunità della sua reintroduzione.
    - In nessuna riunione o intervento pubblico il Vescovo ha fatto accenno al Motu Proprio del santo Padre. In alcune omelie il Vescovo ha fatto velati accenni a chi "vuole rimangiarsi
    quanto ha stabilito il Concilio Vaticano II" e ha detto anche "Non fatemi parlare".
    - Una volta durante un pranzo rivolgendosi ad un esperto di liturgia suo commensale parlava dei vari liturgisti italiani dividendoli in contrari e favorevoli al Motu Proprio, delineando così lo scenario di una ribellione sotterranea alle disposizioni del Papa.

    Con questa attitudine, si comprende che, non avendo di solito i parroci l'attitudine di opporsi frontalmente al loro vescovo, di Messe (pubbliche) in forma straordinaria non se ne siano mai celebrate

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