per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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mercoledì 31 dicembre 2008
Quem Deus vult perdere, dementat prius!
lunedì 29 dicembre 2008
Mons. Marini: deciderà il Papa se e quando celebrare con l'antico Messale
domenica 28 dicembre 2008
Festa dei Santi Innocenti Martiri
"Su ogni bambino c’è il riverbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della loro anima"
sabato 27 dicembre 2008
Ancora sulle giornate della gioventù
venerdì 26 dicembre 2008
Chi è padrone del passato, è padrone del futuro. La preghiera eucaristica di Ippolito
Alzi la mano chi, manifestando a qualche prete il proprio interesse per il rito antico, non si è sentito rispondere con sufficienza che la riforma liturgica è stata un ritorno alla più antica e autentica Tradizione, sfoltita delle "incrostazioni medioevali", mentre i fautori della Messa tridentina sono afflitti da una visione miope e incompleta della tradizione, limitata al periodo successivo alla Controriforma e al Concilio di Trento ("si chiama tridentina ben per questo, ‘sta messa, no?"). Tanto vero, prosegue di solito questo sacerdote ipotetico (ma molto reale), ripetendo quanto appreso sui testi di liturgia del seminario, la riforma liturgica ha restaurato non solo l’orientamento originario verso il popolo ("Gesù mica dava le spalle agli Apostoli!"), ma anche tesori della liturgia dei primi secoli, come la preghiera dei fedeli e la preghiera eucaristica di S. Ippolito, la più antica che si conosca, anteriore di secoli rispetto al canone romano della Messa tridentina (che è attestato "solo" dal quarto secolo d.C.).
Il fedele amante della tradizione, a questo punto, è di solito costretto ad incassare; magari penserà tra sé che, se la liturgia dei primi secoli era proprio come quella di oggi, la diffusione del cristianesimo nel mondo ha avuto davvero molto di inspiegabile e di miracoloso. Se ha confidenza col sacerdote, il fedele gli farà notare la contraddizione tra il criticare le incrostazioni medioevali e insieme un’idea di tradizione che non risalirebbe oltre il Concilio di Trento, che fu ben posteriore alla fine del Medioevo; ma il discorso finirà comunque con una sostanziale resa agli argomenti, in apparenza incontrovertibili, del prete insofferente di questi petulanti che "vogliono spostare all’indietro le lancette della storia".
Ma la diffusione di internet ha questo di buono: ha reso accessibile a chiunque, con pochi clic, testi che, chiusi nelle biblioteche, erano finora appannaggio esclusivo di studiosi e liturgisti; e questi ultimi, in maggior parte modernisti, non li andavano certo a divulgare.
O meglio, se divulgavano, ecco che cosa scrivevano: "Quanto alla seconda [preghiera eucaristica], si noti che è presa quasi letteralmente dal più antico testo liturgico conosciuto, quello della Tradizione apostolica di sant'Ippolito (inizio del III secolo). Quello stesso Ippolito che, dopo essersi opposto al papa Callisto da lui accusato d'essere troppo indulgente coi peccatori, si ritrovò con il successore di questo pontefice, s. Ponziano, condannato come lui per la fede, ad essere deportato in Sardegna!" (Y. CONGAR, La crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre, Queriniana, 1976, p. 32). Abbiamo evidenziato noi quell’avverbio "quasi letteralmente", perché giudicherete voi quanto sia appropriato.
Ma ora, dicevamo, anche il fedele qualsiasi che abbia voglia di documentarsi un po’ (è già un punto di partenza leggere la nostra pagina sugli scritti liturgici dell’allora card. Ratzinger), scopre agevolmente che quelle affermazioni sono una vera e propria mistificazione, un travisamento della storia. Come aveva ben capito George Orwell (nel suo profetico libro 1984), domina il futuro chi è in grado di riscrivere il passato. Ma oggi, grazie a internet, possiamo recuperare, dai "buchi della memoria" dove li avevano cacciati i riformisti, i dati seguenti:
- La Messa tridentina non è per niente... tridentina, perché il Papa S. Pio V, dopo il Concilio di Trento, si limitò a rendere universale il rito in uso a Roma da secoli (cioè dai tempi dei più antichi Messali conosciuti e, nella sostanza, fin dai tempi di S. Gregorio Magno, mille anni prima).- La celebrazione verso il popolo è una creazione interamente moderna, prima d’ora (e quindi anche ai tempi apostolici) del tutto sconosciuta.
- La seconda preghiera eucaristica introdotta col nuovo Messale, che non solo è la più usata (anche perché la più corta), ma siccome attribuita ad Ippolito sarebbe più antica e venerabile del canone romano della Messa tradizionale, è in realtà ben lungi dall’essere identica "quasi letteralmente" all’originale di Ippolito. Solo circa la metà delle parole di quest’ultimo sono state trasfuse nella preghiera eucaristica numero 2 (e nel suo prefazio proprio che, peraltro, è nell'uso spesso sostituito da altro testo). Sono state, tra l’altro, omesse parti estremamente significative, ma sgradite ad orecchi 'modernisti': "spezzare le catene del demonio, calpestare l'inferno, illuminare i giusti, fissare la norma", o l’invocazione allo Spirito Santo dopo la consacrazione "per confermare la loro fede nella verità, affinché ti lodiamo e ti glorifichiamo per Gesù Cristo". Per contro la formulazione moderna aggiunge, per almeno due terzi, testo del tutto difforme da quello di Ippolito. Non ci credete? Giudicate voi da questo raffronto sinottico: le parti in verde sono quelle effettivamente corrispondenti (e spesso non nelle parole né nella loro collocazione, ma solo nei concetti generali); quelle in rosso, le parti del canone di Ippolito che i riformatori hanno del tutto tagliato; infine le parti in nero non sottolineate sono le parole della preghiera eucaristica II aliene rispetto al testo di Ippolito. Così la prossima volta saprete cosa rispondere ad un prete saccente... Anafora di Ippolito (circa 215 d.C.) Ti rendiamo grazie, o Dio, per mezzo del tuo diletto figliolo [puerum] Gesù Cristo, che negli ultimi tempi hai inviato a noi come salvatore, redentore e messaggero della tua volontà; egli è il tuo Verbo inseparabile, per mezzo del quale hai creato tutte le cose e fu di tuo gradimento; che hai mandato dal cielo nel seno di una vergine e, accolto nel grembo, si è incarnato e si è manifestato come tuo figlio, nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine. Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, egli stese le mani nella passione per liberare dalla sofferenza coloro che confidano in te. Mentre si consegnava liberamente alla passione per distruggere la morte, spezzare le catene del demonio, calpestare l'inferno, illuminare i giusti, fissare la norma e manifestare la risurrezione, preso il pane ti rese grazie e disse: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo che sarà spezzato per voi". Allo stesso modo fece col calice dicendo: "Questo è il mio sangue che sarà versato per voi. Quando fate questo, fatelo in memoria di me". Ricordando dunque la sua morte e la sua risurrezione, ti offriamo il pane e il calice e ti rendiamo grazie per averci fatti degni di stare alla tua presenza e di renderti culto. E ti preghiamo di inviare il tuo Spirito Santo sull'offerta della santa Chiesa. Unendo in una sola cosa, dona a coloro che partecipano dei santi misteri la pienezza dello Spirito Santo per confermare la loro fede nella verità, affinché ti lodiamo e ti glorifichiamo per Gesù Cristo tuo figliolo, per il quale gloria e onore a te con lo Spirito Santo nella tua santa Chiesa ora e nei secoli dei secoli. Amen. [Pseudo-IPPOLITO, Tradizione apostolica, Introduzione, traduzione e note a cura di Elio Peretto, Roma, Città Nuova, 1996, pp. 108-111] Preghiera eucaristica II (Messale 1970) Prefazio È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo, per Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio. Egli è la tua Parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le cose, e lo hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria. Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, egli stese le braccia sulla croce, morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo a una sola voce la tua gloria: Santo, Santo, Santo... Consacrazione Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito, perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore. Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi". Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti [latino: pro multis] in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me". Mistero della fede. Assemblea: Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta. Oppure: Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta. Oppure: Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale. Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo. Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra [nelle domeniche:] e qui convocata nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua gloria immortale: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro Papa N., il nostro Vescovo N., e tutto l’ordine sacerdotale. Ricòrdati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione, e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto. Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen
Il testo originale greco del canone di Ippolito è perduto; ci è giunta solo la traduzione in latino. Per chi desidera operare il raffronto tra il testo d’Ippolito nel latino in cui ci è pervenuto con quello, pure in latino, della Prex Eucharistica II del Messale di Paolo VI, riportiamo i due testi di seguito in caratteri più piccoli:
ANAFORA DI IPPOLITO (circa 215 d.C.) Gratias tibi referimus, Deus, per dilectum puerum tuum Jesum Christum, quem in ultimis temporibus misisti nobis salvatorem et redemptorem et angelum voluntatis tuae, qui est verbum tuum inseparabile, per quem omnia fecisti et bene placitum tibi fuit, misisti de caelo in matricem virginis, quique in utero habitus incarnatus est et filius tibi ostensus est, ex Spiritu Sancto et virgine natus. Qui voluntatem tuam complens et populum sanctum tibi acquirens, extendit manus cum pateretur, ut a passione liberaret eos qui in te crediderunt. Qui cumque traderetur voluntariae passioni, ut mortem solvat et vincula diaboli dirumpat, et infernum calcet et iustos illuminet et terminum figat et resurrectionem manifestet, accipiens panem gratias tibi agens dixit: Accipite, manducate, hoc est corpus meum quod pro vubis confringetur. Similiter et calicem dicens: Hic est sanguis meus qui pro vobis effunditur. Quando hoc facitis, meam commemorationem facitis. Memores igitur mortis et resurrectionis ejus, offerimus tibi panem et calicem, gratias tibi agentes quia nos dignos habuisti astare coram te et tibi ministrare. Et petimus ut mittas Spiritum tuum Sanctum in oblationem sanctae ccclesiae: in unum congregans des omnibus qui percipiunt sanctis in repletionem Spiritus Sancti ad confirmationem fidei in veritate, ut te laudemus et glorificemus per puerum tuum Jesum Chrislum, per quem tibi gloria et honor Patri et Filio cum Sancto Spiritu in sancta ecclesia tua et nunc et in saecula saeculorum. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA II (Messale 1970) Vere dignum et iustum est, aequum et salutare, nos tibi, sancte Pater, semper et ubique gratias agere per Filium dilectionis tuae Iesum Christum, Verbum tuum per quod cuncta fecisti: quem misisti nobis Salvatorem et Redemptorem, incarnatum de Spiritu Sancto et ex Virgine natum. Qui voluntatem tuam adimplens et populum tibi sanctum acquirens xtendit manus cum pateretur, ut mortem so1veret et resurrectionem manifestaret. Et ideo cum Angelis et omnibus Sanctis gloriam tuam praedicamus, una voce dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus Vere Sanctus es, Domine, fons omnis sanctitatis. Haec ergo dona, quaesumus, Spiritus tui rore sanctifica, ut nobis Corpus et Sanguis fiant Domini nostri Iesu Christi. Qui cum Passioni voluntarie traderetur, accepit panem et gratias agens fregit, deditque discipulis suis, dicens: Accipite et manducate ex hoc omnes: hoc est enim Corpus meum, qui pro vobis tradetur Simili modo, postquam cenatum est, accipiens et calicem, iterum tibi gratias agens dedit discipulis suis, dicens: Accipite et bibite ex eo omnes: hic est enim Calix Sanguinis mei novi et aeterni testamenti, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum. Hoc facite in meam ommemorationem. Mysterium fidei. Acclamazioni dei fedeli (omissis) Memores igitur mortis et resurrectionis eius, tibi, Domine, panem vitae et calicem salutis offerimus, gratias agentes quia nos dignos habuisti astare coram te et tibi ministrare. Et supplices deprecamur ut Corporis et Sanguinis Christi participes a Spiritu Sancto congregemur in unum. Recordare, Domine, Ecclesiae tuae toto orbe diffusae, ut eam in caritate perficias una cum Papa nostro N. et Episcopo nostro N. et universo clero. Memento etiam fratrum nostrorum, qui in spe resurrectionis dormierunt, omniumque in tua miseratione defunctorum, et eos in lumen vultus tui admitte. Omnium nostrum, quaesumus, miserere, ut cum beata Dei Genetrice Virgine Maria, beatis Apostolis et omnibus Sanctis, qui tibi a saeculo placuerunt, aeternae vitae mereamur esse consortes, et te laudemus et glorificemus per Filium tuum Iesum Christum. Per ipsum, et cum ipso, et in ipso, est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria per omnia saecula saeculorum.
Citiamo, per concludere il discorso, quanto scritto da P. CANTONI, Novus Ordo Missae e fede cattolica, Quadrivium, 1988, p. 115 s. (interamente consultabile a questo link): "La II Prex eucharistica è quella che ha sollevato (e solleva) più problemi. Il riferimento sacrificale è in essa veramente assai tenue. Generalmente, nel rispondere alle critiche, ci si è accontentati di trincerarsi dietro l'origine venerabile per antichità di questa preghiera. [..] Basta un confronto, anche superficiale, con l'antica anafora per rendersi conto di cosa valga questo argomento. Anche p. Lanne, che non può certamente essere annoverato fra gli avversari della riforma liturgica, rileva che "nella nuova anafora romana... quanto si riferisce all'opera salvatrice di Cristo è stato arbitrariamente abbreviato perché male si adattava alla mentalità moderna. Cristo con la sua Passione libera coloro che credono in lui; egli ha spezzato i vincoli del diavolo, calpestato l'inferno, illuminato i giusti ... Il testo ippolitiano dice: "Et petimus ut mittas spiritum tuum sanctum in oblationem sanctae ecclesiae, in unum congregans de omnibus qui percipiunt sanctis in repletionem spiritus sancti ad confirmationem fidei in veritate ut ..." ... È’ stata ritenuta... la domanda perché coloro che partecipano al Corpo e al Sangue di Cristo siano uniti come una sola cosa mediante lo Spirito Santo, mentre è scomparso l'oggetto di questa unione per opera dello Spirito: la confermazione della fede nella verità. Si noterà che questa soppressione corrisponde a quella fatta poco prima nella commemorazione dei vari elementi dell'opera salvatrice di Cristo: la Passione libera coloro che credono in lui. Per ben due volte quindi in questa anafora d'Ippolito la fede viene posta al primo piano, mentre è scomparsa nel nuovo testo. Tutta l'eucaristia come proclamazione della fede risente di una certa incrinatura" [E. LANNE, Introduzione a M. THURIAN, L’Eucaristia Memoriale del Signore, Sacrificio di Azione di grazie e d’intercessione, Ed. A.V.E., 1971, p. XXIV s.]".
giovedì 25 dicembre 2008
Puer natus est nobis, et filius datus est nobis
A Christmas carol
Dall’altra parte dell’Atlantico, un giovane ufficiale della Marina americana, Philip Johnson, combatte da un paio di mesi con un tumore al cervello che, secondo la medicina, non lascia speranze. Lo ha appena scoperto e lo racconta in un blog, dal nome bellissimo: In caritate non ficta. Come egli scrive, "avendo 24 anni, ero ancora così giovane da sentirmi invincibile e pensare di avere ancora tantissimo tempo da vivere. E’ dura pensare altrimenti". E la foto ci mostra, insieme ad un prete, questo classico ragazzo americano, che ha conosciuto la guerra e le battaglie, e che penseremmo nel pieno del vigore.
Questo è l’aspetto tragico della vicenda. Ma quello che ha ritenuto la nostra attenzione è che il maggiore Johnson, fervente cattolico, fin da bambino ha sentito maturare dentro sé la vocazione al sacerdozio. Ed ora che il tempo per riflettere sulla sua vita è diventato breve, come tutto il suo futuro, sente di voler compiere con tutto se stesso questo gran passo e potere, prima di morire, stringere tra le sue mani il Santissimo Sacramento nel miracolo dell’altare.
Vogliamo riportare alcune sue parole, perché ci sembrano una testimonianza bellissima, e ancor più preziosa viste le prospettive di salute di questo ragazzo, della straordinaria importanza e bellezza del sacerdozio, a cui tende con tutte le sue residue forze: "Il sacerdozio di N.S. Gesù Cristo è il più grande dono immaginabile [..]. E’ una chiamata per uomini veri, non un "mestiere" per chi non sa trovare una moglie, o non riesce a fare altro. Non è un’uscita di sicurezza né la porta a una vita confortevole. E’ una vocazione che richiede molto sacrificio, fatica, combattimento e amore per gli altri. Il prete condivide ogni giorno gioie e dolori del popolo di Dio, e dà tutto se stesso alla Chiesa, come Cristo sacrificò Se stesso per noi."
"Mentre combatto con il tumore, non mi rattrista che esso mi possa causare sofferenza e morte. Questo accadrà alla fine a tutti noi, e dobbiamo essere preparati a fronteggiare la morte in ogni istante, conservandoci in stato di grazia. No, la vera preoccupazione che affronto ogni giorno è che, per varie circostanze, alcune delle quali oltre il mio controllo, io possa non conoscere mai che cosa è servire Dio come l’alter Christus che io desidero con tutto il cuore di essere. Porta lacrime ai miei occhi immaginare di lasciare questo mondo senza pronunziare le parole di Cristo all’Ultima Cena, ‘Questo è il mio Corpo, Questo è il mio Sangue’, prima di guardare Nostro Signore nell’Eucarestia nel più grande miracolo mai conosciuto dall’uomo. Io prego fervorosamente di poter avere un giorno il privilegio di assolvere i peccati – anche se dovessi vivere abbastanza solo per assolverne uno – manifestando lo stesso perdono che Dio mi ha tante volte mostrato, nonostante le mie debolezze e peccati".
mercoledì 24 dicembre 2008
Il Papa ‘cristianizza’ le giornate della gioventù
Quest’anno, nella sua ponderosa allocuzione, ha toccato due punti significativi: il senso delle Giornate Mondiali della Gioventù e l’ecologismo (che il Papa a sua volta riconnette, ed è davvero un coup de théâtre magistrale, alla difesa della famiglia come espressione di un habitat umano di natura) . Si tratta di due temi che, talvolta, incontrano scetticismo negli ambienti tradizionalisti. Lo diciamo come constatazione, senza in realtà comprendere bene perché l’ecologia debba essere una preoccupazione estranea a taluni tradizionalisti. Anzi. Da "conservatori", dovremmo essere ancor più interessati al mantenimento delle ricchezze della natura e ad un ritorno a rapporti più armonici con il creato. Ma non divaghiamo...
Sulle Giornate della Gioventù (mondiali, nazionali, diocesane o perfino parrocchiali) le ragioni di riserva sono molto, molto più fondate. Si tratta di manifestazioni che, secondo parecchi osservatori, hanno un impatto solo superficiale sui partecipanti. Non abbiamo il riferimento, ma ci sembra di ricordare che fosse stato l’allora cardinale Ratzinger (un vero "grillo parlante" rispetto a certi entusiasmi un po’ ingenui del pur grande Giovanni Paolo II: chi non ricorda le aspre critiche degli incontri di Assisi?) a dire che certi eventi riempiono le piazze, ma svuotano le chiese. E infatti fin da quando è diventato Papa ha prima snobbato, poi definitivamente abolito quei concertoni nazional-popolari che si organizzavano regolarmente in Vaticano con sfilata di cantanti e celebrità. La nostra ammirazione, per quanto vale, nei confronti di Papa Ratzinger è schizzata alle stelle...
Qual è quindi la natura di ciò che succede in una Giornata Mondiale della Gioventù? Quali sono le forze che vi agiscono? Analisi in voga tendono a considerare queste giornate come una variante della moderna cultura giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il Papa quale star. Con o senza la fede, questi festival sarebbero in fondo sempre la stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la questione su Dio. Ci sono anche voci cattoliche che vanno in questa direzione valutando tutto ciò come un grande spettacolo, anche bello, ma di poco significato per la questione sulla fede e sulla presenza del Vangelo nel nostro tempo. Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in fin dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza influire in modo più profondo sulla vita.
[..]
martedì 23 dicembre 2008
"Il piccolo libro che causerà una grande tempesta"
lunedì 22 dicembre 2008
Il Papa celebrerà nuovamente "spalle al popolo"
In particolare nel giorno dell’Epifania il Papa indosserà una pianeta, come ha già fatto in qualche altra celebrazione, «a sottolineare ancora una volta la continuità tra passato e presente».
[..]
Saranno tredici i bambini che l’11 gennaio riceveranno il Battesimo dalle mani del Papa [..]. Anche quest’anno sarà utilizzato l’altare proprio della Cappella Sistina, «per non alterare la bellezza e l’armonia di questo gioiello architettonico». Ciò «significa – spiega una nota dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche pontificie – che in alcuni momenti il Papa, si rivolgerà verso il Crocifisso, sottolineando così il corretto orientamento della celebrazione eucaristica». «Non si tratta di voltare le spalle al popolo – aggiunge monsignor Marini – ma di assumere lo stesso orientamento dell’assemblea, che guarda proprio verso il Crocifisso». Per il resto la celebrazione avrà il consueto svolgimento e verrà utilizzato il Messale ordinario.
domenica 21 dicembre 2008
Chi sarà il prossimo Arcivescovo di Westminster?
Secondo indiscrezioni, il 2 gennaio prossimo sarà reso noto il nome del nuovo Arcivescovo di Westminster, che andrà a sostituire il settantaseienne cardinale Cormac Murphy o’Connor.
In realtà un simile giudizio sarebbe estremamente errato. La sede di Westminster (che, per chi non lo ricordasse, è una parte di Londra) ha e ancor più avrà un’importanza cruciale nel panorama del cattolicesimo mondiale. L’Arcivescovo di Westminster è tradizionalmente l’unico mitrato di Inghilterra e Galles a diventare cardinale (un’eccezione fu il card. Newmann, che da semplice prete fu fatto cardinale in tarda età, come si farebbe da noi un senatore a vita). Come tale gode di un prestigio e di un’influenza particolari su tutti i suoi colleghi: da noi in Italia, dove vi sono normalmente 9 sedi cardinalizie, non vi è analoga concentrazione di autorevolezza nella Conferenza episcopale. In conseguenza, il nominando avrà un peso rilevante nel determinare gli orientamenti dell’intero episcopato inglese (e gallese), che per ora si caratterizza per una particolare rigidità nel progressismo postconciliare e nell’ostilità marcata alle riforma liturgiche di Benedetto XVI: il card. Murphy o’Connor, che non è nemmeno il peggiore (la maglia nera va forse a Conry, vescovo di Arundel e Brighton), è un corifeo di tale tendenza e si era affannato a emanare subito dopo il motu proprio le solite linee guide restrittive. Una prova tra mille della situazione: a Londra (diocesi di Westminster), con i suoi milioni di abitanti, non c’è una, una sola Messa in forma straordinaria cantata la domenica: solo qualche "messa bassa" (come la chiamano gli inglesi) e qualcosa in più per feste particolari. Un’altra riprova? Quando nel giugno 2008 il card. Castrillòn Hoyos si recò a Londra a pontificare in rito antico nella Cattedrale di Westminster, né il "padrone di casa" card. Murphy o’Connor né alcun altro vescovo ritennero di presenziare: per la compassata etichetta ecclesiastica, un affronto sanguinoso al card. Presidente dell’Ecclesia Dei, a tutto quel che rappresenta in campo liturgico e quindi anche, e nemmeno indirettamente, al Papa. Per contro: è proprio nell’arcivescovado di Westminster (addirittura nella "sala del trono"), alla presenza dell’Arcivescovo, di molti prelati e del Nunzio Faustino Sainz Munoz (progressista pure lui), che Mons. Piero Marini, l’ex maestro di cerimonie del S. Pontefice, bestia nera dei tradizionalisti e simbolo vivente di tutto quanto si oppone al rinnovamento liturgico benedettiano, ha presentato in anteprima il proprio libro di memorie e manifesto della rivoluzione liturgica post-conciliare, intitolato A challenging reform e curiosamente edito finora solo nella "traduzione" inglese (questo fatto alimenta la voce che i veri autori del libro siano in realtà esponenti di spicco dell’establishment ecclesiale inglese e che in realtà non esista un originale del testo in italiano, la lingua in cui ci si aspetterebbe che mons. P. Marini scriva).
A seguito delle derive progressiste degli anglicani (c’è stato un vero e proprio scisma quest’anno all’ultima Lambeth conference, il sinodo decennale della comunione anglicana: intere province del terzo mondo l’hanno boicottato denunziandone le derive antievangeliche, specie in merito all’ordinazione di gay ‘praticanti’), le frange cosiddette anglo-cattoliche, ossia più vicine alla Chiesa Cattolica (che, dopotutto, rappresenta la Tradizione anche per la stessa comunione anglicana, staccatasi dal cattolicesimo ai tempi del re Enrico VIII), bussano quasi con disperazione alle porte di Roma per poter rientrare nel cattolicesimo. Vi è perfino una chiesa anglicana autonoma, la T.A.C. (Traditional Anglican Communion: questo è il loro sito), forte di 200.000 fedeli in tutto il mondo, che ha richiesto di essere assorbita per intero da Roma, come una sorta di chiesa uniate. Una prima ondata di conversioni era avvenuta negli anni ’90, con l’ammissione anglicana della "ordinazione" delle donne: non pochi pastori in fuga da quella riforma anti-apostolica furono ordinati preti cattolici, derogando tra l’altro all’obbligo del celibato e consentendo alle congregazioni di mantenere gli usi liturgici anglicani tradizionali (che tra l’altro, per molti aspetti, sono molto più vicini alla Messa tridentina di quanto non sia l’attuale Messa ordinaria). Ma la maggioranza degli anglo-cattolici aveva all’epoca tollerato l’innovazione, purché fosse loro garantito di non ritrovarsi a che fare con delle "pretesse". Tuttavia quest’anno la Chiesa d’Inghilterra ha ammesso le donne anche all’episcopato. Un’evoluzione ineccepibilmente coerente con la premessa (errata) dell’ordinabilità delle donne, ma che impedisce di essere al sicuro dalla futura eventualità di dover soggiacere ad una "vescovessa". Di qui il gran numero di pastori anglo-cattolici che ora bussano per "attraversare il Tevere", ossia essere ammessi in comunione con Roma.
Orbene, per quanto incredibile ciò possa apparire, i vescovi (cattolici) inglesi sono tutt’altro che entusiasti di ricevere questa iniezione di vocazioni sacerdotali provenienti dall’anglicanesimo. Alcuni motivi possono essere giustificati (bisogna ben trovare una fonte di sostentamento per questi nuovi aspiranti preti), ma quelli veri lo sono immensamente di meno: in primo luogo, l’acceso tradizionalismo di questi potenziali convertiti, esponenti di quella che nell’anglicanesimo è chiamata high Church per via del ritualismo tutt’altro che protestante (incensi, paramenti, ecc.) trova ben poca simpatia nell’episcopato inglese, imbevuto di minimalismo liturgico postconciliare: il rischio è che quei convertiti possano rappresentare un piccolo esercito pronto a dare applicazione alla riforma liturgica del Papa. In secondo luogo, accogliere questi transfughi può minare il dialogo ecumenico con Canterbury, cui i vescovi d’Inghilterra e Galles, sempre per affinità progressiste con i parigrado anglicani, tengono al massimo, in un modo del tutto incoerente rispetto ai risultati (negli ultimi decenni, con l’evoluzione liberal degli anglicani, le distanze tra le due religioni sono diventate ormai irrecuperabili) e rispetto a considerazioni pratiche e utilitaristiche (l’anglicanesimo si sta estinguendo, sia per gli scismi delle province del terzo mondo, sia per la perdita di fedeli: in Inghilterra ci sono ormai più praticanti cattolici che anglicani; a che pro quindi dialogare con i moribondi?).
L’unica ammissibile ragione di riserva nell’accogliere questi fratelli separati anglicani, ossia che l’immissione in massa di clero sposato in una chiesa latina (non orientale) potrebbe minare la consuetudine del celibato ecclesiastico, non pare invece pesare molto, come avrete indovinato, tra le preoccupazioni dell’episcopato inglese e gallese.
Queste sono dunque le evoluzioni in atto. E’ evidente che, benché l’anglicanesimo abbia diffusione mondiale, essendo il suo vertice in Inghilterra (ci riferiamo evidentemente non alla Regina, pur formalmente capo della Chiesa anglicana, ma all’Arcivescovo di Canterbury), è attraverso Westminster che si giocherà la partita ecumenica e che verrà definita la linea da prendere con i transfughi dall’anglicanesimo. Con portata, come si è detto, mondiale, data la diffusione della comunione anglicana in tutto il Commonwealth, e ripercussioni indirette sul dialogo ecumenico con molte denominazioni protestanti. Di qui l’importanza cruciale di una buona nomina a Westminster.
Chissà quindi che non possa emergere una figura del tutto nuova rispetto all’entourage episcopale, come l’Abate benedettino Hugh Gilbert (v. qui una sua intervista); già in passato una scelta così fuori dagli schemi era stata fatta da Paolo VI, allorché aveva nominato il predecessore dell’attuale cardinale, l'allora monaco Basil Hume.
Ne riparleremo dunque, se le indiscrezioni sono corrette, dopo il 2 gennaio.
venerdì 19 dicembre 2008
Ecclesia Dei: modifiche, ma solo facoltative, al calendario tradizionale
mercoledì 17 dicembre 2008
Tre persone fanno un gruppo stabile!
Ecco i punti chiariti dal dotto canonista
- I vescovi possono sì emanare "note e istruzioni per l’applicazione" del motu proprio Summorum Pontificum, ma non possono aggiungervi "nuovo contenuto vincolante".
- Le istruzioni della conf. episcopale tedesca 27.9.07 non sono perciò vincolanti per il singolo vescovo.
- La celebrazione della Messa sine populo deve essere concessa, salvo in caso di ostacoli insormontabili, "in ogni luogo legittimo". Pertanto "restrizioni dell’usus antiquior a certi luoghi o orari per leggi particolari sono [..] inammissibili".
- Nella Messa sine populo i fedeli possono partecipare spontaneamente, cioè senza obbligo. E’ quindi lecito avvertire altri fedeli di questa celebrazione
- Per costituire il gruppo che, secondo il motu proprio, è prerequisito per celebrare la Messa in forma straordinaria cum populo, il numero di tre persone è sufficiente. Non è lecito al vescovo diocesano fissare un numero minimo più alto.
- Il parroco non deve discriminare le Messe in forma straordinaria "tenendole segrete o fissandole ad orari difficilmente accessibili"
- "Il Papa non ha legiferato che il parroco possa accogliere la richiesta dei fedeli interessati. Egli ha ordinato che il parroco debba farlo".
- I fedeli il cui diritto alla S. Messa nella forma antica è negato dal parroco non hanno soltanto la possibilità, ma anzi il dovere di informare di ciò il vescovo diocesano.
- Le richieste per la liturgia tradizionale non sono "petizioni di grazia o favore". "Il parroco al pari del vescovo diocesano sono legalmente vincolati ad accogliere tale richiesta".
- Il consenso del vescovo per una S. Messa conforme all’antico uso, istituita da un parroco in adesione al desiderio di fedeli, non è richiesta.
- Ministri straordinari dell’eucarestia laici nonché donne nel ruolo di chierichette e ministranti non sono consentiti nella liturgia tradizionale.
martedì 16 dicembre 2008
Nomine episcopali in Francia. Un nuovo corso?
Questo aspetto vestimentario non è che una spia di tutto il resto: creatività liturgica dissennata (il Messale è non di rado considerato alla stregua di un canovaccio della Commedia dell'arte), istituzione di perniciose équipes liturgiche per appaltare di fatto a dei laici "impegnati" (e solitamente iconoclasti) la gestione di celebrazioni sempre più "comunitarie", infantili e raffazzonate (l'ultima invenzione? La ‘Messa che prende il suo tempo’, con tanto di bicchierata comunitaria, definita "una liturgia che respira per permettere a ciascuno di fermarsi, di ritrovare se stesso per lasciarsi interpellare dall'Evangelo": se non ci credete, cliccate qui, sul sito dei gesuiti francesi).
- La prima è stata, ad aprile, la nomina ad ausiliare di Nanterre di mons. Brouwet, che non solo è molto giovane, ma è un partecipante dell'annuale "pellegrinaggio della Tradizione" da Parigi a Chartres. Un peccato capitale, agli occhi di molti suoi colleghi. Chissà come l'ha presa il vescovo di Nanterre mons. Daucourt, che per anni (ai tempi dell'indulto) ha snobbato con sufficienza le numerose richieste di fedeli che chiedevano una Messa tradizionale. Per ora si è limitato a proibire al suo nuovo ausiliario di occuparsi dei fedeli tradizionalisti.
- Molto più eclatante, a ottobre, la nomina a vescovo di Bayonne (una tra le diocesi più disastrate dal progressismo) di Mons. Aillet, già vicario generale della diocesi di Tolone (quella filotradizionale, come detto), ma soprattutto membro della Comunità San Martino che era stata fondata a Genova dal Card. Siri per quei sacerdoti francesi che fuggivano dal progressismo imperante. Non è escluso che abbia inciso sulla nomina l'influenza del giovane monsignore di Curia Martin Viviès, anch'egli della medesima comunità. Mons. Aillet gira sempre in tonaca (tanto che pare che il nunzio in Francia Fortunato Baldelli, tra l'altro finora corresponsabile del pernicioso andazzo delle nomine progressiste, gli abbia chiesto di cambiar abito per non urtare la sensibilità del suo presbiterio e, soprattutto, dei suoi "colleghi" vescovi). Il nostro è inoltre biritualista, poiché celebra regolarmente anche in forma straordinaria ed ha scritto un piccolo e favorevole trattato sulla Messa tradizionale. Alla sua consacrazione il 30 novembre 2008 ha predicato l’obbedienza al Papa, il celibato dei preti e il ruolo insostituibile dei sacerdoti. Per la Francia, una vera e benefica rivoluzione!
- Il 21 novembre, alla diocesi di Le Mans, è stato nominato mons. Le Saux, finora responsabile di preti, diaconi e seminaristi della comunità dell'Emmanuel. Non un gruppo tradizionale, ma comunque uno di quei movimenti che i progressisti vedono come fumo negli occhi per il loro repli identitaire (ripiegamento identitario ossia, tradotto in linguaggio corrente, semplicemente ortodossia).
- E con un'accelerazione stupefacente, è venuta subito dopo la nomina di Mons. Batut a vescovo ausiliario di Lione: stiamo parlando, Signori, dell'attuale parroco della chiesa parigina di St-Eugène-Ste Cécile, chiesa dell'indulto, dove il nostro eroe celebra nelle due forme del rito romano: non solo, ma anche la Messa di Paolo VI è in latino e "spalle al popolo" (perdonate quest'espressione, solitamente dispregiativa, ma ci piace troppo)!
Belle nomine, vero? Una magnifica risposta alle arroganti e piccate affermazioni di esponenti influenti dell'episcopato francese, che poco dopo la visita del Papa in Francia a settembre 2008 (quando li "rimproverò" per la chiusura verso i tradizionalisti, per la promozione eccessiva del ruolo dei laici nella liturgia e per le "benedizioni" ai divorziati risposati), ebbero a dire che il Papa non è il direttore generale di un'azienda che visita una succursale e che perciò era stato accolto come un fratello dai vescovi con cui è in comunione, senza alcuna subordinazione servile (card. Vingt-Trois: leggi la notizia sui mezzi di stampa qui), e che il Papa non è il capo della Chiesa, ma il primo tra i fratelli (mons. Patenôtre, arcivescovo di Sens-Auxerre, citato qui, noto vescovo "d'apertura", cioè progressista).
Vedremo se la fausta tendenza nuova è destinata a consolidarsi (forse l'aria sta davvero cambiando, se il card. Vingt-Trois lo scorso 14 dicembre ha accettato di celebrare more antiquo) e, auspicabilmente, ad essere esportata in altri Paesi che ne hanno proprio bisogno.
Vostro
Occam
domenica 14 dicembre 2008
Registrazione del discorso di mons. Perl al convegno di settembre sul motu proprio
Per ascoltare la registrazione dell'allocuzione di Mons. Perl cliccate qui
L’intervento di Mons. Perl ha colto l’attenzione di tutti i media perché in Italia è ben raro sentire che i Vescovi e i Superiori degli ordini religiosi, con poche lodevoli eccezioni, si oppongono ad un provvedimento del Papa. La cosa non è certo una sorpresa per chi prova da tempo ad ottenere spazio per le celebrazioni tradizionali; ma per il grande pubblico, questa verità, detta pubblicamente da un alto funzionario vaticano, appartenente al dicastero che si occupa precisamente della questione, è certo sorprendente. Ed è anche una salutare rottura dell’ipocrisia che vorrebbe i Vescovi intenti ad applicare nel più solerte dei modi la volontà liturgica del S. Padre (l’ex Segretario della CEI mons. Betori, ora Arcivescovo di Firenze, si è poi premurato di dire che il problema motu proprio non sussiste, poiché alla CEI non risultano lamentele di fedeli – v. l’articolo a questo link – ma sarebbe da chiedergli perché mai i fedeli dovrebbero scrivere alla CEI, quando il motu proprio prevede invece che si faccia appello all’Ecclesia Dei, il cui Vicepresidente Mons. Perl ha quindi perfettamente il polso della situazione).
Ed è evidente che l’opinione pubblica può ora farsi un’opinione più precisa della situazione effettiva.
Ma, per concludere questo intervento, non dimentichiamo anche il resto delle parole di Mons. Perl: nell’agire per l’applicazione del motu proprio, è sempre indispensabile pazienza, tatto, rispetto e molta carità; in un’espressione, agire da cristiani.